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L’inflazione continua a minacciare la tenuta dei consumi

I dati diffusi da Istat relativi ai prezzi al consumo del mese di marzo evidenziano un’inflazione in rallentamento rispetto a quella del mese precedente: l’indice generale segna +7,7% su base annua, mentre il carrello della spesa registra un +12,7% su base annua.

Nonostante la minore velocità di crescita dei prezzi, dovuta principalmente a una frenata dei costi dei beni energetici e delle materie prime, l’inflazione rimane una delle principali preoccupazioni delle famiglie italiane. È quanto evidenzia la rilevazione condotta da Ipsos per Federdistribuzione: un italiano su due si dichiara insoddisfatto della propria situazione economica, mentre l’84% degli intervistati esprime preoccupazione per l’impatto degli aumenti sul proprio bilancio familiare. Aumentano gli italiani che lamentano di non potersi permettere alcuni acquisti: sono il 46%. L’inflazione ha poi avuto un effetto importante sulla composizione della spesa delle famiglie: rispetto a un anno fa, oltre un italiano su due percepisce l’aumento del costo della vita (56%). In particolare, il 55% percepisce che è aumentato il peso delle spese fisse, come mutui e affitti, e oltre 7 intervistati su 10 quello della spesa alimentare. La metà degli italiani prevede una situazione in peggioramento per quest’anno: 6 italiani su 10 pensano che l’inflazione crescerà, ma per il 35% meno dello scorso anno.

La riduzione del potere d’acquisto ha avuto un impatto sul volume dei consumi, in terreno negativo intorno al -5% rispetto a un anno fa. Secondo la rilevazione condotta da Ipsos per Federdistribuzione, gli italiani stanno attuando da mesi strategie per risparmiare: il 60% fa più attenzione a offerte e promozioni, il 46% sta più attento agli sprechi, il 29% ha cambiato il luogo d’acquisto, il 28% ha ridotto la quantità dei prodotti acquistati, mentre il 19% ha diminuito la qualità o ha rinunciato ad alcune caratteristiche dei prodotti. Rischio che coinvolge in particolare i prodotti del Made in Italy: nonostante per 8 italiani su 10 sia importante sapere che un prodotto è italiano e il 53% acquisti made in Italy per sostenere il Paese, il 47% non è disposto a pagare di più, anche per effetto dell’aumento dei prezzi.

“L’incertezza generata dall’inflazione e la perdita del potere di acquisto degli italiani fanno emergere con evidenza l’effetto di contrazione dei consumi. E questo mette a rischio non solo la tenuta economica delle imprese distributive e produttive ma anche quella di molte filiere di eccellenza, in particolare di tutti i prodotti del Made in Italy che sono emblema delle tipicità del nostro sistema agroalimentare”, ha commentato Carlo Alberto Buttarelli, Presidente di Federdistribuzione. “Nell’ultimo anno, la preoccupazione delle nostre aziende si è concretizzata in uno sforzo straordinario che ha permesso di mitigare la pressione inflattiva, al costo di rinunciare a parte delle marginalità. Uno sforzo che Mediobanca ha fotografato nel recente Osservatorio sulla GDO, evidenziando come molte imprese della distribuzione abbiano bilanci con redditività in forte contrazione. Siamo quindi di fronte all’urgenza di dare impulso ai consumi, attraverso politiche incisive di sostegno al potere di acquisto delle famiglie, così come di proteggere il sistema delle aziende nel nostro Paese, per evitare che ulteriori aumenti dei costi produttivi, dei beni energetici e delle materie prime alimentino ulteriormente i livelli di inflazione”.

 

Federdistribuzione, Carlo Alberto Buttarelli è il nuovo Presidente

Carlo Alberto Buttarelli è il nuovo Presidente di Federdistribuzione e succede ad Alberto Frausin al quale va il ringraziamento degli associati per il ruolo svolto negli anni di mandato.

Buttarelli, 65 anni, ha maturato una solida esperienza nel settore Gdo, frutto di un lungo percorso professionale maturato in diverse aziende, tra cui il Gruppo Lombardini, dove ha ricoperto diversi ruoli fino alla carica di Amministratore Delegato e Direttore Generale, il Gruppo Unicomm, dove ha guidato la Direzione Commerciale, Leader Price Italia, per il quale ha operato in qualità di Amministratore Delegato e Direttore Generale, e in imprese associate ai gruppi Despar e Sigma come Amministratore Delegato e Direttore Generale. Da gennaio 2020 ha ricoperto il ruolo di Direttore Ufficio Studi e Relazioni di Filiera di Federdistribuzione, e da maggio 2021 la carica di Consigliere Delegato di ADM – Associazione Distribuzione Moderna.

“Sono molto onorato di ricevere questo incarico e ringrazio gli associati per la fiducia che mi hanno accordato”, ha dichiarato Carlo Alberto Buttarelli. “Federdistribuzione rappresenta con competenza e concretezza un settore fatto di tante imprese della distribuzione moderna, alimentare e non alimentare, che rivestono un ruolo centrale all’interno del sistema paese. Aziende e lavoratori che ogni giorno offrono un prezioso servizio a milioni di persone e che affrontano le numerose sfide di un mercato in costante cambiamento. Come Federazione, il nostro impegno è di essere accanto a loro per creare le condizioni necessarie ad accompagnarne lo sviluppo e la crescita, continuando ad agire come interlocutore di riferimento nel dibattito pubblico e istituzionale”.

Inflazione in calo ma occorre sostenere i consumi per salvaguardare il Made in Italy

I dati diffusi da Istat relativi ai prezzi al consumo del mese di febbraio evidenziano un’inflazione in rallentamento rispetto a quella del mese precedente: l’indice generale segna +9,2%, mentre il carrello della spesa registra un +13%.

“Nonostante si inizino a rilevare i primi segnali di un rallentamento dell’aumento generalizzato dell’inflazione, per effetto del sostanziale calo dei costi dei beni energetici, permane un sentiment diffuso di incertezza sul piano economico e servirà ancora diverso tempo per attenuare gli effetti dell’aumento dei prezzi, che resta tra le preoccupazioni principali delle famiglie italiane” ha commentato Carlo Alberto Buttarelli, Direttore Ufficio Studi e Relazioni con la Filiera di Federdistribuzione.

“Il potere d’acquisto è stato fortemente messo sotto pressione in questi ultimi mesi e oggi continuiamo a registrare una contrazione dei consumi nel comparto del food, con un calo a volume tra i 4 e i 5 punti percentuali rispetto a un anno fa. È una situazione alla quale si deve porre la massima attenzione, con l’obiettivo di sostenere i consumi ed evitare impatti significativi sulle tante filiere agroalimentari di qualità ed eccellenza del Made in Italy.

Nel corso dell’ultimo anno le aziende della distribuzione moderna hanno fatto uno sforzo economico significativo, assorbendo parte degli aumenti generalizzati sui beni di consumo, per attenuare l’impatto sui prezzi e tutelare il potere di acquisto degli italiani. Oggi da parte delle nostre aziende non ci sono le condizioni per assorbire nuovi incrementi dei prezzi, ci auguriamo che i chiari segnali di rallentamento sui costi dell’energia e delle materie prime di queste settimane portino anche il sistema industriale ad agire in questo senso e porre un freno alla spinta agli aumenti che ha caratterizzato il mercato in questi mesi”.

Inclusione lavorativa, fattore di successo per l’organizzazione aziendale

Si è svolto ieri a Milano l’evento “Inclusione lavorativa: sfide e opportunità nella distribuzione moderna organizzata”, durante il quale è stata presentata la ricerca che Federdistribuzione ha commissionato ad Altis, Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, per analizzare lo “stato dell’arte” dell’inclusione nel settore della distribuzione moderna con l’obiettivo di sondare la percezione da parte degli stakeholder esterni e valutare iniziative a sostegno dell’inclusione nel mondo del lavoro delle aziende retail.

Condotta tra marzo e novembre 2022, l’indagine ha visto il coinvolgimento di nove direttori del personale di altrettante aziende del settore, 2.010 dipendenti e 1.679 clienti. Ne è emerso che per le imprese della distribuzione moderna l’impegno verso l’inclusione lavorativa offre diverse opportunità: l’assunzione di un ruolo a beneficio della collettività e il miglioramento continuo della qualità della vita lavorativa e dell’efficacia delle organizzazioni aziendali, con la conseguente fidelizzazione dei clienti che genera a sua volta effetti positivi in termini reputazionali.

In particolare, per le persone che frequentano i punti vendita della distribuzione moderna, la ricerca evidenzia come l’inclusione non significhi semplicemente annoverare all’interno delle organizzazioni collaboratori con differenti caratteristiche, quanto invece dedicare attenzione affinché tutti si sentano parte attiva del proprio contesto lavorativo. Infatti, per oltre il 94% dei clienti l’inclusione coincide con iniziative volte a coinvolgere le persone nel lavoro, indipendentemente dal genere e dall’etnia. Per quasi il 72% dei clienti l’inclusione lavorativa è una tematica molto importante, tanto da essere un fattore di lealtà e advocacy: quanto più un brand insegna viene percepito come inclusivo, tanto più il cliente sarà disposto ad acquistare, recandosi nel punto vendita, e a diventarne ambassador, consigliandone l’esperienza per gli acquisti.

Dal punto di vista della gestione interna del personale, le interviste ai direttori delle risorse umane fanno emergere una relazione positiva tra la promozione di un clima aziendale inclusivo e lo sviluppo, tra i dipendenti, di comportamenti di cittadinanza organizzativa. Atteggiamenti discrezionali positivi che vanno al di là dello svolgimento delle mansioni previste dal contratto di lavoro e che permettono una migliore gestione dell’azienda nel suo complesso. Analizzando il punto di vista di chi lavora nel settore, quasi il 63% dei dipendenti si dichiara d’accordo o molto d’accordo nel definire la propria azienda un luogo dove si respira un clima inclusivo. Anche rispetto alla leadership inclusiva, i dipendenti del settore si dichiarano per il 75% d’accordo sulla possibilità di proporre nuove idee al proprio responsabile. Percentuali simili mostrano la disponibilità del management della grande distribuzione al confronto in caso di problemi, l’apertura a discutere gli obiettivi prefissati ed eventuali nuove opportunità per migliorare i processi.

Oltre ai benefici, dal report emergono anche le due principali sfide per le aziende della distribuzione moderna. Una sul fronte dell’organizzazione aziendale: occorre non solo adottare una molteplicità di iniziative di inclusione ma anche dar vita a una struttura organizzativa dedicata alla gestione e al monitoraggio di tali attività per renderle sempre più efficaci. L’altra sfida riguarda la comunicazione, sia interna che esterna: serve un ulteriore sforzo per comprendere come valorizzare i progetti avviati per favorire una maggiore consapevolezza dell’impegno aziendale sul tema, sia verso i propri collaboratori, sia verso la clientela, per la quale il tema dell’inclusione è un fattore determinante nelle proprie scelte e consigli d’acquisto.

“Oggi l’impresa non è solo un semplice attore economico che si adatta passivamente ai cambiamenti del mercato, ma si configura sempre di più come un attore sociale che contribuisce al benessere collettivo. Le nostre associate si impegnano costantemente a promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro che sia dignitoso per tutti”, ha dichiarato Francesco Quattrone, Direttore Lavoro e Affari Generali di Federdistribuzione. “Il tema dell’inclusività è da sempre un valore per le nostre associate che hanno compreso da tempo l’importanza delle persone, attivando iniziative volte a favorire le pari opportunità”.

A dicembre +3,4% per vendite al dettaglio ma resta l’incertezza

I dati recentemente diffusi da Istat relativi alle vendite al dettaglio del mese di dicembre segnano un incremento tendenziale a valore del +3,4% a cui tuttavia corrisponde un calo a volume del -4,4%.

“Nonostante il rallentamento dei prezzi dei beni energetici, il quadro economico rimane ancora caratterizzato dall’incertezza e da un elevato livello di inflazione di fondo, fattori questi che incidono sul potere d’acquisto degli italiani che da mesi stanno riducendo i consumi, in termini sia qualitativi che quantitativi”, commenta Carlo Alberto Buttarelli, direttore ufficio studi e relazioni con la filiera di Federdistribuzione. “Da mesi registriamo una frenata significativa dei volumi di vendita nel comparto alimentare che a dicembre è stata del -6,6% rispetto ad un anno prima. Un trend negativo che sta già mettendo in difficoltà alcune filiere agroalimentari.

Gli italiani continuano a essere preoccupati per la tenuta dei propri bilanci familiari, fortemente gravati negli ultimi mesi dalla crescente pressione dell’inflazione nelle diverse voci di spesa quotidiana. La distribuzione moderna ha rilevato, nel corso dell’ultimo anno, che le abitudini di acquisto delle famiglie si stanno orientando sempre di più verso un’ottica di risparmio e convenienza, soprattutto sui beni più essenziali del comparto alimentare.

Qualora la corsa dei prezzi non dovesse essere adeguatamente contrastata, si corre il rischio di una frenata della domanda interna. Come comparto distributivo, riteniamo urgente avviare un confronto costruttivo con tutti gli attori della filiera, in particolare con l’industria del largo consumo, con l’obiettivo di trovare tutte le soluzioni possibili per contrastare la spinta inflattiva ancora in atto”.

Consumi, nel 2023 per Federdistribuzione occorre un argine a inflazione e incertezza

I dati diffusi da Istat relativi alle vendite al dettaglio del mese di novembre segnano un lieve incremento sul mese precedente (+0,8%) sia per i beni alimentari (+0,6%) che per quelli non alimentari (+1,0%).

Il 2022 è stato un anno segnato da un livello di inflazione che non si registrava, nel nostro Paese, da diversi decenni. Nel corso dell’anno concluso, lo sforzo delle imprese della Distribuzione Moderna è stato ingente e orientato a gradualizzare l’impatto derivanti dagli extra costi e dagli aumenti sui beni in acquisto, con l’obiettivo di tutelare il potere d’acquisto delle famiglie e salvaguardare i consumi. L’effetto è stato un importante impegno di risorse economiche, con un investimento rilevante di margine e un impatto significativo sui conti economici delle aziende.

L’andamento dei consumi, come evidenziato già nei mesi scorsi da Federdistribuzione, risulta particolarmente preoccupante, in considerazione della crescente apprensione delle famiglie rispetto alla propria situazione economica. Nel mese di novembre, le vendite a volume, nel settore alimentare, hanno infatti registrato un dato su base annua del -6,3%.

Il 2023 si apre in continuità con l’anno precedente, all’insegna dell’incertezza e con un’inflazione acquisita che, come stima l’Istat, si attesta intorno al +5,1%. Secondo le previsioni dell’Ufficio Studi di Federdistribuzione se la spinta inflazionistica registrata finora dovesse ulteriormente proseguire nei prossimi mesi, si rischierebbe un’ulteriore frenata nei consumi.

Da una delle recenti rilevazioni Ipsos condotte per Federdistribuzione emerge che 8 italiani su 10 si dichiarano preoccupati per l’impatto dell’inflazione sul proprio bilancio familiare e per fronteggiarlo stanno cambiando le proprie abitudini d’acquisto. Per quanto riguarda il food, 4 italiani su 10 sono più attenti a limitare gli sprechi e comprano solo lo stretto necessario, oltre un terzo ha ridotto i consumi o cerca soluzioni più economiche a parità di prodotti. Anche per quanto riguarda il comparto dell’abbigliamento e delle calzature quasi 4 italiani su 10 hanno ridotto gli acquisti.

In questo scenario le analisi dell’Ufficio Studi di Federdistribuzione, già da qualche settimana registrano sui mercati i primi segnali di un rallentamento delle quotazioni delle materie prime e dei beni energetici. E in questa prospettiva, lo sforzo delle imprese della Distribuzione Moderna necessita di una condivisione da parte di tutti gli attori lungo la filiera, affinché si possano trovare tutte le soluzioni possibili per mettere un freno alla corsa dei prezzi a difesa del potere d’acquisto delle famiglie ed evitare fenomeni recessivi dovuti al crollo dei consumi interni.

Industria alimentare e distribuzione insieme per la sostenibilità

«Il pilastro è passare a una visione di lungo periodo e non più di breve perché il nostro obiettivo è creare valore nella filiera nel lungo termine, evitare la discountizzazione dell’offerta che porterebbe a un abbattimento delle possibilità di scelta del consumatore»: così ha detto Francesco Mutti, presidente di Centromarca, durante l’incontro “Gli orizzonti della ripresa. Scenari e prospettive per la filiera del largo consumo”.

L’industria alimentare sta vivendo una fase di profondo rinnovamento all’insegna della sostenibilità e della transizione ecologica. Impegni onerosi in un momento in cui materie prime, noli marittimi, bollette energetiche sono a livelli record. Da qui la richiesta di un aiuto pubblico a supporto delle aziende. «La transizione ecologica è irreversibile e non indolore – premette Anna Ascani, sottosegretaria del Mise che aggiunge: «Ci può essere una collaborazione tra Stato e imprese».

Sul fronte dei consumi quelli delle famiglie continuano a restare stabili, «con una domanda interna flat, polarizzata perché una parte del paese è in difficoltà – ricorda Marco Pedroni, presidente Associazione Distribuzione Moderna. Cresce la domanda di fascia alta e green e aumentano molto anche gli acquisti di base». Uno scenario in cui «la fiducia delle famiglie è al massimo ma non si vede una reale ripresa dei consumi ed è raddoppiata la propensione al risparmio. E sostenibilità non è detto che faccia rima con aumento dei prezzi» aggiunge Alberto Frausin, presidente Federdistribuzione. «C’è un tema di creazione del valore che passa dalla collaborazione tra industria, filiera e distribuzione. Bisogna pensare come catturare il valore» aggiunge Alessandro d’Este, presidente dell’Associazione Industrie beni di consumo.

Così industria e distribuzione si preparano a collaborare insieme in una visione di lungo periodo.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Crisi del non food: l’allarme di Federdistribuzione

L’allarme arriva da Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione che – nel corso dell’audizione di fronte alle Commissioni del Senato 5ª e 6ª riunite sul Decreto Sostegni – ha confermato: “Le aziende del commercio non alimentare versano in gravi difficoltà a causa del prolungarsi delle chiusure e delle restrizioni di esercizio. Le misure di ristoro, oltre a non essere adeguate ai danni subiti in questo ultimo anno, non mettono al riparo da crisi di liquidità, un rischio concreto a cui andiamo incontro”. Per questo, chiede il presidente, “Occorre quindi prevedere la sospensione dei versamenti tributari e contributivi per le imprese costrette alla chiusura delle attività in questi mesi. Una misura che non ha bisogno della copertura finanziaria da parte dello Stato, trattandosi di dilazionare i tributi nel tempo, ma che è fondamentale per non mettere a repentaglio il futuro delle aziende”. “Chiediamo, inoltre, la proroga del credito di imposta sugli affitti anche per il primo semestre 2021” ha proseguito Frausin, “così da consentire alle imprese commerciali
che hanno subito i maggiori danni dalle misure restrittive degli ultimi mesi, come quelle che operano all’interno dei centri commerciali, di fare fronte ad un costo fisso incomprimibile che rischia di mettere seriamente a repentaglio la tenuta economica aziendale”.

Industria e Distribuzione: accordo contro le pratiche sleali

Le imprese appartenenti al comparto industriale, rappresentate in Centromarca, Federalimentare e IBC – Associazione Industrie Beni di Consumo, e le imprese del comparto distributivo, rappresentate in Federdistribuzione, ANCC-Coop, ANCD-Conad, insieme ad ADM Associazione Distribuzione Moderna, hanno raggiunto un’intesa per proporre ai legislatori alcune linee guida sull’integrazione della Direttiva UE 2019/633 nell’attuale quadro normativo nazionale per contrastare le pratiche sleali e anticoncorrenziali nel mercato italiano. L’accordo è un importante tassello, concordato da distribuzione e industria del largo consumo, per affermare con sempre maggior impegno la legalità e la correttezza delle relazioni commerciali e il contrasto a qualunque pratica sleale a tutti i livelli della filiera agroalimentare, anche a vantaggio del consumatore finale.

Per le aziende della distribuzione e del largo consumo la libera e leale concorrenza e il rispetto della legalità sono due principi portanti della filiera, fondamentali per continuare a offrire ai consumatori prodotti di qualità al giusto prezzo, per tutelare la sana occupazione e per sostenere la rete delle PMI, in particolar modo in campo agricolo, favorendone l’efficienza e dunque la crescita, anche attraverso una maggiore competitività, sia nel mercato italiano sia a livello internazionale.

Entrando nel dettaglio, l’intesa tra distribuzione e industria propone la creazione di un ampio ambito di applicazione della norma, coinvolgendo tutti i soggetti della filiera senza limiti di fatturato, in un contesto di reale reciprocità, quindi di tutela sia dei “fornitori” che dei “clienti” di tutti i comparti interessati. È necessario che a vigilare sull’applicazione della normativa venga individuato un soggetto superpartes rispetto ai diversi comparti interessati, che sia dotato delle adeguate risorse e completamente autonomo. Il nuovo quadro normativo dovrebbe valorizzare la concorrenza e salvaguardare la libera contrattazione, diventando un punto di riferimento per comportamenti corretti da parte di tutti i soggetti. È perciò utile approfondire l’ipotesi di opportune modalità di conciliazione. Infine si ribadisce la necessità di garantire la riservatezza in eventuali fasi istruttorie, il diritto alla difesa e sanzioni dissuasive commisurate alla gravità dei fatti, ma che non compromettano la continuità delle imprese e il loro equilibrio economico.

L’accordo si inquadra dunque in una più ampia intesa tra i due comparti, che puntano sempre più alla modernizzazione delle filiere, ad una equilibrata remunerazione degli operatori, al rispetto dei diritti delle persone e dei lavoratori nella produzione, raccolta, trasformazione e distribuzione dei prodotti alimentari. In coerenza con questa prospettiva, distribuzione e industria dei beni di consumo sono impegnate da anni in un percorso di buone pratiche di sostenibilità sociale, ambientale ed economica.

Buoni pasto: tassa occulta del 30%. L’allarme delle imprese di categoria

Buoni pasto: troppo cari per gli esercenti che devono accollarsi commissioni verso le società emettitrici e oneri finanziari. Morale: pagano una tassa occulta pari al 30%. La causa?

Le gare bandite da Consip per la fornitura del servizio alla pubblica amministrazione, che hanno ormai spinto le commissioni al di sopra del 20%.

Quindi?

Quindi, se non ci sarà un’inversione di rotta immediata, quasi tre milioni di dipendenti pubblici e privati potrebbero vedersi negata la possibilità di pagare il pranzo o la spesa con i ticket. Nel nostro Paese, inftti, sono circa 2,8 milioni i lavoratori  dotati di buoni pasto e il 64,7% di loro  li utilizza come prima forma di pagamento ogni volta che esce dall’ufficio.

Ecco l’allarme lanciato dai rappresentanti delle sei associazioni di categoria che rappresentano le imprese della distribuzione e della ristorazione del nostro Paese: Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe- Confcommercio, Claudio Gradara, presidente Federdistribuzione, Luca Bernareggi, presidente ANCC Coop, Corrado Luca Bianca, Coordinatore Nazionale FIEPeT Confesercenti, Sergio Imolesi, segretario generale ANCD Conad e Donatella Prampolini, presidente FIDA-Confcommercio.

È evidente – sottolineano le associazioni – che lo Stato non può far pagare la propria spending review alle nostre imprese. Così facendo si mette a rischio un sistema che dà un servizio importante a 3 milioni di lavoratori ogni giorno e si mettono in ginocchio decine di migliaia di imprese, tra pubblici esercizi, piccola e grande distribuzione commerciale. Nessuno può dimenticare che il buono pasto è un servizio che già gode di agevolazioni importanti in termini di decontribuzione e defiscalizzazione ”.

Il tavolo, oltre a promuovere una campagna di comunicazione congiunta che interesserà tutti gli esercizi della ristorazione e della distribuzione commerciale, ha anche deciso di avviare un’azione di responsabilità nei confronti di Consip per aver ignorato i campanelli d’allarme in merito alla vicenda Qui!Group, azienda leader dei buoni pasto alla pubblica amministrazione che, dopo essere stata dichiarata fallita a settembre 2018, ha lasciato 325 milioni di euro di debiti, di cui circa 200 milioni nei confronti degli esercizi convenzionati.

La stazione appaltante

Consip, effettua le gare formalmente con il sistema dell’offerta maggiormente vantaggiosa ma, di fatto proprio per la natura del buono pasto, al massimo ribasso. Nel corso dell’ultima gara aggiudicata a fine 2018, i 15 lotti, dal valore complessivo di 1 miliardo di euro, sono stati assegnati con uno sconto medio del 20% e con picchi al di sopra del 22%. Uno schema identico a quello del 2016, quando il ribasso medio si è assestato attorno al 15%. Questo livello di sconti, una volta sdoganato dal pubblico, sta diventando di riferimento anche per le gare private.

Risultato: un esercente vende prodotti e servizi per valore di 8 euro ma ne incassa 6,18. Aggiungendo a queste commissioni altri oneri finanziari, su buoni pasto del valore di 10mila euro, gli esercizi si vedono decurtare 3mila euro.

Qui!Group

In seguito al fallimento della principale società fornitrice di buoni pasto alla pubblica amministrazione, la Qui!Group di Genova, migliaia di piccole e grandi aziende della ristorazione e della distribuzione commerciale si sono ritrovate con circa 200 milioni di euro di crediti che sarà molto difficile  riscuotere. I rimborsi previsti, trattandosi di creditori chirografari, difficilmente arriveranno a coprire il 10% del credito, praticamente il valore dell’iva che i titolari dei locali hanno già anticipato allo Stato. Eppure Consip era a conoscenza già agli inizi del 2017 delle difficoltà della società di rimborsare i buoni pasto. Per questo il tavolo delle associazioni  ha deciso di avviare un’azione di responsabilità nei confronti della Consip per omesso controllo.

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