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Conad e Cattolica Assicurazioni costituiscono il fondo immobiliare Mercury

Conad e Cattolica Assicurazione insieme per la costituzione del fondo immobiliare Mercury a matrice tutta italiana e dalla peculiare connotazione cooperativistica. “Segno indubbio- è il commento di Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad – che  fra italiani possiamo fare molto anche senza attendere aiuti dall’estero”.

Proprio in virtù di questa identità cooperativistica, l’affinità elettiva tra Conad e Cattolica Assicurazione ha portato a siglare la partnership e – come ha ventilato lo stesso Giovan Battista Mazzucchelli, ad del gruppo assicurativo – potrebbe costituire un buon trampolino di lancio per successive e ulteriori joint venture che troverebbero negli 8 milioni di clienti Conad e nel 3,5 milioni di clienti Cattolica un inestimabile patrimonio.

Milano, 27 settembre 2016 Conferenza stama di Conad e Cattolica Assicurazioni per lanciare il fondo di investimento immobiliare Maercury GIOVAN BATTISTA MAZZUCHELLI, amministratore delegato Cattolica Assicurazion con FRANCESCO PUGLIESE, amministratore delegato Conad
Francesco Pugliese e Giovan Battista Mazzuchelli

“Ad oggi- ha poi precisato Mazzucchelli – la costituzione del fondo immobiliare Mercury va nella precisa direzione da anni perguita da Cattolica: quella di rafforzare, potenziare e differenziare il nostro patrimonio immobiliare, che oggi vale 900 mld di euro”.

“Obiettivo di Mercury – ha sottolineato Pugliese- è quello di liberare risorse e aumentare la liquidità delle cooperative che vi hanno aderito (e non escludiamo che in futuro possano aggiungersene altre).

Il fondo Mercury

Tre le cooperative coinvolte, ad oggi, nell’accordo: Conad del Tirreno, Conad Centro Nord e Conad Adriatico, che hanno conferito nel fondo immobili per un valore di 300 milioni di euro e che nel prossimo triennio prevedono investimenti pari a 293 milioni, così ripartiti: 122 milioni Conad Centro Nord, 37 milioni Conad Adriatico, 134 milioni Conad del Tirreno.

Le tre cooperative avranno comunque la disponibilità degli immobili tramite contratti d’affitto di lunga durata.

Il fondo Mercury (gestito per legge da un soggetto terzo, Savills Investment Management) è finanziato al 55 per cento (165 milioni di euro) con debito bancario ipotecario a 10 anni, diviso al 50 per cento tra Banca Imi (Gruppo Intesa) e Unicredit. Il restante 45 per cento (135 milioni di euro) costituisce il capitale sociale versato dai due azionisti, il 51 per cento da Cattolica Assicurazioni (69 milioni di euro) e il 49 per cento (66 milioni di euro) dalle tre cooperative Conad, che in tal modo potranno contare su risorse pari a 234 milioni di euro. Tale valore è parte dell’investimento complessivo del piano presentato a giugno alle banche e alleggerisce il peso dell’impegno economico delle cooperative per finanziare lo sviluppo.

La bolla immobiliare inglese

“La bolla immobiliare inglese sta scoppiando. A Londra i primi effetti si stanno già facendo sentire ed è molto probabile che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi il prezzo degli immobili, commerciali e residenziali, subirà un tracollo, che può essere anche nell’ordine del 20 per cento, stando alle stime prudenziali di diversi analisti. Un problema solo inglese? Non proprio, perché con la grande interconnessione finanziaria che c’è fra le banche britanniche e quelle del resto del mondo il virus è destinato a propagarsi anche nel Vecchio Continente. E di conseguenza anche in Italia, dove già adesso le banche sono in grande sofferenza, strette fra il bisogno di nuovi capitali e l’esigenza di liberarsi del fardello dei crediti di difficile recupero. Insomma, potenzialmente ci sono tutti gli ingredienti per un’estate caldissima per gli istituti di credito italiani. Motivo per cui la trattativa fra Bruxelles e Roma per sbloccare un intervento statale a tutela delle nostre banche diventa sempre più urgente.

Ma cosa sta succedendo a Londra? E quali sono i primi segnali dello scoppio della bolla? Ad oggi sei importanti fondi immobiliari che operano in Inghilterra hanno annunciato il blocco dei rimborsi agli investitori che hanno chiesto il riscatto delle proprie quote. Fra questi sei ci sono i quattro pilastri del mercato immobiliare: M&G, Henderson, Standard Life e Aviva. Come funzionano e cosa fanno questi fondi? Essenzialmente raccolgono sul mercato – tramite strumenti finanziari elaborati, sia di capitale che di debito – fondi per comprare i grossi centri commerciali e i palazzi pieni di uffici di cui è stracolma la City.

Gestendo queste enormi proprietà, remunerano gli investitori, poggiando la propria solidità sul valore degli immobili stessi. Ora, dopo la Brexit, tanti investitori, sia istituzionali che singoli risparmiatori, stanno chiedendo di rientrare sulla base della comprensibile paura che tutta una serie di aziende e società con base a Londra possano abbandonare gli uffici. I fondi però non si trovano nella situazione di poter affrontare queste richieste: in altre parole hanno problemi di liquidità. E lo avranno per parecchi mesi se non anni, visto che per soddisfare queste richieste devono mettere sul mercato gli immobili di proprietà. Ovviamente la messa sul mercato di un grosso stock di case e uffici farà scendere, e di molto, i prezzi, facendo così scoppiare la bolla, cresciuta negli ultimi anni a dismisura grazie agli investimenti immobiliari a Londra fatti da russi, arabi e magnati asiatici.

Il grande rischio però non sta tanto nello scoppio della bolla in sé, ma nel modo in cui si può propagare al settore finanziario e di conseguenza sui mutui e i prestiti concessi a famiglie e imprese, inglesi e non. Intanto bisogna considerare che ben 4 dei fondi immobiliari in difficoltà fanno capo a compagnie assicurative di prim’ordine nel regno Unito: Prudential, Aviva, Standard Life e Canada life. Gli amministratori delegati iniziano ad avere paura di una fuga degli investitori, tanto che già si stanno attrezzando per tenerseli stretti. Un solo esempio: Mark Wilson, Ceo di Aviva, ha promesso ai propri azionisti di portare l’utile per azione al 50 per cento. Ma non è solo il settore assicurativo ad essere sotto pressione.

Stando alle opinioni raccolte fra gli operatori di mercato che lavorano sulla piazza londinese, c’è inevitabilmente una correlazione fra i fondi immobiliari e le banche. Istituti come Barclays, Deutsche Bank e la stessa Unicredit hanno un’esposizione nei confronti dei property funds. Quindi una forte svalutazione di quest’ultimi può portare a una contestuale perdita di valore per gli attivi delle banche. Senza considerare che se cade il mercato immobiliare, cade anche il valore delle garanzie che le famiglie di solito danno per l’accensione di mutui. In altri termini, si può instaurare un circolo vizioso micidiale sia per le banche che per i clienti. Il più classici degli effetti domino, un po’ sullo stile di quello che è successo con la crisi dei mutui subprime del terribile biennio 2007-2008.

Quanto lo scoppio della bolla immobiliare inglese sia pericoloso per l’Europa, e in ultima analisi per l’Italia, è la domanda che si stanno facendo in queste ore nelle sedi operative delle banche d’affari londinesi. Molto dipenderà da quanto sarà grande il crollo dei prezzi delle case e da quanto saranno nei fatti esposte le banche europee. Da una parte, c’è l’ottimismo dovuto al fatto che rispetto alla crisi americana di nove anni fa ci sono in giro pochissimi strumenti tossici come le famose Cdo e Abs, che fecero da propagatori esponenziali dello scoppio della bolla. Dall’altra parte però c’è il fatto che un’eventuale ulteriore perdita di valore degli attivi delle banche europee si andrebbe pericolosamente ad aggiungere alle difficoltà che già adesso mettono sotto pressione i bilanci degli istituti, come la questione derivati per Deutsche Bank o la questione crediti inesigibili per Mps. Insomma, sembra abbastanza inevitabile che un’onda si abbatterà presto sulle banche europee, e italiane. Se sarà un flutto sopportabile o uno tsunami, è tutto da vedere”.

(Fonte: www.huffingtonpost.it, Gianni Del Vecchio, Editor in Chief, Huffington Post Italy, “Scoppia la bolla immobiliare a Londra, l’effetto si sentirà a Roma”, 7 luglio 2016).

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