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Novità a scaffale, in base all’Osservatorio Immagino trionfa il salutismo

Il 7,8% degli oltre 145.000 prodotti di largo consumo monitorati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi non erano a scaffale nel 2023, ma vi sono arrivati tra gennaio e dicembre 2024, periodo in cui hanno contribuito per il 3,2% al fatturato totale di quest’ampio paniere. A rilevarlo è la diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che ha analizzato le abitudini di consumo degli italiani nel corso dell’intero anno 2024. Il 73,6% di queste 11.343 novità riguarda il mondo alimentare: si tratta soprattutto di prodotti “rich-in” (ricchi di elementi benefici), referenze “free-from” (senza o con meno di certi ingredienti), alimenti realizzati con ingredienti tradizionali o benefici, e di prodotti con certificazioni di responsabilità sociale d’impresa (CSR).

Nel carrello dei prodotti “rich-in” monitorato dall’Osservatorio Immagino, il 9,9% dell’assortimento e il 3,1% del fatturato si devono a prodotti lanciati nel corso del 2024. Qui l’innovazione si è focalizzata su prodotti ricchi di proteine, potassio, fermenti lattici, vitamine e calcio. Nel carrello “free from” le novità apparse nel 2024 coprono l’8,9% dell’assortimento e il 2,2% del fatturato totale, e i claim utilizzati più frequentemente sulle loro etichette sono “pochi grassi”, “poche calorie”, “senza zuccheri aggiunti”, “pochi zuccheri” e “senza conservanti”. Da sottolineare inoltre le alte percentuali di nuovi prodotti nei panieri della sicurezza alimentare che indicano l’assenza di antibiotici, residui o pesticidi. Anche l’8,1% dei prodotti per intolleranze venduti in super e ipermercati sono arrivati in vendita nel 2024, con un’incidenza maggiore per quelli “senza lattosio” (10,5%).

L’Osservatorio Immagino ha inoltre “letto” l’innovazione anche dal punto di vista del consumatore, scoprendo che il 65% delle vendite di nuovi prodotti è generato dal 30% dei loro acquirenti. Si tratta di shopper giovani (meno di 34 anni), single e con reddito medio-alto. Questi consumatori preferiscono prodotti “free from”, “rich-in”, vegani, biologici, arricchiti con semi e con caratteristiche green e di sostenibilità. Diversi segmenti di consumatori mostrano preferenze specifiche in base ai claim e al posizionamento di prezzo. Ad esempio, i prodotti “senza zuccheri”, “fonte di proteine”, vegani e sostenibili attraggono consumatori giovani e con reddito medio-alto, mentre i prodotti “a ridotto contenuto di grassi” sono preferiti da famiglie con figli e anziani con reddito medio-basso.

La snack economy europea vale 234 miliardi di euro

C’era una volta il pasto. Anzi, l’abitudine di alimentarsi in momenti prestabiliti della giornata – diffusasi a partire dalla metà dell’800 – ha portato a codificarne tre di pasti, che però scandiscono sempre meno le giornate di noi consumatori. Tante le motivazioni, un solo risultato: il proliferare degli snack, che oggi rappresentano il 40% del valore delle vendite di alimentari confezionati in Europa. Il dato emerge dalla nuova analisi “Snack Unwrap: The Insatiable Craving for Growth” di Circana, che quantifica in 234 miliardi di euro il valore del mercato europeo degli snack nel 2024, in crescita del +2,9% su base annua, con un incremento di 7 miliardi di euro, nonostante i volumi venduti siano rimasti stabili a 115 miliardi di unità. L’inflazione resta un fattore importante, ma la crescita dei volumi è guidata da categorie funzionali e orientate alla salute, come: cereali e barrette per la colazione (83,6 milioni; +6,0%), frutta secca e disidratata (160,2 milioni; +4,9%), formaggi (478,4 milioni; +3,1%), yogurt (303,2 milioni; +3,5%).
Va precisato che l’analisi di Circana è la più approfondita mai realizzata sul mercato europeo degli snack, basandosi su dati vendita al dettaglio di sei mercati chiave: Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito. Ad essere inclusi sono ben 628 segmenti tra snack dolci, salati, freschi, surgelati e funzionali, in modo da offrire una panoramica del comportamento dei consumatori. “La corsia degli snack è diventata lo specchio dello stile di vita moderno – dichiara Ananda Roy, SVP Thought Leadership ed Europe CPG Growth Advisor di Circana –, plasmata da nuove tendenze legate a dieta, abitudini e momenti di consumo che vanno oltre quelli tradizionali. Per restare rilevanti, i brand globali devono bilanciare gusti locali con motivazioni di consumo universali come piacere, praticità e benessere. Il successo non si misura solo in quote di mercato, ma in capacità di essere rilevanti. Per vincere, bisogna trattare meno gli snack come una categoria e più come una cultura: fluida, ibrida e in continua evoluzione”.

SALUTE E BIOGNI EMOTIVI GUIDANO LA CRESCITA
Secondo Circana, la categoria degli snack sta evolvendo più rapidamente rispetto a qualsiasi altro momento dopo la pandemia, spinta da un’ondata di trend che riflettono priorità salutistiche, stili di vita e bisogni emotivi in cambiamento. Dalle opzioni ad alto contenuto proteico o per la salute intestinale, agli snack minimamente processati, i consumatori compiono scelte più intenzionali, alla ricerca di energia, equilibrio o comfort. Aumentano le proposte con la formula “piacere sì, ma dalle porzioni controllate” e le alternative plant-based, insieme ai trend virali e alle occasioni social a dimostrazione che la crescita odierna non è legata solamente alla mera funzione, ma anche all’emozione suscitata.

SUPERMERCATI IN VETTA ALLE VENDITE
I supermercati continuano a dominare il mercato europeo degli snack, rappresentando il 50% del valore complessivo delle vendite e una crescita del +2,1% nei volumi. I discount rivestono un ruolo sempre più importante, generando 44 miliardi di euro di vendite e registrando crescita sia in valore che in volume. Al contrario, i negozi di prossimità mostrano un calo nei volumi, mentre gli ipermercati restano stabili. Siti e-commerce e canali specializzati più piccoli, pur con una quota complessiva minore, sono quelli che registrano i tassi di crescita più elevati, evidenziando opportunità emergenti nel digitale e nel retail di nicchia.

L’ITALIA SI SEGNALA PER LA QUOTA A VALORE
I Paesi Bassi (44,6%) e l’Italia (43,2%), tra i sei principali mercati europei, vantano le quote valore più alte per gli snack, confermando il forte orientamento dei consumatori verso questa categoria. Nel frattempo, la Germania (60 miliardi di euro; +2,5%) e il Regno Unito (53 miliardi di euro; +3,6%) guidano per vendite totali in valore, riflettendo la maturità dei rispettivi mercati e il ruolo centrale degli snack nelle principali economie del ramo beni di largo consumo europeo.

I SUGGERIMENTI DI CIRCANA
In conclusione, Circana formula una serie di raccomandazioni indirizzate a retailer e produttori. Vediamole nel dettaglio di seguito.
Passare dall’impulso all’intenzionalità: costruire strategie di portfolio adatte alle nuove occasioni di consumo, ad esempio prima dell’allenamento, durante i pasti o per rilassarsi la sera.
Accelerare l’innovazione funzionale: valorizzare claim come alto contenuto proteico, benefici per la salute intestinale, energia e prodotti poco processati per attrarre i consumatori più attenti al benessere.
Ridefinire i KPI di successo: oltre alle unità vendute, misurare il successo in base alla capacità di entrare in nuove occasioni di consumo, sinergie di merchandising e rilevanza nei diversi momenti della giornata.
Ottimizzare l’assortimento in modo dinamico: usare analytics granulari per prevedere la domanda, stabilire promozioni mirate e monitorare la performance della categoria in base alle occasioni di consumo snack.
Bilanciare premium e permissività: sostenere sia i formati indulgenti sia quelli più salutari, dalle confezioni piccole e snack “nostalgici” che ricordano il passato, alla frutta fresca e agli snack proteici.

Mdd: per il 69% degli italiani è una valida alternativa alla marca

Oltre la metà (53%) dei consumatori a livello globale acquista sempre più prodotti a marca del distributore. In Italia questa tendenza si rafforza ulteriormente, registrando un incremento di 3 punti percentuali e raggiungendo il 56%, con il 69% che giudica la Mdd una valida alternativa. Parallelamente, i dieci principali brand a livello mondiale hanno registrato una ripresa delle vendite nel 2024, segnale che la competizione tra retailer e produttori nel settore del largo consumo resta vivace. La sfida per conquistare l’attenzione dei consumatori si gioca sempre più sugli scaffali, dove la capacità di differenziarsi e creare valore diventa cruciale.
È quanto emerge dal nuovo report “Finding Harmony on the Shelf: 2025 Global Outlook on Private Label & Branded Products”, lo studio redatto da NielsenIQ (NIQ). Il report analizza le tendenze che stanno guidando la crescita globale del settore, offrendo una panoramica dettagliata su 25 mercati, inclusa l’Italia. Lo studio non si limita a fotografare il cambiamento nell’atteggiamento degli acquirenti verso i prodotti Mdd e di marca, ma approfondisce anche le dinamiche che influenzano le scelte di consumo. A completare il quadro, il report fornisce indicazioni strategiche per retailer e produttori che intendono intercettare efficacemente i bisogni dei consumatori in un contesto macroeconomico in continua evoluzione.

PRIVATE LABEL: AUMENTA LA QUALITÀ PERCEPITA
Dallo studio NIQ emerge inoltre un’evoluzione significativa nella percezione della qualità dei prodotti Mdd, in particolare, in Italia. Come anticipato, il 69% dei consumatori italiani li considera ormai una valida alternativa ai prodotti di marca, mentre il 46% li ritiene di pari o superiore qualità rispetto ai brand tradizionali (a fronte del 51% a livello globale). Quasi due terzi (60%) dei consumatori globali si fida delle marche del distributore, trend valido anche in Italia (61%).
Tuttavia, la disponibilità a pagare un prezzo più elevato per i prodotti private label resta contenuta: solo il 28% degli italiani si dichiara disposto a farlo. Inoltre, il 70% del campione nazionale riconosce un buon rapporto qualità/prezzo nella Mdd. Un dato interessante riguarda anche l’offerta: oltre la metà degli intervistati (51%) afferma che acquisterebbe più frequentemente questi prodotti se fosse disponibile una più ampia scelta.
Volgendo lo sguardo verso l’andamento di mercato delle marche del distributore, nonostante l’incremento di 1,4 punti percentuali della quota di mercato a livello globale (che raggiunge il +22,7%) si osserva un consolidamento del fatturato. Questo è evidente soprattutto in Europa, dove la crescita delle vendite si stabilizza: dal +12% circa del 2023, dovuto anche all’effetto inflativo, si passa al +4% nel 2024.

LA QUOTA DI CONSUMATORI “INFEDELI”
Viene anche evidenziata una crescente apertura all’esplorazione: in Italia, quasi la metà dei consumatori (47%) dichiara di ampliare i propri acquisti provando marche diverse in più categorie, a fronte di un trend globale che si attesta al 58%. Inoltre, il 57% degli acquirenti italiani sostiene di non prestare attenzione al brand, orientando le proprie scelte esclusivamente in base alle proprie necessità.
Un comportamento che si riflette anche nella minore fedeltà alla marca – ovvero la ripetizione degli acquisti nel tempo e della preferenza costante per un brand rispetto ai concorrenti – in confronto alla media globale: mentre il 60% dei consumatori mondiali dichiara di acquistare sempre lo stesso brand di cui si fida, in Italia questa percentuale si ferma al 42%. Un importante indicatore che illustra come gli italiani vengono guidati nel processo di acquisto: infatti, piuttosto che affidarsi all’abitudine, sono guidati dal valore e dalla rilevanza essendo dunque più propensi ad esplorare nuove opzioni. Una dinamica che sembra aprire a nuove possibilità: da un lato viene a crearsi spazio per l’innovazione e per nuovi attori nel mercato e, dall’altro, rivenditori e brand che rispondono con approcci agili e basati su insight hanno l’opportunità, non solo di assicurarsi l’acquisto, ma anche di costruire un nuovo tipo di loyalty, basata su fiducia, differenziazione e coinvolgimento autentico.

LA RELAZIONE CON I GRANDI BRAND
II 47% degli italiani afferma di comprare prodotti di marca preferendoli alle alternative più economiche. Sopra la media i Millennial con il 53%, leggermente sotto media i Boomer (46%) e la GenZ (45%). Emerge dunque un atteggiamento positivo dei consumatori verso i prodotti di marca, sentimento confermato dai dati di vendita a livello mondiale. Secondo il tracking NIQ Retail Measurement Services, le vendite dei 10 principali marchi globali sono cresciute del +4,8%, superando leggermente la crescita annuale delle vendite dei prodotti private label (+4,3%).
Sebbene le Mdd guidino le vendite in categorie come frutta secca e snack salati, il loro impatto si traduce in opportunità per tutti. Nate come alternative economiche, contribuiscono a migliorare la percezione complessiva della categoria, favorendo una maggiore accettazione da parte dei consumatori. Questo processo apre spazi di crescita anche per i brand di marca, che sono così chiamati a monitorare attentamente le categorie più dinamiche per cogliere nuove opportunità di sviluppo.
Il successo nell’attuale panorama della distribuzione non è un gioco a somma zero – commenta Enzo Frasio, Amministratore Delegato di NIQ Italia (nella foto sopra) – e ciò significa che vi è spazio di crescita per tutti gli attori del mercato. Infatti, le private label e i prodotti di marca possono non solo coesistere, ma anche crescere insieme, dando vita a uno sviluppo ulteriore che si riflette sulla tipologia di prodotto e sulla spesa generazionale. In Italia, dove gli acquirenti sono sempre più aperti a esplorare entrambi i tipi di marchio nelle varie categorie, l’opportunità è visibile. La strada più efficace è quella della collaborazione: quando retailer e produttori uniscono le forze, possono sfruttare i punti di forza complementari e rispondere all’evoluzione delle esigenze dei consumatori, costruendo un futuro di crescita condivisa e sostenibile”.

NielsenIQ, il 2025 è iniziato bene per il largo consumo

La 40esima edizione de Linkontro, l’evento organizzato annualmente da NielsenIQ, è stata l’occasione per dare un quadro aggiornato su dati e dinamiche evolutive del mondo del largo consumo. Innanzitutto, il settore nel 2024 ha raggiunto la quota di 137,5 miliardi di euro di spesa ad opera delle famiglie italiane (+1,9% rispetto al 2023). Il solo largo consumo confezionato (Lcc) ha fatto invece registrare un valore di mercato pari a 98,2 miliardi di euro (+1,9% rispetto al 2023). I primi 4 mesi del 2025 maturano oltre 45 miliardi di euro di fatturato a totale negozio, dei quali più di 32 miliardi di euro nel largo consumo confezionato. A supporto del trend di crescita, gli altri principali indicatori: il +4,4% a valore nel totale negozio (+1,9% nel 2024) e un +2,6% nei volumi del largo consumo confezionato (+1,5% nel 2024). Tra le performance emerge quella del Sud Italia con un trend di incremento dei volumi doppio rispetto alla media nazionale, in particolare +5,6% a valore e +5,0% a volume.
Un rilancio che arriva dopo le diverse sfide che il settore è stato chiamato ad affrontare nel periodo 2019 – 2023, a cominciare dalla pressione inflattiva che ha causato la riduzione dei volumi, anche se inferiore rispetto alle attese, nel corso del biennio 2022-2023 (rispettivamente del -0,3% e del -1,7%). “Stiamo rilevando dei segnali positivi provenienti dal mercato – commenta Enzo Frasio, Amministratore Delegato di NIQ Italia (a destra nella foto in alto) – con performance promettenti che caratterizzano tutto il settore della grande distribuzione e del largo consumo confezionato. La ripresa dei volumi e la conquista di quote di spesa indicano che il carrello delle famiglie, in Italia, rimane una voce prioritaria nel budget mensile. Nonostante il calo del potere d’acquisto delle famiglie a cui abbiamo assistito negli ultimi cinque anni, i consumatori tricolore nel 2025 sono disposti a rinunciare ad altre spese mensili, come le uscite fuori casa, l’acquisto di altre categorie del non alimentare. Stiamo entrando nell’era del Next Normal, dove l’espansione nel largo consumo potrà essere supportata da una maggiore collaborazione nella filiera, miglioramento dell’efficienza e conoscenza ancora più approfondita dei clienti. Questa combinazione di fattori offrirà l’opportunità di crescita e ulteriori accelerazioni del settore”.

L’INFLAZIONE PREOCCUPA GLI ITALIANI
Nella memoria dei consumatori rimane però impresso l’effetto inflattivo che ha imposto un costo maggiore della spesa del 22% nel periodo 2025 versus 2019. Nonostante l’andamento dei prezzi appaia ora sotto controllo, il 29% degli italiani – secondo le rilevazioni di NIQ – continua a indicare l’incremento dei costi dei beni alimentari tra le principali preoccupazioni per il futuro e il 23% teme la recessione (versus 13% della media europea). Un timore che continua a orientare le scelte effettuate tra gli scaffali dei punti di vendita, visto che persiste la ricerca di convenienza.
NIQ sottolinea però che il fenomeno inflattivo si ridimensiona: nei primi quattro mesi del 2025, l’indice di inflazione nel largo consumo confezionato viene rilevato intorno al +1% a totale Italia omnichannel per raggiungere quota +0,8% ad aprile 2025. Anche se l’andamento non coinvolge tutte le categorie di prodotti: caffè, cioccolato, burro e salmone fresco registrano una crescita maggiore nel loro prezzo a parità di quantità acquistate.

IL FRESCO TRAINA LA SPESA
Stando alle rilevazioni di NIQ, a trainare la performance, nei primi 4 mesi del 2025, del largo consumo è il reparto del fresco, con la frutta e la verdura che registrano +7,9% a valore (+4,4% nel 2024). Anche per le carni – con la macelleria e la polleria – il saldo è positivo: +5,6% a valore. I prodotti del food confezionato si attestano a +4,1%. Segnali di frenata, invece, provengono dagli articoli per animali (+1,4% a fronte di un +3,1% nell’intero 2024) e dalla casa (-0,8% nei primi mesi di quest’anno).
Non stupisce tuttavia l’incremento per il fresco considerando la forte attenzione verso un’alimentazione sana dichiarata e agita da tutte le tipologie di famiglie, che si orientano maggiormente alla ricerca del benessere, iniziando proprio dalla composizione del carrello. Più nello specifico, tra le categorie in forte crescita ci sono il mango con +114,3% nel trend a volume, l’avocado con +47% e i semi con +32,2%. Nelle scelte di acquisto degli italiani si ritrova anche la ricerca di servizio, con prodotti facili da preparare che semplificano il consumo; è il caso delle basi per la pizza (+60,3%) e dei piatti pronti vegetali (+15,6%) e anche dei surgelati vegetali (+11,9%).

GLI ANDAMENTI DEL LARGO CONSUMO PER CANALE
La crescita delle vendite non premia tutte le tipologie distributive, che trasversalmente stanno conoscendo un aumento della frequenza di acquisto e un calo dello scontrino medio come rilevato nell’80% dei gruppi distributivi, offrendo opportunità per incrementare la fedeltà. Si evidenzia un buon andamento per i superstore (+3,4% a volume da gennaio ad aprile 2025 versus +1,3% nel 2024) e i discount (+3,8% a volume e +3,9% a valore nel 2025, complice la ricerca del risparmio). Gli specialisti drug sembrano rallentare la crescita, con un seppur interessante +4,5% a volume e +3,4% a valore. Emerge l’e-commerce che, con una quota pari al 7,1% nel 2025, assume una dimensione sempre più significativa, registrando nel largo consumo confezionato in totale un +4,4% a valore, venendo scelto per comodità e convenienza. Analizzando ancora più dettagliatamente questo canale, i pure players – ovvero gli attori che nascono con attività solamente online e che rappresentano il 50% delle vendite del canale – crescono a valore del +5,5%. Molto bene anche gli specializzati (19,5% della quota di mercato) che mettono a segno un incremento a valore del 10,5%.

IDM E MDD CRESCONO CON LEVE DIVERSE
Insieme, l’industria di marca e la marca del distributore complessivamente maturano oltre 1 miliardo di crescita anno su anno. Ciò che le differenzia sono le leve che guidano lo sviluppo. Anche nel corso del 2025, l’andamento dell’industria di marca è principalmente trainato dall’aumento dei prezzi, aprendo l’anno con un fatturato pari a +608 milioni di euro, contribuendo alla crescita del fatturato Lcc per il 57%. Invece, per quanto riguarda l’Mdd (+450 milioni di euro, pesando per il 43% della crescita), è l’ampliamento dell’assortimento di prodotto a marchio del distributore sugli scaffali a determinare la crescita per l’anno corrente. Anche i target che determinano questi risultati sono differenti: se da una parte la Mdd si rivolge sempre di più agli 8 milioni di famiglie con figli a carico (+0,5 punti di quota) e di media età (+1,6 punti in quelle con reddito medio più basso), l’Idm è in crescita sia nelle famiglie mature ad alto reddito (+0,2 punti) sia in quelle a basso (+0,6 punti).
Secondo i dati del Consumer Panel di NIQ, la strategia vincente per i principali brand del mass market, il 59% dei quali in crescita a volume nel corso dell’ultimo anno, sembra risiedere nella capacità di raggiungere un numero sempre più elevato di clienti, con maggiori probabilità di successo se si riesce anche a migliorare la fedeltà. Anche la Mdd sta cercando di espandere la sua quota, lavorando principalmente attraverso lo sviluppo degli assortimenti: cresce nel 65% delle categorie, in parte per aumento del solo numero di famiglie acquirenti (in due casi su tre) e in parte in tutte quelle dove, oltre ad incrementare il numero di acquirenti, riesce anche a crescere in fedeltà.
La crescita del comparto, registrata negli ultimi mesi, testimonia la capacità dell’industria e della distribuzione di soddisfare sempre meglio i bisogni delle famiglie italiane – conclude Romolo De Camillis, Retailer Director di NielsenIQ (a sinistra nella foto in alto) –. Nel quadro attuale e guardando al prossimo futuro emergono ulteriori opportunità di crescita. Per coglierle appieno sarà importante continuare a migliorare i livelli di efficienza delle promozioni (circa un terzo delle attività non genera volumi incrementali) e degli assortimenti. Infine, lavorando insieme su specifici target di clientela e cavalcando affinità tra brand ed insegne, si riuscirà ad intercettare un numero sempre più elevato di famiglie coprendo meglio i loro bisogni di consumo”.

Largo consumo, Circana traccia il bilancio dell’ultimo anno

Il mercato del largo consumo europeo è cresciuto dell’1,9% in valore nell’ultimo anno, raggiungendo i 680 miliardi di euro nei 12 mesi fino a dicembre 2024. Questo risultato è stato trainato principalmente dalla forte domanda dei consumatori per categorie freschi e drogheria alimentare, nonostante l’incertezza macroeconomica e le pressioni inflazionistiche, come viene evidenziato nell’ultimo report semestrale Demand Signals di Circana. Il report, che analizza i dati di vendita al dettaglio nei sei principali mercati europei (Francia, Regno Unito, Germania, Italia, Spagna, Paesi Bassi) e monitora oltre 230 categorie Fmcg e un milione di referenze, mostra cambiamenti significativi nella spesa dei consumatori, con una chiara preferenza verso prodotti essenziali e orientati alla praticità.
In particolare, i segmenti dei freschi hanno ottenuto performance solide, con una crescita delle vendite in unità del 2,2% (fino a 84,5 miliardi di unità), mentre la drogheria alimentare è aumentata dello 0,8% (fino a 89,1 miliardi di unità), generando insieme un incremento assoluto di 7,5 miliardi di euro su base annua.

GLI EFFETTI DELLA VOLATILITÀ ECONOMICA
Nonostante alcuni segnali di ripresa, il settore Fmcg affronta nuove incertezze dopo un promettente 2024. Sebbene quasi un terzo delle categorie sia passato da un trend negativo a uno positivo e un ulteriore 28% abbia mantenuto la tendenza a crescere, le pressioni economiche aumentano e ciò potrebbe frenare il ritmo. I consumatori diventano più selettivi, si concentrano maggiormente sui beni essenziali, che sono cresciuti dell’1,6%, e riducono gli acquisti di prodotti non essenziali, che sono calati della stessa percentuale, per gestire meglio il proprio budget. “Il settore Fmcg sta dimostrando grande resilienza di fronte alle continue turbolenze economiche – dichiara Ananda Roy, SVP Thought Leadership Europe di Circana –. I consumatori in tutta Europa stanno dando priorità a valore e convenienza, spingendo brand e retailer ad adattare rapidamente i loro portafogli prodotti e le strategie promozionali”.
Le Mdd, che avevano registrato una forte ascesa durante il periodo di inflazione, raggiungendo quasi il 47% delle vendite in unità Fmcg (circa 143 miliardi di unità), stanno ora affrontando una crescente concorrenza da parte dei marchi industriali. Attraverso promozioni mirate, innovazione di prodotto e formati più piccoli, i marchi industriali hanno riconquistato terreno, invertendo parte del vantaggio acquisito dalle Mdd negli ultimi anni. “I marchi industriali stanno reagendo al successo delle Mdd – aggiunge Roy – offrendo ai consumatori un valore differenziato grazie a innovazione, sostenibilità ed esperienze di consumo più appaganti. Le Mdd devono ora ricalibrare le proprie strategie per mantenere il trend di crescita”.

COSA CERCANO I CONSUMATORI
Oggi i consumatori sono in cerca di qualcosa più di una semplice offerta vantaggiosa: vogliono prodotti versatili, in linea con il proprio stile di vita e rispettosi dell’ambiente. Il 68% preferisce prodotti adattabili a diversi contesti e occasioni. La disponibilità fisica è cruciale: oltre la metà dei consumatori cercherà nuovamente un prodotto se non lo trova, ma pochi faranno uno sforzo extra per trovarlo altrove. L’esperienza di consumo è altrettanto importante: il 64% di chi ha avuto una prova insoddisfacente dichiara che non acquisterà nuovamente quel prodotto, sottolineando quanto fiducia e qualità siano essenziali per il successo a lungo termine.

ITALIA E SPAGNA GUIDANO LA CRESCITA
Spagna e Italia sono in testa per la crescita del valore delle vendite di largo consumo in Europa. Il mercato spagnolo è cresciuto del 4,9%, raggiungendo i 99 miliardi di euro nei 12 mesi fino a dicembre 2024, grazie alla forte domanda interna e alla crescita nelle categorie freschi. L’Italia ha registrato un +2,3% in valore, sostenuta da drogheria alimentare e bevande, mentre il Regno Unito è cresciuto moderatamente (+2%) grazie al ritorno della domanda per prodotti convenienti. Il tasso di crescita medio annuo (CAGR) su tre anni, in termini di unità vendute fino a dicembre 2024, mostra un calo in Germania (-0,5%), Francia e Paesi Bassi (entrambi a -0,8%), riflettendo l’incertezza economica e la bassa fiducia dei consumatori.

IN CALO ALCOLICI E DOLCIUMI
Le vendite in unità di alcolici sono calate dell’1,5% rispetto all’anno precedente, mentre le bevande hanno mostrato una lieve crescita dello 0,1%, segnale di un passaggio a scelte più salutari. Anche i dolciumi e gli alimenti per l’infanzia hanno subito un calo (rispettivamente -1,0% e -2,2%), a causa delle tendenze salutistiche e delle variazioni demografiche in corso (dati POS fino a dicembre 2024).

L’ANDAMENTO DEL NON FOOD
Le categorie non alimentari del Fmcg stanno mostrando una ripresa lenta e disomogenea, con solo alcune aree tornate in crescita. Il comparto Beauty & Personal Care è cresciuto dello 0,9% in unità vendute, spinto dalla forte domanda nel periodo pre-natalizio. I prodotti per la casa sono aumentati dello 0,6%, grazie a vendite in crescita di detersivi e prodotti per il bucato, sostenute da nuovi lanci e forti attività promozionali.
Le strategie della Mdd sono diventate più sofisticate, con differenze tra i vari mercati europei. Spagna e Germania mantengono una forte penetrazione delle Mdd (rispettivamente 49% e 43% di quota valore di mercato), anche se il recente slancio si è attenuato. In Francia la quota Mdd è cresciuta moderatamente, mentre nel Regno Unito e in Italia si è stabilizzata, riflettendo una concorrenza più intensa da parte dei marchi industriali.

Logistica, il largo consumo a caccia di efficienza

Cinque anni per la supply del largo consumo equivalgono a un secolo. Soprattutto nel periodo post-Covid, durante il quale la filiera del mass market ha subito profonde trasformazioni e si è mossa in un contesto sempre più sfidante, complesso e imprevedibile. A delinearne l’evoluzione e misurarne gli effetti, come già avvenuto nel 2019 e prima ancora nel 2010, è la nuova edizione della ricerca “Mappatura ed evoluzione dei flussi logistici nella filiera del largo consumo”, realizzata da GS1 Italy in ambito ECR Italia, con la collaborazione di un gruppo di ricerca congiunto del Politecnico di Milano e della LIUC Università Cattaneo e il coinvolgimento di 45 aziende del settore (12 distributori, 30 produttori e 3 operatori logistici). I risultati della ricerca, raccolti nell’omonimo Bluebook, fotografa la logistica della filiera del largo consumo italiano, che si stima conti un volume complessivo di 4,6 miliardi di colli in transito all’anno.
A distanza di cinque anni dalla precedente edizione – afferma Bruno Aceto, Ceo di GS1 Italy – e in uno scenario completamente mutato rispetto al 2019, abbiamo sentito la necessità di tornare a svolgere quest’approfondita analisi in quanto strumento essenziale per comprendere l’evoluzione della logistica, misurarne le criticità e individuare nuove opportunità. Questa mappatura è importante perché rappresenta il punto di partenza per delineare le direzioni di lavoro della filiera, intraprese anche attraverso le iniziative collaborative espresse dai tavoli di lavoro di ECR Italia, dove le principali aziende di industria e distribuzione e gli operatori logistici collaborano per innovare i processi e per migliorare l’efficienza di filiera produttore-distributore-consumatore”.

RIDISEGNO DEI NETWORK E CENTRALIZZAZIONE, ANCHE NEI FRESCHI
La prima evidenza che emerge dalla mappatura realizzata da ECR Italia è la forte accelerazione del ridisegno dei network logistico-distributivi avvenuta nel periodo post-Covid-19 e dettata dalla necessità di tutti gli attori di raggiungere una maggiore efficienza. I fornitori hanno arretrato gli stock nei magazzini di fabbrica e centrali e ridotto la rete distributiva dei depositi di secondo livello, in termini sia di numero di depositi periferici sia di transit point. Anche la distribuzione moderna ha rivisto il suo assetto logistico, composto da Centri Distributivi (Ce.Di.) primari e secondari, per rendere la rete più flessibile e ottenere più ridondanza e resilienza. Il tasso di centralizzazione dei flussi logistici ai Ce.Di. è cresciuto e, diversamente dalla precedente rilevazione, questo è avvenuto anche nel comparto del fresco, arrivato a un tasso del 91%, e quindi ormai prossimo al 92% dei prodotti secchi.

LE SOLUZIONI PER OTTIMIZZARE I PROCESSI
L’aumento dei costi del trasporto e il rischio di carenza di materiali, di capacità produttiva e di servizi logistici hanno avuto un forte impatto sui processi di interfaccia tra fornitori e Gdo, determinando una crescente ricerca di ottimizzazione e di recupero di efficienza, in particolare nel processo “order-to-delivery”. Tra i diversi fronti di intervento, la ricerca ECR Italia ha individuato l’aumento della dimensione media degli ordini (+14% in dieci anni), e quindi la crescita di +3% dell’incidenza delle unità di carico (UdC) intere in ingresso ai Ce.Di., arrivata al 79% nel secco. E ancora l’incremento di UdC intere con pallettizzazione ottimale (altezza tra i 120 e i 125 cm) per migliorare la saturazione volumetrica nei trasporti, e la riduzione di -2% del numero medio di referenze gestite. Significativo è stato anche l’impatto organizzativo del livellamento temporale dei flussi di merce in ingresso ai Ce.Di. sia su base settimanale che mensile e dell’estensione delle finestre di consegna anche nelle ore pomeridiane.

CRESCITA DELL’OUTSOURCING LOGISTICO E RICADUTE SUL SERVIZIO
Nel periodo post-Covid tra le aziende di produzione si è assistito al maggior ricorso all’outsourcing logistico strategico per alleggerire la gestione e generare economie di scala. Ma l’autonomia crescente dei fornitori di servizi logistici nella definizione degli instradamenti e nella gestione operativa dei processi può ridurre il controllo sui flussi fisici e sulle prestazioni di servizio fornite alla Gdo. Le asimmetrie nella visibilità della supply chain da parte dei fornitori generano distorsioni nella misurazione del livello di servizio offerto e ricevuto. Inoltre, la scarsa visibilità sulla domanda e l’incertezza degli ultimi anni hanno generato un alto livello di stock nella rete, dettato anche dalla frammentazione della rete distributiva e dall’aumento dei punti di evasione degli ordini, che incide in modo negativo sulla freschezza dei prodotti (soprattutto di quelli più deperibili).

AUMENTANO DIGITALIZZAZIONE E SOSTENIBILITÀ
L’evoluzione della supply chain nel largo consumo va nella direzione di una crescente (ma lenta) digitalizzazione, favorita dalla progressiva rimozione di alcuni ostacoli di natura non tecnologica che l’avevano rallentata. È in crescita la diffusione degli standard come la trasmissione degli ordini in EDI (Electronic Data Interchange), passata dal 34% al 50%, ma resta ancora molto da fare per migliorare l’integrazione tra i sistemi informativi di fornitori e Gdo e per garantire una maggiore visibilità nei flussi logistici. Analogo lo scenario nell’altra grande direttrice evolutiva, la sostenibilità. L’analisi presente in “Mappatura ed evoluzione dei flussi logistici nella filiera del largo consumo” ha rilevato un maggior numero e una più ampia intensità di iniziative finalizzate a ridurre l’impatto ambientale della supply chain, attuate nell’ambito degli imballaggi, dei magazzini e, soprattutto, dei trasporti, e spesso connesse a progetti di efficienza logistica, come, ad esempio, la revisione degli imballaggi per aumentare il rendimento volumetrico e massimizzare la saturazione dei mezzi di trasporto.

COLLABORAZIONE, AVANTI TUTTA
La fotografia scattata da ECR Italia evidenzia la “riscoperta” della centralità della collaborazione fra produttori e distributori. Circa la metà delle oltre 40 aziende coinvolte nella ricerca afferma di aver implementato progetti condivisi con l’obiettivo di migliorare in primis l’efficacia del processo “order-to-delivery”, ad esempio attraverso la riduzione dei ritardi di consegna, della congestione presso i Ce.Di, dei respinti e delle attese allo scarico. La collaborazione procede sempre per gradi e sono fondamentali le “early initiatives” per testare la capacità delle aziende a collaborare e per sistemare i “basic building blocks” del processo logistico. “La capacità di collaborare resta determinante per affrontare le sfide future della logistica nel largo consumo – prosegue Bruno Aceto (nella foto a sinistra) –. Per le aziende di questa filiera sarà sempre più importante stabilire relazioni di fiducia attraverso le quali sviluppare progetti condivisi di collaborazione per rimuovere le inefficienze, superare le criticità e promuovere un sapere condiviso così da costruire una supply chain più efficiente, resiliente e sostenibile. E in ECR Italia l’innovazione dei processi di filiera si realizza proprio grazie alla collaborazione, che permette di individuare soluzioni comuni a beneficio di tutto il sistema”. Tra gli strumenti a disposizione delle aziende impegnate in questo contesto c’è anche la formazione dell’Academy di GS1 Italy, con una vasta gamma di corsi ad hoc per ottimizzare la logistica e il Percorso certificato di Supply chain collaboration per la filiera del largo consumo, la cui seconda edizione partirà il prossimo maggio: si tratta di un percorso innovativo, che coniuga le competenze teoriche del Politecnico di Milano con i casi reali estrapolati da progetti collaborativi realizzati in ambito ECR Italia, per aiutare aziende di produzione e distribuzione e operatori della logistica a capire come ottimizzare i processi interni e di interfaccia attraverso la collaborazione e l’innovazione di filiera.

Su 100 prodotti, 85 si dicono sostenibili: un mercato da 44,4 miliardi di euro

Sono saliti a quota 117 mila i prodotti confezionati venduti in supermercati e ipermercati italiani che sulle etichette forniscono almeno un’informazione riguardo il loro impegno per la sostenibilità, intesa nella sua triplice declinazione: ambientale, sociale e benessere animale. Rappresentano l’84,8% delle referenze e sviluppano il 92,9% delle vendite in valore dell’ampio paniere monitorato dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che analizza le abitudini di consumo degli italiani e che è giunto alla sua sedicesima edizione. “Siamo stati i primi monitorare il tema del racconto della sostenibilità attraverso le etichette dei prodotti e lo facciamo con un approccio innovativo, sviluppato in collaborazione con NielsienIQ e con l’Istituto di Management della Scuola Superiore di Sant’Anna di Pisa – dichiara Marco Cuppini, Research and Communication Director di GS1 Italy –. Edizione dopo edizione, stiamo assistendo al consolidamento di quest’area, che solo negli ultimi 12 mesi rilevati ha visto crescere di più di 1,5 punti sia la percentuale del numero dei prodotti, sia la quota sulle vendite a valore del largo consumo”. Complessivamente, nel canale super e ipermercati, i prodotti “sostenibili” hanno sviluppato vendite per 44,4 miliardi di euro, in crescita annua di +3,6% a valore e in calo di -1,6% a volume, evidenziando un andamento leggermente migliore per il paniere di prodotti che riuniscono i claim della sostenibilità sociale.

LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
Fra le tre aree identificate dall’Osservatorio Immagino, a prevalere è quella della sostenibilità ambientale riferita al prodotto o al suo packaging, che compare sulle etichette di 116.950 prodotti per 44,3 miliardi di euro di vendite. Il trend annuo è stato di +3,6% a valore e di -1,6% a volume. Nel mondo della sostenibilità ambientale le informazioni più diffuse attraverso le etichette sono quelle relative alle indicazioni pratiche, come quelle riguardanti l’uso e la conservazione del prodotto oppure la raccolta differenziata del packaging. L’Osservatorio Immagino le ha individuate sul 77,9% dei prodotti, che corrispondono a quasi 43 miliardi di euro di sell-out. Al secondo posto ci sono i claim relativi alle caratteristiche ambientali (monocriterion), come la riciclabilità del pack, la formulazione speciale degli ingredienti la riduzione del contenuto di plastica o la biodegradabilità: sono evidenziate sul 67,1% dei prodotti e sviluppano 40,2 miliardi di euro di vendite. Oltre 20 mila referenze (14,9% del totale rilevato), per 10,2 miliardi di euro di sell-out, sfruttano le etichette per comunicare informazioni relative alle loro modalità green di produzione e approvvigionamento, come l’adozione di disciplinari di filiera oppure le certificazioni di sostenibilità.
I claim generici di sostenibilità (come green, ecologico o circolare) rappresentano un altro fenomeno significativo nella comunicazione on pack dei prodotti di largo consumo. L’Osservatorio Immagino li ha rilevati sulle etichette di 9.799 prodotti (7,1% del totale osservato), che hanno raggiunto un giro d’affari di quasi 5,4 miliardi di euro. E di 1,7 miliardi di euro è invece il sell-out dei 2.263 i prodotti che riportano in etichetta un claim o un riferimento all’approccio green al loro ciclo di vita e impronta ambientale, come i programmi di valutazione, le certificazioni di eccellenza ambientale e i marchi basati su studi LCA e impronta ambientale.

LA SOSTENIBILITÀ SOCIALE
Nella graduatoria per numero di prodotti e per valore delle vendite la sostenibilità sociale si colloca al secondo posto, dietro quella ambientale, con 11.990 referenze che presentano sulle etichette una certificazione etica. Nell’arco dei 12 mesi rilevati, nel canale supermercati e ipermercati, questo paniere ha mostrato una sostanziale stabilità delle vendite in volume (-0,1%) e una crescita di +4,5% di quelle a valore, arrivate a 6,3 miliardi di euro. Solo il 2,0% dei prodotti rilevati dall’Osservatorio Immagino presenta in etichetta una certificazione relativa all’impegno per il benessere animale o dichiara l’adesione a programmi dedicati. Si tratta di 2.762 referenze che hanno ottenuto 1,4 miliardi di euro di sell-out. Nei 12 mesi considerati le vendite sono salite di +2,0% a valore e sono calate di -5,6% a volume.

Largo consumo, ecco i claim di maggior successo

Quali sono i claim presenti sulle etichette dei prodotti di largo consumo che generano maggiori vendite in supermercati e ipermercati italiani? A stilare la classifica dei primi 25 claim per valore del sell-out è l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che, basandosi sui dati NielsenIQ, ha rilevato l’andamento delle vendite di più di 138 mila prodotti, classificati in base alla presenza in etichetta di oltre 100 tra claim, certificazioni, pittogrammi e indicazioni geografiche. Al primo posto si colloca l’icona della bandiera italiana con quasi 7 miliardi di euro di vendite, generate dai 15.414 prodotti che riportano il tricolore sull’etichetta. In seconda posizione la certificazione FSC (Forest Stewardship Council), con oltre 4,9 miliardi di euro di vendite, seguita dall’indicazione “100% italiano”, anch’essa con più di 4,9 miliardi di euro.

L’analisi della graduatoria per valore delle vendite evidenzia un mix di claim e certificazioni che si concentrano in alcuni dei macro-fenomeni di consumo rilevati semestralmente dall’Osservatorio Immagino. In particolare, spiccano l’area delle intolleranze alimentari (con il claim “senza glutine” e “senza lattosio”), l’universo del free from (“senza conservanti”, “pochi grassi”, “pochi zuccheri”, “senza olio di palma”, “senza coloranti”, “senza zuccheri aggiunti”) e quello del rich-in (con la segnalazione del contenuto di proteine, fibre, vitamine e con l’indicazione “integrale”).

Dal monitoraggio continuativo condotto dall’Osservatorio Immagino emergono anche i claim relativi a tendenze emergenti del largo consumo in Italia, come la sostenibilità (“meno plastica”, certificazione “Sustainable cleaning”, biologico), i nuovi stili alimentari (con i claim “vegetariano”, “vegano” e la certificazione kosher), le modalità di produzione (claim “filiera” e “prodotto in Italia”) e l’edonismo alimentare nei gusti e nelle texture (claim “cacao” e “croccante”).
Di seguito, la tabella con la classifica dei 25 claim con il maggior incasso nel canale super e ipermercati nell’anno terminante a giugno 2024.

 

Academy di GS1 Italy, ecco tutte le novità del calendario 2025

Sono tante le novità del calendario 2025 dell’Academy di GS1 Italy, il department dedicato alla formazione per migliorare le competenze aziendali: nuovi percorsi formativi (come quello dedicato alla “Sostenibilità nelle categorie”) e restyling di quelli già “rodati” (come quello incentrato sul Category management), ma anche corsi innovativi (come quelli riservati agli operatori logistici e quelli focalizzati sull’applicazione del GS1 Digital Link).

Forte di oltre quarant’anni di esperienza di GS1 Italy nel settore e certificata secondo il sistema di qualità UNI EN ISO 9001, l’Academy è diventata nel tempo il polo formativo di riferimento per gli operatori del largo consumo italiano, distinguendosi per la sua capacità di rinnovare continuamente i suoi percorsi, i contenuti e le modalità didattiche, così da rimanere sempre allineata con le esigenze delle aziende e con l’evoluzione dell’universo del largo consumo, dalla produzione alla distribuzione. Registrando, solo nell’anno appena passato, circa 900 professionisti e 478 aziende ai suoi corsi live, oltre 300 accessi ai contenuti on demand e ben 11 aziende che hanno attivato un corso “tailor made” erogato direttamente presso la propria sede.

“I nostri percorsi formativi non aiutano solo a conoscere e utilizzare tutti gli standard globali GS1, ma anche a migliorare i processi aziendali e le relazioni con clienti e fornitori e ad accelerare la digitalizzazione – spiega Silvia Scalia, ECR Italia and training director di GS1 Italy -. La nostra proposta formativa è studiata per adattarsi a tutte le tipologie di azienda e per agevolare la formazione di tutti i partecipanti, anche grazie alle diverse modalità disponibili, compreso l’e-learning on demand tramite la piattaforma Academy Learning Center”.

Anche il nuovo calendario 2025 conferma la capacità dell’Academy di GS1 Italy di conoscere il mercato e le sfide che pone alle aziende di saper rispondere alle esigenze di formazione e aggiornamento professionale di tutti gli operatori del largo consumo, in cinque aree tematiche:

Codici a barre e standard GS1: per approfondire caratteristiche e utilizzi degli standard globali GS1, come gli incontri dedicati a ottimizzare e approfondire l’utilizzo dei codici GS1 e quelli per avviare la migrazione al codice a barre 2D e al GS1 Digital Link, con nuovi corsi dedicati ai casi reali di applicazione.

Tracciabilità e trasparenza: per condividere le informazioni lungo la filiera con EPCIS e approfondire la conoscenza degli standard GS1 in relazione alla normativa UDI.

Sostenibilità della filiera: per realizzare una supply chain più sostenibile e per approfondire, con i nuovi webinar, l’approccio scientifico alla sostenibilità nella gestione delle categorie (alimentari e non food).

Logistica e supply chain: per conoscere gli standard e i processi collaborativi, ottimizzare l’order to cash e il trasporto su strada, o scoprire le soluzioni per la resilienza della supply chain. La novità del 2025 è il corso ad hoc per gli operatori logistici.

Category management: pilastro dell’offerta formativa dell’Academy di GS1 Italy, si propone in una nuova formula, con otto webinar dedicati ciascuno a una fase di questo processo e corredati da testimonianze aziendali.

Si arricchisce, inoltre, la proposta dell’Academy Learning Center, la piattaforma virtuale per l’e-learning che consente di seguire online una vasta scelta di corsi e di averli sempre disponibili on demand gratuitamente: da quest’anno offrirà anche nuovi corsi dedicati all’Optimal Shelf Availability (OSA), all’Electronic Data Interchange (EDI) e alle best practice per vendere su marketplace utilizzando gli standard globali GS1.

Nuove edizioni 2025 anche per la formazione executive, con cui i professionisti del largo consumo possono certificare le competenze in:

Category management, con la quarta edizione del percorso ECR Certified Category Management Program che inizia a febbraio.

Supply chain collaboration, con la seconda edizione del percorso Missione Logistica che inizia a maggio.

Prosegue infine la collaborazione dell’Academy di GS1 Italy con il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Parma, ADM (Associazione della Distribuzione Moderna) e IBC (Associazione delle Industrie dei Beni di Consumo), per il “Master in Retail and Brand Management”, che si rivolge a chi dopo la laurea intende ricoprire ruoli di responsabilità nelle imprese distributive e industriali delle filiere dei beni di consumo. Confermato anche il master post-lauream “Master in Digital Supply Chain Management, Operations, Procurement and Logistics” sviluppato in collaborazione con il Politecnico di Milano e focalizzato sui temi della gestione della supply chain e degli acquisti.

Largo consumo, a trainare la spesa in Italia sono gli over 55

Oltre la metà delle famiglie italiane (51%) hanno il responsabile d’acquisti di oltre 55 anni e la loro spesa di beni di largo consumo è superiore alla media: sviluppano infatti il 54% del valore del largo consumo. Lo shopper over 55 spende di più del suo omologo più giovane (4.700 euro vs 3.900 la spesa per buyer) e predilige la qualità al prezzo (52% vs 41%). Sono alcune evidenze che emergono dalla ricerca “Gli shopper 55+ e la spesa FMCG” condotta sul consumer panel di YouGov, attivo nel mercato nelle indagini rivolte ai consumatori. I dati ricavati restituiscono un quadro di riferimento piuttosto omogeneo, in cui la casa (il 91% dei rispondenti si dichiara attento a pulizia e igiene) e la famiglia (l’88% è d’accordo nell’indicare il tempo in famiglia come l’attività preferita) rivestono un ruolo fondamentale. I consumatori over 55 sono in generale persone dinamiche, che fanno vita sociale e trascorrono parte del loro tempo fuori dalle mura domestiche (l’85% incontra gli amici, il 57% mangia fuori casa, il 47% pratica attività fisica o sportiva).

Nelle loro spese gli shopper over 55 sono più orientati alla qualità (che prevale sul prezzo come criterio di scelta per il 52%, mentre il 59% degli under 55 preferisce spendere meno), all’acquisto di prodotti italiani (se possono, comprano prodotti italiani l’81% a fronte del 70% dei più giovani) e di provenienza locale (73% vs 64%). Scelte meditate anche per il tempo a disposizione (solo il 24% dichiara di averne poco da dedicare alla spesa quotidiana, contro il 38% degli under 55), con frequenze di spesa maggiori, che si riflettono anche sulla sostenibilità: i cosiddetti eco-dismissers, che dichiarano poco o nessun interesse per l’ambiente, scendono al 18,8% dal 23% della fascia 36-55 anni (20,5% il dato degli under 35).

LA SEGMENTAZIONE
La segmentazione basata sulle attitudini, gli stili di vita e i comportamenti di acquisto ha individuato cinque categorie, tre più giovani e due più mature, che si caratterizzano per comportamenti e scelte di spesa diverse tra loro. Rientrano tra i gruppi più giovani “I nuovi 40” (che rappresentano l’11% delle famiglie), con la percentuale maggiore di occupati e la vita sociale più attiva, “Risparmio e cautela” (26%), attenti ai costi, “Mi prendo cura di me” (23%) focalizzati sul benessere. I pensionati si trovano quasi totalmente rappresentati negli altri due insiemi che hanno nipoti di cui si occupano: “Nonni spesa e cucina” (18%), shopper premium con una predilezione per gli acquisti, e “Vita da nonni” (22%) dallo stile più prudente.

Tra le analogie comuni a tutti e cinque i gruppi, l’atteggiamento nei confronti della spesa, giudicata divertente o non noiosa dalla maggioranza dei rispondenti nonostante una forbice importante tra il 73% dei “Nonni spesa e cucina” e il 60% de “I nuovi 40”, una diffusa attenzione ai prezzi e alle offerte (il 31% cerca gli sconti speciali, il 29% confronta sempre i prezzi) e una maggiore inclinazione alla pianificazione (il 37% scrive la lista della spesa, il 24% verifica regolarmente le offerte prima di fare la spesa) che prevale rispetto all’acquisto d’impulso: 8 shopper su 10 si informano utilizzando soprattutto il volantino (consultato dal 45%).

Tra le maggiori differenze, i “Nonni spesa e cucina” sono il gruppo che si contraddistingue per la maggiore spesa per acquirente (5.061 euro), oltre il 10% in più del segmento più parsimonioso (“Risparmio e cautela”, 4.410 euro). A indirizzare gli acquisti per la famiglia convivente sono: il maggiore orientamento ai prodotti golosi e innovativi per “I nuovi 40”, le promozioni e la convenienza per i segmenti “Risparmio e cautela” e “Vita da nonni”, la fedeltà alle marche per il gruppo “Mi prendo cura di me”. Mentre per Nonni spesa e cucina resta centrale l’origine degli ingredienti e il contenuto nutrizionale. Abitudini diverse anche nella scelta dei canali, con gli ipermercati sopra media nel segmento “I nuovi 40” e i discount scelti prevalentemente dal gruppo “Risparmio e cautela”.

IL SOSTEGNO AI PIÙ GIOVANI
Le maggiori diversità tra i cluster si ravvisano – anche per ragioni anagrafiche – nell’acquisto di prodotti FMCG per le famiglie dei figli adulti non conviventi e dei nipoti. Se il dato medio attesta al 42% gli over 55 che hanno acquistato prodotti FMCG per i nipoti e le rispettive famiglie, la percentuale si impenna all’88% nel gruppo “Nonni spesa e cucina” e all’87% in quello “Vita da nonni”. Molto più bassi i numeri delle famiglie (13%) che hanno sostenuto con la spesa quelle dei figli adulti non conviventi senza figli (sopra media “Mi prendo cura di me” con il 19% e “Risparmio e cautela” con il 18%).

Numeri che testimoniano l’incidenza economica e sociale degli shopper più maturi: le famiglie 55+ che acquistano prodotti FMCG per i nipoti lo fanno circa cinque volte al mese e quattro volte per i figli adulti non conviventi. Nella scelta, le caratteristiche che contano di più sono il gradimento da parte dei nipoti, l’assenza di additivi o conservanti, la provenienza (italiana) degli ingredienti; a seguire, viene prestata attenzione alla marca, agli ingredienti biologici, al sapore goloso, al contenuto nutrizionale. Molto meno importanti rispetto alla spesa per la famiglia convivente promozioni e prezzi contenuti. Tra le categorie più acquistate per i nipoti spiccano i biscotti e la pasticceria industriale, i succhi di frutta, lo yogurt e i dessert freschi, il cioccolato, i gelati confezionati mentre per i figli non conviventi le scelte ricadono sul fresco (formaggi, salumi, ecc.) la frutta e la verdura.

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