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Spesa non alimentare, cosa preferiscono gli italiani?

Dall’abbigliamento ai giocattoli, dal beauty ai mobili, dall’elettronica alla cancelleria: cosa c’è (di nuovo) nel carrello della spesa non alimentare degli italiani?

In alcuni casi si tratta di prodotti già ampiamente diffusi ma che sono oggetto di un “revival” (spesso grazie agli incentivi all’acquisto). In altri casi si tratta di beni che incontrano l’interesse dei consumatori perché permettono di rendere l’ambiente domestico più confortevole e funzionale alle nuove esigenze (come lo smart working). E poi ci sono i prodotti di nicchia, che contano sull’effetto-moda o sulla passione di chi li acquista.

A fotografare lo shopping non alimentare degli italiani è l’edizione 2022 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, che, sulla base dei trend di vendita annui, ha individuato i prodotti-fenomeno in ognuno dei 13 comparti merceologici monitorati:

Abbigliamento e calzature: sneaker, abbigliamento sport-glam.

Elettronica di consumo: altoparlanti, dispositivi indossabili, webcam, device per il gaming, frigoriferi, wine cabinet, tv e accessori (staffe), macchine per caffè, friggitrici, aspirapolvere, ferri da stiro, misuratori di pressione, tagliacapelli.

Mobili e arredamento: cucine, home office (sedie girevoli, scrivanie, ecc.), arredi per esterni.

Bricolage: accessori per il giardinaggio (utensili per la manutenzione del verde, tagliaerba elettrici e a batteria, attrezzature, sistemi di irrigazione, terricci, sistemi di irrigazione, prodotti per la cura e il nutrimento delle piante, vasi e fioriere).

Articoli per lo sport: calzature per l’outdoor, attrezzature sportive entry level, athleisure (felpe, ecc.).

Prodotti di profumeria: creme contorno occhi, solari, prodotti per il make-up.

Casalinghi: utensili per la preparazione del cibo.

Prodotti di automedicazione: integratori nutraceutici

Edutainment: console per videogaming di nuova generazione, monitor 4K Ultra HD, abbonamenti a piattaforme streaming musicali.

Prodotti di ottica: occhiali da vista di fascia premium.

Tessile casa: proposte creative.

Cancelleria: kit per smart working, prodotti per dipingere (tele, colori e carte).

Giocattoli: costruzioni, giochi in scatola e carte da gioco.

Il nuovo codice consumi di GS1 getta luce sui valori-guida della spesa

Con i suoi 59 milioni di abitanti, l’Italia si può “riassumere” in sole nove comunità di consumatori. Trasversali per età e collocazione geografica, per genere e status socio-economico, perché ad accomunarle sono altri fattori: i valori, le passioni, gli atteggiamenti e, quindi, l’adesione a uno stesso stile di vita. E anche di spesa. A individuarle, grazie a un approccio assolutamente innovativo, è stato il Nuovo Codice Consumi, realizzato da GS1 Italy in collaborazione con Ipsos e McKinsey & Company.

Lo studio ha identificato prima sei temi chiave che definiscono i principali valori e dimensioni con cui gli italiani si relazionano alla spesa, ai consumi e alla vita quotidiana:

  • Emozionalità di prodotti e marchi
  • Innovazione dell’esperienza di consumo
  • Omnicanalità ed esperienza d’acquisto
  • Cura per l’ambiente e la persona
  • Territorialità
  • Convenienza e parsimonia

In seguito il Nuovo Codice Consumi ha suddiviso gli italiani in nove “comunità di sentire”, diverse ma non mutualmente esclusive:

  • Basta poco per essere felici: chi si gusta le piccole cose (12% dei consumatori italiani)
  • Caring parsimoniosi: gli angeli custodi, che curano il nido (11%)
  • Disattenti con il gusto di essere ammirati: gli ispirati dall’edonismo (14%)
  • Ricercati dal gusto brandizzato: i follower del fashion (10%)
  • Conviviali concentrati sulla salubrità: i saggi del benessere (20%)
  • Urban-onnivori disinteressati, la vita è un delivery: i costretti a vivere veloce (13%)
  • Moral suasion: i ribelli etici, no logo e freddi con la GDO (11%)
  • Sperimentatori accorti: i creatori di gusti informati e avveduti (22%)
  • Autentici nostalgici del genius loci: i custodi tradizionalisti ed elegiaci a km0 (12%)

Dagli amanti delle marche a quelli dell’autoproduzione, dai fedelissimi del mercato a chi fa la spesa online, dai sostenitori della sostenibilità a quelli dei territori di produzione, dai parsimoniosi attenti al prezzo a quelli che fanno scorte quanto ci sono promozioni: ecco in allegato le principali evidenze emerse dall’analisi dei consumi delle nove community.

IdentiPack, nasce l’osservatorio sull’etichettatura ambientale del packaging

Nasce IdentiPack, il primo Osservatorio nazionale sull’etichettatura ambientale del packaging, frutto della collaborazione fra CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi che in Italia è garante del raggiungimento degli obiettivi europei di riciclo, e GS1 Italy, una delle organizzazioni non profit GS1 attive in 116 Paesi nel mondo che promuovono l’utilizzo degli standard GS1, i più utilizzati al mondo per la comunicazione tra imprese.

IdentiPack monitorerà in modo costante la presenza di informazioni ambientali sulle etichette degli imballaggi immessi al consumo in Italia e ogni sei mesi restituirà un’analisi dettagliata dei prodotti in commercio, fotografando la situazione relativa a quelli disponibili a scaffale e poi realmente acquistati dal consumatore, segmentandoli in base ai reparti di appartenenza.

Utilizzando lo standard GS1 GTIN del codice a barre GS1 per identificare i prodotti, il lavoro di analisi dell’Osservatorio incrocia le informazioni ambientali riportate sulle etichette dei packaging di largo consumo, digitalizzate dal servizio Immagino di GS1 Italy (in questa prima edizione, ben 128mila), con le elaborazioni NielsenIQ sul venduto negli ipermercati e nei supermercati italiani (retail measurement service).

Sarà così possibile avere dati aggiornati su quanti prodotti presentano in etichetta le informazioni ambientali che saranno obbligatorie dal prossimo gennaio – identificazione del materiale di composizione dell’imballaggio e indicazioni per la raccolta differenziata – e quanti riportano informazioni aggiuntive, come i marchi volontari legati alle caratteristiche di sostenibilità del packaging, i suggerimenti su come fare una raccolta differenziata di qualità, o sistemi digitali come QR code e il GS1 Digital Link per rinviare a pagine web che riportano le informazioni ambientali presenti sulla confezione.

«Un passo avanti nel monitorare la risposta delle aziende italiane all’obbligo di etichettatura ambientale» commenta il presidente CONAI Luca Ruini. «Ci permetterà di capire come le imprese si stanno muovendo e di scoprire se alcuni settori faticano ad adeguarsi al nuovo obbligo, oltre che di studiare come il fenomeno dell’etichettatura volontaria prende forma e in quali settori. Potremo inoltre monitorare quella che sembra essere una vera nuova frontiera, l’etichetta digitale: scoprire quanto e come viene utilizzata sarà utile sia per l’industria degli imballaggi sia per la filiera del riciclo».

«Dal codice a barre ai QR code e al GS1 Digital Link: il linguaggio comune e globale abilitato dagli standard GS1 è in una evoluzione continua che viaggia di pari passo con quella del mondo del largo consumo, dove la transizione digitale sta profondamente trasformando anche i driver e i comportamenti d’acquisto. Al centro di questa evoluzione: i dati, che ci raccontano di consumatori sempre più consapevoli, attenti alla sostenibilità e alla ricerca di informazioni su cui fondare le proprie scelte di consumo» spiega Bruno Aceto, CEO di GS1 Italy. «Con IdentiPack, che và ad affiancarsi all’Osservatorio Immagino e all’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, proseguiamo nella missione di favorire la conoscenza del mercato, offrendo alle aziende e al sistema strumenti di analisi, informazioni e stimoli utili per orientare le scelte strategiche verso una maggiore sostenibilità. Serve un linguaggio comune, quello degli standard GS1 e delle soluzioni GS1 Italy, che consenta di condividere le informazioni legate alla sostenibilità dei prodotti e dei processi da parte delle aziende lungo tutta la filiera, fino al consumatore finale, con il quale aprire un canale di comunicazione sempre più efficace e trasparente perché possa compiere scelte consapevoli e sostenibili».

I primi dati
Secondo il primo report di IdentiPack, nel 2021 sul mercato italiano i prodotti che riportano informazioni ambientali relative al pack sono aumentati rispetto all’anno precedente, in anticipo quindi rispetto all’entrata in vigore dell’obbligo stabilito dalle norme europee e italiane. Le cifre sono incoraggianti, soprattutto quelle relative alle informazioni ambientali che, a partire dal 2023, in Italia saranno obbligatorie.

Su 17.300 etichette a scaffale è già presente la codifica identificativa del materiale usato, ai sensi della decisione 129/97/CE. Corrispondono al 13,5% del totale delle referenze a scaffale nel grocery (+3,2 p.ti % rispetto al 2020) e al 25,1% del totale dei prodotti venduti (+1,8 p.ti % rispetto al 2020). Su 46.156 referenze compaiono già le indicazioni sulla tipologia di imballaggio e sul corretto conferimento in raccolta differenziata. Parliamo del 36,0% di tutti i prodotti grocery a scaffale monitorati nel 2021 (+2,2 p.ti % rispetto al 2020) e del 55,5% di quelli effettivamente venduti (+0,9 p.ti % rispetto al 2020).

Senza contare che oggi le etichette di 4.268 prodotti hanno almeno un’indicazione che consente di visionare digitalmente le informazioni ambientali sul contenuto o sul packaging del prodotto. Un paniere che include il 3,3% delle referenze a scaffale e di quelle vendute complessivamente. È un numero che è cresciuto di 0,3 punti percentuali se confrontato con quello del 2020.

Fra i settori merceologici analizzati, quello del freddo si posiziona sul primo gradino del podio per la comunicazione delle informazioni ambientali dei packaging: gelati e surgelati si aggiudicano la leadership per incidenza di prodotti che riportano in etichetta la codifica identificativa del materiale oltre alle indicazioni sulla tipologia di imballaggio e sul corretto conferimento in raccolta differenziata. Ma brillano anche per la presenza di certificazioni relative alla compostabilità del packaging e di suggerimenti per migliorare la raccolta differenziata a casa.

Bene anche la drogheria alimentare, un comparto in cui quattro prodotti su dieci indicano il materiale di cui è composto l’imballaggio e il modo corretto di differenziarlo. All’home care, invece, la palma per l’uso di canali digitali che forniscono informazioni aggiuntive: un reparto pionieristico nel mettere a disposizione del consumatore QR code e link digitali, diffusi sui suoi imballaggi molto più che nel resto del grocery.

Si può scaricare il primo report di IdentiPack cliccando su osservatorioidentipack.it

I morsi della crisi cambiano la spesa degli italiani

Rincari dei prezzi e delle bollette, inflazione in salita e timori per il futuro pesano sull’approccio degli italiani alla spesa domestica e si traducono in nuove strategie di shopping “saving oriented” in termini di scelta dei prodotti e dei canali distributivi. A delineare lo scenario del largo consumo è stato il workshop online “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni”, tenutosi ieri ed organizzato da GS1 Italy in ambito ECR e in collaborazione con IRI.

«Gli eventi degli ultimi due anni e mezzo hanno generato reazioni e conseguenze transitorie» ha spiegato Ilaria Archientini, ECR project manager di GS1 Italy. «Ma hanno anche evidenziato elementi più stabili nel tempo, a partire dalla grande capacità dei consumatori di affrontare le emergenze modificando il mix dei canali visitati, dei prodotti acquistati e l’adesione alle promozioni».

Diversi sono i fenomeni del 2022 rilevati dall’analisi di GS1 Italy e IRI come il calo del potere d’acquisto delle famiglie. L’esplosione dei prezzi delle materie prime, che si riflette sui prezzi finali dei prodotti (+5,8%) e l’aumento dei costi obbligati stanno determinando una forte diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie, su cui pesano anche la salita dell’inflazione (+5,7%) e il minor ricorso della GDO alle promozioni (22,5% di quota sulle vendite, il 4,0% in meno rispetto al 2019).

Per risparmiare si cercano quindi canali commerciali più convenienti. L’e-commerce rallenta però la crescita (2,3% di quota, come nel 2021) in tutte le sue declinazioni, e in particolare nel click & collect (+0,5%). Le strategie di saving del consumatore spostano il mix dei consumi sempre più verso i discount (+12,2% il giro d’affari annuo), verso il libero servizio piccolo (+6,0%) e verso gli specialisti del drug – casa e persona (+4,4%). L’aumento generalizzato dei prezzi in tutti i canali commerciali (e in particolare nel discount) e la necessità di far fronte alle maggiori spese per le utenze domestiche incide pesantemente sulla spesa reale delle famiglie determinando un calo generalizzato e significativo dei volumi, soprattutto in ipermercati (-1,8%), supermercati (-1,3%) e superstore (-0,7%).

Il carrello della spesa è diventato più basic. La ricerca di convenienza da parte del consumatore è visibile anche analizzando la spesa per fascia di prezzo o di posizionamento del prodotto sullo scaffale con le vendite dei primi prezzi in crescita annua di +7,6%, quelle del mainstream di +6,7% e quelle dei prodotti premium in calo di -1,7%. L’aumento dei prezzi ha determinato un rallentamento del trading up del carrello della spesa, anche se i consumatori italiani hanno resistito finanziando gran parte dei rincari sino a fine agosto. È cambiata anche la scelta delle marche, perché i consumatori cercano un equilibrio tra prezzo e qualità. Nella GDO avanzano le private label, di cui cresce anche l’offerta a scaffale (17,4% di quota). I brand industriali, che sono tornati anche a fare innovazione e rinnovare la loro offerta, guadagnano spazio nei discount e negli specialisti casa e persona.

Infine emerge anche il dato degli scaffali più vuoti. Si registra una minor efficienza in termini di on-shelf-availability e, quindi, un aumento del tasso di Out-of-Stock in tutti i canali (3,8%) e in tutti i reparti, in particolare nelle bevande (acque minerali in primis) e nel pet care (+0,4% ciascuno). A causa della mancanza di prodotto a scaffale aumentano anche le vendite perse (5,2%), soprattutto nel cura persona.

Migliorano i driver di performance della Gdo

Tra pandemia e dinamiche inflattive, cos’è cambiato nel comportamento d’acquisto degli italiani, in termini di canali distributivi e categorie di prodotto? E come si sono trasformati i KPI di vendita e di out-of-stock nel breve e nel lungo periodo?

Sono le domande a cui GS1 Italy, in ambito ECR e in collaborazione con IRI, ha voluto rispondere nel corso del workshop online “Due anni di discontinuità: gli effetti nelle dinamiche di sell-out e di out-of-stock”, organizzato nell’ambito dell’Optimal shelf availability (OSA), un progetto che studia, misura e analizza il fenomeno dell’out-of-stock, per identificare soluzioni strategiche e collaborative, condivise da produttori e distributori, che aiutino a migliorare il livello di disponibilità dei prodotti sugli scaffali e a soddisfare, quindi, il consumatore.

Con gli interventi di Ilaria Archientini, ECR project manager di GS1 Italy, e di Marco Colombo, operations e product management director di IRI, l’incontro è partito dall’analisi dei dati giornalieri dei canali di vendita moderna per metterne a fuoco gli elementi di continuità e quelli testimoni dei cambiamenti in atto, e per identificare le dinamiche nelle varie categorie merceologiche, anche alla luce delle pressioni inflattive, delle tensioni lungo la filiera e dei nuovi comportamenti di acquisto, determinati sia dall’incertezza del contesto sia da fenomeni diventati strutturali, come lo smart working.

Delineata l’evoluzione di scenario, il focus è poi passato ai driver di performance nel punto vendita, con l’obiettivo di comprendere il nuovo ruolo rivestito da assortimento, promozione, prezzo e out-of-stock per le performance dei retailer e dei produttori.

«Nel 2021 è ricominciato il trend verso la maggiore efficienza dell’out-of-stock, che si era interrotto bruscamente nel 2020 anche a causa delle difficoltà nella catena di approvvigionamento e degli acquisti dei beni di prima necessità a punto vendita, superiori rispetto alle vendite attese» ha spiegato Ilaria Archientini. «Nell’arco di un anno il tasso di out-of-stock si è ridotto dello 0,4%, scendendo nel 2021 al 3,5%. Anche in termini di impatto economico, l’anno scorso è ripresa la tendenza migliorativa che si era registrata tra 2017 e 2019, e il dato delle vendite perse nel largo consumo confezionato si è attestato al 4,7% contro il 5,1% del 2020. Quindi, il rapporto tasso di out-of-stock e vendite perse è stato pari a 1,47».

Per approfondimenti, i materiali del workshop online “Due anni di discontinuità: gli effetti nelle dinamiche di sell-out e di out-of-stock” sono disponibili sul sito di GS1 Italy.

Prossimo appuntamento con i workshop OSA, martedì 12 ottobre 2022, online dalle 14:30 alle 15:30, con “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni”.

Migliorare la logistica, il nuovo studio di GS1 Italy

Migliore distribuzione del carico di lavoro, maggiori produttività e sicurezza. Sono solo alcuni dei vantaggi per gli operatori della filiera del largo consumo emersi dall’ultimo studio di GS1 Italy, condotto in ambito ECR e in collaborazione con LIUC Università Cattaneo e Politecnico di Milano, che indaga vincoli e opportunità relativi ad alcune aree di miglioramento del processo di consegna delle merci ai centri di distribuzione (Ce.Di.) della Grande Distribuzione, focalizzandosi in particolare sull’ampliamento delle finestre di scarico come importante innovazione di processo.

Intitolata “Ottimizzazione del processo di consegna: focus sull’estensione delle finestre di ricevimento presso i Ce.Di. della GDO”, questa ricerca rientra tra le attività messe in campo da GS1 Italy che opera per fornire alla business community strumenti, informazioni e best practice con l’obiettivo, in accordo con il piano strategico triennale GS1 Italy 2020-2022, di promuovere la digitalizzazione della filiera, la sostenibilità per il trasporto e le prassi collaborative tra gli attori della supply chain.

Dai precedenti studi ECR sulla Mappatura dei flussi logistici, in particolare, era già emersa la necessità delle aziende di capire come rendere più efficiente l’attività di scarico presso i centri di distribuzione. Da qui, la decisione di focalizzare l’indagine sull’estensione delle finestre di ricevimento presso i Ce.Di. della GDO, una delle soluzioni applicate con maggior frequenza dalle aziende nel periodo di pandemia, mappate e sistematizzate da GS1 Italy nell’Albero delle soluzioni. Dalla ricerca, condotta nel corso del 2021 attraverso oltre 30 interviste a insegne della GDO, produttori, operatori logistici e IT provider di primaria importanza, è emerso come la filiera abbia l’esigenza di efficientare l’attività di scarico e come proprio l’ampliamento delle finestre di scarico dei Ce.Di. sia ritenuta, da buona parte delle aziende intervistate, una soluzione che potrebbe diventare strutturale.

L’indagine, infatti, rileva che le finestre di scarico hanno una durata media di 7 ore – anche se il 71% dei Ce.Di. italiani ha una finestra di scarico inferiore alle 6 -, fortemente concentrate nella mattinata (appena il 21% riceve dopo le 13:00). Tale organizzazione è dettata, da una parte, dalla semplicità organizzativa nell’operare esclusivamente su un turno, dall’altra dalla predisposizione dei trasportatori a iniziare il viaggio nelle prime ore del mattino. Anche quei Ce.Di. che adottano un sistema di prenotazione degli slot di scarico (meno del 50% del totale) concentrano l’85% delle prenotazioni tra le 6:00 e le 12:00. Ma, se per chi non utilizza un sistema di prenotazione il tempo medio di attesa può arrivare fino a 5 ore, chi lo utilizza beneficia di un forte contributo alla riduzione delle attese, in media di 100 minuti.

Al fine di comprendere quali Ce.Di. possano beneficiare dell’estensione delle finestre di scarico, è stata fatta una classificazione in base alla saturazione media, al flusso gestito e alla finestra di ricevimento. In generale, l’estensione delle finestre di scarico presso i Ce.Di. può portare vantaggi concreti per la GDO prevalentemente lato magazzino e soprattutto per magazzini saturi che sviluppano alti volumi. In particolare, tra i benefici si evidenziano:

• Riduzione del traffico nelle corsie del magazzino, con conseguente aumento della produttività oraria e della sicurezza.
• Migliore allocazione degli articoli, riducendo il rischio di stoccaggio in aree non corrette e di extra percorrenze dei carrellisti.
• Aumento del livello di servizio, con la riduzione del rischio di respingere consegne, limitando gli inevasi.

Tutto questo può essere ottenuto tramite effort organizzativi che vanno a minimizzare i rischi di generare maggiori costi connessi a bassi volumi (rischio di non saturare il personale di magazzino addetto al ricevimento) o ad ore di straordinario (rischio di eventuale ritardo della consegna pomeridiana). È necessario, quindi, riuscire a superare alcuni vincoli, come la difficoltà a saturare la finestra di ricevimento pomeridiana o serale, la carenza di baie di carico/scarico disposte sullo stesso fronte e la rigidità dell’attuale organizzazione delle attività nel Ce.Di., legata in particolare all’organizzazione dei turni di lavoro.

Guardando poi a produttori e operatori logistici, i benefici derivanti dall’estensione delle finestre di scarico presso i Ce.Di. può portare vantaggi concreti in prevalenza lato trasporti, sia in termini di minori costi operativi che di minori soste. Ad esempio, vi sarebbe la possibilità di ricorrere al multi-drop, migliorando così la saturazione dei mezzi, si avrebbe una maggiore diluizione del carico di lavoro in magazzino durante la giornata e si ridurrebbero le attese allo scarico e i costi a esse legate. Inoltre, l’eliminazione del vincolo di consegna mattutina permetterebbe di utilizzare un mezzo per effettuare più consegne consecutive, migliorando la saturazione delle ore di guida degli autisti – un beneficio particolarmente rilevante in un contesto in cui c’è carenza di autisti e minore disponibilità di trasporto. A ciò si aggiunge che aumentando la finestra utile aumenta il numero di consegne evadibili con trasporto intermodale, riducendo così l’impatto ambientale.

L’allargamento delle finestre di scarico presso i Ce.Di. può quindi produrre vantaggi per tutta la filiera del largo consumo, soprattutto in determinate condizioni. Per questo, il Ce.Di. ideale è identificato come quello che:

• Opera in una zona ad alta concentrazione di Ce.Di. o punti di carico/scarico, cosa che facilita l’esercizio di consegne aggregabili.
• Si trova nelle vicinanze (entro i 100 km) di un terminal intermodale, con la possibilità di ricevere consegne inoltrate per via intermodale e compatibili con l’orario dei treni.
• Ha un’alta saturazione.

«Efficientare i processi richiede un’attenzione costante lungo tutta la filiera e il confronto diretto e costante con tutti i suoi operatori. E tale ricerca nasce proprio su queste basi. L’ampliamento delle finestre di scarico potrebbe generare importanti vantaggi e GS1 Italy sta continuando a lavorare in ambito ECR per fornire gratuitamente alla business community soluzioni e best practice per rendere processi e attività sempre più efficienti, promuovendo digitalizzazione e collaborazione lungo tutta la filiera. A questa ricerca, infatti, seguirà una seconda parte, al termine della quale stileremo delle linee guida sull’efficienza logistica» dichiara Giuseppe Luscia, ECR project manager di GS1 Italy.

Italiani e carrello spesa, il nuovo studio di Osservatorio Immagino

Un capitale informativo esclusivo (quello delle indicazioni presenti sulle etichette dei prodotti di largo consumo registrate da Immagino), una base statistica senza eguali (costituita dai dati di vendita di oltre 125 mila prodotti) e un punto di vista innovativo, che individua i fenomeni trasversali in atto nel carrello della spesa e ne misura i trend, semestre dopo semestre: sono queste le caratteristiche che rendono l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy uno strumento unico per mettere a fuoco i fenomeni di consumo e seguirne l’evoluzione.

La decima edizione dello studio ha ampliato ulteriormente il suo raggio d’analisi, incrociando i dati Nielsen su venduto, consumo e fruizione dei media, con le informazioni, rilevate dal servizio Immagino di GS1 Italy, presenti sulle etichette di 125.431 prodotti, tra alimentari e non alimentari, venduti nei supermercati e ipermercati italiani. Un paniere ampio e diversificato che, nell’anno finito a giugno 2021, ha generato un giro d’affari di poco meno di 39 miliardi di euro, pari all’83% del sell-out totale realizzato da ipermercati e supermercati in Italia.

«L’Osservatorio Immagino ha introdotto un nuovo modo di leggere i fenomeni di consumo e i relativi cambiamenti. Industria e Distribuzione del largo consumo hanno così una chiave di lettura utile per creare nuovi prodotti e calibrare assortimenti che incontrino i gusti di un consumatore sempre più preparato e consapevole» afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.

I contenuti

L’Osservatorio Immagino monitora i trend che guidano le scelte d’acquisto degli italiani nella distribuzione moderna, seguendo l’evoluzione di 11 panieri che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo:

Nel food:
• Italianità: in tutte le declinazioni, dal “100% italiano” alle indicazioni geografiche (come Dop e Igp) fino alla presenza di un richiamo alla regione di provenienza.
• Free from: i 17 claim più importanti nel mondo dei prodotti “senza”.
• Rich-in: i 12 claim più rilevanti nel paniere dei prodotti ricchi o arricchiti.
• Intolleranze: la dinamica dei prodotti “senza glutine” o “senza lattosio”, e quella dei claim emergenti, come “senza lievito” o “senza uova”.
• Lifestyle: i claim del cibo identitario, come “vegano”, “vegetariano”, Kosher e Halal.
• Loghi e certificazioni: bollini, indicazioni e claim che forniscono garanzie precise, come il logo EU Organic o le 8 certificazioni del mondo della Corporate social responsibility (come Fairtrade, Friend of the sea, FSC, Sustainable cleaning e UTZ).
• Ingredienti benefici: dall’avena alla canapa, dal matcha all’avocado, dallo zenzero ai semi di sesamo, i 27 sapori più trendy nel mondo dei superfruit, delle spezie, di supercereali/farine, dei dolcificanti, dei semi e dei superfood.
• Metodo di lavorazione: “estratto a freddo” e “lavorato a mano”, “non filtrato” o “a lievitazione naturale”, quando la tecnica produttiva fa la differenza.
• Texture dei prodotti: morbido o ruvido, soffice o croccante, sottile o fragrante? Le 11 consistenze più evidenziate in etichetta.

Nel non food:
• Cura casa green: i sette claim che comunicano la sostenibilità dei prodotti per la pulizia domestica.
• Cura persona: i 30 claim più significativi nell’universo dei prodotti per la cura personale relativi agli universi del free from, del rich-in e della naturalità.

Gli approfondimenti: la sostenibilità in etichetta
Anche in questa edizione dell’Osservatorio Immagino è presente il “Barometro sostenibilità”, che misura e racconta come le aziende comunicano sulle etichette le misure che hanno adottato per migliorare il loro impatto ambientale. A giugno 2021 hanno superato quota 30 mila i prodotti che riportano in etichetta almeno un claim o una certificazione relativi alla sostenibilità. Il loro giro d’affari è arrivato a 11,5 miliardi di euro, in aumento di +3,2% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nello stesso periodo è cresciuto anche il numero delle indicazioni “green” rilevate sulle loro confezioni (ben 40 tra claim e certificazioni), suddivise in quattro aree:

• Management sostenibile delle risorse
• Agricoltura e allevamento sostenibili
• Responsabilità sociale
• Rispetto degli animali

Un’analisi approfondita è dedicata alla comunicazione in etichetta della riciclabilità dei packaging: quasi un terzo di tutti i prodotti analizzati fornisce indicazioni che aiutano a conferire correttamente le confezioni e la loro quota è aumentata di +4,1% nei 12 mesi rilevati.

Il dossier speciale: petfood
Il dossier della decima edizione dell’Osservatorio Immagino è dedicato al mondo della nutrizione per cani e gatti. Complessivamente sono stati rilevati 3.461 prodotti che hanno sviluppato 767 milioni di euro di vendite tra supermercati e ipermercati italiani, con una crescita di +1,2% rispetto ai 12 mesi precedenti. Partendo dalla rilevazione di 18 claim, anche questo settore è stato suddiviso in tre panieri, dedicati rispettivamente al free from, al rich-in e all’italianità.

L’approfondimento dedicato al tema della sostenibilità rileva come venga comunicata sui packaging dei prodotti destinati alla nutrizione di cani e gatti. Tre i panieri costruiti dall’Osservatorio Immagino:

• Management sostenibile delle risorse
• Agricoltura e allevamento sostenibili
• Rispetto degli animali

Qui si può la decima edizione dell’Osservatorio Immagino.

L’EDI resiste alla pandemia e si prepara alla volata del post Covid

Il 2020 ha allargato il divario tra le aziende “digitali” reattive ai cambiamenti e quelle non digitali impreparate alla disruption causata dalla pandemia e ha visto una sostanziale tenuta dell’Electronic Data Interchange (EDI) e una crescita nel numero delle aziende utilizzatrici dell’EDI a standard GS1, che sfiorano quota 8 mila (+4% rispetto al 2019) per un totale di 67.896.711 messaggi scambiati (+5%), mentre aumentano anche l’intensità e la profondità di utilizzo dello scambio elettronico dei dati. La conferma arriva dalla nuova edizione del “Monitoraggio dell’uso dell’EDI nel largo consumo in Italia”, che GS1 Italy realizza annualmente in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano.

«Il Monitoraggio rileva lo stato di salute e di diffusione dell’EDI. Le aziende che lo adottano nella digitalizzazione dei processi ne consolidano l’utilizzo di anno in anno, aumentando il numero di documenti scambiati e il tipo di messaggi» spiega Massimo Bolchini, standard development director di GS1 Italy.

Il dato delle imprese che adottano l’EDI in Italia è stabile rispetto al pre-pandemia – 19 mila nel 2020, scambiando 252 milioni di documenti (+5% vs 2019) – ed è legato prevalentemente al fatto che molti operatori, obbligati alla fatturazione elettronica, hanno scelto di utilizzare solo il flusso per il sistema d’interscambio (SdI, gestito dall’Agenzia delle Entrate) senza sovrapposizioni con il flusso EDI. Le fatture, infatti, pur continuando a rimanere il primo documento scambiato, calano a 50 milioni di unità (-1% rispetto al 2019), dopo due anni in cui si sono attestate sui 55 milioni. In crescita sono invece tutti gli altri documenti: ordini +6%, conferme d’ordine +28%, DESADV (avviso di spedizione) +12%, altri documenti (come inventory report, anagrafiche di prodotto, documenti logistici) +8%.

Il largo consumo e l’EDI a standard GS1
Nel 2020 il largo consumo si è confermato come il settore più strategico per la crescita della digitalizzazione dei processi e delle relazioni tra le imprese. Per la prima volta è stato il primo settore nell’e-commerce B2B e ha consolidato il primo posto nell’utilizzo dell’EDI, con il 63% delle 19 mila imprese connesse.

Nel corso del 2020 è tornato a crescere il numero delle aziende utilizzatrici dell’EDI astandard GS1. Più nel dettaglio, le aziende che nel 2020 hanno scambiato messaggi EDI a standard GS1 sono state 7.817, in crescita di +4% sul 2019. Il 45% di queste aziende fa parte dell’ecosistema Euritmo, la soluzione web-EDI studiata da GS1 Italy: di queste 3.506 imprese, 3.207 sono produttori, 291 distributori e 8 operatori logistici. Sono state 997 le aziende che hanno usato Euritmo per la prima volta (28% del totale) e quattro i messaggi di ingresso nel circuito più gestiti: al primo posto la fattura con il 48% del totale, seguita da ORDERS (ordini, 36%), ORDRSP (la conferma d’ordine, 8%) e il DESADV (avviso di spedizione, 6%).

Nel 2020 è cresciuto anche il numero dei messaggi in standard GS1 EDI scambiati, arrivati a quota 68 milioni (+5% sull’anno precedente). Di questi: 32,2 milioni sono quelli scambiati internamente al circuito Euritmo.

Entrando nel dettaglio dei messaggi GS1 EDI gestiti, la fattura si conferma top performer tra i documenti base, con 15,59 milioni di messaggi scambiati. Seguono l’inventory report (il messaggio contenente le informazioni sulle giacenze di magazzino e su livelli di stock target o pianificati), in diminuzione a 13,16 milioni (-5%), e il DESADV, che ha segnato una battuta di arresto probabilmente a causa del lockdown e dei successivi decreti governativi che hanno imposto uno stop alle vendite in diversi comparti merceologici, in particolare nel Non Food, interrompendo di fatto le relazioni commerciali e la catena di fornitura relativa.

Più in generale, si evidenzia il rapporto esistente tra performance aziendali e il digitale: il 45% delle imprese italiane che avevano adottato almeno una tecnologia per la digitalizzazione dei processi prima dell’ondata pandemica ha ottenuto fatturati stabili o in aumento, mentre l’81% di quelle che non avevano ancora fatto nulla hanno registrato fatturati in calo. Secondo i dati dell’ “Osservatorio Digital B2b” della School of Management del Politecnico di Milano, la pandemia ha spinto il 48,8% delle imprese italiane a dare impulso a nuovi progetti di digitalizzazione e i contributi previsti dal PNRR per l’innovazione saranno un’ulteriore leva per spingere a un’adozione del digitale a supporto dei processi B2B.

«Considerato che il 2020 è stato un anno straordinario per l’emergenza pandemica, riteniamo che 8 mila imprese che scambiano messaggi EDI secondo gli standard globali GS1 non siano poche» commenta Massimo Bolchini, standard development director di GS1 Italy. «Come GS1 Italy stiamo attivando il lancio dell’EDI nella logistica affinché l’impiego di questi strumenti secondo gli standard globali possa ottimizzare la spedizione di merci evitando errori e rallentamenti e migliorando l’efficienza del processo. GS1 Italy sta lavorando anche alla creazione di una piattaforma unica che consentirà alle aziende di gestire i processi di spedizione e consegna in maniera automatizzata, secondo regole comuni, aperte e basate sugli standard globali».

Il rilascio di nuove tipologie di documenti è infatti un segnale positivo del continuo utilizzo degli strumenti EDI, testimoniato anche dal fatto che sono sempre di più le aziende interessate a soluzioni EDI secondo gli standard GS1 appartenenti anche a settori non tradizionali. È il caso dell’impulso proveniente dal Foodservice, che ha richiesto la disponibilità del messaggio PARTIN (anagrafica delle parti), che riguarda gli indirizzi dei punti vendita e consente di inviare le loro anagrafiche per la gestione delle consegne e della fatturazione. «Un risultato positivo che premia il ruolo svolto da GS1 Italy come facilitatore per le imprese maturato all’interno del progetto specifico rivolto a migliorare l’efficienza dell’intero settore Foodservice attraverso l’adozione di standard globali», conclude Bolchini.

Sul sito web di GS1 Italy è possibile scaricare l’edizione 2021 del “Monitoraggio dell’uso dell’EDI nel largo consumo in Italia” e trovare approfondimenti su GS1 EDI ed Euritmo.

Cosa e dove compreremo nei prossimi mesi? L’indagine di Osservatorio Non Food

La campagna vaccinale avanza, l’emergenza sanitaria si alleggerisce e il Coronavirus inizia a fare meno paura. Ma le conseguenze sugli italiani di quanto accaduto a partire dal marzo 2020 sono ancora pesanti. E sono in continua evoluzione, tanto che gli effetti sulla propensione ai consumi e sulla scelta di dove fare acquisti proseguiranno nei prossimi mesi del 2021, con strascichi anche nel 2022. Sono le evidenze emerse da un’indagine condotta da Metrica Ricerche per conto dell’Osservatorio Non Food 2021 di GS1 Italy a maggio 2021. La rilevazione sul sentiment dei “consumatori Non Food”, in termini di evoluzione dei comportamenti di acquisto (anche digitali) e di visita alle varie location commerciali e ai singoli punti vendita, arricchisce la nuova edizione del report di GS1 Italy ed è stata avviata con l’obiettivo di comprendere se e quanto queste dinamiche stiano diventando strutturali e come potranno evolvere anche in un prossimo futuro di auspicata “normalità”.

«L’analisi realizzata per l’Osservatorio Non Food evidenzia che gli effetti della pandemia si faranno sentire anche nei prossimi mesi, sia sulla propensione agli acquisti sia sulle scelte dei canali dove comprare i prodotti non alimentari» anticipa Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Oltre sei consumatori su dieci si dicono preoccupati dalle conseguenze economiche e sociali dell’emergenza sanitaria. Quanto alle scelte di dove fare shopping, fra il 30% e il 40% degli intervistati dichiara che porrà più attenzione, cercando punti vendita ritenuti più sicuri per la propria salute oppure aumentando il ricorso a internet, cercando anche di trovare i prezzi migliori».

Tra gli intervistati, il gruppo più numeroso è quello di coloro che si dichiarano abbastanza preoccupati per la situazione economico-sanitaria (44%) e che, per questo, cercheranno di acquistare limitatamente i prodotti non alimentari di cui avranno esigenza, posticipando o annullando gli acquisti ritenuti superflui. Un altro 37% degli intervistati non si dice preoccupato e ritiene che riprenderà ad acquistare prodotti Non Food secondo le solite abitudini. E nel 15% dei casi aumenterà lo shopping, in particolare nell’area del “fai da te”. Il restante 19% del campione è in stato di allarme e, quindi, si dice intenzionato a limitare gli acquisti di prodotti non alimentari nella seconda parte del 2021, principalmente riducendo gli atti di acquisto e poi cercando canali e punti vendita con più promozioni. In un caso su tre rinuncerà agli acquisti, rinviandoli al 2022.

Le conseguenze dell’emergenza sanitaria e le preoccupazioni economiche di buona parte degli italiani continuano a influenzare anche le scelte sui canali di acquisto, ma meno che negli scorsi mesi: se un anno fa era circa il 50% dei consumatori ad aver cambiato i canali e i punti vendita dove fare spesa, ora la percentuale di chi intende farlo nei prossimi mesi è scesa al 30-40%, con punte più alte negli elettrodomestici e nei prodotti di telefonia/informatica, e valori più bassi nell’ottica. La ricerca di store fisici più sicuri per la salute (rispetto delle normative, pulizia e igiene, distanziamenti, ecc.) varia dal 18% al 28% a seconda dei settori ed è sopramedia nei grandi elettrodomestici, nel brico e negli articoli per la casa. Anche la frequentazione dei centri commerciali continuerà a essere influenzata dalla situazione contingente. Il 40% dei visitatori abituali dichiara un possibile calo della frequenza con cui sono soliti andarci, e oltre un terzo è intenzionato a ridurla in modo deciso. Invece un altro 54% dice di non voler cambiare le proprie abitudini nei prossimi mesi riguardo ai centri commerciali e un 6% afferma di volerli visitare più spesso. Le motivazioni? Maggior preferenza per i luoghi all’aperto (46%), timore di dover fare troppe file (33%) e dubbi sulla loro sicurezza sanitaria (27%). Quindi sarà cruciale per gli operatori comunicare il livello di sicurezza dei contenitori commerciali, agevolare modalità di fruizione nuove/ibride come il click & collect e valorizzare la loro funzione sociale.

Nel post pandemia hanno avuto una decisa accelerazione gli acquisti online di prodotti del Non Food. E il trend continua a confermarsi anche nella seconda parte del 2021, visto che gli intervistati dichiarano di voler mantenere, se non aumentare, questa abitudine. Il 40-50% del campione afferma che aumenterà i propri acquisti su internet per quasi tutte le categorie di prodotti Non Food. Una tendenza forte soprattutto nei settori ormai divenuti appannaggio dell’e-commerce, come libri, giocattoli, tecnologia (elettronica e telefonia/informatica) e attrezzature sportive. La quota più bassa di intenzione di fare acquisti online (33%) riguarda piccoli e grandi elettrodomestici per la maggior propensione a tornare nei negozi fisici, anche per avvalersi dei consigli dei venditori nei reparti specializzati.

Riciclo delle confezioni: lo studio dell’Osservatorio Immagino

“È una confezione riciclabile?”: quale consumatore non si è posto questa domanda nel momento in cui si è trovato a mettere nella raccolta differenziata la confezione di un prodotto alimentare o di un detersivo? La risposta arriva dagli oltre 36 mila prodotti di largo consumo che presentano in etichetta le indicazioni sul livello di riciclabilità del packaging. Il dato emerge nell’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che ha rilevato le informazioni presenti sulle etichette di oltre 120 mila prodotti, che concorrono all’82,6% del fatturato di supermercati e ipermercati in Italia.

«Rispetto a giugno 2020, la quota dei prodotti di largo consumo che danno indicazioni sulla riciclabilità del packaging è aumentata di quasi 3 punti %, arrivando a coinvolgere il 30,1% delle referenze rilevate dall’Osservatorio Immagino» afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Un chiaro segnale di quanto le aziende siano attente alle esigenze di informazione del consumatore e di come la sostenibilità sia sempre più anche un tema da comunicare ai clienti finali. Ma resta ancora molto da fare. Un esempio significativo è quello delle confezioni in vetro, materiale riciclabile al 100%, ma su cui spesso questo aspetto viene dato per scontato e non viene, quindi, esplicitato in etichetta».

Surgelati e gelati sono le categorie merceologiche dove l’etichetta sul grado di smaltimento delle confezioni è più diffusa (si trova sul 50,3% delle referenze), seguiti da ortofrutta (46,4%), mentre bevande (17,7%), petcare (16,4%) e prodotti per la cura personale (15,3%) sono quelli a minor tasso di diffusione. L’83,4% degli oltre 36 mila prodotti rilevati dall’Osservatorio Immagino che forniscono esplicite indicazioni sul livello di riciclabilità delle loro confezioni è venduto in packaging totalmente o largamente riciclabili. Con punte sopra al 90% nei reparti ortofrutta, cura casa e bevande. Rispetto all’anno finito a giugno 2020, questa quota è aumentata di +0,8%, mentre è diminuita di -0,4% l’incidenza delle referenze vendute in confezioni non riciclabili, scese al 5,3% della numerica totale.

Ma quanto pesano effettivamente sul volume della spesa i packaging che indicano la sostenibilità dell’imballaggio? Partendo dalla composizione del carrello medio (fatto per circa il 50% dai prodotti delle 20 marche top e dalle private label), l’Osservatorio Immagino ha calcolato il dato ponderato sulle vendite per numero di confezioni. Risultato: il 74,7% delle confezioni di prodotti a marca del distributore vendute in supermercati e ipermercati spiega quanto sia riciclabile il packaging. Il dato è migliorato di +2,1 punti % rispetto all’anno finito a giugno 2020. Per le 20 imprese top,l’incidenza sulla numerica delle confezioni è inferiore (53,3%), ma il trend di crescita è decisamente più brillante (+9,2% annuo). Le aziende follower si fermano al 40,4% del numero delle confezioni vendute (-1,7%) e i fornitori minori al 22,3% (+2,6%).

Nella classifica dei comparti merceologici in base al numero di confezioni vendute, la pasta si conferma al primo posto davanti a pane e sostitutivi, prodotti da forno e cereali. A chiudere la classifica sono stati ancora una volta le bevande alcoliche (come vino, birra e champagne/spumanti) e il cura persona (come profumeria e cosmetica).

L’Osservatorio Immagino ha voluto approfondire anche come sono composti i packaging utilizzati nel mondo dei prodotti di largo consumo. Nel 47,0%dei casi si tratta di confezioni monomateriale (-1,5% rispetto alla rilevazione precedente) che per quasi il 90% sono totalmente o largamente riciclabili. Il 51,5% delle referenze è venduto in packaging composti da diversi materiali (+1,5%) e via via che aumenta il numero dei materiali utilizzati diminuisce la quota di quelli riciclabili. Ortofrutta e petcare sono le aree merceologiche in cui il packaging monomateriale è più diffuso (rispettivamente 74,9% e 71,0% delle referenze), mentre la drogheria alimentare è quella con il maggior utilizzo di confezioni plurimateriali (52,6%).

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