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Prezzi al consumo: dinamiche di segno opposto

“Nel mese di agosto 2016, secondo le stime preliminari, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e una diminuzione dello 0,1% su base annua facendo registrare lo stesso tasso tendenziale di luglio.

La prosecuzione della fase deflazionistica è la sintesi di dinamiche di prezzo di segno opposto che si compensano. Se da una parte, infatti, si attenua il calo tendenziale dei prezzi degli Energetici non regolamentati (-7,0%, da -8,0% di luglio) e accelera la crescita di quelli degli Alimentari non lavorati (+2,4%, era +1,5% il mese precedente), dall’altra i prezzi dei Servizi relativi alle comunicazioni registrano un’inversione di tendenza (-1,4%, era +0,4% di luglio) e si azzera la crescita di quelli dei Servizi relativi ai trasporti (era +0,7% il mese precedente).

Il calo dei prezzi dei Beni energetici (-6,5% rispetto ad agosto 2015), sebbene lievemente meno ampio di quello registrato a luglio (-7,0%), continua a spiegare la diminuzione dei prezzi al consumo su base annua, che, seppur contenuta, persiste. Al netto di questi beni l’inflazione è positiva e stabilmente pari a +0,6%.

Al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici l'”inflazione di fondo” scende a +0,4% (da +0,6% di luglio).

L’inflazione acquisita per il 2016 risulta pari a zero (era -0,1% a luglio).

L’aumento mensile dell’indice generale dei prezzi al consumo è principalmente ascrivibile agli aumenti congiunturali dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+2,2%), degli Alimentari non lavorati (+0,9%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,4%).

I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,3% su base mensile e dello 0,6% su base annua (da +0,4% di luglio).

I prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto non variano in termini congiunturali e registrano, in termini tendenziali, un aumento pari a +0,1% (era -0,1% a luglio).
Secondo le stime preliminari, l’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) è stabile sia su base mensile sia su base annua, azzerando così la flessione registrata a luglio (-0,2%)”.

(Fonte: www.istat.it, “Prezzi al consumo (dati provvisori)”, 31 agosto 2016).

Vendite al dettaglio in lieve aumento

“A giugno 2016 le vendite al dettaglio registrano un incremento congiunturale dello 0,2% in valore e dello 0,1% in volume. L’aumento è interamente dovuto alle vendite di prodotti non alimentari, che crescono dello 0,4% in valore e dello 0,3% in volume, a fronte di una flessione delle vendite di beni alimentari pari allo 0,1% sia in valore sia in volume.

Nella media del trimestre aprile-giugno 2016, l’indice complessivo delle vendite al dettaglio in valore registra una variazione congiunturale positiva dello 0,1%. L’indice in volume, invece, diminuisce dello 0,1% rispetto al trimestre precedente.

Rispetto a giugno 2015, le vendite aumentano complessivamente sia in valore (+0,8%), sia in volume (+0,2%). L’incremento maggiore riguarda i prodotti non alimentari: +1,0% in valore e +0,5% in volume.

Aumenti tendenziali si registrano per quasi tutti i gruppi di prodotti non alimentari, in particolare per Mobili, articoli tessili, arredamento (+2,1%) e Giochi, giocattoli, sport e campeggio (+1,7%).

Rispetto a giugno 2015, il valore delle vendite al dettaglio aumenta dello 0,7% sia nelle imprese che operano nella grande distribuzione sia in quelle operanti su piccole superfici”.

(Fonte: www.istat.it, “Commercio al dettaglio”, 30 agosto 2016).

Peggioramento della fiducia di consumatori e imprese

“Ad agosto 2016 si registra un peggioramento della fiducia sia tra i consumatori sia tra le imprese: l’indice del clima di fiducia dei consumatori passa da 111,2 di luglio a 109,2 e l’indice composito del clima di fiducia delle imprese scende da 103,0 a 99,4.

Tutte le stime riferite alle componenti del clima di fiducia dei consumatori registrano una flessione, seppure con intensità diverse: il clima economico passa da 129,8 a 125,5, diminuendo per il quinto mese consecutivo; le componenti personale, corrente e futura, dopo l’aumento registrato a luglio, tornano a posizionarsi sui livelli del mese di giugno. Più in dettaglio, il clima personale passa da 105,0 di luglio a 103,6, quello corrente da 109,1 a 107,2 e quello futuro da 114,8 a 112,2.

Le opinioni dei consumatori riguardo la situazione economica del Paese si confermano in peggioramento per il quarto mese consecutivo (il saldo dei giudizi passa da -54 a -60 e quello delle aspettative da -9 a ‑15), mentre i giudizi sull’andamento dei prezzi nei passati 12 mesi e le attese per i prossimi 12 mesi registrano un incremento (da ‑31 a -22 e da -30 a -27). Peggiorano le aspettative sulla disoccupazione (da 30 a 35, il saldo).

Con riferimento alle imprese, il clima di fiducia scende in tutti i settori: in modo più marcato nei servizi di mercato (da 108,3 a 102,4) e nel commercio al dettaglio (da 101,3 a 97,1), più lieve nella manifattura (da 102,9 a 101,1) e nelle costruzioni (da 126,2 a 123,5).

Nelle imprese manifatturiere peggiorano sia i giudizi sugli ordini sia, lievemente, le attese sulla produzione (da -14 a -18 e da 10 a 9, rispettivamente). I giudizi sulle scorte rimangono stabili (il saldo è a quota 3 per il quarto mese consecutivo). Nelle costruzioni peggiorano i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione (da -24 a ‑28) mentre le attese sull’occupazione rimangono stabili (il saldo si attesta a -9 per il terzo mese consecutivo).

Nei servizi peggiorano tutte le componenti del clima: diminuiscono i saldi dei giudizi e delle attese sul livello degli ordini (da 7 a 3 e da 8 a 1, rispettivamente) così come il saldo delle attese sull’andamento dell’economia in generale (da 8 a 3). Nel commercio al dettaglio peggiorano sia i giudizi sulle vendite correnti, il cui saldo torna negativo per la prima volta dal mese di gennaio 2016 (il saldo passa da 6 di luglio a -4) sia le attese sulle vendite future (da 21 a 16); il saldo sulle scorte di magazzino passa da 16 a 14”.

(Fonte: www.istat.it, “Fiducia dei consumatori e delle imprese”, 29 agosto 2016).

Fiducia dei consumatori e delle imprese in aumento

“A luglio 2016 sono in aumento sia l’indice del clima di fiducia dei consumatori, che passa a 111,3 da 110,2 di giugno sia l’indice composito del clima di fiducia delle imprese, che cresce a 103,3 da 101,2.

Le stime riferite alle componenti personale, corrente e futura del clima di fiducia dei consumatori aumentano (rispettivamente, a 105,0 da 103,0, a 109,1 da 108,2 e a 114,9 da 112,9), mentre la componente economica registra una flessione (a 130,1 da 131,7).

Le opinioni dei consumatori riguardo la situazione economica del Paese sono in peggioramento per il terzo mese consecutivo (il saldo dei giudizi passa a -54 da -49 e quello delle aspettative a -9 da -5). I giudizi sull’andamento dei prezzi nei passati 12 mesi e le attese per i prossimi 12 mesi registrano un peggioramento (a -31 da -26 e a -30 da -20). Le aspettative sulla disoccupazione migliorano lievemente (a 30 da 32, il saldo).

Riguardo le imprese, il clima di fiducia sale in tutti i settori: in modo più marcato nelle costruzioni (a 126,2 da 121,6) e nei servizi di mercato (a 108,6 da 105,1), più lieve nella manifattura (a 103,1 da 102,9), e nel commercio al dettaglio (a 101,3 da 99,3).

Nelle imprese manifatturiere migliorano marginalmente le attese sulla produzione (a 10 da 9). Nelle costruzioni migliorano i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione (a -24 da -30) mentre le attese sull’occupazione rimangono stabili (a -9).

Nei servizi migliorano tutte le componenti del clima: crescono i saldi dei giudizi e delle attese sul livello degli ordini (a 7 da 4 e a 9 da 7, rispettivamente). Le attese sull’andamento dell’economia migliorano (il saldo passa a 8 da 3). Nel commercio al dettaglio migliorano i giudizi sulle vendite correnti (a 6 da 0) ma peggiorano le attese sulle vendite future (a 21 da 22); il saldo sulle scorte di magazzino passa a 16 da 17”.

(Fonte: www.istat.it, “Fiducia dei consumatori e delle imprese”, 27 luglio 2016).

Trasferimenti immobiliari e mutui di fonte notarile

“Nel primo trimestre 2016 le convenzioni notarili per trasferimenti immobiliari a titolo oneroso sono state 159.932, il 17,9% in più di quelle registrate nello stesso trimestre del 2015; prosegue dunque per il quarto trimestre consecutivo un aumento delle compravendite.

La ripresa del mercato immobiliare nel primo trimestre dell’anno in corso riguarda sia il comparto dell’abitativo ed accessori (150.015 i trasferimenti di proprietà, +18,6% sul corrispondente trimestre del 2015), sia i trasferimenti di unità immobiliari ad uso economico (9.041, +8,0%).

A livello territoriale l’aumento delle compravendite coinvolge tutte le aree del Paese, è più accentuato nel Nord-ovest (+20,7%) e sotto la media nazionale nelle Isole (+16,5%), al Sud (+16,3% e al Centro (+15,8%), senza differenze tra compravendite di abitazioni ed accessori e unità immobiliari ad uso economico.

L’aumento delle convenzioni notarili di compravendita per unità immobiliari è maggiore nelle città metropolitane (+19,1%) e più contenuto nei piccoli centri (+16,9%).

Nel primo trimestre 2016 prosegue l’andamento positivo di mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare stipulati con banche o soggetti diversi dalle banche. Le convenzioni rogate sono state 88.036, il 29,2% in più rispetto allo stesso trimestre del 2015.

La ripresa di mutui, finanziamenti ed altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare stipulati con banche o soggetti diversi dalle banche è più accentuata nelle Isole (+41,7%) che al Nord-ovest (+31,9%), al Sud (+30,7%) e al Centro (+28,3%).

Le convenzioni notarili per mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare stipulati con banche o soggetti diversi dalle banche registrano un aumento maggiore nelle città metropolitane (+33,5%) rispetto ai piccoli centri (+26,0% contro +29,2% della media complessiva)”.

(Fonte: www.istat.it, “Mercato immobiliare: compravendite e mutui di fonte notarile”, 25 luglio 2016).

Istat: a maggio calano le vendite di alimentari, e ora soffrono anche i discount

Vendite in calo a maggio, e a soffrire sono soprattutto gli alimentari: è quanto evidenziano i dati Istat sul commercio al dettaglio, che registrano una flessione del -1,3% rispetto a maggio 2015 nelle vendite a valore, con l’alimentare a -1,8% e il non alimentare a -1,0%. Dall’inizio dell’anno le vendite complessivamente segnano un +0,3% a valore sullo stesso periodo dell’anno precedente. Rispetto ad aprile 2016 le vendite al dettaglio registrano un incremento congiunturale dello 0,3% in valore e dello 0,2% in volume (+0,3% in valore e +0,1% in volume per gli alimentari e +0,3% sia in valore sia in volume per i non alimentari).

Nella media del trimestre marzo-maggio 2016, l’indice complessivo delle vendite al dettaglio in valore registra un calo congiunturale dello 0,3%. L’indice in volume diminuisce dello 0,4% rispetto al trimestre precedente.

Come rileva un’analisi della Coldiretti sugli stessi dati, le vendite crollano anche nei discount alimentari, che dopo anni di crescita invertono la tendenza e fanno segnare una riduzione dello 0,2%. “Le vendite dei prodotti alimentari si riducono in tutte le tipologie distributive, dagli ipermercati (-2,5%) ai supermercati (-1,4%), ma a registrare un vero tonfo sono le piccole botteghe alimentari (-3,2%). Si tratta – sottolinea una nota della Coldiretti – dei devastanti effetti della deflazione che si evidenzia particolarmente in campagna, dove le quotazioni per il grano sono praticamente dimezzate rispetto allo scorso anno, ma difficoltà si registrano anche negli allevamenti con il latte pagato ben al di sotto dei costi di produzione”. 

Non sembra più ottimista Federdistribuzione. «Il dato di maggio conferma le nostre preoccupazioni espresse ormai da molto tempo: siamo lontani da segnali stabili di ripresa dei consumi, con dati altalenanti nei mesi e che complessivamente indicano una dinamica molto debole – commenta il presidente Giovanni Cobolli Gigli – Particolarmente significativo è il calo delle vendite di prodotti alimentari (-1,8% a valore e -2,0% a volume), segno che la situazione economica e il generale clima di incertezza sul futuro frenano gli acquisti anche nella spesa dei prodotti essenziali.

Un quadro che, secondo l’associazione delle aziende della distribuzione moderna, non è destinato a migliorare nei prossimi mesi estivi, per due motivi: la debolezza della domanda interna ma anche il confronto con un 2015 particolarmente dinamico, conseguenza non solo dei fattori metereologici ma anche della spinta di Expo 2015, tanto che “una previsione realistica delle vendite al dettaglio per il 2015 potrebbe dunque essere vicino a una “crescita zero”“.

«Ma con questa evoluzione dei consumi lo sviluppo del Paese è a rischio, come testimoniano anche gli allarmanti dati di maggio della produzione industriale e degli ordinativi comunicati oggi dall’Istat. D’altra parte è del tutto comprensibile la difficoltà del settore industriale, di fronte a un mercato internazionale in frenata e a una domanda interna che non c’è – continua Cobolli Gigli -. La priorità deve essere la ripresa dei consumi, e su questo chiediamo sforzi ulteriori al Governo, chiamandolo a dare segnali di discontinuità con il passato sulle riforme per fornire più certezze sul futuro e a lavorare per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie e per semplificare e agevolare l’attività d’impresa».

 

Produzione nelle costruzioni in calo

“A maggio 2016, dopo il significativo aumento congiunturale registrato il mese precedente, l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni mostra una diminuzione del 3,6% rispetto ad aprile, mentre gli indici di costo del settore segnano un aumento dello 0,1% per il fabbricato residenziale, dello 0,5% per il tronco stradale con tratto in galleria e dello 0,6% per il tronco stradale senza tratto in galleria.

Nella media del trimestre marzo-maggio 2016 l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni è diminuito dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti, confermando un quadro evolutivo settoriale ancora fragile e caratterizzato da una notevole variabilità.

Su base annua, a maggio 2016 l’indice della produzione nelle costruzioni corretto per gli effetti di calendario diminuisce del 2,6% (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 20 di maggio 2015). Sempre su base annua, l’indice grezzo della produzione nelle costruzioni aumenta del 4,4%.

L’indice del costo di costruzione di un fabbricato residenziale cresce su base annua dello 0,7%, mentre diminuiscono, rispettivamente dello 0,6% e dello 0,8%, gli indici del costo di costruzione di un tronco stradale con tratto in galleria e quello senza tratto in galleria.

A maggio 2016, alla variazione tendenziale dell’indice di costo del fabbricato residenziale contribuiscono l’aumento del gruppo di costo Manodopera (+0,9 punti percentuali) e la diminuzione di quello Materiali (-0,2 punti percentuali).

Il contributo maggiore alla diminuzione tendenziale degli indici dei costi di costruzione dei tronchi stradali deriva, sia per quello con tratto in galleria sia per quello senza galleria, dal calo dei costi dei materiali (rispettivamente -1,0 e -1,2 punti percentuali)”.

(Fonte: www.istat.it, “Produzione nelle costruzioni e costi di costruzione”, 19 luglio 2016).

Indicatori dei permessi di costruire

“Nel secondo semestre del 2015 gli indicatori dei permessi di costruire mostrano tendenze diverse tra le due principali componenti: l’edilizia residenziale presenta una contrazione rispetto allo stesso periodo del 2014 (-14,5% le abitazioni e -12,3% la superficie utile abitabile); al contrario, l’edilizia non residenziale registra invece un rilevante aumento del 21,7%.

Il numero di abitazioni dei nuovi fabbricati residenziali risulta in calo nel terzo trimestre 2015, con una variazione tendenziale del -10,4%. Tale contrazione aumenta nel quarto trimestre attestandosi a -18,3%. Stessa dinamica segue anche la superficie utile nel confronto con gli analoghi trimestri del 2014: -8,2% nel terzo trimestre 2015 e -16,2% nel quarto.

Proseguendo la tendenza positiva iniziata nel secondo trimestre 2015, anche nel terzo e quarto trimestre l’edilizia non residenziale continua a crescere con variazioni tendenziali a due cifre: +20,5% nel terzo trimestre e +22,8% nel quarto”.

(Fonte: www.istat.it, “Indicatori dei permessi di costruire”, 15 luglio 2016).

Spesa media mensile familiare

“Nel 2015, la spesa media mensile familiare in valori correnti è pari a 2.499,37 euro (+0,4% rispetto al 2014, +1,1% nei confronti del 2013), mostrando timidi segnali di ripresa in un quadro macroeconomico caratterizzato dal lieve aumento, per il terzo anno consecutivo, del reddito disponibile delle famiglie, dalla stabilità della loro propensione al risparmio e dal primo anno di ripresa del Pil dopo tre di recessione.

Un quadro analogo si registra anche in termini reali se si considera che l’inflazione è stata prossima allo zero sia nel 2014 sia nel 2015 (rispettivamente +0,2% e +0,1%).

Al netto del costo (stimato mediante i cosiddetti affitti figurativi) che le famiglie dovrebbero sostenere per prendere in affitto un’unità abitativa con caratteristiche identiche a quella in cui vivono e di cui sono proprietarie, usufruttuarie o che hanno in uso gratuito, la spesa media familiare è pari, nel 2015, a 1.910,34 euro, in aumento dello 0,7% rispetto al 2014 e dell’1,9% rispetto al 2013.

Il livello medio della spesa alimentare è pari a 441,50 euro al mese (436,06 euro nel 2014, +1,2%). Si arresta la diminuzione della spesa per carni, in atto fin dal 2011, attestandosi a 98,25 euro mensili. La spesa per frutta aumenta del 4,5% rispetto al 2014 (da 38,71 a 40,45 euro mensili), quella per acque minerali, bevande analcoliche, succhi di frutta e verdura del 4,2% (da 19,66 a 20,48 euro).

È sostanzialmente stabile la spesa per beni e servizi non alimentari (2.057,87 euro in media al mese). Per il terzo anno consecutivo si riducono le spese per comunicazioni (-4,2%), anche per l’ulteriore diminuzione dei prezzi. Aumentano le spese per servizi ricettivi e di ristorazione (+11%, da 110,26 a 122,39 euro, dopo due anni di calo), e le spese per beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura (+4,1%, 126,41 euro).

Permangono le differenze strutturali sul territorio, legate ai livelli di reddito, ai prezzi e ai comportamenti di spesa, con i valori del Nord più elevati di quelli del Centro e, soprattutto, di Sud e Isole. La Lombardia e il Trentino-Alto Adige sono le regioni con la spesa media più elevata (rispettivamente 3.030,64 e 3.022,16 euro). La Calabria è invece la regione con la spesa minore, 1.729,20 euro mensili, inferiore del 42,9% rispetto ai valori più elevati.

Nelle città metropolitane la spesa media mensile è di 2.630,73 euro, nei comuni periferici delle aree metropolitane e nei comuni sopra i 50mila abitanti è di 2539,47 euro e negli altri comuni fino a 50mila abitanti è di 2.436,38 euro. Nelle città metropolitane si destinano quote di spesa più elevate all’abitazione e ai servizi ricettivi e di ristorazione.

Le famiglie di soli stranieri spendono in media 1.532,66 euro al mese, circa 1.000 euro in meno di quanto spendono le famiglie di soli italiani (anche se queste ultime hanno in genere dimensioni più contenute). Più della metà della spesa delle famiglie di soli stranieri (54,1%) è destinata a prodotti alimentari e bevande analcoliche e ad abitazione, acqua, elettricità, gas e combustibili (al netto degli affitti figurativi); questa quota è del 29,1% per le famiglie di soli italiani.

La spesa media mensile è molto eterogenea al variare del titolo di studio: ammonta a 3.383,05 euro per le famiglie con persona di riferimento laureata o con titolo di studio superiore alla laurea, circa il doppio rispetto a quella delle famiglie la cui persona di riferimento ha la licenza elementare o nessun titolo di studio.

Tra le famiglie di occupati dipendenti la spesa media mensile è pari a 2.321,50 euro se la persona di riferimento è operaio e assimilato, sale a 3.124,56 euro se è dirigente, quadro o impiegato. Tra gli occupati indipendenti, la spesa media mensile è di 3.585,20 per imprenditori e liberi professionisti e di 2.733,88 euro per gli altri lavoratori indipendenti”. (Fonte: www.istat.it, “Spese per consumi delle famiglie”, 7 luglio 2016).

Circa l’anno in corso, ricordiamo che mentre “prosegue la fase di crescita moderata dell’economia italiana”, “segnali meno favorevoli provengono dai consumi, dal clima di fiducia delle famiglie e dalle imprese dei servizi. In questo quadro, l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana ha segnato un’ulteriore discesa, prospettando un rallentamento nel ritmo di crescita dell’attività economica nel breve termine”. (Fonte: www.istat.it, “Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana”, 5 luglio 2016).

Crescita moderata, consumi invariati

“Prosegue la fase di crescita moderata dell’economia italiana sostenuta dal miglioramento dei ritmi produttivi dell’attività manifatturiera e dai primi segnali di ripresa delle costruzioni, in presenza di un recupero della redditività delle imprese e di un aumento dell’occupazione. Segnali meno favorevoli provengono dai consumi, dal clima di fiducia delle famiglie e dalle imprese dei servizi. In questo quadro, l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana ha segnato un’ulteriore discesa, prospettando un rallentamento nel ritmo di crescita dell’attività economica nel breve termine”. (Fonte: www.istat.it, “Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana”, 5 luglio 2016).

Il pdf è disponibile on line. Evidenziamo, en passant, che “Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,8% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono rimasti invariati. Di conseguenza, la propensione al risparmio delle Famiglie consumatrici è risultata pari all’8,8%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Poiché il deflatore implicito dei consumi delle famiglie è sceso in termini congiunturali dello 0,3%, il potere d’acquisto delle famiglie è aumentato dell’1,1%”. (Fonte: www.istat.it, “Conto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche, reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società”, 30 giugno 2016).

Consumi e indicatori di fiducia sono quindi sotto pressione, in attesa del dispiegarsi di ulteriori fattori endogeni ed esogeni (a partire dalle conseguenze della Brexit).

In margine, per quanto attiene al circuito dei centri commerciali, dopo un aumento delle vendite del 3,2% nel 2015 (esclusi gli ipermercati), nel primo trimestre 2016 la crescita è stata dell’1,8%, secondo quanto recentemente dichiarato dal Presidente del CNCC Massimo Moretti.

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