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La riscossa dei giocattoli: i “tradizionali” aumentano le vendite del 12,1% sul 2013

Chi l’avrebbe pensato? Ma in fondo è giusto così perchè regalare un giocattolo a un bambino resta una delle tradizioni più importanti e a conferma di ciò cresce la spesa degli italiani proprio sul fronte dei “tradizionali”. L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy stima che nel 2017 la spesa complessiva per i giocattoli (esclusi videogiochi e giochi elettronici) abbia sfiorato 1,2 miliardi di euro, il 12,1% in più rispetto al 2013.

La fetta più grande della spesa riguarda i giochi per neonati e bambini in età prescolare, che mostrano un trend in crescita. I mattoncini per costruzioni rimangono il secondo segmento del mercato, mentre al terzo posto ci sono le bambole, spinte in particolare dal segmento “playset dolls & accessories”.

 

Le superfici specializzate superano la Gdo

Sono anche cambiate le abitudini di acquisto dei consumatori. Gli italiani si rivolgono soprattutto alle grandi superfici specializzate, che sono cresciute di oltre il 20% tra 2013 e 2017. L’anno scorso questo cluster di negozi, che fanno capo a un’impresa con almeno 10 punti vendita e che hanno oltre 250 metri quadri di superficie di vendita, è diventato il leader di mercato (con il 35,2% di quota), superando ipermercati e grandi supermercati (34,2%).

L’ampia scelta fornita ai consumatori e la presenza di aree dedicate a brand specifici hanno permesso alle catene specializzate di diventare un punto di riferimento per la scelta e per l’acquisto dei giocattoli e di superare ipermercati e grandi supermercati che puntano ai top seller con una grande spinta promozionale, soprattutto nei periodi più rilevanti nell’anno, come il Natale.

La capacità delle catene specializzate di creare emozione ed entertainment nei punti vendita è fondamentale nella competizione con il canale emergente dell’e-commerce, che l’Osservatorio Non Food di GS1 Italy stima al 16% di quota. Una quota ancora marginale rispetto ai livelli ben più elevati che l’online raggiunge all’estero e che è molto condizionata dalla necessità del consumatore di vedere e toccare il prodotto prima dell’acquisto. Una caratteristica tipica del consumatore italiano, che lo differenzia da quello di altri Paesi.

Per i giocattoli, Toys Center vince nell’online, canale sempre più cruciale

È Toys Center il miglior brand online nel settore giocattoli a settembre 2017 in base alla classifica elaborata da BEM Research. In prima posizione da oltre un anno, Toys Center migliorato ulteriormente di oltre il 7 per cento l’indice BEM Rank. In seconda posizione, stabile rispetto al mese precedente, si attesta il produttore danese di mattoncini assemblabili, Lego mentre la statunitense Disney Store conquista il terzo posto. In quarta e quinta posizione si trovano Cortesi Giocattoli, stabile rispetto ad agosto, e Trudi, che invece perde due gradini. Seguono tra i brand più apprezzati Hasbro (produttore della bambola Barbie), Astley Baker Davies (inventori di Peppa Pig), chegiochi.it, Imaginarium e Playmobil.

Nel complesso, la media del BEM Rank a settembre 2017 per i 28 brand del settore giocattoli considerati è pari a 27,7 punti, stabile rispetto allo scorso mese ma in flessione rispetto ad un anno fa. In leggera flessione risultano le tendenze di ricerca su Google dei termini collegati ai giocattoli.

Considerando i due macro-aggregati che compongono il BEM Rank, si rileva che Toys Center, Lego e Disney Store mostrano una maggiore capacità di essere rintracciati sul web (visibilità online). Seguono nella classifica della visibilità di Giocheria, Astley Baker Davies e Rocco Giocattoli.

 

Vince l’online, soffrono gli storici Toys “R” Us

«L’online per le aziende che operano nel settore dei giocattoli è diventato oramai un fattore cruciale, da cui dipende la loro stessa sopravvivenza – sottolinea Mariachiara Marsella, web marketing manager di BEM Research –. Di tale aspetto ne avevamo già dato conto nell’analisi flash “I giocattoli si cercano online, Amazon al top”, ma la recente apertura della procedura fallimentare per una delle storiche catene di distribuzione di giocattoli, la Toys “R” Us, ne rappresenta un’altra chiara evidenza. L’azienda americana fondata nel 1948 non è infatti riuscita a sostenere la concorrenza del web, per cui adesso si avvia a chiudere diversi punti vendita. Nel piano industriale di ristrutturazione i manager di Toys “R” Us non sembrano però voler puntare sull’online, ritenendo oramai di essere fuori tempo massimo per competere con chi è già presente sul web. Fermo restando che ancora non si conoscono tutti i dettagli e le motivazioni del piano di ristrutturazione, c’è però da dire che sul web può esserci posto per molti, soprattutto per quelle aziende potenzialmente in grado di creare esperienze di acquisto online innovative».

Qual è la prima fonte di informazione utilizzata dagli italiani quando devono comprare un giocattolo? Fonte: elaborazioni BEM Research su dati Google Consumer Surveys, ottobre 2016.

Anche i giocattoli si scelgono (e si comprano) online

I giocattoli? Gli italiani li cercano online, meglio ancora se su Amazon. È uno dei risultati più significativi di un sondaggio condotto in vista del Natale 2016 da Bem Research su un campione di 500 persone. Ebbene, il 39,1% degli intervistati ammette di cercare i prodotti su Amazon e siti simili, mentre il 23,7% su Google, il 4,9 sui siti web delle aziende produttrici e lo 0,4 sui social, per un totale del 68,1% che fa comunque della Rete il primo strumento informativo. Il 29% del campione, invece, preferisce ancora recarsi nei punti vendita per chiedere informazioni e guardare da vicino il giocattolo, mentre il restante 3% si affida ai consigli di parenti e amici.

Sono soprattutto gli uomini a preferire Amazon e gli altri siti di marketplace: 46,5% contro il 32,2% delle donne, che invece sembrano ancora prediligere un approccio più analogico all’acquisto di un giocattolo, con un’incidenza quasi doppia rispetto all’altro sesso nell’utilizzo dei tradizionali canali di vendita (38,3% contro 20,3%). Gli uomini si mostrano più tecnologici anche nella predisposizione a “googlare” i giocattoli (28,0% contro 18,9%) mentre le donne visitano molto di più i siti delle aziende (7,0% contro 2,8%). Abbastanza simili le percentuali di coloro che interpellano amici e parenti, comunque piuttosto trascurabile: 2,6% tra le donne, 3,3% tra gli uomini.

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Stratificando il campione per età, naturalmente sono i più giovani, quelli della fascia di età tra i 18 e i 24, a preferire un approccio elettronico all’acquisto di un giocattolo. Comunque fino ai 54 anni la consultazione di Amazon risulta nettamente prevalente, mentre dai 54 in su c’è il sorpasso e vince la visita al negozio. Guardando alla classificazione in base all’area di residenza, zone rurali e suburbane risultano essere quelle più digitali, con un dato rispettivamente del 74,3% e del 69,5% delle voci aggregate che riguardano Amazon, Google, i siti e i social. Le aree urbane si fermano al 66,1%. Dati naturalmente inflluenzati dalla minore disponibilità di punti vendita fuori dalle città.

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«I siti di marketplace – spiega Mariachiara Marsella, Web marketing manager di BEM Research – possono essere un utile strumento a disposizione delle aziende che vogliono vendere online, ma non dovrebbe essere l’unico strumento, soprattutto se parliamo di grandi brand. Chi si muove su larga scala sicuramente ha la possibilità di organizzare nel modo migliore le informazioni presenti sul suo sito facilitando l’acquisto, la condivisione sui social e la fidelizzazione degli utenti attraverso l’analisi dei dati».

Ma torniamo alla ricerca. Interessante la classifica dei brand ritenuti più affidabili nell’acquisto online dagli intervistati. In testa c’è nettamente Toys Center con 67,4 punti indice su 100, molto indietro Trudi (43,5), Lego (43,0), Disney Store (38,1) e Flying Tiger (33,6). L’indice medio è piuttosto basso (31) e comunque in calo del 3,2% su base mensile.

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Il comparto dei giocattoli, che in Italia vanta una lunga tradizione, ha subito forti tensioni negli ultimi 15 anni arrivando a perdere nel picco negativo della crisi, nel 2013, il 40% rispetto al 2009. Negli ultimi tre anni timidi segnali di inversione di tendenza fanno ben sperare. E le vendite su internet, per le quali c’è ancora molto da fare, potrebbero essere la chiave per il superamento definitivo della crisi.

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