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Unaitalia approva la risoluzione sulla timbratura obbligatoria delle uova in allevamento

Unaitalia, Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova, è stata audita oggi alla Camera dei deputati, in XIII Commissione Agricoltura, nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni Cassese, Caretta, Gastaldi e Nevi su iniziative in materia di marchiatura delle uova. A rappresentare la posizione delle imprese produttrici di uova aderenti a UnaItalia è stato Ruggero Moretti, presidente del Comitato Uova di Unaitalia, nonché neoeletto presidente di EEPA, European Egg Processors Association, insieme a Lara Sanfrancesco, Direttore generale di Unaitalia.

“Unaitalia accoglie con favore le risoluzioni della Commissione Agricoltura ed in particolare quelle a firma degli onorevoli Cassese e Gastaldi, in quanto la timbratura obbligatoria delle uova in allevamento rappresenta un elemento fondamentale per tutelare le produzioni nazionali, ma soprattutto per garantire che i consumatori possano avere informazioni chiare circa l’origine delle uova e le modalità di allevamento” ha spiegato Ruggero Moretti in Commissione Agricoltura. “L’introduzione di questa misura, come evidenziato dallo stesso Ministro Sen. Gian Marco Centinaio, a seguito di una nostra specifica richiesta, garantirà un ulteriore miglioramento della tracciabilità e della trasparenza del prodotto e più attente garanzie al mercato e ai consumatori. La timbratura all’origine tutela infatti gli allevatori italiani dal rischio di commistioni con prodotti analoghi che potrebbero non avere tutte le necessarie garanzie in materia di sicurezza alimentare e sull’origine e veridicità delle informazioni stampigliate sul guscio”.

La situazione oggi

Attualmente la timbratura delle uova da consumo avviene sempre nei centri di imballaggio dove possono confluire uova provenienti da siti produttivi differenti con diverse tipologie di allevamento. All’interno della Comunità europea non vi è poi l’obbligo di indicare sull’imballaggio l’origine delle uova, ed è attualmente ammessa una deroga alla marchiatura delle uova destinate alla lavorazione industriale, quando queste vengano consegnate direttamente dal sito di produzione all’industria alimentare.

“Abbiamo ribadito la necessità di abolire questa deroga alla timbratura, per evitare che dai centri imballaggio possano essere erroneamente marchiate e messe in circolazione uova destinate invece alla catena industriale” ha spiegato Ruggero Moretti “di introdurre l’obbligo di indicazione sugli imballaggi del Paese di origine affinché i consumatori possano essere messi in condizione di scegliere consapevolmente.  Siamo fiduciosi nella volontà di Parlamento e Governo di agire a tutela dei consumatori e della filiera made in Italy delle uova e accogliamo con favore la possibilità di favorire incentivi o sostegni per l’acquisto dei macchinari necessari alla stampigliatura in allevamento, si tratta di investimenti a sostegno degli allevatori italiani di cui i primi a beneficiare saranno i consumatori”.

Psd2, un nuovo regolamento sugli acquisti e le conseguenze per i retailer

Psd2, chi è costei? Pochi la conoscono ma la direttiva Ue 2015/2366 sui servizi di pagamento nel mercato interno, ben più nota come Psd2 (acronimo di Payment Services Directive) potrebbe avere profinde influenze sui comportamenti d’acquisto del consumatori europei, on e offline. Contiene infatti una serie di norme che hanno l’intento di “offrire ai consumatori una scelta più ampia e migliore nel mercato dei pagamenti al dettaglio dell’Ue, e allo stesso tempo introduce standard di sicurezza più elevati per i pagamenti online”.

In questa intrevista Mark Nelsen, Senior Vice President, Risk Products di Visa, spiega quali sono le conseguenze per retaile e consumatori. A cominciare da una maggiore richiesta di password per gli acquisti online che porterà, secondo Nelson, a una progressiva e capillare adozione dei riconosicmenti biometrici.

Lo scopo di PSD2 si estende ai servizi di pagamento innovativi e ai nuovi fornitori sul mercato. Se la PSD2 è divenuta applicabile a partire dal 13 gennaio 2018, le misure di sicurezza delineate nell’RTS (le norme tecniche di regolamentazione) saranno applicabili dal settembre 2019, ovvero 18 mesi dopo la data di entrata in vigore.

Un’altra conseguenza della legislazione riguarda l’apertura verso forme innovative di pagamento e servizi finanziari offerti dai fornitori di servizi di pagamento di terzi, che possono essere prestatori di servizi di pagamento che avviano pagamenti per conto dei clienti e garantiscono ai rivenditori che il denaro è in arrivo, e aggregatori e fornitori di servizi di informazioni sul conto, che offrono una panoramica dei conti e dei saldi disponibili ai loro clienti. Le consgeuenze nelle “transazioni di tutti i giorni” ce le spiega ancora Nelsen nella seconda parte dell’intervista.

L’intera intervista in inglese è disponibile nel canale YouTube di Instore.

Orari d’apertura: per la Consulta illegittime le limitazioni all’attività commerciale

Un punto a segno per le aziende della Gdo nel lungo braccio di ferro pro e contro le aperture prolungate e nelle giornate festive è stato messo a punto dalla sentenza della Corte Costituzionale, che con sentenza n. 239/2016 ha decretato l’incostituzionalità delle norme restrittive stabilite lo scorso aprile da una legge della Regione Puglia.

Tale legge, la n. 24 (Codice del Commercio) prevedeva alcuni ostacoli allo sviluppo del commercio: dai limiti nell’orario di apertura dei negozi, al divieto di vendita di particolari merceologie o settori merceologici se per “programmi di valorizzazione commerciale”, stabilendo la necessità di apposite autorizzazioni espresse o di controlli ex-ante all’esercizio di attività commerciali da parte del Comune. In sintesi, sui primi due punti la Corte ristabilisce il principio secondo cui “alle Regioni non è consentito dettare disposizioni di carattere limitativo o discriminatorio fra operatori, sia in ragione del fatto che la materia è di stretta e necessaria competenza statale, sia perché una disciplina di questo segno produce restrizioni alla libera concorrenza che operano in danno al sistema economico”.  Sul terzo punto rifacendosi ai principi di liberalizzazione indicati dal d.l. n. 201 del 2011 (Salva Italia), stabilisce “la libertà di apertura, accesso, organizzazione e svolgimento delle attività economiche, abolendo le autorizzazioni espresse e i controlli ex ante, con la sola esclusione degli atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, posti a tutela di specifici interessi pubblici costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento dell’Unione europea, secondo quanto stabilito dalla Direttiva n. 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, e comunque nel rispetto del principio di proporzionalità”.

Scontata la soddisfazione è stata espressa da Federdistribuzione.

“La sentenza della Corte Costituzionale rappresenta l’ennesima conferma che l’impianto di liberalizzazione delle attività economiche costituito dalle leggi Salva Italia e Cresci Italia non può essere modificato da norme regionali, in quanto attinente alla materia di tutela della concorrenza, ambito di competenza esclusivamente statale“ ha dichiarato Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione.

“Dopo questa sentenza, così ampia per argomenti trattati e così uniforme e coerente nei suoi giudizi, siamo sempre più convinti che farsi portavoce di istanze che tutelino la libertà dell’imprenditore nel gestire la propria attività sia il modo migliore per contribuire a disegnare un commercio sempre più moderno e capace di rispondere alle nuove esigenze dei cittadini e alle sfide che l’e-commerce propone” conclude Cobolli Gigli.

 

 

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