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Coop Alleanza 3.0, nel 2023 vendute oltre 5.000 tonnellate di pesce

È il salmone, in filetti o tranci, il pesce più venduto nel 2023 nei negozi di Coop Alleanza 3.0. Seguono l’orata e il pesce spada mentre vongole e polpi chiudono la classifica. Sono oltre 5.200 le tonnellate di pesce venduto nel 2023, per un giro d’affari complessivo di quasi 90 milioni di euro. Rispetto al 2022, nel 2023 è cresciuto il consumo di crostacei che vede un giro d’affari di affari di oltre 2 milioni di euro e quello del confezionato in punto vendita che sale a oltre 3,5 milioni di euro. Cala invece il consumo di pesce intero o eviscerato che si attesta poco sotto i 18 milioni di ero di vendite del 2022. Anche nel comparto ittico, il prodotto a marchio Coop è tra i più venduti, a riprova dell’affidabilità e della qualità espressa dalle linee Fior Fiore, Origine e Vivi Verde.

Se si guarda alla distribuzione geografica del consumo di pesce, si può notare come esso sia naturalmente preferito nelle aree costiere. Nella zona della Romagna sono state vendute oltre 385 tonnellate (di cui 40 di prodotto a marchio) mentre a Bologna si sfiorano le 80 (14 di prodotto a marchio). In Puglia le tonnellate salgono a 328 (30 di prodotto a marchio) e quasi 100 nella zona costiera tra Veneto e Friuli (20 di prodotto a marchio). A Bologna è la coda di mazzancolla a regnare sulle tavole, seguita da pesce spada, misto fritto e l’immancabile salmone. Primo prodotto a marchio in città resta l’orata Coop Origine. Ad Ancona, dopo il salmone, sono orata e alici le preferite. A Bari primeggia l’orata seguite da cozze e seppie mentre a Brindisi si affianca all’orata il salmone e il pesce spada. A Taranto torna sulle tavole la seppia mentre a Rimini si cucinano più spesso mazzancolle e vongole insieme al salmone. A Trieste tra i primi 5 prodotti venduti compare il branzino mentre a Venezia i gamberi.

Tra i prodotti a marchio, si segnala in crescita la linea ViviVerde lanciata nel 2009, che concretizza la visione di Coop sulla relazione sinergica tra tutela dell’ambiente e benessere delle persone. L’offerta dell’ittico Vivi Verde oggi comprende: orata, branzino, vongole veraci, cozze ed è in arrivo una novità bio: il salmone fresco Vivi Verde. Inoltre, a marchio ViviVerde è prodotta la vongola Lupino biologica, allevata e raccolta in prossimità dell’area marina dell’Alto Adriatico, proprio di fronte alla fascia costiera del Litorale della Brussa, appartenente all’Oasi Naturalistica di Vallevecchia, a Caorle, riconosciuta dalla Comunità Europea come Zona di Protezione Speciale e Sito di Importanza Comunitaria, oltre ad essere certificata come area di produzione biologica. Infatti è proprio qui che, a poche centinaia di metri dalla costa, sui fondi sabbiosi, vivono i riproduttori e vengono gestite le attività di nursery, secondo i normali tempi di accrescimento. Una volta raggiunta l’età adulta i molluschi vengono raccolti dai pescherecci, che praticano la pesca sostenibile, nel rigoroso rispetto dell’ecosistema del mare. Le Vongole Lupino biologiche ViviVerde sono un prodotto autoctono, 100% italiano, di eccellente qualità riconosciuta come proveniente da un’innovativa attività di molluschicultura da fondo, una maricoltura praticata in mare aperto, dove le acque e gli stessi molluschi che le popolano sono sotto il costante controllo degli organi di vigilanza competenti.

Il marchio Msc per la pesca sostenibile arriva nei prodotti Consilia

Il marchio blu MSC arriva su tonno, salmone e merluzzo Consilia, private label del Gruppo SUN, Supermercati Uniti Nazionali, a certificare la sostenibilità della pesca, contribuendo alla salvaguardia del patrimonio ittico per le generazioni che verranno.

Soddisfazione per il Consorzio SUN per aver scelto prodotti ittici provenienti da attività di pesca certificate secondo lo standard MSC per una pesca ben gestita e sostenibile.

“Da sempre il nostro operato si fonda sulla soddisfazione delle esigenze dei nostri consumatori – commenta Stefano Rango direttore del Gruppo Sun -. Ma senza per questo dimenticare di tutelare l’ambiente in cui viviamo e soprattutto preservarlo per le generazioni future”.

Provenienza, ambiente e convenienza leve d’acquisto per il pesce nella Gdo

Come si acquista il pesce al supermercato, per quali motivo si sceglie una tipologia piuttosto che un’altra? Se ne è parlato, insieme a questioni come distribuzione e informazione del consumatore, a una tavola rotonda ad AquaFarm, la manifestazione di riferimento in Europa meridionale e sud-orientale e nel Mediterraneo per l’acquacoltura e l’industria della pesca, le vertical farm, le colture fuori suolo e le alghe. Organizzata in collaborazione con l’Associazione piscicoltori Api e con la Skretting, società leader nella produzione di mangimi, e moderata da Carlo Alberto Pratesi, docente di Sostenibilità innovazione e marketing dell’Università Roma Tre, ha messo a confronto rappresentanti della Gdo come Luca Colella di Auchan Retail Italia e Armando La Marca di Metro Italia Cash and Carry e allevatori sul tema dello sviluppo delle politiche di acquisto e sulla gestione degli aspetti correlati alla sostenibilità.

 

Localismo, certificazione Dop, Gdo le tendenze

Il dibattito, preceduto da un sondaggio che ha evidenziato come i principali aspetti da considerare per l’acquisto del pesce da parte degli italiani siano la provenienza italiana, il rispetto dell’ambiente e la convenienza, ha visto un’attiva partecipazione del pubblico presente, dotato di un cartoncino per esprimere il proprio parere in merito all’andamento della discussione, e che ha anche risposto a domande dirette del moderatore e del panel. In particolare è emersa l’importanza del localismo, cioè la produzione nei luoghi in cui ci sono le condizioni ideali, criterio questo che sembra aver soppiantato il mito del chilometro zero. Si è anche sottolineata l’importanza di un nuovo schema di certificazione sia come attuazione di una denominazione di origine sia ai fini di rendere oggettiva la descrizione qualitativa del prodotto al consumatore. Infine è stata sottolineato il ruolo di influencer delle scelte del consumatore sostenuto dalla grande distribuzione.

Sono emersi anche fattori critici da parte della stessa Gdo, che secondo molti allevatori ora sta iniziando a chiedere a questi ultimi prodotti «distintivi» per agevolare le scelte del consumatore più esigente, scelta questa che contraddice la spinta ai processi di standardizzazione ai quali gli allevatori sono stati chiamati fino ad ora. E soprattutto gli allevatori si chiedano se e come la Gdo intenda remunerare gli sforzi degli allevatori per accontentarli.

Pesce, cresce il consumo ma il futuro è l’acquacultura, una fiera a febbraio

Sano, buono, parte della tradizione mediterranea: piace il pesce agli italiani, sempre di più: ne consumano secondo la Fao quasi 26 chilogrammi annui a persona, in crescita del 2% tra il 2015 ed il 2016. Siamo dunque ampiamente sopra la media mondiale di 20,3 chilogrammi, e anche di quella europea (UE28) di 22,5. E la crescita è ormai più che triennale, dopo la flessione corrispondente agli anni peggiori della crisi.

 

AquaFarm, a Pordenone la fiera dell’acquacultura

Cresce insomma il consumo, ma aumenta la dipendenza dalle importazioni. Il WWF calcola il momento in cui ogni ogni anno un Paese europeo smette di essere autosufficiente per i propri consumi ittici. Nel 2017 il gong ha suonato il 1 aprile, nel 2016 lo aveva fatto tre giorni più tardi. Nel complesso la UE28 ha esaurito la produzione interna il 6 luglio (il 13 luglio un anno prima). La produzione da pesca continua a scendere nel Vecchio Continente, con le diverse specie di tonno e le sardine che crollano a due cifre. L’unica alternativa sostenibile e possibile sembra dunque ormai essere l’acquacoltura, un settore che cresce, anche se per ora non riesce a compensare. In Italia (dati Confagricoltura) il settore incrementa il numero di aziende, che sono ormai 3007, il 2,7% in più rispetto al 2016. Ma la produzione si è stabilizzata negli ultimi due anni tra le 140mila e le 150mila tonnellate, e all’inizio degli anni Duemila era molto più alta.

Se ne parlerà diffusamente ad AquaFarm, unico appuntamento di riferimento per la filiera. In cui si discuterà anche delle frontiere più avanzate del vertical farming, dell’algacultura e della pesca sostenibile. La seconda edizione si terrà il 15 e 16 febbraio alla Fiera di Pordenone: appuntamento importante per conoscere le tendenze del settore, le ricerche più innovative e le politiche attive per un comparto strategico.

Ci sarebbe quindi spazio per diminuire la dipendenza dall’estero, almeno per le specie allevabili nelle nostre acque. La chiave per una crescita decisa sta nella domanda interna, che per i prodotti da acquacoltura nazionale ha sempre avuto un andamento erratico. Ci hanno guadagnato le importazioni da Paesi dove l’allevamento di specie ittiche non è sottoposto agli stessi controlli vigenti da noi, ma che costano decisamente meno all’importatore (ma non sempre al cittadino).

La filiera nazionale è pronta però alla sfida, e ha scelto anche quest’anno AquaFarm come suo appuntamento di riferimento. La manifestazione è organizzata con le partnership, rinnovate ed estese, di API (Associazione Piscicoltori Italiani) e AMA (Associazione Mediterranea Acquacoltori). Maggiori dettagli e il programma delle conferenze sono disponibili su www.aquafarm.show.

Cambiano i tempi ma il tonno in scatola tiene nei consumi: +2%

Il tonno in scatola continua a correre, e a piacere agli Italiani. Secondo i dati resi noti dall’Ancit, l’Associazione nazionale conservieri ittici e delle tonnare che associa 21 aziende in rappresentanza di un settore che dà lavoro a 1.550 persone, nel 2016 ha registrato una crescita dei consumi del 2%, confermandosi uno dei comparti trainanti dell’alimentare made in Italy. Il valore del settore lo scorso anno è stato di 1,2 miliardi di euro (mentre il fatturato totale del comparto conserviero ittico, che comprende anche sgombri, sardine, salmone, acciughe e altro è di 1,55 miliardi) con una crescita del 3% rispetto al 2015. Gli Italiani consumano ogni anno 150mila tonnellate, pari a 2,4 kg pro capite, con una crescita del 2% rispetto all’anno scorso, più o meno il doppio rispetto alla produzione nazionale, che si è attestata nel 2016 a 74mila tonnellate, con un aumento del 9%. L’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Spagna. Le esportazioni hanno toccato quota 23.531 tonnellate (+4%), le importazioni 89.491 tonnellate (+4,2%).

 

Consumato da 9 italiani su 10

Dati tutti positivi che confermano l’attenzione per un prodotto che ha nella leggerezza, nella praticità, nell’economicità, nella salubrità i suoi skill principali. Lo dimostra anche un’indagine commissionata dall’Ancit alla Doxa, che fotografa il rapporto che gli italiani hanno con il tonno in scatola. Il 94% consuma abitualmente questo alimento, e il 43% lo mangia addirittura almeno una volta a settimana. Interessante scoprire come il tonno sia particolarmente amato da alcune tipologie di persone: gli “under 25”, le famiglie con bambine e ancora di più gli sportivi, che lo inseriscono tra i cinque alimenti irrinunciabili nella loro dieta assieme a carni bianche, legumi, yogurt e bresaola. Merito delle proteine nobili, degli Omega3, dello scarso apporto calorico.

Il tonno appare anche vincente grazie alla sua versatilità. Può essere consumato da solo o in molti modi diversi. Da questo punto di vista gli italiani sembrano preferirlo con gli spaghetti, in un sugo semplice e leggero, oppure come ingrediente di insalate di riso e di pasta, soprattutto nella bella stagione. Gli abbinamenti prediletti sono con il pomodoro (31%), con la pasta (27%), con il riso (16%), con le uova (9%), con i peperoni (4%) e con i carciofi (3%). Il tonno entra anche nelle nostre “schiscette” come ingrediente del piatto più gettonato per la pausa pranzo “homemade”, l’insalata di riso con tonno e pomodori, scelto dal 40% del campione. Segue l’intramontabile panino (o tramezzino) con tonno e pomodoro, che viene mangiato dal 35% degli intervistati. Piatti che sono amati perché considerati una pausa pranzo leggera e nutriente, da qualcuno perfino un “superfood” all’italiana grazie alla combinazione delle proteine nobili del tonno e degli antiossidanti contenuti nel pomodoro.

Rio Mare lancia il Tonno Linea Bio certificato MSC

Si allarga la consapevolezza della fragilità dei mari e della necessitò di una pesca sostenibile presso le grandi aziende con l’allargamento a un sempre maggior numero di referenze, rendendo così al consumatore la possibilità di scegliere anche sugli scaffali della Gdo: arriva anche in Italia il Tonno Rio Mare Linea BIO proveniente da pesca sostenibile certificata MSC (Marine Stewardship Council).

Realizzato con tonno Pinna Gialla e olio extra vergine di oliva proveniente da agricoltura biologica – in cui sono utilizzate solo sostanze naturali, senza concimi, diserbanti o insetticidi – il nuovo Tonno Rio Mare Linea BIO è certificato MSC, la più autorevole certificazione di pesca sostenibile. La quale deve seguire tre criteri fondamentali: deve lasciare in mare abbastanza pesci per far si che possano riprodursi e l’attività di pesca possa così proseguire nel tempo, deve essere effettuata in modo da minimizzare il suo impatto, consentendo a piante e animali sottomarini di prosperare e deve essere gestita dalle aziende in modo responsabile e nel rispetto delle leggi vigenti.

«Il lancio in Italia della prima referenza di tonno Rio Mare certificata MSC è per noi un grande traguardo e un passo importante del nostro percorso verso per una pesca sostenibile. Un percorso iniziato nel 2009 con la nascita di ISSF (International Seafood Sustainability Foundation), di cui siamo membri fondatori e che è ad oggi la più importante organizzazione no profit internazionale per la sostenibilità della pesca del tonno, che riunisce i più autorevoli scienziati, ONG e WWF International – dichiara Luciano Pirovano, Direttore CSR di Bolton Alimentari – ISSF è impegnata a garantire attraverso un approccio scientifico la sostenibilità a lungo termine degli stock di tonno, la riduzione della pesca accidentale e la salute dell’ecosistema marino, con il fine ultimo di avere negli anni a venire tutte le fishery in grado di rispettare gli standard fissati dalla certificazione MSC. Come Rio Mare siamo convinti quindi, in accordo con la mission di ISSF, che MSC sia il miglior standard esistente per la sostenibilità degli stock di tonno, per questo supportiamo la certificazione MSC e lavoriamo con i nostri fornitori per lo sviluppo di Fishery Improvement Project (FIP) credibili e volti all’ottenimento della certificazione, e per avere sempre più aree di pesca e prodotti certificati MSC. Anche WWF, nella sue linee guida per l’approvvigionamento del tonno, suggerisce di privilegiare nella scelta degli approvvigionamenti tonno certificato MSC».

Per Rio Mare la sostenibilità della pesca e la tutela dell’ecosistema marino sono parte integrante della strategia aziendale, un approccio che è stato tradotto in filosofia di business nel 2011 con la nascita del progetto di Corporate Social Responsibility Qualità Responsabile, che prevede anche attività e iniziative nell’area della sostenibilità della pesca, della tutela dell’ambiente, del rispetto delle persone e nella promozione dei principi di una corretta alimentazione, per migliorare la vita del singolo e il benessere della società.

Rio Mare ha pubblicato il suo secondo Report di sostenibilità, consultabile al link www.qualitaresponsabile.it

 

Pesce d’allevamento, il grande assente alla ricca mensa del biologico

Problema: il biologico avanza ovunque da anni (con un +21% nel 2016), ma fatica a decollare per quanto riguarda il pesce. Altro problema, ben più grave: la pesca intensiva ha impoverito i nostri mari a tal punto da mettere a serio rischio la stessa esistenza della gran parte di specie marine. Eppure la soluzione è proprio lì, nel pesce d’allevamento biologico. Spigole e orate da allevamenti biologici stentano purtroppo ad affermarsi sia sul fronte dell’interesse dei produttori sia su quello del gradimento dei consumatori.

Ha cercato di porre rimedio a questo stato di cose e cambiare il polso del mercato il CREAConsiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria con il suo Centro di Zootecnia e Acquacoltura, con il progetto chiamato con il nome del mitico pescatore a cartoni, Sampei II, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca sulla Crescita Economica Sostenibile del CNR.

Il progetto, durato 36 mesi e finanziato dal Mipaaf,  ha inteso favorire l’adozione di modelli produttivi sostenibili in acquacoltura, a cominciare da quello biologico, nonché incentivare i consumi nella ristorazione collettiva pubblica. 

Più nutriente rispetto all’intensivo

Sul versante della produzione, SANPEI 2 ha affrontato e studiato per la prima volta una possibile futura fonte sostenibile di giovanili per avviare le produzioni biologiche locali, mediante la creazione di parchi riproduttori provenienti dalle numerosissime aree lagunari presenti sul territorio italiano. Infatti, sono stati prelevati dai laghi costieri del Parco Nazionale del Circeo giovanili selvatici di specie marine di interesse commerciale per creare un parco riproduttori biologico e poi sono stati verificati gli effetti sulla qualità del prodotto, dopo un periodo di allevamento sperimentale in regime biologico. Le analisi svolte hanno evidenziato come i giovanili selvatici di orata, provenienti da ambienti lagunari di alto valore ecologico, rispetto a quelli provenienti dagli allevamenti intensivi, presentino una qualità nutrizionale migliore in termini di valori più elevati di acidi grassi omega-3 come nel rapporto omega-3/omega-6 oltre che di alcuni macro e micro-elementi (sodio e magnesio, rame e ferro).

Inoltre, in collaborazione con le associazioni di categoria del settore, è stato messo a punto e distribuito un questionario destinato alle imprese associate, volto ad inquadrare le problematiche che impediscono lo sviluppo dell’acquacoltura biologica in Italia, come ad esempio i costi di produzione e di certificazione, i mangimi poco performanti e la ancora scarsa domanda del mercato.

Per quanto riguarda il consumo, invece, SANPEI II ha effettuato un’analisi della filiera, dai produttori alle mense scolastiche e universitarie, in comuni metropolitani e costieri, sia valutando i costi di approvvigionamento, distribuzione e preparazione, sia verificando la fattibilità tecnica, logistica e organizzativa. I risultati mostrano che è fattibile e conveniente introdurre pesce fresco di allevamento invece di prodotto surgelato della pesca di specie intensamente sfruttate.

Infine, un’indagine effettuata su 1.176 studenti, fruitori delle mense universitarie della Sapienza di Roma e del Politecnico di Torino, ha rivelato che il 20% del campione non prende mai pesce in mensa perché lo reputa di cattiva qualità, ma il 60% (il 27% tra quelli che non lo prendono mai) sarebbe disponibile a pagare di più per avere pesce di maggiore qualità. Un dato interessante, anche perché parliamo di studenti con mediamente disponibilità finanziarie si suppone non altissime. Sul campione, inoltre, è stato sperimentato con un buon gradimento il pesce intero al cartoccio (spigola a Roma e trota a Torino), una preparazione che permette di risparmiare i costi della lavorazione in filetti, per reinvestire sulla qualità del prodotto scelto. Sul fronte dei consumatori più piccoli, gli studi svolti hanno rilevato che, senza interventi educativi specifici, anche l’introduzione di nuove ricette a base di pesce non ne aumenta il consumo.

Secondo il Crea,  il pesce sarebbe tra gli alimenti più “difficili” per i bambini e un’educazione alimentare efficace va ripensata concentrandosi non tanto sul singolo alimento, ma su

Per promuovere il consumo di pesce sostenibile nelle mense scolastiche e anche un approccio “etico” all’alimentazione, dove la qualità delle relazioni intorno al cibo (con se stessi, gli altri e l’ambiente) conta più della qualità degli alimenti, il Crea ha prodotto nell’ambito del progetto uno spettacolo teatrale “A tavola! Relazioni biologiche” da mostrare agli studenti.

Carrefour e Msc, parte la campagna “Peschiamoci Chiaro” sulla pesca sostenibile

Durerà dal  13 ottobre al 4 novembre su Facebook e Twitter la campagna di Carrefour Italia, MSC Pesca Sostenibile e i suoi partner dedicata alla tracciabilità e alla sostenibilità della pesca. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i consumatori attraverso un video creativo che spiega agli utenti cos’è la tracciabilità e cosa vuol dire scegliere prodotti sostenibili che garantiscano mari in salute e al tempo stesso contribuiscano a tutelare l’attività della pesca per le generazioni future.
La collaborazione tra MSC Pesca Sostenibile e Carrefour Italia è attiva dal 2015 (leggi anche Carrefour Italia collabora con MSC per offrire prodotti ittici da pesca sostenibile) e crea un sistema virtuoso che spinge i propri fornitori a certificarsi ed approvvigionarsi di materie prime certificate MSC. Grazie a questa partnership, oggi Carrefour offre ai propri consumatori oltre 12 prodotti realizzati con materie prime certificate sostenibili secondo i più alti standard riconosciuti a livello mondiale come i più credibili e completi per la pesca sostenibile.

https://youtu.be/p6f5vJArIS0

La campagna social #peschiamocichiaro è stata realizzata dalla coppia creativa Melania Angeloro e Giacomo Pellizzari ispirandosi alla campagna Tracciabilità realizzata dall’headquarter di MSC. Il video è stato ideato e prodotto dall’agenzia anglossasone Nice and Serious.

 

Un marchio per comunicare la sostenibilità

Nonostante sia partito l’obbligo di indicazione dell’origine del pesce venduto e che la mggior parte dei consuamtori sia disposto a pagare di più per un prodotto derivato da pesca sostenibile, c’è ancora molta confusione (leggi Greenpeace: il 77% dei consumatori disposti a pagare di più il pesce sostenibile). Il marchio blu MSC intende appunto aiutare i consumatori ad effettuare un acquisto sostenibile in modo semplice, senza preoccuparsi di dover valutare all’atto di acquisto alcuni elementi fondamentali per la sostenibilità, ma che talvolta sono complessi per chi non ha conoscenze specifiche. Area di pesca FAO, attrezzo di pesca, taglia minima, pesca illegale, catture accessorie sono solo alcuni degli aspetti coperti dal programma MSC Pesca Sostenibile. Inoltre, in tal modo i consumatori contribuiranno, con i loro acquisti, alla salute dei nostri mari.

«È nostro compito sensibilizzare i consumatori indirizzandoli verso acquisti sempre più sostenibili. La salute degli oceani dipende da tutti noi, da ogni nostro comportamento e decisione d’acquisto. Con l’adesione alla campagna social #peschiamocichiaro vogliamo trasmettere ai nostri clienti il valore aggiunto della sostenibilità ittica e far capire loro che la salute dei mari dipende anche da ogni loro gesto quotidiano, inclusa la spesa» dichiara Flavia Mare, responsabile Qualità e CSR manager Carrefour Italia.

«La tracciabilità è un aspetto fondamentale nel Programma MSC. Infatti tutti i prodotti con il marchio blu sono tracciabili dal mare al piatto e sono sottoposti al DNA test che garantisce l’attendibilità tra specie dichiarata e offerta. Gli ultimi test hanno rilevato che il 99,6% del pescato con il marchio blu è etichettato correttamente rispetto a una media del 30% che è descritto o etichettato in maniera non corretta» spiega Francesca Oppia, direttore generale di MSC Pesca Sostenibile.

Greenpeace: il 77% dei consumatori disposti a pagare di più il pesce sostenibile

Quasi otto italiani su 10 sono disposti a pagare di più pur di consumare  pesce catturato con metodi di pesca sostenibili: lo rivela un sondaggio Ixè per Greenpeace. Anche sul pesce si gioca la battaglia dell’alimentazione sana e sostenibile, e di conseguenza della spesa degli italiani. Giudicato da un lato tra i cibi più sani perché fonte di proteine animali di altro profilo ma anche di grassi omega 3 in grado di calmierare il colesterolo, e dunque ottima alternativa a una carne in crisi e costante calo di consumo (vedi Come cambia la spesa degli italiani: su legumi, quarta gamma e riso, giù carne e uova), il pesce è anche sotto i riflettori per una pesca incontrollata che impoverisce i mari, ma anche per le preoccupazioni per le sostanze inquinanti del quale i mari sono ricchi, anche più che di pesci a volte. E i consumatori italiani lo sanno.
Secondo il sondaggio sul consumo di pesce commissionato da Greenpeace, il 77% degli intervistati italiani ha dichiarato di essere disposto a pagare di più il pesce pur di avere garanzie sulla sua sostenibilità e il 91% è pronto a modificare le proprie abitudini alimentari per ridurre lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche e tutelare il mare.

infografica_consumo_pesce«Il sondaggio evidenzia che, se correttamente informati e sensibilizzati sull’importanza di acquistare pesce in modo responsabile, i consumatori possono spostare il mercato verso forme più sostenibili di consumo – ha detto Serena Maso, Campagna Mare di Greenpeace Italia -. Considerato lo stato drammatico in cui versa il Mediterraneo, per invertire la rotta è necessario dare maggior valore a una risorsa preziosa come il pesce, ridurne il consumo ed essere più attenti e responsabili quando si va a fare la spesa».

Il sondaggio, condotto un campione di oltre 1.000 intervistati per ciascun Paese oggetto dell’indagine (Italia, Spagna, Grecia), ha analizzato le abitudini, il grado di conoscenza e la sensibilità dei consumatori rispetto all’acquisto di pesce, sia in casa sia al ristorante. L’analisi rivela che quasi la metà degli intervistati italiani mangia pesce almeno una volta alla settimana e lo acquista prevalentemente nei supermercati.

 

Attenti sì, ma non leggono l’etichetta

Non mancano le contraddizioni però. Pur ritenendo importante informarsi sulla qualità e la provenienza del pesce, solo il 28% dei consumatori è al corrente dell’esistenza della nuova normativa sull’etichettatura del pesce fresco (vedi Arrivano le guide di GS1Italy Indicod-Ecr per la tracciabilità e l’etichettatura di carni e pesce) mentre solo l’11% sa che è obbligatorio indicare in etichetta anche la categoria degli attrezzi da pesca utilizzati: un’informazione fondamentale, che consente ai consumatori di poter scegliere il pesce pescato con attrezzi artigianali e che hanno un basso impatto sull’ambiente. Per questo motivo Greenpeace ha lanciato un nuovo sito per aiutare i consumatori a comprare pesce in modo responsabile: fishfinder.greenpeace.it

Un’altra problematica rilevata dal sondaggio è la scarsa varietà del consumo, limitato a poche specie ittiche (quali tonno, merluzzo, acciughe e pesce spada), spesso fortemente in declino proprio a causa di una pesca eccessiva e distruttiva.

«È evidente che le scelte dei consumatori dei prodotti della Pesca sono influenzate dall’attuale distorsione del mercato, invaso da prodotti ittici provenienti per lo più dalla pesca industriale e non sostenibile. Questo dimostra quanto sia importante informare adeguatamente i consumatori e dar loro tutti gli strumenti per fare scelte responsabili – continua Maso -. È ora che i rivenditori, dalla grande distribuzione alle piccole pescherie di quartiere, soddisfino le richieste dei consumatori e promuovano, come fanno per tanti altri prodotti alimentari e non, le filiere sostenibili anche per il pesce, valorizzando la pesca artigianale e sensibilizzando i consumatori».

In questi senso alcune catene si sono già mosse, come ad esempio Carrefour (vedi Carrefour Italia collabora con MSC per offrire prodotti ittici da pesca sostenibile). Ma, è evidente, si può fare molto di più, per educare il consumatore che, lo rileva il sondaggio, è attento al tema.

Arrivano le guide di GS1Italy Indicod-Ecr per la tracciabilità e l’etichettatura di carni e pesce

GS1 Italy | Indicod-Ecr ha rilasciato le nuove linee guida per la tracciabilità e l’etichettatura dei prodotti ittici e delle carni suine, ovino-caprine e di volatili.

L’obiettivo delle linee guida, frutto di un lavoro che ha coinvolto i vari attori della filiera, è stato quello di informare su come, attraverso gli standard GS1, rispondere ai requisiti legali espressi dai recenti regolamenti internazionali in tema di tracciabilità e di etichettatura, con lo scopo di fornire al consumatore finale le corrette informazioni su ciò che sta acquistando.

Le linee guida sono rivolte alle aziende di produzione e di trasformazione, alle imprese di distribuzione, ai fornitori di servizi e a tutte le realtà coinvolte nelle filiere dei prodotti ittici e delle carni suine, ovino-caprine e di volatili.

Il sistema GS1 è uno standard che ha il vantaggio di fornire soluzioni globali in grado di rendere più efficienti ed efficaci i processi di identificazione e di comunicazione delle informazioni tra partner commerciali, aumentando la precisione e l’accesso ai dati e migliorando i processi logistici della filiera.
Per ognuna delle due filiere, carni e pesce, le linee guida si compongono di due documenti.
Il primo riguarda i requisiti informativi analizzati e le modalità di trasferimento attraverso tutti gli strumenti standard GS1, e in particolare identificazione e codici a barre (AIDC), scambio elettronico dei documenti (GS1 EDI), allineamento delle anagrafiche di prodotto (GS1 GDSN) e condivisione in tempo reale delle informazioni di tracciabilità (GS1 EPCIS).

Il secondo tratta della soluzione nazionale condivisa dal gruppo di lavoro per la tracciabilità e il trasferimento di informazioni tra operatori professionali della filiera. Si basa sull’utilizzo degli strumenti di identificazione e codici a barre (AIDC) e lo scambio elettronico dei documenti (GS1 EDI).

Le guide sono disponibili ai seguenti link:

Prodotti ittici: Standard GS1 per il settore ittico. Allinearsi agli ultimi regolamenti comunitari: tracciabilità e informazioni al consumatore finale

Carni carni suine, ovino-caprine e di volatili: Standard GS1 per il settore carni. Allinearsi agli ultimi regolamenti comunitari: tracciabilità e informazioni al consumatore finale

Soddisfazione è stata espressa dai partecipanti ai gruppi di lavoro che hanno lavorato sulle linee guida.
«Abbiamo molto apprezzato la possibilità di apportare alla discussione il contributo dell’industria di trasformazione, importante anello della filiera ittica attraverso cui le informazioni di tracciabilità ed etichettatura dei prodotti della pesca, oggetto di scambi commerciali sempre più “globalizzati”, vengono trasferite dalla produzione primaria alla distribuzione al dettaglio e all’ingrosso- ha detto Massimiliano Moretti, Responsabile Assicurazione Qualità di Mobilpesca Surgelati – . All’interno del gruppo di lavoro si è pertanto evidenziata la necessità di adottare standard di comunicazione dei dati ampiamente condivisi a livello internazionale, nonché di agevole implementazione anche per le piccole e medie aziende, che costituiscono la gran parte del comparto ittico del nostro Paese».
Secondo Carrefour, «Di fronte all’esigenza comune a produttori e distributori di ottemperare agli ultimi requisiti normativi, è stato importante definire e condividere con i vari attori coinvolti nel processo uno standard univoco di gestione della tracciabilità».
Conferma anche Monica Ramaschi, Responsabile R&D del Gruppo Agroalimentare Ferrarini Vismara: «È stato importante costituire un tavolo di lavoro condiviso tra Industria e Distribuzione per confrontarsi ed individuare una soluzione comune che permetta alla filiera di rispondere con efficienza ai requisiti normativi».

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