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Sconti e ricettario da Simply per la settimana della celiachia

Prodotti senza glutine a prezzi scontati, una linea dedicata certificata gluten free e un ricettario esclusivo di dolci senza glutine validato da AIC, l’Associazione Italiana Celiachia: sono le iniziative intraprese da Simply, catena del Groupe Auchan, dal 14 maggio in occasione della “Settimana della Celiachia”, la campagna di sensibilizzazione promossa dall’Associazione che prevede attività, eventi e manifestazioni per far conoscere alla popolazione la malattia.
I prodotti gluten free sono sempre più richiesti in quanto sono l’unica alternativa per stare bene a chi soffre di celiachia, ma vengono anche scelti da chi, per motivi dietetici o presunte intolleranze, ha deciso di non consumare più glutine. La celiachia è tra l’altro una malattia sottostimata e in aumento, che colpisce nel mondo una persona su 100: in Italia ne sono stati diagnosticati ad oggi quasi 165.000 casi e ogni anno vengono effettuate 10.000 nuove diagnosi, con un incremento annuo di circa il 10%.

Per supportare la “Settimana della Celiachia”, Simply ha inserito nelle promozioni Simply e PuntoSimply dal 14 al 27 maggio e IperSimply dal 14 al 24 maggio uno “Speciale Senza Glutine” che, oltre ad informare i clienti sulla campagna AIC, offre ai celiaci tanti prodotti senza glutine a prezzi scontati fino al 50%, evidenziati a scaffale dall’apposito segnalatore del percorso “Senza glutine”.

copertina ricettarioPer aiutare i clienti celiaci a seguire la dieta senza glutine e dimostrare che essere celiaci non significa rinunciare al gusto, Simply ha anche pubblicato un libro esclusivo con oltre 50 ricette di dolci senza glutine validate dall’Associazione Italiana Celiachia, in vendita nei supermercati Simply, IperSimply e PuntoSimply a soli 2,99 euro.
Nato da un’esigenza personale e dalla passione per la cucina, il ricettario “Pasticceria senza glutine” è stato ideato e scritto da Cristina Chiodi, collaboratrice da oltre 24 anni dei supermercati bresciani di Gavardo e Salò. Cristina Chiodi è partita dalla rielaborazione delle ricette di pasticceria classica, escludendo i preparati in commercio e sperimentando l’utilizzo di farine da cereali naturalmente senza glutine, come quella di riso o di mandorle e l’amido di mais, mescolandole tra loro in modo differente per ogni preparazione.

Una linea Pl dedicata e certificata

Lo “Speciale Senza Glutine” sarà anche l’occasione per presentare ai clienti la nuova linea di prodotti a marchio “Senza Glutine Simply”, creata appositamente per chi è intollerante al glutine, ma non vuole rinunciare al piacere dei cereali. La linea, che ha ottenuto la Spiga Barrata da AIC, comprende pasta, biscotti, torte, merendine, grissini e preparato per pane. Grazie all’adesione di Simply al “Progetto Nuova Celiachia” di Regione Lombardia, nei punti vendita lombardi i celiaci potranno acquistare gli alimenti senza glutine contrassegnati dal logo del Ministero, con il budget mensile assegnato dal SSN e caricato sulla Carta Regionale dei Servizi. I prodotti acquistabili con CRS sono evidenziati a scaffale con un apposito segnalatore. Al momento del pagamento il cliente deve solo consegnare la CRS e inserire il PIN inviato a domicilio dalla propria ASL. Il sistema informatico controlla la disponibilità del budget e decurta quanto speso. L’importo residuo rimarrà a disposizione del cliente e potrà essere speso successivamente. Sullo scontrino vengono riportati i prodotti per celiaci acquistati, l’importo speso ed il budget residuo.

L’adesione alla “Settimana della Celiachia” sarà supportata da una campagna di comunicazione interna ed esterna, veicolata sui volantini, nei punti vendita attraverso locandina, spot, animazioni con cartellonistica, spazi dedicati e aggregati, sul sito e sui canali social ViviSimply.

I consumatori e la carne in un’indagine Swg a Eurocarne

Di fronte a un consumatore che alza il livello delle richieste di garanzia, sicurezza, informazione e rassicurazione, il settore delle carni, e in particolare quello della do, deve ripensare agli strumenti dell’offerta se vuole mantenere i livelli di consumo che, oggi, sono in diminuzione per quanto riguarda la carne bovina e domani potrebbero toccare anche quella suina.

Secondo l’indagine presentata da Swg (“la prima indagine completa negli ultimi tre anni con l’obiettivo di sostenere i  consumi di carne”, ha affermato il presidente di Verona Fiere Ettore Riello) rispetto a frutta e verdura, le cui intenzioni di consumi nei prossimi 5 anni indicano un aumento medio mensile, per la carne il futuro è ambivalente. Rimarrà sostanzialmente stabile il consumo di carne avicunicola (da 7,54 a 7,61 atti di consumo dichiarati al mese), mentre potrebbe subire una flessione la carne suina (da 4,95 a 4,63) e quella bovina (da 6,47 a 5,74).

In termini generali, parlando comunque di intenzione al consumo, salgono i legumi, la frutta e la verdura e scendono i carboidrati. La propensione al consumo di carne cambia, con un saldo comunque positivo (+26,8%) per quella avicunicola e negativa per bovino (-13,6%) e suino (-24,7%).

Carne, perché si? Chi manifesta una propensione al consumo di carne lo fa per differenti ragioni legate alla sfera salutistico-funzionale ed edonistica, considerando tale categoria un alimento essenziale per una dieta equilibrata. In particolare, nel caso dell’avicunicolo per il profilo dietetico della carne (53,8%) associato al «piacere di gusto» (40,2%), mentre per la carne bovina le motivazioni trainanti attengono al peculiare apporto proteico (40,2%) e nutrizionale (56,4%); nel suino la propensione al consumo è sostenuta dalla bontà gustativa (53,8%), che fa il paio con la valenza nutrizionale (32,7%).

Anche chi ha manifestato una propensione al consumo, però, evidenzia dei freni di natura essenzialmente economica, a partire dal prezzo elevato (che raggiunge addirittura il 61,5% per il bovino) o dall’assenza di promozioni accattivanti (23,1% sia per la carne bovina che per quella suina, 20,1% per l’avicunicolo). Altro aspetto rilevante attiene all’area dell’“insoddisfazione” nella fase del consumo data dalla scarsa resa in cottura (il 28,5% nel caso dell’avicunicolo), in contrasto con le aspettative di base.

Carne, perché no? Si ispirano a motivazioni di natura salutistica o dietetica quanti invece hanno manifestato in partenza avversione al consumo di carne, dichiarando la volontà di ridurne il quantitativo. Lo afferma il 64% degli intervistati, con riferimento alla tipologia di carne suina, seguita dal 61,5% del bovino e dal 46,3% dell’avicunicolo. Pesano anche i dubbi sulla salubrità del prodotto, che toccano il 53,7% per la carne avicunicola (43,7% per quella bovina, 32,3% quella suina).

I canali d’acquisto. Per quanto concerne i canali d’acquisto, prevale la grande distribuzione (supermercato o ipermercato), seguita dalla macelleria. Le percentuali, però, cambiano a seconda della tipologia di carne scelta. Se il 73,7% degli intervistati si affida alla gdo quando deve comprare carne bianca, tale percentuale scende al 68,6% per gli acquisti di carne bovina (dove in parallelo sale il gradimento del negozio tradizionale al 46 per cento) e al 69,9% per la carne suina.

Differenziata è l’aspettativa sulla qualità del prodotto, in base al luogo di acquisto: nella macelleria, per tutte le tipologie di prodotto, la bontà attesa, ma anche quella percepita, è più elevata rispetto alla gdo o al discount.

Pregi e difetti della Gdo. Fra i pregi del supermercato, i responsabili degli acquisti intervistati hanno indicato i fattori prezzo (inferiore rispetto alla macelleria, presenza di offerte e promozioni), assortimento (maggiore scelta, ampio smercio/freschezza, praticità delle confezioni, visibilità del prodotto), garanzia (sensazione di maggior controllo sull’origine) e servizio (non si fa la fila/estensione oraria), mentre fra le criticità i consumatori hanno menzionato la qualità (diffusa insoddisfazione per la qualità della carne di manzo nella gdo) e il servizio (manca qualcuno a cui chiedere delucidazioni/consigli sulla carne).

Imparare dalle macellerie? Scenario differente per la macelleria tradizionale. I punti di forza individuati dagli intervistati sono risultati essere assortimento (qualità migliore e carne più selezionata, ma anche assenza di carne extra-europea) e servizio (consigli sul taglio di carne e modalità di cottura, servizio dedicato, possibilità di prenotare tagli o carni speciali, rapporto di fiducia, maggiore riguardo se frequentato con assiduità); al contrario i fattori di insoddisfazione sono stati individuati negli elementi prezzo (più alti, nessuna promozione), garanzia (tracciabilità meno visibile) e altri elementi di servizio (minor controllo sulle quantità, si perde tempo in fila, se il rapporto non è costante il trattamento può essere scadente, imbarazzo a rifiutare una carne che non convince).

Le informazioni tra etichette e internet. Tra le informazioni in etichetta nella gdo, il consumatore si mostra interessato a specifici contenuti sul tipo di allevamento, sull’alimentazione e l’età dell’animale alla macellazione. Elementi giudicati di rassicurazione rispetto alla carne e distintivi della reale qualità del prodotto acquistato. Allo stesso tempo, anche la tipologia del taglio carneo; la fascia di prezzo e la provenienza, magari con indicazioni sul luogo di allevamento, le certificazioni di prodotto, il prezzo per porzione.

La preparazione delle carni è un elemento sul quale riflettere, perché accanto ai «consigli della mamma», ai quali ricorrono il 43,4% degli intervistati in caso di dubbio sulle modalità di gestione e cottura, avanza la ricerca autonoma di informazioni su internet (28,7%), soluzione che scavalca addirittura l’aiuto del macellaio (27,3 %).

Riflessioni sul packaging. Quanto alla confezione, chi acquista carne compra preferibilmente nel vassoio tradizionale o termosaldato (se nella gdo) o il prodotto sfuso (se si rivolge al macellaio); in particolare il vassoio termosaldato viene percepito come il più sicuro in termini di igiene alimentare. Lo skin pack, invece, è più utilizzato all’estero rispetto all’Italia.
Del resto considerando la gestione delle carni dopo l’acquisto si dovrebbe pensare a diverse opzioni di confezionamento. Per avicunicolo e suino, le carni vengono spesso acquistate in quantitativi superiori alle necessità quotidiane, per cogliere le opportunità promozionali che quasi tutti gli intervistati ammettono di cercare. Al contrario, la carne di manzo viene acquistata e consumata direttamente.

Due comportamenti che richiederebbero soluzioni diverse anche in termini di confezionamento: un packaging di grande formato pre-porzionato per suino e avicunicolo, una logica di skin pack pre-porzionato per la gestione degli acquisti di carne bovina.

Nielsen: cambia il consumatore, avanzano i punti vendita più piccoli

Il “salto di canale” è una pratica ormai consolidata nel nuovo consumatore multicanale, che tranquillamente passa dal discount al super, al farmer’s market allo store online per i suoi acquisti, ma con quali logiche? Ad indagare i meandri della mente di questa nuova specie antropologica c’è l’ultima indagine di Nielsen su retail ed e-commerce “The Future of Grocery”, effettuata su 30mila consumatori in 60 Paesi. La quale rivela anche come, se i grandi formati restano per ora dominanti, le piccole superfici (e non è una sorpresa: lo vediamo anche con i nostri supermercati di prossimità) sono le più dinamiche.

A valore, super e ipermercati coprono il 51% delle vendite mondiali, La ricerca evidenzia le differenze regionali, ma i formati più piccoli, piccoli supermercati e negozi tradizionali, sono cresciuti di più negli ultimi 12 mesi (dal 4 al 6% contro il 2% dei formati più grandi). “In tutto il mondo stiamo assistendo alla crescita del retail di prossimità – ha detto Patrick Dodd, president, global retailer vertical, Nielsen – Agli occhi del consumatore globale al momento piccolo è bello”. Evidente è l’influenza dell’e-commerce sul concetto di prossimità e comodità, sta di fatto che i formati più piccoli stanno crescendo in tutti i mercati, evoluti o in via di sviluppo, e sono utilizzati principalmente per piccoli acquisti urgenti o prodotti particolari.

È dunque interessante considerare come la categoria di prodotti influenzi di fatto la scelta del canale per gli acquisti “fisici”. Nei mercati maturi se le vendite sono concentrate nei grandi formati per il 61% nell’igiene personale, 62% di alimentari e bevande e 79% dei prodotti per la casa, i minimarket hanno quote di mercato interessanti intorno al 20%. In tutte e tre le categorie la crescita maggiore si è registrata nei piccoli formati, con una tendenza alla frammentazione. Nel settore alimentare sono proprio i negozi tradizionali e i chioschi a venire incontro alle esigenze di velocità e comodità.

Il prezzo prima di tutto, ma anche la qualità del prodotto influenzano il “salto di canale”.

“I grandi supermercati e gli ipermercati sono attori importanti nel paesaggio mondiale del retail, e continueranno a esserlo in futuro – ha detto Dodd -. Ma i formati più piccoli hanno una quota importante in certe categorie e stanno crescendo in altre. Gli sforzi della distribuzione dovrebbero concentrarsi su un mix di entrambi, capire dove fa acquisti il consumatore e per quali categorie, fornisce la visione necessaria per sviluppare strategie distributive più precise per ogni mercato”.

MD Discount inaugura un polo logistico nazionale non food. Presto l’e-commerce

Gricignano d’Aversa, provincia di Caserta: qui il Gruppo Lillo (MD Discount-Ld Market) ha inaugurato l’8 maggio, a soli sei mesi dall’avvio dei lavori, un nuovo polo logistico nazionale per il non food: oltre 6 mila metri quadrati di superficie per 4,5 milioni di investimento. Il magazzino può accogliere 1000 container all’anno per 20 mila tonnellate di prodotti, dispone di 7 mila posti pallet e 8 porte di carico che possono lavorare contemporaneamente e, quel che conta, aumenterà la capacità distributiva del gruppo di oltre il 40%. Inoltre un sistema di illuminazione a Led che si attivano solo al passaggio degli addetti e un impianto di climatizzazione di ultima generazione garantiscono l’efficienza energetica e la riduzione dei consumi.

Patrizio Podini, patron e fondatore di Lillo Spa, secondo player italiano del discount con le insegne MD Discount e LD Market
Patrizio Podini, patron e fondatore di Lillo Spa, secondo player italiano del discount con le insegne MD Discount e LD Market

L’inaugurazione, festeggiata con i dipendenti e i fornitori di MD-LD, fondata nel 1994 da Patrizio Podini, bolzanino con l’idea di sviluppare il canale discount nel Sud, negli anni in cui il fenomeno esplodeva in Italia, riveste una serie di valenze che vale la pena raccontare.

La location. La nuova ala non food completa il polo distributivo del gruppo che si estende su una superficie di 62 mila metri quadrati e si trova nella Zona ASI di Gricignano, salito alle cronache in queste settimane perché qui si trova anche l’impianto Indesit che i neo proprietari di Whirlpool intendono chiudere, con ricadute pesanti sull’occupazione del territorio. Il contrasto con un’azienda distributiva che invece investe per crescere è clamoroso. E se ne sono accorti anche i rappresentanti delle istituzioni presenti all’inaugurazione. tanto che è stata annunciata (ma siamo in campagna elettorale) l’ipotesi di creare una zona franca industriale nell’area con detrazione per tre anni per le aziende che assumono.

Sulla motivazione di creare un polo logistico nazionale concentrato, Podini, che sull’efficienza logistica ha costruito il successo del gruppo, ha le idee molto chiare: «Importiamo dalla Cina prodotti che generano l’80% del fatturato non food. Avevamo quindi bisogno di essere vicini a un porto. L’area di Gricignano è poi più adeguata per servire la Sicilia e la Sardegna più di quanto fosse Genova. D’altro canto i nostri camion non fanno mai un viaggio a vuoto e questo ci consente un risparmio di qualche milione all’anno».

La strategia. Patrizio Podini l’ha ripetuto più volte. «Il non food è strategico per il nostro gruppo. Completa l’assortimento non alimentare ed essendo continuativo serve a portare clienti nei nostri punti vendita». Il polo di Gricignano ha infatti una valenza nazionale. Da qui verranno serviti gli altri cinque depositi del gruppo (Trezzo, Mantova, Macomer, Bitonto ed Enna) e i punti vendita di riferimento.

Per inciso, a Macomer in Sardegna, è prevista la trasformazione del deposito di 45 mila metri quadrati in un nuovo polo da 210 mila metri quadrati nei prossimi due anni.

Ma il non food è talmente strategico per il gruppo Lillo che 1.000 metri quadrati dei 6.000 complessivi sono destinati alla nuova attività di e-commerce, che sarà online da giugno. Una sfida impegnativa non solo per il  fatto che si tratta del primo discounter italiano ad entrare nell’e-commerce. Ma anche perché è immediato il confronto con Amazon ed eBay, due competitori non da poco. «Nell’online ci crediamo ed è necessario fare esperienza in questo canale», sottolinea Podini, che però esclude il ricorso al click & collect ritenendolo troppo oneroso dal punto di vista organizzativo.

L’assortimento prevede non solo i prodotti a marchio MD come MxD e Axil nelle lampadine a basso consumo (Led) «acquistate in Italia, perché più performanti», ma anche alcuni prodotti di marca soprattutto nell’elettronica.

Lo sviluppo. Ma l’orizzonte strategico nell’online non fa perdere di vista i canali fisici. Con 2 miliardi di euro di vendite, 5.000 dipendenti e 720 punti vendita il Gruppo Lillo ha una quota del 15% nel comparto del discount ed è il secondo player italiano. Ma la marcia non si arresta. «Due mesi fa è partita una nuova società MD Immobiliare – spiega Podini – con il progetto di aprire 60 nuovi punti vendita in cinque anni grazie a un investimento di 250 milioni di euro e di realizzare un nuovo format da 1.200-1.500 metri quadrati con 200-250 posti auto e la previsione di assumere 1250 persone». Intanto sta partendo il piano rinnovo dei punti vendita e di sostituzione dell’illuminazione con nuove lampadine Led che in cinque anni cambierà il volto a tutta la rete MD Discount, destinata a diventare l’unica insegna del Gruppo.

Ma non è tutto, perché, non dichiarate, ci sono ancora altre novità che traghetteranno MD in un ampliamento dell’offerta a settori che solo qualche anno fa il discount non considerava nemmeno.

Allora, abbiamo chiesto, ha senso ancora parlare di discount? Patrizio Podini non ci pensa nemmeno un secondo: «Oggi il discount costituisce ancora un valore perché spiega ai consumatori che cosa facciamo e qual è la nostra promessa».

Gruppi della Gdo: 2007-2015, vincitori e vinti

Foto: Fabrizio Gomarasca

Nel convegno a Tuttofood dell’IRI è stata presentata una tabella che ha sollevato qualche puntualizzazione: è quella che riguarda la variazione delle quote di mercato dei gruppi della distribuzione tra il gennaio del 2013 e il 2015. L’obiezione, sollevata da Mario Gasbarrino, ad di Unes era motivata dal fatto che in una condizione di mercato come quella vissuta in questi anni, vi è la necessità di un’analisi più micro, vale a die che occorre poter ragionare per insegna più che per gruppi. È vero, le medie generali da sole non consentono più di leggere adeguatamente la realtà. Ed è ancora più vero nel caso della distribuzione, dove i livelli di analisi cambiano a seconda della prospettiva.

Quello che vogliamo proporre come contributo è proprio una diversa prospettiva temporale. Abbiamo recuperato i dati relativi alle quote di mercato dei gruppi della distribuzione a giugno 2007 (Fonte Top Trade Iri, pubblicati su Beveraggi & Grocery dicembre 2012) e li abbiamo confrontati con quelli al gennaio 2013 e al gennaio 2015, sempre di fonte Iri Top Trade. Esclusi i discount. Ma forse bisognerà cominciare a inserirli in queste classifiche.

Quasi otto anni che vanno dal periodo pre-crisi a oggi ci consentono di osservare come i diversi gruppi siano usciti da questa turbolenza, ammesso che sia terminata e non ci attendano, come prevedibile, altri scossoni. La tabella mostra infatti come sono cambiate le quote di mercato dei diversi gruppi e si notano subito alcune evidenze.

Grafico quota gruppi
Fonte: Iri Top Trade

Vi è un gruppo di aziende che ha affrontato senza apparenti scossoni la tempesta della crisi (Conad, Esselunga, Selex, Sigma, Sun, Crai, Agorà) essenzialmente per lo sviluppo degli ultimi anni grazie ad acquisizioni e a nuove aperture, ma anche, nel caso della Gdo per lo storico spostamento di imprese da un gruppo all’altro.

Vi sono poi gruppi che nel lungo periodo hanno perso, ma sono in recupero tra il 2013 e il 2015. Tra questi Coop e Végé (prima Interdis). Al contrario Auchan aveva guadagnato tra il 2017 e il 2013 ma ha perso nel secondo periodo considerato e gli episodi sindacali di queste settimane sono lì a dimostrarlo.

Decrescita per tutti gli altri, in qualche caso di pochi decimali, in altri più consistente.

Nel periodo più lungo, dunque le cose risultano un po’ diverse e proviamo a cogliere a cogliere qualche sintesi.

La prima è che la maggior parte dei gruppi della distribuzione organizzata tengono, hanno una reattività al mercato che è mancata ai big esteri. L’uscita dall’Italia di Rewe e le difficoltà di Auchan e di Carrefour ne sono la prova. Anche i gruppi espressone di imprenditori molto concentrati sul territorio hanno manifestato un andamento positivo. Altro discorso riguarda invece la tenuta nel tempo delle piccole imprese della DO, ma questo non è oggetto di questa analisi.

La seconda, ma si sapeva, è che i gruppi più sbilanciati sul formato ipermercato hanno registrato una flessione.

Quanto ai quattro gruppi di testa le dinamiche sono diverse. Coop sembra in ripresa dopo aver registrato una flessione tra il 2007 e il 2013, mentre la politica espansiva di Conad, gli investimenti di Esselunga e il consolidamento di Selex sono alla base della tendenza positiva in tutti gli anni considerati. Ovviamente in questi sette anni è cambiato il contesto nel quale opera la do da una fase di crescita dei consumi si è passati una fase di caduta, di cambiamento delle dinamiche interne dei consumi, ciò che ha messo alla prova i modelli operativi dei gruppi distributivi, dei formati e delle insegne.

Questo scenario è però destinato a cambiare ancora sia per i cambiamenti intervenuti negli ultimi mesi (Conad e Carrefour che si sono spartiti Billa-Rewe e l’ingresso de Il Gigante in Selex per citarne due) sia perché le vendite e i consumi non si sono ancora stabilizzati, ma procedono un po’ a dente di sega e, da ultimo, le condizioni generali che , con l’ipotesi di un aumento dell’Iva ancora pendente, non fanno dormire sonni tranquilli agli imprenditori e ai manager della distribuzione.

U2 Unes Milano Premuda tra sostenibilità, convenienza e foodie

Cambio di format per l'Unes U! di viale Premuda a Milano che riapre come U2.

All’inizio, alla fine e in alcuni cambi di assortimento che puntano verso l’alto di gamma: queste le novità del punto vendita Unes di viale Premuda a Milano, 900 mq, riaperto dopo una breve ristrutturazione con il format U2.

Tutto per “coccolare” quell’utenza, di fascia medio-alta, che viene spesso a fare la spesa “anche non piccola” e si aspetta delle novità. “Prima di tutto abbiamo ampliato l’area dei freschi, che accoglie il cliente all’entrata – spiega il direttore comunicazione e marketing Paolo Paronzini – con la volontà di ricreare quell’atmosfera “da mercato” di una volta, con una parte a servizio. Alla fine abbiamo sostituito i tradizionali avancasse, regno da sempre di alcune multinazionali italiane , con snack a base di frutta. Un passo intrapreso da alcune catene inglesi (ne avevamo parlato) ma che in Italia non ha ancora fatto nessuno. Del resto sono proprio i clienti che richiedono un’attenzione maggior al salutismo”.
I capisaldi del format sono due: l’attenzione all’ambiente e allo spreco, sottolineato da varie azioni come i frigo chiusi e gli scontrini stampati sui due lati, e evidenziata da vari cartelli che spiegano al cliente la filosofia del non spreco, ma anche dell’Everyday Low Price: niente promo, niente volantini, prezzi bassi tutti i giorni. Anche grazie alle due private label “Una U!, che garantisce prezzi più bassi fino al 50% rispetto alla marca, e Viaggiatore Goloso contraddistinta da un prezzo in linea o poco più basso rispetto alla marca, ma da prodotti di qualità, italiani, selezionati” spiega Maurizio Garbin, responsabile marca privata U2. “La quota delle vendite delle due pl è dl 39% a valore, e della metà a pezzo”
Le casse sono tutte assistite “non amiamo il self scanning perché nel punto vendita privilegiamo il rapporto umano con il personale, che da una ricerca è ciò che piace ai nostri clienti”.
Il wi-fi gratuito previa registrazione per due ore, presente ormai in 97 pdv della catena, prelude all’ingresso nel mondo delle App, previsto il prossimo ottobre. “Entreremo nel mondo del click and collect, dando la possibilità di fare la spesa grocery da casa, e lasciando i freschi per il pdv, perché riteniamo che la spesa dei freschi sia un piacere per il cliente che si fa guidare dall’assortimento, mentre il grocery è un po’ una routine”. Per ora ci sono gli armadietti-cassaforte con ricarica per gli smartphone: un servizio senz’altro utile e apprezzato dai clienti, che però non si sentiranno “nudi” a fare la spesa senza telefonino?

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Quale onda della ripresa cavalcherà il retail? Il convegno Iri a Tuttofood

Cavalcare l’onda della ripresa. Si, ma come? È stato questo il tema dell’incontro organizzato da Iri nell’ultima giornata di Tuttofood. E in effetti di fronte alla crescita delle vendite in valore del 3,7% e in volume del 3,2% a marzo, il retail alimentare italiana non può pensare di essere uscito dalle secche, anche se una boccata d’ossigeno è innegabile, dopo quattro anni di apnea, durante i quali ne sono successe di ogni, con cessioni, uscite dal mercato, nuove alleanze, fino ad arrivare all’unione delle tre Coop emiliane.

La realtà è che questi quattro anni consegnano a Idm e Gdo un’eredità che è fatta di non certezze e di una buona dose di confusione. Lo dimostra il fatto che il brand, la grande marca non è più intoccabile: dal 2011 le top 25 aziende alimentari che valgono più di un terzo delle vendite hanno perso circa 800 milioni, quanto cioè hanno guadagnato le Pmi, le quali, però, non solo hanno registrato aumenti delle promozioni, ma non hanno intaccato le vendite regolari (Iri).

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E i casi di eccellenza nelle Pmi non sono forse il risultato del grande lavoro fatto insieme alla distribuzione, che nello stesso quadriennio ha aumentato le vendite dei prodotti Mdd di oltre 500 milioni? Ma anche qui qualcosa sta cominciando a incrinarsi, anche se la realtà non è univoca e le medie danno sempre un quadro non veritiero della realtà. Ancora confusione, quindi.

Perché confusione? Perché nonostante se ne parli da sempre, le promozioni continuano ad aumentare e nonostante si parli da tempo di razionalizzazione degli assortimenti, Iri certifica che questi sono cresciuti, che l’industria sta rispondendo alla crisi con nuovi lanci (e Tuttofood ne è stato un esempio concreto). Perché? Perché di fronte a categorie che crescono e che vanno meglio di altre si verifica un repentino affollamento, con il rischio – abbastanza probabile – che tra non molto avremo per esempio una mezza dozzina di yogurt greci sugli scaffali che faranno fatica a mantenere tassi di crescita come quelli  registrati nell’ultimo quadriennio (+264% a valore) o nell’ultimo anno (+79%). Ma di quanto potrà crescere l’attuale valore di 97 milioni di euro? Come spiegare questo ipertrofismo assortimentale?

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 Per l’amministratore delegato di Unes Mario Gasbarrino, la risposta è nel fatto che volendo intercettare quelle aree di nuovi consumi che sono i più dinamici, dal senza glutine al vegano, al salutistico, all’etnico, ai food lovers, si inseriscono prodotti nuovi senza però volere-potere abbandonare il core business. «Però – segnala Gasbarrino – la numerosità delle referenze in sé non dice niente, non dà ragione delle cose, perché dietro questo movimento bisogna leggere il tentativo dei distributori di scegliere come vogliono collocarsi sulla scacchiera. Tutto ciò avviene lentamente, perché non si ha il coraggio di prendere una strada e quindi si aumentano le referenze per intercettare un certo tipo di domanda, senza voler perdere il resto. Ma non potrà durare all’infinito».

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Da sinistra, Gilberto Cappellin, Ceo Emmi Holding Italia; 
Mario Gasbarrino, Amministratore Delegato Unes; Ivo Ferrario, giornalista; 
Roberto Gheritti, direttore commerciale Italia Alimentari; 
Giorgio Santambrogio, amministratore delegato Gruppo VéGé

In questo contesto va anche letto il fato che se vi sonno categorie che crescono e insegne che vanno bene è perché sono state fatte scelte precise.

Eppure, di fronte allo stato delle cose, qualcuno torna a percorrere la strada del prodotto a marchio del distributore di fantasia, «non troppo impegnativo», come ha riferito Roberto Gheritti, direttore commerciale di Italia Alimentari.

Scelta meditata o ulteriore conferma di questa mancanza di coraggio a volere “decidere che cosa voler fare da grandi”?

E ancora (sempre Gasbarrino) sono pronti i 9000 supermercati italiani a contrastare gli attacchi portati non solo dagli specializzati (cura persona e cura casa, petfood e i vari non food) ma anche da quella nuova generazione di category killer che sono i negozi di prodotti biologici, i diversi formati distributivi di prossimità che stano nascendo un po’ dovunque, fino ai monomarca tipo Nespresso? «Non dimentichiamo che il 30% dei supermercati ha una redditività inferiore ai 3.000 euro al metro quadrato e che in Italia abbiamo più di 2000 supermercati che sarebbero da chiudere. La verità è che stiamo vivendo una crisi di formati distributivi. Per questo la diversità è un grande vantaggio».

E il vantaggio è nel consumatore che cerca qualcosa di diverso, che non si accontenta più di avere lo stesso tipo di proposta commerciale. Un concetto fatto proprio da Gheritti quando esorta da  un lato a guardare con attenzione ai trend di consumo ma anche a ricordare che la ancora eccessiva frammentazione distributiva frena i processi di innovazione, e differenziazione primo tra tutti quello dei prodotti a Mdd.

Del resto però Giorgio Santambrogio, amministratore delegato di Gruppo VéGé sottolinea che in generale non ha senso avere come obiettivo un numero smisurato di prodotti Mdd. «Il ruolo del punto vendita è fare Ebit e non lo fa certo ampliando indefinitamente la marca del distributore. Lo deve però fare in quelle categorie dove è strumentale all’aumento della redditività. Per le altre l’industria assolve egregiamente al compito. Piuttosto, si guardi al consumatore, o meglio ai milioni di consumatori diversi: oggi la tecnologia ce lo consente e dobbiamo incamminarci lungo quella strada», ha detto Santambrogio. Secondo il quale sulla base di questo ragionamento occorrerebbe abolire il listing fee così come è sempre stato, ma cominciare a pensare di correlarlo alle performance a scaffale del prodotto su una base variabile. «Purché sia in percentuale», ha risposto Gilberto Cappellin, Ceo Emmi Holding Italia. «E che lasci prevalere il buonsenso, perché interesse comune è inserire un prodotto che si venda», gli fa eco Gheritti.

Una provocazione o il cambiamento delle relazioni tra industria e distribuzione passerà anche da qui? Vero è che probabilmente il vero fattore di cambiamento sarà abbandonare i riti e le modalità di confronto del passato e rifocalizzarsi sul consumatore (sull’individuo, meglio ancora, come dice Santambrogio) e fare le cose utili per lui:  «Fargli risparmiare tempo, denaro o risorse per l’ambiente», spiega Gasbarrino.

Intanto però dietro l’onda da cavalcare si profilano ancora dei marosi, che hanno il nome dei dieci miliardi di euro da recuperare per le pensioni e, soprattutto, la spada di Damocle dell’aumento dell’iva. In altre parole minore potere d’acquisto e minori risorse nelle tasche degli italiani.

 

Aprono oggi due nuovi U2: Cassolnovo (PV) e Viale Premuda Milano

Cambio di format per l'Unes U! di viale Premuda a Milano che riapre come U2.

Arrivano a quota 112 i pdv del format U2 di Unes Gruppo Finiper con l’apertura odierna di due nuovi store: un nuovo supermercato a Cassolnovo (PV) in via Roma 135, mentre il punto vendita U! Come tu mi vuoi di viale Premuda, 27 a Milano si converte in U2 Supermercato.

Il nuovo supermercato di Cassolnovo sviluppato su 837 mq ha 4 casse e 18 addetti, e segue la filosofia che contraddistingue gli U2, con un forte e costante impegno nella tutela dell’ambiente e l’adozione della formula Every Day Low Price (EDLP): assenza di promozioni, offerte a termine, volantini e raccolte fedeltà e prezzi convenienti tutti i giorni, che garantiscono risparmi medi (con una percentuale di risparmio che si attesta fra il 15 ed il 50% su tutta la merce), e un assortimento ampio e vario, particolarmente nel reparto fresco.
La scelta è tra 7700 referenze fra le quali 300 di gastronomia e panetteria, insieme a un ampio assortimento di frutta e verdura, carne, surgelati, latticini, scatolame e prodotti non food, per un totale di 650 referenze freschissime e di 7050 referenze a scaffale.
Non mancano i prodotti a marchio privato “U! Confronta e Risparmia”,  la linea di articoli garantiti da Unes, tutti di ottima qualità e ad un prezzo vantaggioso, che consentono di risparmiare, tutti i giorni, fino al 50% rispetto ai prodotti di marca, e “Il Viaggiator Goloso”, la linea esclusiva pensata per offrire le migliori specialità italiane, risultato di un’attenta selezione e continua ricerca dei prodotti più genuini e golosi, legati ai sapori più autentici della tradizione del Belpaese.

Numerose le misure ecosostenibili adottate nel nuovo supermercato U2 di Cassolnovo, tra queste le stampanti fronte e retro per gli scontrini con conseguente riduzione della carta emessa; la vendita esclusiva di lampadine a basso consumo per il progetto di riduzione di consumi e rifiuti; l’utilizzo di barre denominate “Cliente successivo”, nate dal recupero di 108 bottiglie PET; la vendita di bottiglie d’acqua senza imballo, per proseguire l’impegno nella riduzione dei
rifiuti e l’impianto luci a risparmio energetico, che permettono una riduzione del 50% sul consumo dell’energia elettrica, i banchi SA-FO e macelleria self service con ante di chiusura con un risparmio del 49% sul consumo energia e i sensori di presenza nei locali di servizio.

Al via la campagna 2015 “È Stupido Sprecare, è bello scoprirlo” cui partecipano i punti vendita, evoluzione della campagna 2014 “È stupido sprecare” e preceduta dal progetto appena concluso con la collaborazione di De Agostini Libri – De Agostini Scuola dedicata al tema dello spreco e rivolta ai bambini delle classi 3a, 4a e 5a della scuola primaria.

Lo shop del futuro a Tuttofood: gli interventi

Di prossimità, ecologico, interattivo, connesso, di dimensione media: sarà questo, a grandi linee e mutatis mutandis, lo shop del futuro. La fotografia è emersa dal convegno organizzato da Oddone Sangiorgi. presidente Consorzio FIA, nello spazio convegni di Shop 2015, l’area dedicata alle tecnologie all’interno di Tuttofood. Di seguito alcuni spunti.

“Bisogna dialogare con la cultura del territorio”:  Oggi si costruiscono ancora CCi come 30 anni fa e ciò è drammatico. Il cliente è spesso più preparato del venditore, ma cerca comunque un contatto nel pdv. La vendita non si può standardizzare, non si può vendere a Firenze come a Napoli. Il cliente vuole uno spazio meglio calcolato, scaffali più bassi, materiali diversi, illuminazione migliore, corridoi più ampi.  Va sempre considerato l’interscambio con il cliente, mentre la proposta deve essere più complessa perché in uno stesso territorio vivono persone di origini diverse e con esigenze diverse. E il supermercato è ancora luogo di aggregazione sociale, frequentato da tutti gli strati sociali. Il centro commerciale non sparisce, cambia e torna dentro la città, dove abbiamo questi centri commerciali spontanei (le vie dello shopping del centro), squilibrati, non coerenti. Lo hanno capito anche in Cina, è necessario riumanizzare la nostra visione del futuro e ridare un senso logico alla vita in queste parti della città dedicate al commercio, e questo si può fare solo recuperando i fattori che caratterizzano la cultura locale”.

Alain-Jean Tusseau, architetto, padre dei centri commerciali “alla francese”.

 

“Le tendenze future? Semplificazione nella spesa, anche grazie all’Internet of things [un esempio è Amazon Dash, un pulsante attaccato alla lavatrice che manda un ordine di acquisto ad Amazon quando il detersivo sta per finire], ottimizzazione della supply chain e della produzione tarata sulle richieste dei consumatori e non secondo una logica di spinta delle vendite di prodotti già realizzati, shopping experience coinvolgente che comprende la trasmissione di conoscenza al cliente.

Mike Neal, cofondatore e Ceo DecisionNext

 

“Riempire i propri prodotti sempre più di servizi: la distribuzione moderna deve superare il concetto di canale e dialogare con la ristorazione. Il consumatore è cambiato, ma le istituzioni devono lavorare nell’educazione alimentare, specie presso i ragazzi che saranno i consumatori di domani che potranno cambiare il mercato. Se anticipiamo i cambiamenti saremo noi i protagonisti del mercato del futuro. I sei mesi di Expo ci daranno un patrimonio culturale nel settore food che non abbiamo mai visto”.

Riccardo Garosci, politico, economista, presidente del Comitato Scuola e Cibo EXPO 2015 del MIUR

“I pagamenti elettronici svolta per il cambiamento: il problema sono i piccoli commercianti, quasi 750mila nel nostro Paese, rinchiusi su se stessi e che fanno fatica ad innovare. Penso che la diffusione dei pagamenti elettronici, che obbligherà gli esercenti a registrare tutto ciò che vendono, e il Dl 21 aprile 2015 sulla fattura elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi che porterà Internet nei negozi causerà un salto in avanti nella gestione e nell’analisi dei dati e per una gestione moderna del commercio”.

Fabrizio Venturini, direttore generale Comufficio.

Cantina Cielo e Terra oltre la metà va all’export con vini “leggeri”

Punta sulla tendenza a privilegiare vini freschi e leggeri, a bassa gradazione alcolica, e vince all’estero, mantenendo le sue posizioni nella GDO italiana: con questa strategia la veneta Cantina Cielo e Terra, per la prima volta, vede salire la quota delle sue esportazioni oltre il 50% e raggiungere il 40esimo posto nella classifica annuale delle 100 cantine italiane d’eccellenza realizzata dal Corriere Economia.

In un anno che segna un calo nei consumi di vino sul mercato interno, la Cantina Cielo e Terra mantiene sostanzialmente invariato il suo fatturato che si assesta sui 38 milioni di euro e conta su una salda posizione nella GDO, con la linea Freschello, il vino dalla bassa gradazione alcolica e d’uso quotidiano da quasi 10 anni più venduto nella categoria 0,75 l. E proprio da questa linea, nell’ultimo anno, arrivano grandi soddisfazioni per la Cantina che segna una crescita a due cifre del Freschello Extra, lo spumante di soli 9,5% vol. che piace in Italia ma è anche molto apprezzato all’estero, specialmente tra i consumatori turchi e cinesi.

Distribuita in oltre 60 paesi, l’azienda ha registrato lo scorso anno un incremento del 25% delle vendite in USA proseguendo la corsa in questo mercato che, negli ultimi due anni, è cresciuto del 40%, al quale si affianca la performance in Gran Bretagna (+25%) e la buona presenza sui mercati del Giappone e Cina.

Pierpaolo Cielo.
Pierpaolo Cielo.

“In quattro anni, il nostro export è cresciuto di 11 punti – afferma Pierpaolo Cielo, direttore marketing – e questo risultato conferma la nostra vocazione internazionale e fa delle esportazioni il driver di crescita sul quale contiamo, nel 2015, di aprire, con la rivalutazione del dollaro, nuove possibilità di sviluppo in tutti questi mercati che apprezzano un prodotto simbolo dello stile italiano, adatto a chi vuole affrontare la vita con leggerezza”.

All’indomani dell’apertura di EXPO 2015 Cielo e Terra e i suoi 1400 soci testimoniano come la viticoltura ecosostenibile, sicura, controllata in tutta la filiera e attenta ai consumi di materie prime come l’acqua, bene primario per “Nutrire il Pianeta”, siano oggi, nel competitivo mercato internazionale, scelte realizzabili e vincenti.

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