Si trova all’interno di un polo di aggregazione per la collettività di Tresigallo in provincia di Ferrara il nuovo punto vendita del gruppo Ali ( è il numero 105) inaugurato oggi: un supermercato di 1.500 metri quadrati, 8 casse e 20 addetti.
Accanto al punto vendita apriranno un bar, un negozio di abbigliamento, uno di calzature e una sanitaria con prodotti per l’infanzia e per la cosmesi. Altre due attività apriranno entro l’anno: sono in fase di definizione infatti le destinazioni commerciali.
Presente nel territorio Ferrarese dal 2004 e con oltre 40 anni di storia nella grande distribuzione organizzata, Alì Supermercati propone nel nuovo punto vendita il reparto pasticceria, il reparto freschi, il banco caldo con polli allo spiedo, la friggitoria, i piatti pronti.
Il gruppo padovano continua quindi a sostenere l’occupazione attraverso una politica di investimenti (questa è la seconda apertura dall’inizio del 2015), di assunzioni (sono oltre 3.200 i dipendenti della catena) e attraverso la collaborazione con PMI e fornitori locali.
“Nonostante i numeri del nostro Gruppo – ha commentato il Presidente Alì S.p.A. Francesco Canella– vogliamo continuare ad essere un’azienda veneta a conduzione familiare profondamente radicata nel territorio, con i nostri supermercati di quartiere, ma anche con il sostegno alle realtà associative e culturali che animano i nostri Comuni. L’impegno di Alì è quello di continuare a soddisfare i clienti con la qualità al miglior prezzo, ma anche di favorire l’occupazione e il lavoro delle PMI del territorio, migliorare l’ambiente dove operiamo e sostenere iniziative benefiche o progetti a favore della collettività”.
I prodotti naturali non conoscono crisi. Stando alle rilevazioni condotte da Nomisma, nel 2014 ben il 59% dei consumatori ha acquistato almeno un prodotto alimentare a marchio bio; nel 2012 il dato si fermava al 53%, nel 2013 al 54,5%. In altre parole, in soli due anni si sono contati 1,7 milioni di famiglie acquirenti in più. È quanto scrive Manuela Falchero nell’ultimo numero disponibile online di inStore.
Ma non è tutto. Sempre secondo Nomisma, è infatti aumentata anche la spesa pro-capite degli italiani, passata dai 28 euro del 2011 agli attuali 39 euro in linea con una tendenza che non sembra essere esaurita se si considera che il 17% dei consumatori prevede di aumentare nel 2015 il budget destinato ad alimenti naturali.
E così negli ultimi mesi, le catene di più lungo corso hanno spinto sull’acceleratore dell’espansione.
E nuovi player si sono affacciati sul mercato. I casi di NaturaSì, Almaverde Bio Market e Bio c’Bon.
Un impegno preciso e a medio termine: è quello che avrebbe preso Tesco per ridurre lo zucchero delle bevande gassate a marchio privato. Secondo il sito The Grocer che parla di “una possibile svolta nella guerra allo zucchero” l’impegno del retailer, che nel Regno Unito vende quasi una bevanda gassata su tre nella GDO, riguarderebbe la riduzione del 5% ogni anno sull’intera linea di soft drinks. Il programma di riduzione degli zuccheri, il primo da parte di un’insegna della grande distribuzione, segue una intensa campagna di sensibilizzazione da parte di enti governativi e associazioni come Action on Sugar, che si è posta l’obiettivo di ridurre del 40% la presenza di zucchero in cibi e bevande confezionati entro il 2020. L’eccesso di zuccheri viene legato a grossi problemi di salute quali obesità e diabete di tipo 2.
Il retailer non è nuovo a operazioni di questo tipo: già all’inizio dell’anno aveva deciso di rimuovere i dolci dalle avancasse. Un’attenzione al cliente e alle esigenze salutiste sempre più sentite, ma anche un’operazione di marketing e immagine vitale in un momento assai difficile per Tesco, che è stato duramente colpito dallo scandalo dei bilanci truccati l’anno scorso nel Regno Unito e sta chiudendo anche gli ultimi punti vendita non-food Homeplus. In ogni caso, dopo questa mossa anche le altre insegne potrebbero essere spinte a intraprendere azioni simili.
Dopo la produzione industriale Istat anche l’indice di fiducia dei consumatori rilevato da Nielsen nel suo Global Consumer Survey torna a crescere e fa sperare in una inversione di tendenza, che dovrà essere confermata, per dichiararci fuori dalla crisi, anche nel secondo trimestre. I dati però dicono che posizionandosi a quota 57, l’indice di fiducia dei consumatori si attesta al livello del secondo trimestre del 2011, ma allora era in caduta libera.
Rimane tuttavia ancora ampio il gap con la media UE (77 punti). L’Italia si avvicina alle posizioni di Spagna e Francia (rispettivamente a 61 e 59) mentre Germania e Gran Bretagna detengono ancora il primato nel Vecchio Continente (rispettivamente a 100 e 97). Il 93% della popolazione, d’altra parte, ritiene il Paese ancora in crisi (vs 95% di un anno fa), anche se il 16% dichiara che se ne potrà uscire nei prossimi 12 mesi (vs. 12%). In sensibile crescita la preoccupazione legata alla possibilità di attacchi terroristici nel nostro Paese (+ 8 punti verso il primo trimestre 2014), rilevata presso il 9% degli intervistati.
«Ci troviamo di fronte a un dato in decisa controtendenza. Questo, infatti, passa da 45 punti rilevati nell’ultimo trimestre 2014 a 57 punti del primo 2015. Ricordiamo che nel trimestre precedente la tendenza era ancora in calo (-2 punti) », ha dichiarato l’amministratore delegato di Nielsen Italia Giovanni Fantasia commentando i risultati dell’indagine.
«Le ragioni di questa inversione – ha proseguito Fantasia – vanno ricercate innanzitutto nella realizzazione di alcune riforme strutturali messe in agenda dal Governo in questi mesi. In secondo luogo nella ripresa economica sia a livello globale che in Europa e in Italia, grazie ad un mantenimento a bassi livelli del costo delle materie prime, e al miglioramento, seppure timido, del mercato del lavoro. In terzo luogo nell’attivarsi della domanda nei consumi, rilevata soprattutto nella Gdo. In altri termini, si assiste al verificarsi di condizioni che permettono alle famiglie di divenire, almeno in prospettiva, fonti di reddito e non più meramente centri di costo. Il vero problema che ora si pone è quello della tenuta di questa ripresa. Una risposta l’avremo dalle prossime rilevazioni della fiducia nel secondo e terzo trimestre. Solo un consolidamento della domanda nei prossimi mesi potrà metterci in condizione di ritenere che ci siamo lasciati la crisi alle spalle».
Più in dettaglio, ecco alcune pillole dell’indagine.
Prospettive lavorative: si prospettano buone per il 13% degli italiani, rispetto al 7% registrato nel 1° trimestre dell’anno scorso.
Finanze personali: la percezione è ora positiva per il 21% del campione, rispetto al 14% su base tendenziale. Sono il 17%, inoltre, gli italiani che ritengono sia il momento di fare acquisti (+5 punti rispetto al 1° trimestre 2014).
Mettendo a fuoco le preoccupazioni degli intervistati, si registra che il 28% del campione si dichiara ancora in apprensione per la stabilità occupazionale, con dato invariato rispetto alle rilevazioni del primo trimestre 2014. Guerra e immigrazione rimangono preoccupazioni rispettivamente per il 4 e 5% della popolazione (rispettivamente all’1 e 2% lo scorso anno). Il 5% si dichiara preoccupato per la propria situazione debitoria, il 6% per la salute, il 9% per l’economia.
Atteggiamenti verso la spesa: dopo gli acquisti per i beni necessari, il 37% degli italiani si orienta a destinare risorse per il risparmio. Seguono quanti intendono comprare vestiti o concedersi una vacanza (entrambi al 27%), mentre il 22% dichiara l’intenzione di volere spendere per il divertimento fuori casa. Si attesta al 25% la quota della popolazione che rimane senza soldi alla fine del mese.
Orientamento al risparmio: si rilevano alcuni segnali di un attenuamento dell’intenzione di tagliare le spese rispetto ai dati dello scorso anno, benché il 72% prosegua a monitorare le uscite finanziarie e la voce risparmio. Spende di meno per l’abbigliamento il 56% del campione (vs. 63%) come per i pasti fuori casa (vs 61%), il 40% per vacanze e gite fuori porta (vs. 46%), il 37% per l’utilizzo dell’auto (vs. 42%).
Nello stesso tempo, tuttavia, si osserva che la crisi ha influenzato in maniera permanente le abitudini di spesa degli italiani. Tanto è vero che è cresciuta la quota di coloro che dichiarano l’intenzione di proseguire a risparmiare sulle bollette di luce e gas (26% vs. 22% del 1° trimestre 2014) e di comprare i prodotti alimentari più economici (23% vs. 20%).
Sono infine il 20% (vs 25%) gli italiani che porranno attenzione sulle spese per ristoranti, e il 19% (vs. 22%) su quelle per nuovi abiti.
Dalter Alimentari è ad Amsterdam per partecipare a PLMA, la fiera dedicata al mondo della marca privata organizzata dalla Private Label Manufacturers Association, che riunisce oltre 3.500 produttori nel mondo. Una vetrina ideale per l’azienda italiana, che realizza in questo canale di vendita il 21% del proprio fatturato. L’azienda reggiana, specializzata nel confezionamento dei formaggi grattugiati e porzionati freschi, torna ad Amsterdam dopo cinque anni di assenza, come spiega il presidente Stefano Ricotti: «Dopo l’industria alimentare e il mondo horeca, la private label rappresenta per noi il terzo canale di vendita. Partecipare a PLMA significa poter incontrare oltre 11.000 professionisti provenienti da tutto il mondo, a cui mostrare i nostri punti di forza, che si possono sintetizzare in due concetti: ampiezza di gamma e flessibilità, intesa come capacità di tradurre in un prodotto unico e specifico le aspettative dei buyer».
Al mondo della marca privata Dalter Alimentari propone una selezione dei migliori formaggi italiani DOP, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Pecorino Romano, e di alcuni formaggi esteri, tra cui Doronico, Emmenthal ed Edamer. I vari formaggi si possono realizzare in numerose tipologie di taglio, dal grattugiato alle pepite, dalle monoporzioni ai filetti, e confezionare in vari pack, tutti innovativi, dal flow pack alle bustine monodose, passando per grattugie ricaricabili e sacchetti. Il risultato è un prodotto creato su misura per ciascun cliente. Un discorso a parte merita il Parmigiano Reggiano. «Nel caso del Re dei Formaggi – afferma il dr. Ricotti – abbiamo implementato un processo che prevede il controllo dell’intera filiera: dalla raccolta del latte alla produzione del Parmigiano Reggiano, dalla stagionatura al confezionamento del prodotto finito. Grazie a questo modello Dalter Alimentari è in grado di offrire alle catene GDO e ai loro clienti un prodotto che non solo è di qualità superiore ma che è anche di qualità costante nel tempo. Ed è proprio questo tipo di approccio, che ci differenzia dai competitor del settore, ad averci permesso di siglare un accordo pluriennale di fornitura con una delle più importanti catene britanniche». Il Regno Unito è, con la Germania, il Paese dove Dalter Alimentari può vantare le più solide partnership con le insegne GDO. Per il futuro, l’obiettivo è quello di sviluppare ulteriormente questo canale di vendita, non soltanto limitandosi all’Europa ma focalizzando l’attenzione sui nuovi mercati extraeuropei.
Ad Amsterdam, Dalter Alimentari presenta alcune novità di prodotto per il canale della marca privata. Come i tranci da 200 gr di Parmigiano Reggiano in flow pack: rispetto a quella classica, la forma in cui il Re dei Formaggi si presenta è molto più accattivante dal punto di vista estetico, con vantaggi anche in termini di praticità di taglio. Pensando ai mercati esteri, poi, al PLMA Dalter Alimentari presenta nuove referenze premium: grattugiato di sola polpa di Parmigiano Reggiano DOP stagionato 30 mesi e scaglie di Parmigiano Reggiano DOP stagionato 30 mesi. Una novità assoluta: la stagionatura elevata infatti compromette solitamente l’integrità di questo taglio. Un problema che l’azienda italiana ha saputo ovviare grazie al suo know-how derivato da una lunga esperienza nel taglio e nella porzionatura del Parmigiano.
Anche in tempi di contrazione della spesa, la carne di vitello continua a rimanere un prodotto in sintonia con le caratteristiche del consumatore italiano, curioso, esigente, sensibile ai temi della qualità e dell’origine degli alimenti che sceglie. Questa attenzione cresce nel momento dell’acquisto della carne, una voce che pesa sullo scontrino, per cui il consumatore punta su un prodotto scelto e sicuro, in grado di trasmettere valore.
A questo target si rivolge VanDrie Group, gruppo olandese produttore di vitello che basa la proprie mission su alcuni principi fondamentali: la trasparenza, il benessere per l’uomo, l’animale e l’ambiente. Gli allevamenti che fanno parte del gruppo dispongono di stalle ampie, ben ventilate e dotate di illuminazione naturale. Questa attenzione ha permesso a VanDrie Group di ottenere dalla Protezione Animale Olandese il marchio “Beter Leven”, vivere meglio.
Fondato nei primi anni Sessanta come azienda familiare per valorizzare i prodotti secondari dell’allevamento di bestiame da latte, oggi il gruppo è una realtà da 2 miliardi di euro di fatturato, circa 1,5 milioni di capi macellati e 500.000 tonnellate di mangime l’anno; un network composto da 25 imprese integrate in tutta Europa (di cui 3 in Italia), che coprono l’intera filiera, dai mangimi al pellame per la moda. Il gruppo è in grado di realizzare tagli e confezioni su misura, a seconda delle esigenze della clientela (grande distribuzione compresa) e le spedizioni avvengono in pochi giorni, Per garantire la tracciabilità ogni confezione è dotata dal numero di identificazione dell’animale di provenienza.
Forte della sua propensione all’internazionalizzazione (oltre il 95% della produzione viene esportata in oltre 60 paesi), VanDrie ha nell’Italia un importante riferimento, perché rappresenta il 35% della quota export. Per questo ha lanciato una intensa campagna di comunicazione volta a ravvivare l’interesse italiano per la carne di vitello.
«L’approccio tradizionale a cui noi del mondo della carne siamo abituati – spiega Herman van Drie – è insufficiente per raggiungere i giovani, che utilizzano per informarsi altri mezzi rispetto a quelli tradizionali. La carne purtroppo appare nei media sempre più spesso sotto una luce negativa. Opinioni e comunicati vengono sopravvalutati e promossi a verità. Noi vogliamo per mezzo di questa campagna raggiungere i consumatori e divulgare il racconto vero sulla carne di vitello».
La ricetta della campagna? Un mix social media, partecipazione a eventi pubblici, arricchimento del sito internet www.carnedivitello.it e la collaborazione con gli chef stellati di UIR (Unione Italiana Ristoratori), specialisti dell’alimentazione e food blogger.
In margine al convegno Internazionalizzazione: nuove opportunità distributive per un mercato sempre più globale, organizzato da Popai Italia in collaborazione con Tuttofood e Ice alla fiera dell’ambientare chiusa da pochi giorni, abbiamo posto alcune domande a Daniele Tirelli, presidente dell’associazione che si occupa di retail a 360°.
Tirelli, grande conoscitore delle dinamiche dei rapporti tra distribuzione e industria e del mondo distributivo internazionale, in particolare americano, risponde ad alcune domande sul tema del successo del cibo italiano a livello internazionale e smonta quella che si potrebbe definire la retorica dell’export, ricordando che bisogna sempre confrontarsi con il mercato globale e con i suoi assiomi.
Perché un prodotto che in Italia ha una sua riconoscibilità, in un altro mercato rappresenta una specialità che poi va comunicata e supportata con adeguati azioni di marketing in uno stretto rapporto con i retailer.
Ci sono i territoriali e gli i-family, quelli che OK il prezzo è giusto e i Nonno Italo, i Wow shop e gli Hasta il consumo siempre.
Sono i sei cluster individuati dall’edizione 2015 della Shopping Map di Marketing & Trade, che traccia i modelli di consumo degli italiani, individua le tipologie di comportamenti di acquisto, gli atteggiamenti rispetto ai brand, alle promozioni, a qualità e sostenibilità, alle diverse forme della comunicazione. Disegna inoltre la propensione alla multicanalità di acquisto e alle influenze dei social e del web, oltre ad associare a ciascun modello di consumo i format preferite e le insegne retail frequentate e preferite di cui definisce una precisa performance rispetto a tutti gli elementi dell’offerta.
Shopping Map è basata su oltre 1100 interviste a consumatori dentro i luoghi dello shopping realizzate in 9 città metropolitane e in provincia, dal nord alle isole.
“La premessa – Afferma Daniela Ostidich, presidente di Marketing & Trade (scrivi una mail) – è che in questo inizio del 2015 il Il consumo in Italia riprende, ma su terreni del tutto inesplorati, creativi, sorprendenti e in qualche modo persino votati all’ottimismo e alla solidarietà che – prima che per i produttori – si deve esprimere tra i consumatori. C’è tuttavia una fascia di Italiani che ancora appare fuori da questo segnale di crescita: si tratta di una fascia di consumatori rimasta legata ad un consumo arcaico, frutto di una crisi del consumismo che per loro non ha avuto risposta, oppure di una vocazione al tatticismo e all’opportunismo che limita la capacità di costruire nuovi percorsi di shopping ma anche di socialità».
La Shopping Map individua alcuni temi e snodi su cui concentrarsi per leggere queste nuove direzioni di consumo.
Un tema centrale è quello della multicanalità, vista come contemporanea presenza di decisioni di acquisto -ma anche di raccolta di informazioni ‐ che maturano in modo totalmente sostituibile e complementare sul web oppure dentro il punto di vendita (oppure in aeroporto, in palestra, in metropolitana…).
Un altro tema discriminante per capire i differenti modelli di consumo degli italiani, è quello guardare alla dimensione dell’orizzonte percepito delle relazioni personali che appare sovrapporsi in modo importante con quello dell’ambito spaziale in cui gli acquisti avvengono.
L’ultimo tema riguarda l’atteggiamento verso lo shopping visto come attività di entertainment e autogratificazione oppure di mera 3 funzionalità.
Con la metabolizzazione dello shock da “crisi”, in sostanza c’è chi di shopping ha ancora fame e chi invece ne ha avuto abbastanza.
Vediamo allora come si definiscono questi modelli di consumo.
I TERRITORIALI sono gli shopper affezionati: al quartiere, alla prossimità, al prossimo come riferimento per i propri acquisti, dal consiglio del vicino di casa al consiglio del macellaio.
È un cluster formato da persone concrete, amanti dei rapporti diretti e degli acquisti su misura, che si concentrano sulla soddisfazione dei bisogni per loro primari. Senza appiattirsi, ma con poco o nessuno interesse per lo shopping frivolo, questo cluster vuole essere coccolato e viziato, ma nel punto vendita del cuore, vicino a casa. I negozi del centro storico preferiti sono quelli specializzati, sia perché è lì che si percepisce esserci la maggiore qualità, sia perché qui è ancora forte il rapporto umano con il personale. L’insegna di riferimento è Carrefour Market
Il reparto freschi di un punto vendita Natura Sì.
I-FAMILY è il perfetto risultato dell’evoluzione della famiglia moderna: giovane, attenta, giudiziosa, al passo con i tempi e con l’evoluzione dei modi e delle modalità di consumo. L’I-Family si destreggia su tutti i format e tutti i canali, da fisico a virtuale.
Da consumatori evoluti, quando fanno shopping scelgono insegne distintive, ma il massimo peso è dato al valore e alla sostanza, sono alla loro costante ricerca di innovazione: non per snobismo, piuttosto per ottenere un’esperienza d’acquisto tanto soddisfacente quanto gratificante. L’insegna di riferimento è Natura Sì
NONNO ITALO rappresenta quella fascia di Italia che continua a invecchiare, persone sempre più costrette a barcamenarsi tra 4 salute, famiglia, spesa quotidiana e gestione della casa.
Il risultato è che aumenta il senso di disillusione e stanchezza nei confronti del consumo come attività e fare acquisti diventa sempre più una sofferenza, una perdita di tempo. Pongono massima attenzione alla semplicità dell’acquisto, evitando di essere abbagliati da mode e novità. Emarginati tanto per necessità che per scelta, acquistano solo in luoghi comodi per vicinanza e orari e preferiscono i negozi facili da girare e da leggere, assortimenti mirati. L’insegna di riferimeto è Lidl
WOW SHOP sono gli animali da consumo, quelli per cui acquistare è uno stile di vita e un modo di presentarsi al mondo, hanno trovato altri canali su cui scatenarsi.
Alla costante ricerca di stimoli, il piacere dello shopping per loro è esaltato dall’innovazione negli spazi fisici del retail. Se lo shopping si fa nei flagship store, l’acquisto dei prodotti alimentari si fa nei negozi diretti di marca, ancora meglio se sotto forma di “eventi” come i temporary store. Internet è costantemente monitorato per poter sapere dell’ultima apertura di locali di tendenza, un’inaugurazione a cui partecipare e magari finire in qualche foto Se potessero mettere tenda da Eataly, l’avrebbero già fatto, magari vicino al carico/scarico per controllare gli arrivi delle novità. La loro insegna di riferimento è Designer Outlet
HASTA IL CONSUMO SIEMPRE è il cluster di shopper che, nel polverone della crisi, sembra non essersi nemmeno scompigliato i capelli: sono i consumatori che amano fare shopping, possono e vogliono farlo e come dargli torto?
Questo cluster infatti tende a frequentare tutti i canali e format della grande distribuzione, reali o virtuali: dal centro commerciale al negozietto vintage, dal negozio sotto casa all’outlet online, senza nemmeno farsi grandi pensieri sullo spendere/sperperare un po’ (anche grazie alla buona disponibilità economica). Aleggiano in una società post-postmoderna, eppure non si sono mai discostati dal passato: si riconoscono dallo sguardo poco attento a volantini e tv ma non sono rimasti indifferenti all’evoluzione dei canali, strada alternativa e pur sempre intrigante per comprare, comprare, consumare. L’insegna di riferimento è Coin
OK IL PREZZO È GIUSTO minuziosi e pragmaticamente infedeli, perspicaci fautori della spesa economa e misurata, attenti cacciatori del mercato e perseveranti ricercatori di convenienza, sono gli evergreen del mercato, la cui abilità a far la spesa (e farla bene) è il motivo di maggiore orgoglio sulla piazza degli shopper italiani e parte della routine sociale di questo cluster, un aspetto importante per dare senso alla propria giornata.
Il discount, a cui ci si è avvicinati in passato come reazione al periodo di ristrettezze economiche, rimane un buon punto di riferimento, così come il resto della Gdo. I rimanenti canali e formati sono praticamente ignorati, dalla ristorazione commerciale all’entertainment, tranne quelli che permetteno loro di sfoggiare la propria abilità di cherry pickers. La loro insegna de cuore è OVS
Un nuovo store U2 aperto 7 giorni su 7 con orario continuato dal lunedì a sabato e dalle 08.00 alle 12.30 la domenica e con la formula EDLP (Every Day Low Price) e dall’impegno nella tutela dell’ambiente apre oggi a Negrone di Scanzorosciate, in provincia di Bergamo, in Via Monte Negrone, 4, il 111° dell’insegna del Gruppo Finiper e il 65° in Lombardia. Il nuovo store, aperto con la formula franchising, si sviluppa su 550 mq di vendita, ha tre casse, 12 addetti e un parcheggio con 50 posti auto.
Prezzi ribassati, prodotti selezionati, personale competente e disponibile permetteranno una spesa facile, veloce, consapevole, conveniente e volta alla massima soddisfazione del cliente che potrà scegliere tra 700 referenze fra le quali 300 di gastronomia e panetteria, insieme a un ampio assortimento di frutta e verdura, carne, surgelati, latticini, scatolame e prodotti non food. Per un totale di 650 referenze freschissime e di 6000 referenze a scaffale.
Due grandi gruppi della GDO, europei ma con forti interessi nel mercato USA (dove realizzano il 60% delle vendite), l’olandese Royal Ahold (cui fanno riferimento i marchi Albert Heijin, Gall&Gall e Etos) e il belga Delhaize (3.410 pdv in sette Paesi in tre continenti), hanno confermato l’avvio di trattative per una possibile fusione, che darebbe vita alla quinta insegna della grande distribuzione in USA con vendite da 54 miliardi di Euro, e in Europa al quarto retailer per dimensioni. Secondo James Grzinic, analista di Jefferies a Londra, le probabilità che l’accordo si concluda sono 50/50, come riporta il European Supermarket Magazine.
La fusione potrebbe portare, secondo gli analisti, a sinergie fra i 400 e i 600 milioni di dollari nel mercato americano e a una maggiore capacità di fare fronte agli agguerriti competitor. Lunedì alla prima notizia delle trattative le azioni di Ahold erano salite del 5,5% per un valore di mercato di 16,3 miliardi di Euro mentre quelle di Delhaize hanno guadagnato il 15% per un valore complessivo di 8,6 miliardi di Euro.
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