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Gruppo Amadori, cresce la tensione nella filiera avicola

I prezzi delle materie prime agricole continuano a crescere segnando un incremento medio del +39% rispetto al 2020 e del +52% rispetto al 2019. Un andamento che, anche alla luce degli scenari mondiali in rapida evoluzione, fa prevedere nel 2022 un trend di mantenimento dei prezzi ai massimi livelli (dati A.G.E.R. Borsa Merci Bologna). Una prospettiva assai negativa in particolare per il settore avicolo, in cui il costo della materia prima incide in maniera molto rilevante, fino al 65% sul costo del prodotto non ancora trasformato, cui si somma l’incremento dei costi dei trasporti, dell’energia e dei materiali da imballaggio.

“La filiera avicola italiana, l’unica autosufficiente nel settore zootecnico, va tutelata per la sua specificità strategica – ha dichiarato Francesco Berti Amministratore delegato del Gruppo Amadori. Per questo riteniamo necessario convocare con urgenza un confronto tra istituzioni, organismi di rappresentanza, trasformatori e, non ultime, distribuzione e Horeca. Il rischio è che questa crisi, se non gestita in maniera condivisa, ricada sui quasi 7mila allevamenti e 38.500 allevatori professionali presenti nel nostro Paese. Dobbiamo scongiurare nella maniera più assoluta che i consumatori italiani siano costretti ad acquistare prodotti provenienti da altri Paesi, con minori garanzie in termini di qualità e sostenibilità delle filiere”.

La scarsità di materie prime e il conseguente incremento dei prezzi sono principalmente legati agli effetti del cambiamento climatico nei principali paesi produttori. Da un lato,l’aumento delle temperature e la siccità in paesi come Canada e Brasile hanno causato la riduzione dei raccolti, ad esempio di oltre il 50% per il grano canadese e del 30% per il mais brasiliano; dall’altro, la piovosità del nord Europa ha provocato un deficit qualitativo del grano. Fattori che impattano in misura ancora maggiore sulle materie prime non Ogm, con un balzo dei prezzi che per la soia nazionale – nell’arco temporale 2020-2022 – potrebbe raggiungere complessivamente il +50%.

Secondo il rapporto “Prospettive agricole nel decennio 2020-2029” curato dall’Ocse e dalla Fao, ilsettore avicolo farà da traino ai consumi di carne nei prossimi anni per i quali si stima una crescita di circa il +12%. Un incremento significativo motivato dal riconoscimento del valore delle proteine nobili dei prodotti avicoli nei regimi alimentarie dalla maggiore sostenibilità delle produzioni avicole rispetto ad altre filiere agroalimentari. Rispetto ai trend di consumo nazionali, le referenze maggiormente richieste dai consumatori si confermano quelle ad alto valore aggiunto, che crescono a due cifre (+26%)e rappresentano un vero e proprio traino per le vendite nei supermercati. Un successo che ha determinato una crescita media dei prezzi al consumo del 6%, ma che solamente in parte ha consentito di recuperare l’incremento dei costi legati ai prezzi delle materie prime.

“Le dinamiche dei prezzi alla produzione e dei prezzi al consumo – ribadisce Berti – rischiano di mettere in crisi gli allevamenti italiani e favorire l’ingresso nel mercato di prodotti provenienti da paesi con dimensioni produttive eccedenti rispetto ai consumi interni. Un esempio su tutti è quello della Polonia, che sta investendo proprio sull’estensione delle produzioni per uscire dai confini nazionali”.

Rincari materie prime ed energia, chiesta la convocazione di un tavolo di filiera

L’industria dei beni di consumo e le aziende della distribuzione moderna chiedono al governo di aprire un tavolo di filiera per valutare le possibili conseguenze del rincaro dei prezzi delle materie prime ed energetiche sulla ripresa economica.

La comunicazione, siglata dai Presidenti di Centromarca e IBC – Associazione Industrie Beni di Consumo – per la parte industriale – e di ANCC-Coop, ANCD-Conad e Federdistribuzione, riunite in ADM – Associazione della Distribuzione Moderna – per la parte distributiva – è stata indirizzata a Presidenza del Consiglio dei Ministri, MISE, MEF, MIPAAF e ai Presidenti delle Commissioni competenti di Camera e Senato.

Nel documento i firmatari esprimono preoccupazione per i rilevanti rincari registrati da beni energetici e materie prime, che si traducono in sensibili incrementi dei costi per le imprese, che interessano merci grezze, processi produttivi, logistica e attività di commercializzazione. Pur ribadendo l’impegno ad agire sui livelli di produttività in tutte le fasi dei processi industriali e distributivi, le Associazioni ritengono indispensabile l’attivazione di un tavolo di filiera con le Istituzioni per individuare forme concrete d’intervento idonee a mitigare l’effetto dei rincari: misure fiscali, provvedimenti per la salvaguardia della competitività delle imprese e del potere d’acquisto delle famiglie, sostegno alla dinamica della domanda interna, elemento fondamentale per la ripresa del Paese.

GDO, è partito il braccio di ferro sui listini

I primi ritocchi dei listini finiranno nel carrello della spesa con l’autunno, poi il nuovo anno potrebbe portare rincari anche a due cifre per alcuni generi alimentari. A chiedere gli aumenti l’industria di marca che proprio in queste settimane sta incontrando le catene della GDO per definire volumi e prezzi di vendita per il 2022. Per la pasta, secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, i produttori chiedono aumenti del 20%, per le farine del 15%, le merendine +12%, salumi +4%, fazzoletti di carta e carta igienica +7%, conserve di pomodoro +15%, piselli ed altri legumi 17%, l’olio 20%, i prodotti lattiero caseari +8% e via di seguito.

Una pioggia di rincari chiesti dopo un decennio di inflazione zero o, per alcuni comparti merceologici, di deflazione. Perché quest’anno a ritoccare i listini all’insù sono praticamente tutti i produttori ed è una situazione che, secondo le stime degli addetti ai lavori, potrebbe spingere nel 2022 i prezzi del carrello della spesa del 2-4%. È il sommarsi di molte concause dagli aumenti dell’energia ai trasporti, alle materie prime base senza dimenticare la speculazione che sfrutta la situazione ritardando lo scarico di navi cariche di grano, mais, soia e semi di girasole puntando sui rincari.

«Serve un grande senso di responsabilità di tutti gli attori della filiera e come Selex non intendiamo scaricare sui consumatori aumenti così importanti – dice Maniele Tasca, direttore generale del Gruppo – ma si rischia una forte pressione sui margini delle aziende della GDO. Se ci saranno rincari che l’industria non può assorbire sarà accettabile un aumento dei listini ma temporaneo perché le insegne saranno in grande difficoltà nel trasferire questi aumenti».

Giorgio Santambrogio, Ceo di Gruppo VèGè, punta l’indice contro la speculazione: «Siamo contro le speculazioni che alcuni fornitori fanno e siamo disposti a sederci al tavolo per studiare come ripartire tra catene e industria i rincari – spiega l’AD. Bisogna innanzitutto collaborare con industria di marca perché non è equo che la GDO debba assorbire i rincari non potendo scaricarli sui clienti».

Un’altra possibile area d’intervento è lavorare sull’efficienza della filiera. Patrizio Podini, fondatore e presidente di MD, teme una speculazione che si autoalimenta creando rarefazione delle materie prime con «aumenti esagerati, fuori da ogni regola – premette. Lancio un appello al Governo e all’Antitrust per intervenire sugli aumenti ingiustificati dei prezzi con controlli e verifiche. C’è poi il caro bolletta elettrica quasi raddoppiata in un anno, un costo diventato insopportabile».

Guarda alle conseguenze Marco Pedroni, presidente Coop Italia e Associazione nazionale cooperative di consumatori. «Si rischia un’inflazione da costi sui consumatori che potrebbe essere un freno formidabile alla ripresa del Paese. Il problema non riguarda solo la distribuzione ma ricade su tutti i comparti produttivi: agricoltura, industria, distribuzione – avverte Pedroni. È un tema urgente che deve essere assunto dall’esecutivo e dalle politiche economiche che si potranno intraprendere. Sarebbe importante in questo momento un’azione forte di sostegno dei consumi, anche attraverso le leve fiscali. E poi su iniziativa del Governo, sarebbe utile istituire un tavolo comune per non lasciare sole le singole imprese. Sono convinto che tutti, produttori e distributori, debbano prendere la responsabilità di limitare in modo significativo gli aumenti di prezzo sui consumatori».

Fonte: Il Sole 24 Ore

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