CLOSE
Home Tags Lattiero-caseario

Tag: lattiero-caseario

Acquisizione nel Regno Unito per Granarolo

Consolidare la propria presenza nel Regno Unito ed in particolare a Londra. È questa la ragione che ha spinto Granarolo ad acquisire il 100% di West Horsley Dairy Limited, azienda di distribuzione di prodotti lattiero caseari (latte, panna, formaggi, yogurt) e prodotti per la colazione. Fondata da Philip e Catherine Colton nel 1992, opera con 73 dipendenti, disponendo di una flotta di 43 veicoli refrigerati che si muovono in tutto il sud-est dell’Inghilterra raggiungendo circa 500 clienti – prevalentemente ristoranti, pub, hotel – e con una buona copertura distributiva nell’area di Londra.
Nel 2024 West Horsley Dairy Limited ha fatturato circa 16 milioni di sterline (oltre 18 milioni di euro al cambio attuale).

IL PRESIDIO DEL MERCATO OLTREMANICA
In Inghilterra Granarolo è presente con Granarolo UK Ltd ed è cresciuta nel febbraio 2018 grazie all’acquisizione del 100% del Gruppo Midland Food, distributore di prodotti alimentari freschi, ambient e surgelati nel Regno Unito. In UK, Granarolo rappresenta oggi il 12,8% del dairy italiano esportato (fonte: Clal data + Sell-in data, volume a.t. luglio 2025).
In particolare, la crescita a volume di Granarolo nel Regno Unito è stata del +8,6% vs anno precedente (fonte: Clal data + Sell-in data, volume a.t. luglio 2025). Per Granarolo le vendite all’estero nel 2025 rappresentano circa il 40% del totale. L’azienda si è attestata tra i principali player nell’export di prodotti dairy italiani nel mondo, arrivando a rappresentare il 9,1% del totale (fonte: Clal data + Sell-in data, volume a.t. luglio 2025).

FOCUS SU HORECA E FOODSERVICE
Nel piano strategico 2026-2029 l’internazionalizzazione e in particolare UK e Germania in Europa rappresentano paesi target. “Il consolidamento in UK è un tassello importante della politica di crescita del gruppo all’estero – dichiara Gianpiero Calzolari, Presidente di Granarolo –. Il progetto è quello di far crescere in modo significativo i volumi del totale dairy italiano in UK, avendo come focus i mercati dell’horeca e del food service di Londra nel quale West Horsley ha consolidato la propria presenza”.

PIÙ ITALIA NELL’OFFERTA DELLA SOCIETÀ TARGET
Puntiamo nel corso dell’anno ad integrare il portafoglio prodotti di West Horsley con la nostra vasta gamma di formaggi italiani freschi e stagionati – aggiunge Anthony Bosco, Chief Executive Officer di Granarolo UK – quali Mozzarella, Burrata, Stracciatella, Mascarpone, Parmigiano Reggiano Dop, Gorgonzola Dop e Pecorino Dop e altre specialità italiane”.
Siamo lieti di cedere West Horsley Dairy a un’azienda come Granarolo, che ha fatto della qualità dei propri prodotti un valore fondamentale – commentano Philip e Catherine Colton, fondatori dell’azienda –. Siamo certi che sarà una combinata perfetta e che massimizzerà il valore dell’offerta di West Horsley, con grande soddisfazione dei numerosi clienti che negli anni hanno riposto in noi la loro fiducia”.

L’IDENTIKIT DEL GRUPPO
Il Gruppo Granarolo conta 15 siti produttivi dislocati sul territorio nazionale, 2 siti produttivi in Francia, 3 in Brasile, 1 in Nuova Zelanda, 1 in Germania e 1 negli Stati Uniti. Rappresenta la più importante filiera italiana del latte direttamente partecipata da produttori associati in forma cooperativa. Riunisce infatti oltre 475 allevatori produttori di latte, un’organizzazione di raccolta della materia prima alla stalla con circa 100 autocisterne, 500 automezzi per la distribuzione, che movimentano 900 mila tonnellate/anno e servono quotidianamente circa 50.000 punti vendita presso i quali 20 milioni di famiglie italiane acquistano prodotti Granarolo.
La compagine societaria è così composta: Granlatte 63,14%, Fondo Nazionale Strategico 15,27%, Intesa Sanpaolo S.p.A. 14,95%, Enpaia 4,58%, Azioni Proprie 2,06%.

Filiera lattiero casearia, crescono l’export e la fiducia degli italiani

Numeri da record per la filiera lattiero casearia, con 7,1 miliardi di euro di valore realizzato dalla fase di allevamento e 21,8 miliardi di euro nella successiva trasformazione. Questa seconda fase ha fatto registrare un aumento del 9% nell’ultimo anno, confermando il primato in termini di fatturato nell’ambito dell’industria alimentare. A fare da traino sono le esportazioni: lo scorso anno ha visto un risultato straordinario – 5,4 miliardi euro di giro d’affari e 660 mila tonnellate inviate oltreconfine – e il primo semestre 2025 ha fatto registrare un +15,7% in valore e un +5% in volume.
L’Italia si posiziona al quinto posto tra i produttori di latte bovino in ambito UE, con oltre 13.000 tonnellate consegnate, 23.000 allevamenti e circa 1,7 milioni di vacche. Nel 2025 la produzione di latte è in calo (-0,6% nel periodo gennaio-luglio), a fronte di prezzi alla stalla mediamente in crescita (+15% nel periodo gennaio-agosto) sostenuti dalle quotazioni all’ingrosso dei principali formaggi della tradizione.

IN RECUPERO LA DOMANDA INTERNA
La spesa delle famiglie italiane per i prodotti lattiero caseari – che incide per circa il 14% sullo scontrino medio – fa segnare un deciso recupero nel corso del 2025, con una maggiore propensione da parte dei consumatori a riempire il carrello con formaggi freschi (+5,7% in volume nei primi sette mesi) e yogurt (+6%). All’opposto sempre meno latte fresco, complici dinamiche socio-demografiche e cambiamento di abitudini e preferenze.
Questo è il quadro delineato da Ismea, sulla base degli ultimi dati presentati in occasione di “Think Milk, Taste Europe, Be Smart”, la campagna di promozione di latte e derivati, promossa dal settore lattiero-caseario di Alleanza delle Cooperative Italiane, realizzata da Confcooperative con il cofinanziamento della Commissione europea.

IL PROCESSO DI AGGREGAZIONE AVANZA
Negli ultimi dieci anni, rileva Ismea, sono progressivamente scomparse le realtà di piccole dimensioni, a favore, però, di un progressivo percorso di aggregazione. Sebbene gli allevamenti di piccole dimensioni (<49 capi) siano attualmente circa la metà del totale nazionale, l’offerta è per lo più concentrata in aziende di medio-grandi dimensioni. Quelle grandissime con oltre 5.000 capi, pur rappresentando poco meno del 5% della numerosità totale, detengono circa 1/3 dei capi da latte.
Oggi, uno dei principali obiettivi su cui il comparto deve intervenire anche con strumenti politico-normativi – commenta Giovanni Guarneri, Presidente del Settore lattiero-caseario Confcooperative Fedagripesca (nella foto a sinistra) – è quello dell’aggregazione del sistema produttivo. Solo con una maggiore dimensionalità delle aziende è possibile, infatti, competere nei mercati internazionali. È già in atto un robusto consolidamento delle dimensioni, in virtù sia di processi di crescita che di fusioni fra cooperative e se teniamo conto che il 63% del giro d’affari cooperativo lattiero-caseario è sviluppato proprio dalle 25 imprese più dimensionate, è evidente come risulti fondamentale organizzarsi per fare sinergie ed economie di scala, per essere maggiormente reattivi di fronte a cambiamenti repentini e per accrescere il potere contrattuale sui mercati internazionali”.
Complessivamente, al sistema cooperativo fanno capo, attualmente, 17.000 stalle, 540 imprese di trasformazione e più di 13.000 lavoratori: la cooperazione è responsabile del 65% del latte raccolto in Italia nonché del 70% della produzione dei principali formaggi Dop.

I CRITERI DI ACQUISTO
Interessanti i risultati emersi dalla Consumer Survey condotta da Nomisma, sempre nell’ambito delle attività di monitoraggio del progetto “Think Milk, Taste Europe, Be Smart”. Il 98% della popolazione italiana consuma più o meno regolarmente latte, yogurt e formaggi.
Trai i criteri di acquisto dei prodotti lattiero-caseari e tra i desiderata, convenienza e sconti ricoprono un ruolo di rilievo, accompagnati però da qualità, filiera tracciata e certificazioni, delineando come il passaggio dal prezzo al valore del prodotto sia un percorso da consolidare in modo consapevole.

GLI ITALIANI SI FIDANO DEL MADE IN EU
Rispetto alle precedenti survey di monitoraggio, cresce la fiducia nel latte e nei prodotti lattiero-caseari Made in EU, arrivando quasi a 8 italiani su 10. Il dato è maggiore negli uomini, tra i più giovani e al salire di reddito e titolo di studio. Il 44% cerca fonti ufficiali a conferma delle informazioni sui prodotti alimentari trovate online, ma aumenta il gruppo di chi si informa tramite web e social media (28%). Nel complesso sale la quota di italiani che si informa (85%, +23punti percentuali rispetto al 2024).
Andando poi ad analizzare la conoscenza delle specifiche dei prodotti lattiero-caseari, emerge come oltre 6 su 10 italiani ne sono consapevoli, con una correlazione positiva tra chi si fida ma anche tra chi si informa, indice che la consapevolezza non può prescindere da una corretta informazione. Sulle fake news legate al mondo lattiero-caseario, 2 consumatori su 3 sono in grado di individuarle correttamente: l’eliminazione del lattosio appare un’informazione ancora poco conosciuta, ma in consolidamento, mentre su bevande vegetali e latte Uht permangono falsi miti ancora non del tutto sfatati.

LA PERCEZIONE DEL BENESSERE ANIMALE
L’indagine ha poi esplorato la percezione relativamente alla sostenibilità, con un focus sul comparto bovino da latte: un ambiente pulito e spazioso il concetto principalmente associato al benessere animale, tema su cui gli italiani cercano informazioni (ma sporadicamente) soprattutto su canali entertainment Tv e social. Infine, appare positiva – ma con spazi di miglioramento – l’attitudine futura all’informazione sui prodotti lattiero-caseari, con il 78% che si dichiara interessato ad avere maggiori informazioni sul latte e sulle sue proprietà nutrizionali.
La survey fa emergere chiaramente la connessione fra una corretta informazione su latte e formaggi e la fiducia dei consumatori – afferma Chiara Volpato, Head Of Technical Consulting di Nomisma – che deve necessariamente basarsi su un solido percorso di consapevolezza. Incrociando il profilo relativo all’informazione e la consapevolezza specifica, emerge infatti come gli italiani siano un popolo di fact checkers: oltre uno su due ha un approccio proattivo nell’informazione rispetto ai prodotti alimentari e una buona conoscenza delle specificità dei prodotti dairy”.

UNA CAMPAGNA PER SFATARE I FALSI MITI
Questa indagine – aggiunge Guarneri – ci restituisce un quadro positivo che attesta l’efficacia della campagna ‘Think Milk,Taste Europe, Be Smart’, nata più di quattro anni fa proprio con l’obiettivo di sfatare falsi miti e sensibilizzare i consumatori, ma soprattutto i giovani, nei confronti dei prodotti lattiero-caseari con un’immagine contemporanea e attraverso attività esperienziali, digital e corretta informazione. Oggi, ci approcciamo ad un consumatore informato e consapevole che cerca qualità, sicurezza alimentare, benessere animale, certificazioni e tracciabilità di filiera: ecco perché è importante lavorare di concerto con i diversi attori della filiera, con la distribuzione e con gli organi di stampa per continuare a promuovere un consumo consapevole guidato soprattutto dal valore intrinseco del prodotto stesso”.

Bergader Italia, Antje Müller De Leo nominata Amministratrice Delegata

Il suo intento è far crescere l’azienda, mettendo al centro le persone e l’innovazione, e Antje Müller De Leo – nominata Amministratrice Delegata di Bergader Italia lo scorso mese di marzo – ha le idee chiare su come riuscirci. Di origine tedesca, Müller De Leo da anni vive e lavora in Italia, dove ha costruito la sua carriera tra esperienze internazionali e una profonda conoscenza del mercato locale. La sua storia all’interno di Bergader inizia nel 2015 con un incarico temporaneo di sei mesi come Product Manager per l’Italia. Da quel momento il suo ruolo si è evoluto rapidamente: dal marketing alla gestione dei servizi interni, fino alla responsabilità del marketing internazionale e, infine, alla guida dell’azienda a livello internazionale. “Il futuro di Bergader si basa su tre pilastri fondamentali: strategia, persone e innovazione – afferma Antje Müller De Leo, Amministratrice Delegata di Bergader Italia –. La crescita commerciale arriva solo se fai crescere le persone. Il mio obiettivo è costruire un team forte, fornendo strumenti e competenze per avere una visione d’insieme dell’azienda. Non si tratta solo di numeri, ma di creare un ambiente in cui le persone possano svilupparsi e diventare protagoniste del futuro”.
Nel suo mandato triennale, Müller De Leo ha delineato tre direttrici strategiche per Bergader. La prima è la stabilità, costruendo una strategia di lungo termine capace di affrontare crisi e mutamenti di mercato. Il secondo obiettivo è la crescita delle persone, per formare leader consapevoli e autonomi: “Dobbiamo rendere capaci le persone che verranno dopo di noi” sostiene Müller De Leo. Infine, l’essere sempre attenti osservatori della contemporaneità, ma con la consapevolezza di chi ha le proprie radici nella tradizione: “Nel 2027 il nostro Blue Cheese compie 100 anni – continua Müller De Leo –. Il mio obiettivo è valorizzare questa storia senza renderla un peso, parlando ai giovani consumatori e rendendo il nostro prodotto rilevante per il futuro”. Un approccio che, secondo quanto dichiarato dall’azienda, è stato accolto con interesse dalla distribuzione: “All’inizio pensavo che i retailer italiani ci avrebbero snobbati perché siamo più piccoli rispetto ai grandi player – conclude Müller De Leo – ma ho trovato un mercato pronto al dialogo e aperto alla qualità”.

Provolone Valpadana DOP, crescono produzione ed export

Il Consorzio Tutela Provolone Valpadana manda in archivio il 2024 con dati in crescita sotto il profilo della produzione, delle vendite e delle esportazioni. Con un aumento della produzione del 5,8% rispetto al 2023, il Provolone Valpadana DOP si conferma tra i protagonisti del panorama caseario italiano. A giudizio del Consorzio, l’incremento è attribuibile all’impegno costante della filiera produttiva e all’adozione di tecnologie innovative che garantiscono standard qualitativi sempre più elevati.

Anche le vendite nazionali hanno mostrato un trend positivo con una crescita del 6% e ancora più rilevante è stato l’aumento delle esportazioni, che da gennaio a ottobre 2024 hanno registrato un +13,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La Spagna si conferma il principale mercato europeo per il Provolone Valpadana, mentre l’Australia si posiziona come primo mercato extra europeo, dimostrando una crescente passione per i prodotti italiani di alta qualità.

Questi dati si inseriscono in un contesto generale positivo per il settore lattiero-caseario italiano, che ha visto una crescita dell’export del 11% in valore nei primi sei mesi del 2024, come riportato da Ismea e dai dati dell’Ansa. In particolare, l’incremento delle esportazioni verso i paesi extra-UE ha contribuito a consolidare la leadership italiana nel mercato internazionale dei formaggi.

Il Consorzio di Tutela precisa che, con il supporto dell’Unione Europea e del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, continuerà a investire in iniziative di valorizzazione e promozione, rafforzando la presenza del Provolone Valpadana DOP sui mercati internazionali e sensibilizzando i consumatori sulla sua unicità e tradizione. “La qualità e la tradizione del Provolone Valpadana sono i pilastri del nostro successo. Continueremo a lavorare per garantire l’eccellenza del nostro prodotto e per promuoverlo in tutto il mondo – commenta Giovanni Guarneri, Presidente del Consorzio Tutela Provolone Valpadana –. La crescita produttiva è stata sostenuta dall’impegno della filiera nel coniugare l’innovazione tecnologica con il rispetto delle metodologie tradizionali, garantendo al consumatore un prodotto autentico e sicuro”.

Etichette alimentari: le informazioni sono importanti ma pochi le leggono

Che cosa significa Made in Italy? In quanti leggono le etichette con attenzione? Che cosa pensano della legalità nella filiera agroalimentare? Sono alcune delle domande poste dall’indagine sui bisogni informativi degli italiani condotta dall’Osservatorio permanente sulla Filiera del Latte costituito da Adoc, Cittadinanzattiva, Federconsumatori e Movimento Consumatori insieme al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e Granarolo.

Il quadro che ne esce è certamente di consumatori sensibili alle qualificazioni dei prodotti, come l’origine della materia prima, il luogo e lo stabilimento di produzione, è certamente pronto a difendere il Made in Italy, ma non sanno esattamente di che cosa si tratta. Anche se è pronto a spendere di più per un prodotto tutto italiano, si perde un po’ nella selva delle sigle dei prodotti a denominazione d’origine: l’Italia è il paese con il più alto numero di Dop e Igp, ma che cosa veramente vogliano dire queste sigle, gli italiani mica lo sanno bene.

« Emerge sicuramente la necessità di importanti sforzi per informare i consumatori sulla filiera produttiva italiana, la conoscenza degli aspetti nutrizionali e della sicurezza alimentare attraverso un lavoro congiunto di tutti,  in primis Istituzioni, mondo associativo e industria alimentare come peraltro negli obiettivi dell’Osservatorio che abbiamo costituito, ha affermato imprevidente di Granarolo Gianpiero Calzolari.

Ma vediamo la sintesi dei risultati.

Per quanto riguarda le etichette alimentari, il 95% del campione intervistato ritiene importante le etichette ma, di questo, solo il 18% le legge integralmente. Le informazioni su cui si concentra maggiormente l’attenzione sono soprattutto la data di scadenza (63%), gli ingredienti (50%), la loro provenienza (49%) e l’eventuale presenza di sostanze dannose alla salute (37%).

Tuttavia una percentuale importante, pari al 48%, considera le etichette poco chiare, troppo tecniche, scritte troppo in piccolo e spesso non le capisce.

Il 96% ritiene importante inoltre avere una filiera agroalimentare controllata.

La nota dolente riguarda, come detto, le denominazioni, perché se la quasi totalità (95%) degli intervistati è a conoscenza del significato di almeno una delle più comuni certificazioni europee indicate in materia di prodotti agroalimentari.(D.O.P., I.G.P., D.O.C., I.G.T., D.O.C.G.),  quando viene chiesto di specificarne meglio la differenza, gli intervistati entrano in difficoltà. L’unica sigla davvero chiara sembra essere la DOC del vino. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat, con 261 prodotti riconosciuti su 1.241 totali, l’Italia detiene il primato di paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine.

Nondimeno, l’84% degli intervistati è sfavorevole all’uso del latte in polvere per la produzione di formaggi, anche se una percentuale inferiore (il 64%) sa che in Italia è vietato usarlo. Al riguardo, secondo Calzolari « L’unico modo che l’Italia ha di contrastare le norme europee in merito alla polvere è una iniziativa per una nuova generazione di etichette, semplici, trasparenti e veritiere».

Nell’ambito più specifico dei prodotti lattiero caseari, 5 intervistati su 6 prestano attenzione alle informazioni contenute in etichetta: i consumatori sono interessati in primis alla data di scadenza con l’84%, seguita dall’indicazione del luogo d’origine delle materie prime (61%), dall’elenco degli ingredienti (57%) e dalle modalità di conservazione (52%).

Inoltre circa la metà degli intervistati ritiene importante ai fini dell’acquisto il luogo di trasformazione e confezionamento (45%).

Circa la metà dei consumatori (52%) dice di conoscere la differenza tra un latte standard e un latte di alta qualità e il 58% tra quello standard ed uno biologico.

Nessuno degli intervistati conosce il significato della dicitura “leggero/light” che a norma di Reg. CE n.1924/06 identifica un prodotto che contiene il 30% in meno di grassi rispetto al prodotto di riferimento.

Pochi conoscono (29%) il significato di “Yogurt Con” (aggiunta di altri prodotti), la percentuale più alta (38%) dichiara addirittura di non saper rispondere alla domanda.

Infine, solo metà dei consumatori intervistati conosce la differenza tra la data di scadenza e il termine minimo di conservazione cioè che superato tale termine si modificano alcune caratteristiche organolettiche e nutrizionali ma il prodotto può ancora essere consumato senza rischi.

Prodotto in Italia – Made in Italy –  dall’indagine emerge che una delle maggiori esigenze dei consumatori per un’etichetta trasparente e sicura è che i prodotti alimentari presentino l’indicazione della loro provenienza. Ma circa la metà degli intervistati non conosce il significato di “Prodotto in Italia” (trasformato in Italia e prodotto non necessariamente con materie prime italiane).

Una percentuale non trascurabile, infatti, pari al 31%, ritiene erroneamente che la dicitura si riferisca all’origine italiana delle materie prime.

Ma il 96% (quasi totalità) ritiene importante un prodotto realizzato con materie prime italiane. Il 73% dichiara di essere disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine e della provenienza italiana del prodotto nel momento dell’acquisto. Nonostante il periodo di difficoltà economica l’assicurazione di acquistare prodotti provenienti dal territorio italiano porta il consumatore a scegliere di spendere fino al 5% in più almeno per il 41% degli intervistati, tra il 5% e 20% in più per il 26%.

In materia di legalità della filiera agroalimentare, infine, per i consumatori i principali fattori che ne esprimono il concetto (con ancora un po’ di confusione) sono: l’indicazione dell’origine delle materie prime (95%), il rispetto degli standard di sicurezza alimentare (94%), il luogo di trasformazione (91%), l’aderenza a standard di rispetto e tutela dei lavoratori impiegati nella filiera (48%) e la presenza del marchio registrato (42%). Inoltre, il 38% ritiene abbastanza importante che come fattore di legalità il prodotto sia biologico.

L’84% degli intervistati ritiene poi che esista la contraffazione in ambito alimentare.

In caso di sospetto di cibo avariato i consumatori sanno a chi rivolgersi in Italia: 30% contatterebbe le Associazioni dei Consumatori; il 29% il nucleo Antisofisticazione e il 36% ASL di pertinenza. Mentre hanno una scarsa conoscenza delle Istituzioni Europee: il 27% conosce EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e il 16% Rasff  (Sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi).

Convegno Granarolo a Expo: nel dopo quote latte la cooperazione a difesa della qualità e della filiera

La fine delle quote latte pone tutto il settore lattiero caseario europeo, e in particolare quello italiano, di fronte a degli interrogativi che pesano sul futuro.

Se n’è parlato nel convegno promosso da Granarolo a Expo sul tema “Latte e Cooperazione”.

Lo scenario è infatti caratterizzato da una crescita del commercio agroalimentare mondiale nell’ultimo decennio del 220% in valore a 1.146 miliardi. All’interno dell’export agroalimentare, i prodotti lattiero-caseari hanno un’incidenza pari al 6%, utilizzando circa l’8% della produzione globale di latte con un trend in rapida crescita.

Nel giro di dieci anni, le importazioni lattiero-casearie a livello mondiale sono cresciute del 214%. Su un valore totale di circa 62 miliardi di euro, il 38% fa riferimento a formaggi mentre un altro 28% riguarda latte in polvere; il rimanente 34% si ripartisce principalmente tra latte (non in polvere), burro e siero.

Rabobank prevede che entro il 2020 il volume dei commerci mondiali dovranno crescere del 25% per soddisfare la domanda in crescita.

Nel caso dei formaggi, ad esempio, l’Unione Europea rappresenta il principale mercato al mondo, con livelli di consumi pro-capite tra i più elevati (17,5 kg/annui contro i 3 kg di media mondiale). Negli Stati Uniti il consumo pro-capite è pari a 15,4 kg/annui; in Russia e Brasile il dato è molto più basso e si attesta a rispettivamente a 6,1 kg/annui e 3,7 kg/annui.

La crescita della domanda, dominata nel mondo dai mercati emergenti, mentre nei paesi sviluppati si registrerà una crescita lenta, è però guidata da una volatilità dei prezzi al ribasso, in cui l’Europa è diventata più competitiva, ma non a sufficienza, avendo necessità di un consolidamento e un rafforzamento degli allevatori, oggi eccessivamente frammentati. «Per le aziende di piccole dimensionisarà difficile sopravvivere in un mondo eccessivamente volatile – afferma Kevin Bellamy, senior dairy analist di Robobank – ma in questo scenario possono rafforzarsi attraverso il modello della cooperazione. Anzi proprio la cooperazione continua a svilupparsi in Europa in varie direzioni».

rabobank

Le cooperative hanno un ruolo fondamentale nel soddisfare i bisogni alimentari mondiali. Il modello cooperativo caratterizza il mercato del latte in molti paesi del mondo ed in particolare in Europa dove ha giocato un ruolo chiave nello sviluppo della sicurezza e della qualità alimentare, modello di valorizzazione del territorio, della conoscenza, generatore di economia e lavoro. In sintesi, le cooperative agricole sono alla base dell’organizzazione agricola e della produzione alimentare. Dell’impertanza del rolo della cooperazione nella filiera del latte sono testimonianza non solo Granarolo, terza azienda alimentare italiana con oltre 1 miliardi di euro di fatturato, ma anche un colosso come l’olandese Friesland Campina, che opera in 32 Paesi con un fatturato di 11,3 miliardi di euro e più di 19 mila soci conferitori che possiedono la cooperativa e la francese Sodial con i suoi 14 mila cooperatori e un fatturato di 5 miliardi di euro.

«Crediamo che il modello cooperativo – sottolinea il presidente di Granarolo Giampiero Calzolari – rappresenti in Italia e in Europa, ancor più nel dopo quote latte, un modello che possa offrire tutela delle filiere agroalimentari nazionali grazie alla conoscenza dei territori e alla capacità di sostenere il sistema agroallevatoriale consentendo il rispetto e la valorizzazione della qualità della materia prima».

IMG_1902
Paolo De Castro

Anche perché il dopo quote latte si è rivelato una specie di disastro. «Dopo la fine dei sostegni europei al settore – aggiunge Paolo De Castro, Coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento Europeo, abbiamo assistito a un aumento medio del 5% della produzione. Lo stesso pacchetto latte votato dal parlamento avrebbe dovuto introdurre una programmazione produttiva dei formaggi e assicurare un’atterraggio morbido nella gestione della nuova situazione. Così non è stato. Ma è sufficiente la regolamentazione per sostenere la volatiloità dei prezzi?», si chiede De Castro. La risposta è che nel beve non ci saranno regole e questa lunga fase di prezzi bassi può portare alla chiusura di decine di migliaia di allevamenti. «Bisogna sostenere le aree più deboli altrimenti la pressione sui prezzi di quelle più competitive le faranno soccombere, intervendo sul livello organizzativo delle imprese. Nel breve, però non ci saranno regole».

Per le latterie del’Alto Adige il 2014 è stato positivo

Con la fine dell’epoca delle quote latte, il settore lattiero caseario cambia prospettive e la competizione sul mercato diventa un fattore cruciale per il mantenimento delle imprese: la produzione è prevista in crescita, premiando alcune zone di produzione e alcuni produttori a scapito di altri. E gli effetti, uniti alla crisi economica e all’embargo russo si sono già sentiti.

Il caso del comparto lattiero-caseario dell’Alto Adige è emblematico del nuovo scenario che si è aperto.

Nel corso del 2014 il fatturato del settore in Alto Adige è aumentato dell’1,3% a 451 milioni di euro con un prezzo pagato agli allevatori leggermente aumentato a 49,88 centesimi/kg (al netto dell’IVA).

Per Joachim Reinalter, presidente della Federazione Latterie Alto Adige, è chiaro che le latterie devono realizzare il loro fatturato operando sul mercato, ma, afferma, «La politica ha l’obbligo di sostenere il settore lattiero-caseario approntando le condizioni operative per contrastare una concorrenza sempre più agguerrita. Per consentire agli agricoltori di continuare a produrre c’è bisogno di prezzi che tutelino il settore agricolo. Nelle zone montane non è possibile produrre latte ai prezzi competitivi degli mercati mondiali».

Elemento di forza delle latterie altoatesine è, secondo Reinalter, l’uso di materie prime controllate appezzate dai consumatori. La Federazione Latterie Alto Adige è un organo di controllo indipendente che sorveglia l’intero ciclo dalla produzione del latte al prodotto finito pronto per il mercato. Nel 2014 il laboratorio della Federazione Latterie Alto Adige ha analizzato 3.000 campioni di latte crudo al giorno pari a un totale annuo di 5 milioni di analisi, controllato 16.000 prodotti lattiero-caseari e svolto circa 60.000 analisi.

Gran parte dei settori della produzione lattiero-casearia ha registrato uno sviluppo positivo. Con un aumento del 5,1%, in cima alla classifica vi è la produzione dello yogurt con 126 milioni di chilogrammi. Per Reinalter una notizia ulteriormente positiva se si considera che in Italia la produzione dello yogurt è calata del 2%. Sul mercato si affermano con successo anche le tante varietà di formaggio con un aumento della quantità del 4% per un totale di 20 milioni di chilogrammi. In particolare la quantità di formaggi freschi come il mascarpone e la ricotta è aumentata del 6%. Una nicchia interessante è quella del latte di capra che ha registrato una crescita del 33% arrivando a 0,8 milioni di chilogrammi trasformati in latte fresco, formaggio, yogurt e burro.

Alla Cooperativa Latte Arborea la Sardegna non basta

«Arborea non è il mulino bianco, ma è territorio, persone, prodotti». Con queste parole il direttore generale della cooperativa che affonda le sue radici nelle bonifiche delle paludi della piana di arborea attorno a Oristano negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, racconta dell’unicità di un’azienda che, negli anni, si è imposta come un player importante nel lattiero caseario dominato da grandi marchi: con un fatturato di 150,8 milioni di euro a livello nazionale è infatti la settima azienda e la quarta per contributo alla crescita. Unicità che è data dal fatto che tutto il latte lavorato è esclusivamente munto in Sardegna dai 246 allevatori aderenti alla cooperativa, ciò che significa garanzia sull’origine del latte, rigido controllo della filiera dalla coltivazione dei campi (8.000 ettari di superficie a foraggio) a tutte le fasi di allevamento, mugitura, produzione, logistica e legame con il territorio di origine.

Da sempre specializzata nella lavorazione del latte bovino, recentemente Arborea ha acquisito Fattorie Girau, specializzata nel settore ovicaprino con una gamma di prodotti che vanno dal latte di capre pastorizzato e UHT, yogurt, ricottine di capra e di pecora, grattugiati.

Schermata 2015-03-06 alle 00.04.40Sull’isola I i prodotti Arborea e Fattorie Girau sono presenti capillarmente sia presso la GDO sia presso il dettaglio tradizionale ed è leader di mercato, con quote a volume dell’82% per il latte fresco, 64,5% per il latte UHT, 37,3% per la mozzarella e 34,1% anche per il burro, infine con il 38,6% per la ricotta, 18,3% per lo stracchino e il 10,6 % per lo yogurt (Fonte: Nelsen). Sul mercato nazionale, la Cooperativa dispone di una piattaforma distributiva a Bologna e di reti di vendita indiretta.

« L’obiettivo della Cooperativa – precisa Luciano Negri, Direttore Commerciale e Marketing di Arborea – è il rafforzamento in Sardegna e la crescita in Penisola e all’estero.  In Sardegna, nonostante la distribuzione capillare e le quote di mercato di tutto rispetto, possiamo migliorare ancora la nostra presenza attraverso un maggiore presidio dei punti vendita col duplice scopo di avere un contatto più assiduo e collaborativo con i clienti ed effettuare un monitoraggio puntuale delle attività della concorrenza. In Penisola l’obiettivo rimane la presenza continuativa soprattutto nelle varie insegne della GDO del centro nord. In questo senso abbiamo visto crescere il rapporto commerciale con Coop, Conad, Bennet, Selex, Finiper, Esselunga, Auchan anche se ci manca ancora la presenza costante di referenze per noi fondamentali.

«Nei prossimi anni – precisa a sua volta Casula – vogliamo consolidare la nostra posizione, sia nel mercato regionale che in quello nazionale ed estero, puntando soprattutto sull’innovazione di prodotto e sullo sviluppo commerciale nei mercati esteri con particolare riferimento al continente asiatico. Per questo siamo impegnati in una costante attività di ricerca e sviluppo orientata al mercato dei cosiddetti ‘latti speciali’, che è attualmente l’unico a crescere, focalizzandoci sia nell’area delle intolleranze e della digeribilità, ma anche in quella del latte aromatizzato. L’attenzione verso la digeribilità e il benessere in senso più generale è un driver di crescita fondamentale per il latte, che deve rimanere un alimento essenziale per il benessere di tutti. Abbiamo già arricchito la proposta di prodotti delattosati. Non solo latte UHT, quindi, ma anche latte ESL, mozzarella nei diversi formati, ricotta, yogurt, recentemente il tradizionale formaggio Dolcesardo e, a seguire, svilupperemo anche mascarpone, panna, burro».

Schermata 2015-03-06 alle 00.02.00Tra le più recenti novità di prodotto Wey, la bevanda a base di siero di latte con purea di frutta e vitameine ACE e, prossimamente la linea di yogurt golosi al caffè, alla stracciatella e alla vaniglia.

Per guidare la crescita la Cooperativa Arborea guarda fuori dall’isola. È entrata nel novero delle aziende interessate a partecipare all’aumento di capitale della Centrale del latte di Firenze. «È un’operazione cui guardiamo con molta attenzione perché condividiamo lo stesso forte legame con i rispettivi territori, senza sovrapposizioni di tipo commerciale, e si potrebbero creare interessanti sinergie di sviluppo all’estero», conclude Casula.

Martina-Gdo: convergenza su promozione Dop e Igp e trasparenza su origine del latte

È soddisfatto il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina per l’esito dell’incontro di ieri con le principali sigle della Gdo che operano in Italia.

«La grande distribuzione – ha detto il Ministro Martina – può svolgere un ruolo ancora più determinante nel rilancio del comparto agroalimentare italiano e il Governo è impegnato per favorire questo processo. Sono soddisfatto in particolare per la convergenza sulla nostra proposta di dare un’informazione chiara e trasparente al consumatore in merito alla zona di mungitura del latte, evidenziando l’origine del prodotto e dando così uno strumento di maggiore competitività alle aziende. Anche sul fronte dei prodotti Dop e Igp iniziamo un lavoro di valorizzazione per aprire nuovi spazi e per promuovere meglio questi marchi di qualità riconosciuta. Sono convinto, poi, che la nostra Rete del lavoro agricolo di qualità potrà contribuire a dare un metro certo e riconosciuto dallo Stato per la certificazione etica delle aziende, sgravando da questo compito le imprese della distribuzione. C’è molto lavoro da fare su questi fronti, così come su quello dell’internazionalizzazione, ma ci sono anche le premesse per fare il salto di qualità necessario».

Durante l’incontro sono stati affrontati i principali temi relativi al mercato dei prodotti agroalimentari nazionali, all’organizzazione della filiera e alla distribuzione del valore all’interno della stessa.

Quattro i punti di lavoro presentati dal Ministro e condivisi da tutti i soggetti al tavolo. In particolare:

1) Operazione straordinaria di promozione dei prodotti di qualità Dop e Igp nazionali con azioni dedicate nei negozi della Distribuzione organizzata, abbinata a una campagna di educazione alimentare e di promozione verso i consumatori.

2) Investimento nella Rete del lavoro agricolo di qualità, la cui cabina di regia si è insediata ieri presso l’Inps, come strumento di contrasto al lavoro nero e per la certificazione etica dei produttori fornitori della Gdo in ottica di semplificazione.

3) Sostegno all’export con piattaforme logistico distributive all’estero per accrescere il mercato dei prodotti italiani a livello internazionale.

4) Maggiore coordinamento su alcune filiere a partire da quella lattiero casearia dove anche un intervento della distribuzione può contribuire nella gestione del delicato passaggio di fine del regime delle quote. In particolare c’è stata adesione alla proposta del Ministero di garantire al consumatore una maggiore trasparenza sull’origine del latte, attraverso un segno chiaro e omogeneo per l’indicazione della zona di mungitura in etichetta.

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare