“Nel primo trimestre 2016, sulla base delle stime preliminari, l’indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB) acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, diminuisce dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,2% nei confronti dello stesso periodo del 2015 (era -1,7% nel trimestre precedente). La persistenza dei cali dei prezzi delle abitazioni determina un tasso di variazione acquisito dell’IPAB per il 2016 (la variazione media annua se nei successivi tre trimestri i prezzi non variassero) negativo e pari -1,0%. Il primo trimestre del 2016 conferma quindi la vischiosità dei prezzi rispetto agli andamenti del numero di abitazioni scambiate che è invece in marcato aumento (+20,6% rispetto al primo trimestre del 2015 secondo i dati diffusi dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate). La riduzione della flessione tendenziale dell’IPAB riguarda sia i prezzi delle abitazioni esistenti (-1,4% da -1,8% del quarto trimestre 2015) sia quelli delle abitazioni nuove (-0,7% da -1,4%). Analogamente, il ribasso congiunturale dell’IPAB è dovuto, in uguale misura, sia ai prezzi delle abitazioni nuove sia ai prezzi di quelle esistenti (-0,4% in entrambi i casi). Rispetto al 2010, nel primo trimestre 2016 i prezzi delle abitazioni sono diminuiti del 14,9% (-2,3% le abitazioni nuove, -20,0% le esistenti). Con i dati del primo trimestre del 2016, sono stati aggiornati i pesi con i quali le abitazioni nuove e quelle esistenti contribuiscono al calcolo dell’IPAB. Tra il 2010 e il 2016, il peso delle abitazioni nuove è passato da circa un terzo a poco più di un quinto”. (Fonte: www.istat.it, “Prezzi delle abitazioni (dati provvisori)”, 4 luglio 2016).
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Istat, ad aprile prezzi a -0,4% sul 2015, dato peggiore del 2016
L’Istat ha diffuso i dati provvisori per il mese di aprile sull’andamento dei prezzi al consumo: continua (e peggiora) la flessione già registrata a marzo, con un tasso complessivo di inflazione del -0,4% rispetto allo stesso mese del 2015 (era -0,2% a marzo), trainato ancora una volta dal ribasso dei beni energetici (-7,4%).
«L’Italia continua a rimanere in deflazione – commenta Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione – e la situazione non sembra migliorare. Il dato di aprile è infatti il peggiore dall’inizio del 2016 e uno dei più bassi da molto tempo. Con questi numeri diventa anche più critico il raggiungimento del pur modesto obiettivo di inflazione annua per il 2016 del +0,2%. Anche escludendo l’effetto dei beni energetici, l’inflazione è ferma al +0,3%, sintomo di una domanda ancora debole».
Non sembra funzionare nemmeno l’assunto prezzi bassi=consumi aumentati. Commenta Cobolli Gigli «I consumi permangono in un limbo di crescita modesta (se escludiamo il settore auto, rischiano di essere pericolosamente vicini allo zero) perché le persone vivono ancora un clima di incertezza sul futuro, che frena gli acquisti e induce a ricostituire lo stock di risparmio, precedentemente eroso dalla crisi. Ed è anche su questa “leva immateriale” che occorre agire per tornare a crescere, ricreando sicurezza e fiducia con politiche che configurino un reale cambiamento per il Paese, attraverso la continuazione del programma di riforme, la creazione delle condizioni per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, fornendo più certezze che dubbi sulle pensioni».
Coldiretti lancia l’allarme per le campagne italiane, dove ad aprile sono letteralmente crollati i prezzi: dal -24 % per il grano duro al – 57% per i peperoni, mentre si riducono le quotazioni del 34% per il latte, del 48% per i pomodori e del 54% per le arance “su valori al di sotto dei costi di produzione”. “Se sullo scaffale per i consumatori i prezzi sono praticamente stabili (-0,1%), nelle campagne – sottolinea la Coldiretti – la situazione alla produzione è drammatica. Oggi gli agricoltori devono vendere tre litri di latte per bersi un caffè, 15 chili di grano per comprarne uno di pane e dieci chili di pomodori ciliegini per comprare un pacchetto di sigarette”.
Le cause di questa situazione? L’anticipo dei calendari di maturazione, l’accavallamento dei raccolti, le varietà tardive diventate precoci, con eccesso di offerta prima e crollo della disponibilità: tutti effetti dell’andamento climatico anomalo sulle coltivazioni, che subiscono anche la pressione delle distorsioni di filiera e dal flusso delle importazioni, determinate dagli accordi agevolati. Come nel caso delle condizioni favorevoli concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, olio di oliva, all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi. “L’accordo con il Marocco – sottolinea la Coldiretti – è fortemente contestato dai produttori agricoli perché nel Paese africano è permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera”.
Sul settore agroalimentare pensano anche gli effetti dell’embargo russo, che ha azzerato le esportazioni di ortofrutta, formaggi, carni e salumi Made in Italy, provocando una turbativa che ha messo in crisi decine di migliaia di aziende agricole europee.
Secondo il preliminare Istat, rispetto ad aprile 2015, i prezzi dei beni registrano una flessione stabile a -1,0%, mentre il tasso di crescita dei prezzi dei servizi rallenta (+0,4%, da +0,7% del mese precedente). I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,1% rispetto a marzo e diminuiscono dello 0,2% su base annua (da -0,3% del mese precedente).
I prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto aumentano dello 0,2% in termini congiunturali e diminuiscono dello 0,9% in termini tendenziali (era -1,1% il mese precedente).
Migliora il clima di fiducia tra i cittadini e tra le imprese. Indice Istat ai massimi da due anni
Un altro passo avanti verso la ripresa. Così potrebbe essere letta la rilevazione sul clima di fiducia dei cittadini e delle imprese divulgato oggi dall’Istat.
L’indice Istat del clima di fiducia dei consumatori aumenta a settembre 2015 a 112,7 da 109,3 del mese precedente. Anche l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane (Iesi, Istat economic sentiment indicator) sale passando a 106,2 da 103,9 di agosto. Entrambi gli indici permangono ai livelli massimi osservati negli ultimi due anni.
È una fiducia diffusa, quella tra i consumatori, tanto che tutte le componenti sono in ascesa, con un incremento più consistente per quella economica (a 143,2 da 133,1) ma anche per quella personale (a 103,6 da 101,4), quella corrente (a 108,0 da 104,0) e quella futura (a 122,0 da 117,7).
I cosumatori giudicano meglio l’attuale situazone economica del Paese (a -47 da -61) e anche le attese al riguardo salgono nelle stime (a 14 da 6) e contemporaneamente vedono un rallentamento nella crescita dei prezzi sia nei 12 mesi passati sia nei prossimi 12 mesi (a -19 da -14 e a -18 da -14 i saldi). Diminuiscono significativamente le attese di disoccupazione (a 7 da 25).
Riguardo le imprese, crescono tutti i climi di fiducia: quello del settore manifatturiero (a 104,2 da 102,7), quello delle costruzioni (a 123,3 da 119,5), quello dei servizi di mercato (a 112,2 da 110,0) e quello del commercio al dettaglio (a 108,8 da 107,8).
Nel commercio al dettaglio in particolare, il clima di fiducia sale a 108,8 da 107,8. Aumenta il saldo dei giudizi sulle vendite correnti (a 16 da 14) e diminuisce quello relativo alle aspettative sulle vendite future (a 28 da 29); in diminuzione sono giudicate le scorte di magazzino (a 10 da 12).
Il clima di fiducia migliora sia nella grande distribuzione (a 106,1 da 105,8) sia in quella tradizionale (a 114,5 da 112,1). Nella prima, aumenta il saldo dei giudizi sulle vendite correnti (a 18 da 16) e diminuisce quello relativo alle aspettative sulle vendite future (a 32 da 35); nella seconda, resta stabile il saldo dei giudizi sulle vendite correnti (a 6) e aumenta quello relativo alle aspettative (a 20 da 14). Quanto, infine, alle scorte di magazzino, il saldo passa a 13 da 15, nella grande distribuzione e a 3 da 4, in quella tradizionale.
Prezzi: aumenta a febbraio il carrello della spesa, la deflazione si raffredda
Nel mese di febbraio 2015, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,4% su base mensile e segna un calo su base annua dello 0,1% (la stima preliminare era -0,2%), meno ampio rispetto a gennaio (-0,6%).
Lo rileva l’Istat che ha diffuso oggi i dati sull’andamento dei prezzi al consumo per il mese di febbraio, che portano a un tasso di inflazione acquisita per il 2015 pari a -0,2% (da -0,6% di gennaio).
Più in dettaglio nel mese di febbraio 2015 si registra un aumento congiunturale marcato dei prezzi delle Bevande alcoliche e tabacchi (+2,8%), che riflette principalmente i rialzi dei prezzi dei prodotti a base di tabacco, registrati a partire dalla seconda metà del mese di gennaio. Aumenti su base mensile più contenuti si rilevano per i prezzi di Trasporti (+0,7%), Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+0,6%) e Ricreazione, spettacoli e cultura (+0,4%). Rialzi congiunturali modesti, pari a +0,1%, interessano inoltre i prezzi di Abitazione, acqua, elettricità e combustibili, Servizi sanitari e spese per la salute e Servizi ricettivi e di ristorazione.
Per quanto riguarda i beni alimentari, il rialzo su base mensile dei prezzi degli Alimentari non lavorati è principalmente dovuto all’aumento – su cui incidono fattori di natura stagionale – dei prezzi dei Vegetali freschi (+7,8%), che, di conseguenza, registrano una netta inversione della tendenza su base annua (+10,8% da -1,7% di gennaio). Un rialzo congiunturale, per quanto più contenuto, si rileva anche per i prezzi della Frutta fresca (+0,5%), la cui crescita tendenziale accelera (+1,2%, da +0,1% del mese precedente). Aumenti su base mensile modesti si registrano poi per i prezzi del Pesce fresco di mare di allevamento (+0,3%, +1,7% su base annua) e di pescata (+0,1%, +0,2% rispetto a febbraio 2014) e per quelli della Carne bovina (+0,1%; il tasso tendenziale è nullo). Per tutte le rimanenti aggregazioni di prodotti non lavorati i prezzi sono in diminuzione rispetto a gennaio 2015.
Con riferimento agli Alimentari lavorati, le variazioni congiunturali sono per lo più di lieve entità. Da segnalare il rialzo del prezzo dell’Olio d’oliva (+1,0% e +2,2%, rispettivamente, in termini congiunturali e tendenziali).
Per quanto riguarda l’andamento dei prezzi dei prodotti per frequenza d’acquisto, l’Istat rileva che i prezzi di quelli acquistati con maggiore frequenza aumentano dello 0,6% su base mensile – per effetto principalmente dei forti rialzi dei vegetali freschi, dei tabacchi e della ripresa dei prezzi di benzina e gasolio per autotrazione – e registrano un deciso ridimensionamento della flessione su base annua (-0,5%, da -1,4% di gennaio)
Anche i prezzi dei prodotti a media frequenza di acquisto aumentano su base mensile (+0,3%) e fanno registrare una lieve ripresa su base tendenziale (+0,1%, da -0,2% del mese precedente); a questa dinamica contribuiscono in particolare i rialzi dei prezzi dei servizi di trasporto aereo, ferroviario e marittimo passeggeri e di alcuni servizi ricreativi. I prezzi dei prodotti a bassa frequenza di acquisto non variano in termini congiunturali e segnano una lieve flessione in termini tendenziali (-0,1%; a gennaio il tasso annuo era pari a zero).