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Annunciato l’aumento del prezzo delle patate

Il Centro di Documentazione per la Patata (CE.PA) ha annunciato l’aumento dei prezzi di listino delle patate, a seguito della diminuzione degli stock e all’aumento dei costi.

Nella riunione di venerdì scorso 16 settembre, gli operatori della Borsa Patate di Bologna si sono confrontati in merito ai dati produttivi e all’entità degli stock presenti nei magazzini. Tale analisi ha restituito uno scenario che desta forte preoccupazione. I quantitativi di patate raccolte e destinate al conto deposito risultano di oltre il 20% inferiori di quelli degli ultimi anni, in un contesto di vendite sostenute sin dall’inizio della stagione. I dati dei principali produttori europei confermano una situazione internazionale caratterizzata da minori rese e maggiori scarti.

La preoccupazione più viva presso gli operatori è l’aumento dei costi di produzione agricoli (fertilizzanti antiparassitari, meccanizzazione), di stoccaggio e confezionamento. I rincari dell’energia elettrica, del gas, degli imballaggi e dei trasporti incidono su tutte le fasi della filiera in maniera determinante. Per quanto riguarda alcune voci di spesa, l’aumento ha già toccato vette del 400%.

In questa fase di inizio della campagna di commercializzazione 2022-2023 gli operatori che aderiscono alla Borsa Patate sono, al pari dei loro colleghi europei, in forte apprensione per il futuro del settore: il rischio è quello di un notevole ridimensionamento delle superfici investite, con la prospettiva di un prossimo raccolto insufficiente a coprire le necessità del mercato interno.

L’organizzazione afferma pertanto l’inderogabile necessità di ottenere una migliore remunerazione per il prodotto, ricorrendo anche a significativi adeguamenti dei prezzi di vendita, in modo tale da non compromettere in modo irreversibile la futura disponibilità di un prodotto essenziale per i consumatori e, in particolare, di un’eccellenza produttiva fondamentale per il Paese, come la Patata di Bologna DOP e Selenella, oltre agli ingenti quantitativi di prodotto controllato e certificato destinato alle Private Labels.

Eurostat, da grano a pane il prezzo aumenta più di 10 volte

Dal grano al pane i prezzi aumentano più di dieci volte a causa dei rincari record di energia, mangimi e fertilizzanti scatenati dalla guerra in Ucraina e delle distorsioni all’interno delle filiere che impoveriscono le tasche dei cittadini e danneggiano gli agricoltori. A denunciarlo è la Coldiretti nel commentare l’analisi Eurostat secondo cui il costo del pane non è mai stato così alto nell’Ue, cresciuto ad agosto mediamente dell’Unione del 18% rispetto allo stesso mese del 2021. Il risultato è che in Italia le famiglie spenderanno nel 2022 oltre 900 milioni di euro in più rispetto all’anno precedente per il prodotto più presente sulle tavole, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat dell’inflazione ad agosto.

Un chilo di grano viene pagato oggi agli agricoltori intorno ai 36 centesimi e serve per produrre un chilo di pane che viene venduto a consumatori a prezzi che variano dai 3 ai 5 euro a seconda delle città, secondo Coldiretti. L’incidenza del costo del grano sul prezzo del pane resta dunque marginale pari a circa il 10% in media, come dimostra anche l’estrema variabilità delle quotazioni al dettaglio lungo la Penisola mentre quelli del grano sono influenzati direttamente dalle quotazioni internazionali Se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4,46 euro, a Roma si viaggia sui 2,92 euro, a Bologna siamo a 4,91 euro, a mentre a Palermo costa in media 3,89 euro al chilo, a Napoli 2,16 euro, secondo elaborazioni Coldiretti su dati dell’Osservatorio prezzi del Ministero dello Sviluppo economico a luglio.

Peraltro i prezzi al consumo – continua la Coldiretti – non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano, che per lungo tempo sono state al di sotto dei costi di produzione. Nonostante il crollo dei raccolti fino al -30% abbia limitato la disponibilità di prodotto in Italia, il grano viene, infatti, in questo momento sottopagato agli agricoltori.

La guerra ha dunque moltiplicato – sottolinea la Coldiretti – manovre speculative e pratiche sleali sui prodotti alimentari, che vanno dai tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali alle etichette ingannevoli fino al taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori, aggravando una situazione che vede il nostro Paese dipendente dalle importazioni straniere già per il 64% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci.

“Occorre ridurre la dipendenza dall’estero e lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “serve anche investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici”.

L’inflazione condiziona anche il carrello della spesa online

L’inflazione c’è e colpisce anche gli utenti che usufruiscono del servizio di spesa on line per acquistare beni di consumo. ReStore, azienda specializzata nella realizzazione di piattaforme e-commerce per la GDO e la DO in Italia, grazie ai dati che gestisce giornalmente per i principali player italiani, ha effettuato un interessante monitoraggio relativo l’andamento dei prezzi nei mesi di giugno e luglio ed agosto di quest’anno, a confronto con lo stesso periodo nel 2021.

I dati sulle vendite nel settore dell’E-Grocery, confermano, infatti, un aumento generalizzato delle vendite a valore a fronte di una diminuzione dei volumi. Ad esempio, per quanto riguarda la categoria “pane e pizza”, si registra un aumento nelle vendite a valore del 36%, a fronte di un aumento dei volumi del 29%. Al secondo posto si trova la categoria dei gelati. Questo dato è condizionato dal caldo dei mesi estivi: l’incremento nelle vendite rispetto allo scorso anno è del 26%.

Piatti pronti (+24% di vendita, ma con un incremento del 10%), carni rosse (+ 23% di vendita, con un 10% in più dei volumi) e l’acqua che registra un aumento sia delle vendite che del prezzo medio, ma vengono rilevati volumi in diminuzione del 7%.

In base alle elaborazioni di ReStore, l’aumento complessivo delle vendite è di quasi il 3%, a fronte di una diminuzione dei volumi del 6%. Tutti elementi che confermano come l’inflazione abbia condizionato gli acquisti anche sulle piattaforme on line.

Un’ulteriore e interessante analisi dell’azienda guidata da Barbara Labate, riguarda gli aumenti del prezzo medio rispetto al 2021: i prodotti che hanno subìto il rincaro maggiore sono quelli per gli animali domestici (+38%), seguiti dall’acqua (+30%) e pasta, riso e zuppe (+ 21%). Prendendo in considerazione anche le altre categorie di prodotti più acquistate sulle piattaforme, si registra un aumento del prezzo medio del 10%.

I dati di ReStore confermano come nel nostro Paese il carrello della spesa (anche on line) sia decisamente più caro rispetto allo scorso anno. Stiamo assistendo, infatti, ad una “contrazione” dei consumi determinato dal calo del potere di acquisto che va così ad intaccare anche il variegato mondo dell’e-commerce e dei retailer online.

Vinci La Spesa Con S-Budget!, il nuovo concorso di Despar

Sostenere il potere d’acquisto e fornire un aiuto concreto alle famiglie contro l’aumento dei prezzi che, a causa dei rincari delle materie prime e dei costi dell’energia, colpisce anche il carrello della spesa: è questo l’obiettivo di “Vinci la spesa con S-Budget!”, il concorso promosso da Aspiag Service, concessionaria del marchio Despar per il Triveneto, l’Emilia Romagna e la Lombardia, nei punti vendita diretti e affiliati delle regioni in cui è presente.

Fino al 25 settembre nei punti vendita Despar, Eurospar e Interspar aderenti all’iniziativa, i clienti, acquistando i prodotti della linea S-Budget a fronte di una spesa minima di 5 euro, potranno vincere subito oltre 400 Happy Card (Gift Card Despar) da 25, 50 e 100 euro da utilizzare per la spesa quotidiana nei negozi con il marchio dell’abete. Inoltre i clienti avranno la possibilità di partecipare all’estrazione finale: in palio per il primo premio una Happy Card da 5.000 euro di spesa, per il secondo e terzo estratto una Card del valore di 1.000 euro ciascuno, mentre dal 4° al 6° estratto, una Card del valore di 500 euro ciascuno.

Si tratta di un’iniziativa con cui Aspiag Service conferma il proprio impegno al fianco delle persone e delle comunità, in un contesto economico difficile caratterizzato da un’impennata dei prezzi con conseguenze inevitabili anche sui comportamenti e le abitudini d’acquisto delle famiglie.

Offrire la possibilità di fare la spesa a prezzi convenienti, senza rinunciare alla qualità è da sempre una priorità per Aspiag Service che, insieme ai propri fornitori, si impegna per sostenere le comunità e le persone, anche attraverso campagne e promozioni che puntano a incrementare le occasioni di convenienza. Ne è un esempio la linea di prodotti a marchio S-Budget, un paniere completo di 450 prodotti, alimentari e non, come pasta, farina, burro, surgelati, prodotti per l’igiene della casa che, oltre a garantire un risparmio medio del 30% sul carrello, consente di effettuare una spesa completa a meno di 15 euro.

“La situazione economica che stiamo vivendo a causa della forte spinta dell’inflazione e dei rincari delle materie prime e dei costi dell’energia, si riflette anche sulla spesa alimentare, riducendo in modo significativo le capacità di spesa delle famiglie – ha commentato Mauro Muraro, Direttore Marketing di Aspiag Service. Da sempre la GDO ha avuto un ruolo di ammortizzatore sociale e, soprattutto in un contesto difficile come questo, il nostro impegno deve essere ancora più incisivo per ridurre il trasferimento degli aumenti sulle famiglie, dando loro risposte concrete con iniziative commerciali e campagne che hanno l’obiettivo di tutelare il potere d’acquisto dei clienti. E’ quello che anche noi di Aspiag Service facciamo promuovendo iniziative come “Vinci la spesa con S-Budget!” e proponendo quotidianamente prodotti a marchio e a prezzo fisso per offrire ai nostri clienti una proposta fatta di qualità e convenienza. In questo modo vogliamo dare un sostegno concreto per mitigare l’effetto del caro-vita sulle famiglie, in linea con il nostro impegno al fianco delle persone e delle comunità che è il fulcro della nostra strategia di sviluppo in un’ottica di sostenibilità”.

Per tutte le informazioni sul concorso è possibile consultare il sito dedicato all’iniziativa. 

Olio extravergine italiano in difficoltà, il commento di Coldiretti

Con il crollo della produzione nazionale di olive le famiglie del Belpaese devono dire addio a quasi 1 bottiglia su 3 di olio extravergine Made in Italy mentre l’esplosione dei costi mette in ginocchio le aziende agricole e con l’inflazione generata dal conflitto in Ucraina volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio.

E’ quanto emerge dall’esclusivo report “2022, la guerra dell’olio Made in Italy” di Coldiretti e Unaprol diffuso in occasione dell’avvio lungo la penisola della raccolta delle olive 2022/2023 in un anno profondamente segnato dai cambiamenti climatici e dai rincari di energia e materie prime che pesano su aziende e famiglie. In via XXIV Maggio 43 presso la sede di Coldiretti a Palazzo Rospigliosi sono state spremute in un vero frantoio, dal vivo, le prime olive di quest’anno alla presenza del Presidente di Coldiretti Ettore Prandini e del Presidente di Unaprol, l’associazione degli olivicoltori, David Granieri.

La raccolta inizia dalla Sicilia per poi risalire la Penisola fino a Nord dove l’ulivo con i cambiamenti climatici è arrivato fino alle vallate alpine. A pesare sulla produzione nazionale, con un calo stimato del -30%, é stata una siccità devastante mai vista negli ultimi 70 anni che ha messo in stress idrico gli uliveti danneggiando prima la fioritura e poi le gemme, soprattutto in quelle zone dove non si è potuto intervenire con le irrigazioni di soccorso per dissetare e rinfrescare le piante. Ma diverse aziende hanno deciso di non intervenire per gli elevati costi di carburante, elettricità, service e prodotti di supporto alla nutrizione dei terreni. Salva la qualità, con l’Italia che può vantare il più ricco patrimonio di varietà di olii a livello mondiale.

Con l’esplosione dei costi aumentati in media del 50% nelle aziende olivicole – evidenziano Coldiretti e Unaprol – quasi 1 su 10 (9%) lavora in perdita ed è a rischio di chiusura, secondo dati Crea. A pesare, in particolare – continua Coldiretti – i rincari diretti e indiretti determinati dall’energia che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne mentre il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra anche un incremento del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti e Unaprol. Olivicoltori e frantoiani sono costretti a fronteggiare l’incremento dell’elettricità, i cui costi sono quintuplicati.

E se i costi crescono mentre scendono i ricavi delle imprese, il carrello della spesa delle famiglie registra aumenti dei prezzi al dettaglio per la maggior parte dei prodotti della tavola – spiegano Coldiretti e Unaprol – con l’olio extravergine d’oliva per il quale sono attesi forti rincari sugli scaffali in autunno con l’arrivo delle nuove produzioni.

La raccolta – riferiscono Coldiretti e Unaprol – è partita in Sicilia, che da sempre anticipa tutte le altre regioni italiane con una produzione in netto calo rispetto alla campagna precedente, attestatasi intorno a 330 milioni di chili di olio prodotto. Il calo è diffuso del Sud Italia, specie nelle regioni più vocate all’olivicoltura come Puglia e Calabria, che da sole – evidenziano Coldiretti e Unaprol – rappresentano circa il 70% della produzione olivicola nazionale. Specialmente in Puglia, cuore dell’olivicoltura italiana, si rischia un taglio fino al 50% a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi dalla siccità, mentre continua a perdere terreno il Salento – denunciano Coldiretti e Unaprol – distrutto dalla Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale. Nelle regioni centrali, come Lazio e Toscana, l’andamento è a macchia di leopardo con un leggero rialzo della produzione rispetto all’anno precedente, stimabile tra il 10 e il 20%. Sembra andar meglio invece nel resto d’Italia con il Nord, che segna un aumento produttivo attorno al 40-60% fra Liguria, Lombardia e Veneto.

Per sostenere le produzioni nazionali, resistere ai cambiamenti climatici e difendere la sovranità alimentare nazionale e la dieta Mediterranea di cui l’olio è componente fondamentale – affermano Coldiretti e Unaprol – occorrono un piano strategico per la realizzazione di nuovi impianti olivicoli con varietà italiane, risorse per contrastare l’aumento vertiginoso dei costi di gestione delle aziende agricole e realizzare nuovi sistemi di irrigazione ma – concludono Coldiretti e Unaprol – servono anche opere infrastrutturali di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini e utilizzando anche le ex cave per raccogliere l’acqua piovana in modo da raccoglierla quando è troppa e gestirne l’utilizzo quando serve.

Il consiglio di Coldiretti e Unaprol per sostenere le aziende italiane e non cadere nell’inganno del falso Made in Italy è quello di scegliere verificando attentamente l’etichetta. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati – denunciano Coldiretti e Unaprol – è quasi impossibile nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta – precisano la Coldiretti e Unaprol – è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile tanto che i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente.

“Occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese con 250 milioni di piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità ma anche un sistema economico che vale oltre 3 miliardi di euro grazie al lavoro di un sistema di 400mila imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione che producono un alimento importante per la salute che non deve mancare dalle tavole degli italiani” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare “l’obiettivo di rilanciare una produzione nazionale dell’olio d’oliva messa a rischio anche dal Nutri-score sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali come l’olio d’oliva che è uno dei pilastri della Dieta Mediterranea conosciuta in tutto il mondo grazie agli effetti positivi sulla longevità e ai benefici per la salute”.

“Non è più rinviabile un piano strategico nazionale dell’olivicoltura che metta al centro le aziende che sono sul mercato, producono reddito e occupazione, oltre al recupero dei tanti uliveti abbandonati che devono essere rinnovati per ridare ossigeno e speranze ai territori – spiega il Presidente di Unaprol, David Granieri. Dobbiamo proseguire a livello internazionale la battaglia per tutelare la qualità del nostro olio extravergine d’oliva, cercando di cambiare anche alcuni parametri che penalizzano i nostri agricoltori già vessati dal cambiamento climatico e dall’aumento sconsiderato dei costi energetici. Il futuro dell’olio italiano passa da questi interventi fondamentali per tutelare un prodotto simbolo del Made in Italy”.

Roncadin cancella l’open-day a causa degli aumenti record

Da 2,5 milioni di euro all’anno a più di 13 milioni per l’energia elettrica, da 600.000 euro a più di 4 milioni per il gas, per non parlare poi dell’aumento della spesa su tutte le materie prime (mozzarella, pomodoro, farine…) che supera i 10 milioni di euro. Roncadin, azienda di Meduno (PN) specializzata nelle pizze surgelate per la grande distribuzione italiana e internazionale, fa i conti con i rincari folli e prende una decisione sofferta: cancellare il tanto atteso open-day annuale per le famiglie dei dipendenti per risparmiare tutto il possibile sui costi.

«È una goccia nell’oceano, ma il rammarico è tanto perché questo appuntamento è molto sentito e negli ultimi due anni era saltato causa Covid – commenta l’amministratore delegato Dario Roncadin. Un piccolo problema fra tanti ben più gravi, ma con questo cogliamo l’occasione per spiegare ai nostri dipendenti in quale situazione ci troviamo e ricordare i comportamenti individuali da mettere in atto per eliminare il più possibile gli sprechi. È certo però che tutto questo non basta: è la politica italiana ed europea che deve trovare una soluzione per questa situazione che sta mettendo in ginocchio tutte le aziende».

Nel messaggio inviato ai lavoratori, Dario Roncadin ha spiegato cosa sta succedendo e quali azioni l’azienda ha deciso di intraprendere. «Nelle ultime settimane i costi energetici sono aumentati a dismisura – spiega sempre Roncadin – senza considerare che stiamo partendo già da prezzi folli che hanno portato a chiudere temporaneamente molte aziende. Anche in Roncadin, già da nove mesi, siamo in balia dei continui aumenti dei prezzi. In questo momento dobbiamo essere tutti uniti e dobbiamo combattere insieme questa battaglia che viene determinata anche da piccoli gesti. Su due temi abbiamo segnalato alle nostre persone che possono dare una mano fin da subito. Il primo è lo spreco energetico: partendo dagli uffici, ma anche in tutte le aree produttive, siamo tutti impegnati a spegnere luci, PC e macchinari inutilizzati. Il secondo è lo spreco di materie prime in linea e nelle cucine: stiamo lavorando a nuove soluzioni per recuperare il più possibile».

L’azienda, da parte sua, non rimane immobile: Roncadin è già al lavoro per potenziare il proprio impianto fotovoltaico in modo da arrivare a coprire il 30% del fabbisogno energetico. A giorni comincerà l’installazione di 5.000 pannelli fotovoltaici (già previsti da tempo, ma che tardano ad arrivare per via dei problemi attuali di carenza di materie prime), ai quali successivamente se ne aggiungeranno altri 6.200.

L’intervento dell’AD si conclude con un ringraziamento e un appello: «Ringrazio tutti coloro che, con spirito costruttivo, possano aiutarci ad uscire anche da questa situazione. Come dico sempre, mai mollare! Sono certo che ne usciremo, ma non è pensabile farcela da soli: per questo rinnovo il mio appello affinché la politica e le istituzioni italiane ed europee facciano qualcosa al più presto per risolvere questa situazione insostenibile».

Granarolo e Lactalis insieme contro l’inflazione

A fronte di una situazione che non consente ritardi nelle risposte della politica, il Gruppo Granarolo e il Gruppo Lactalis in Italia, superano i consueti antagonismi di mercato e, insieme, pongono all’attenzione del Governo la forte preoccupazione per un’inflazione galoppante che da 12 mesi colpisce l’agroalimentare italiano e in particolare il settore lattiero caseario. Occorre un intervento pubblico che scongiuri conseguenze ancora più disastrose per le migliaia di imprese che compongono la filiera.

L’inflazione ha toccato in maniera importante, con numeri a doppia cifra, quasi tutte le voci di costo che compongono la filiera del latte: alimentazione animale (aggravata dalla siccità che riduce sia i raccolti degli agricoltori sia la produzione di latte) che ha reso necessario un aumento quasi del 50% del prezzo del latte riconosciuto agli allevatori, packaging (carta e plastica sono in aumento costante da mesi), ulteriori componenti di produzione impiegati nella produzione di latticini. Oggi, però, la preoccupazione maggiore è rappresentata dall’incremento dei costi energetici che nelle ultime settimane sono aumentati a tal punto da rendere difficile trasferirli sul mercato, in un momento economicamente complesso per le famiglie italiane.

Nonostante entrambe le aziende abbiano assorbito autonomamente un’inflazione che oscilla tra il 25% e il 30%, dalla primavera il prezzo del latte per il consumatore è cresciuto raggiungendo gli 1,75/1,80 Euro/litro (dato Nielsen) e potrebbe aumentare ulteriormente entro dicembre 2022. È impensabile che un alimento primario e fondamentale nella dieta italiana possa subire una penalizzazione così forte da comprimerne la disponibilità di consumo.

“Per quanto concerne le sole energie, se non avviene un’inversione di rotta, si tratta di una inflazione del 200% nel 2022 rispetto al 2021 e un rischio di oltre il 100% nel 2023 rispetto al 2022– dichiara il Presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari. È insostenibile anche da parte di una grande azienda, dal momento che si protrae nel tempo e che se fosse scaricata tal quale sul mercato colpirebbe significativamente i nostri consumatori e avrebbe inevitabili conseguenze sui consumi, con ricadute negative su tutta la filiera”.

“L’aumento del costo energetico sulla nostra organizzazione ha generato un impatto devastante, che sarebbe stato anche maggiore se non fossimo intervenuti con delle coperture ad hoc. Parliamo di un +220% di spesa registrato nel 2022 rispetto al 2021, e una stima di un +90% nel 2023 rispetto al 2022 – afferma Giovanni Pomella, AD di Lactalis in Italia. Le imprese sono allo stremo, hanno già fatto ben oltre le loro possibilità ed è arrivato il tempo della responsabilità pubblica. In questo drammatico frangente, come imprenditori abbiamo messo da parte le rivalità di mercato ed abbiamo unito il nostro appello al mondo politico per ribadire la necessità di intervenire responsabilmente a tutela dell’intera filiera e del consumatore”.

“Ad oggi l’inflazione ha portato a un aumento di listino del 23/24% ma i costi energetici continuano a crescere in misura esponenziale. Chiediamo un provvedimento transitorio per contenere un aumento dell’inflazione scatenato prevalentemente da questioni geopolitiche e da evidenti fenomeni speculativi. Si rende necessario un intervento urgente del Governo”, chiedono all’unisono Gianpiero Calzolari, Presidente di Granarolo e Giovanni Pomella, AD di Lactalis Italia.

Si svuota il carrello spesa degli italiani

Si svuota il carrello della spesa degli italiani nel 2022 che tagliano del 3 % le quantità di prodotti alimentari acquistate rispetto allo scorso anno per effetto del balzo dei prezzi. E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio al dettaglio nel primo semestre 2022 che su base annua fanno registrare una diminuzione delle quantità di beni alimentari acquistate per il sesto mese consecutivo.

Gli italiani – sottolinea la Coldiretti – sono costretti a spendere di più per acquistare meno prodotti per effetto dei prezzi che hanno fatto segnare per gli alimentari un aumento record complessivo del +9,6% tra prodotti freschi e lavorati nel luglio 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’aumento dei prezzi scatenato dal mix esplosivo dell’aumento dei costi energetici e del taglio dei raccolti a causa del clima costerà nel 2022 alle famiglie italiane quasi 9 miliardi di euro soltanto per la spesa alimentare, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat.

In cima alla classifica dei rincari a luglio ci sono gli oli di semi, (+66%) soprattutto quello di girasole – sottolinea Coldiretti – che risente del conflitto in Ucraina che è uno dei principali produttori e ha dovuto interrompere le spedizioni causa della guerra, mentre al secondo posto c’è il burro (+31,9%) e al terzo la farina (+21,5%) seguita dalla pasta (+21,1%) proprio nel momento in cui nelle campagne si registrano speculazioni sul prezzo del grano con forti e ingiustificati cali dei compensi riconosciuti agli agricoltori.

Al quinto e sesto posto entrano riso (+18,8%) e margarina (+18,7%). A seguire i gelati che aumentano del +18,2% e il latte (+15,9%) ma rincari a doppia cifra – continua Coldiretti – si registrano pure per la carne di pollo (+15,7%), le uova +13,8% e il pane con +12,5%. Se i prezzi per le famiglie corrono l’aumento dei costi e la siccità colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dove – continua la Coldiretti – più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, secondo il Crea.

In agricoltura si registrano infatti – conclude la Coldiretti – aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio.

Il caro prezzi svuota il carrello della spesa

Il caro prezzi taglia la spesa alimentare degli italiani che risulta in calo in quantità del 2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E’ quanto emerge dall’ analisi Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio al dettaglio a maggio che su base annua fanno registrare una diminuzione delle quantità di beni alimentari acquistate per il quinto mese consecutivo.

Il risultato positivo in valore è dovuto esclusivamente all’aumento dei prezzi che per i beni alimentari sono aumentati in media dell’8,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat a giugno. Dal +68,6% dell’olio di semi al +13,4% dei gelati, i rincari dei costi energetici e di produzione alimentati dalla guerra in Ucraina contagiano i prezzi nel carrello della spesa con aumenti che – sottolinea la Coldiretti – che colpiscono duramente le imprese e le tavole dei consumatori. Se in cima alla classifica dei rincari ci sono gli oli di semi al secondo posto c’è il burro con un +27,7% e al terzo la farina, con i prezzi in salita del 20,5% trainati dagli aumenti del grano che interessano anche la pasta, in salita del 18,3%. Quinta piazza per la margarina (+16,8%) e sesta per la carne di pollo (+15,1%), mentre alla settima c’è il riso, con diecimila ettari seminati in meno quest’anno per la siccità che sta tagliando anche i raccolti. Rincari a doppia cifra – continua Coldiretti – pure per le uova (+13,6%).

L’impatto dell’inflazione è evidente dal fatto che in controtendenza – sottolinea la Coldiretti – volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +9,8% nelle vendite in valore, il più elevato nel dettaglio tradizionale. Il risultato dei discount – precisa la Coldiretti – evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo e su beni essenziali.

La punta dell’iceberg della situazione di difficoltà in cui si trovano i consumatori sono 2,6 milioni di persone costrette addirittura a chiedere aiuto per mangiare, in aumento nel 2022 a causa della crisi scatenata dalla guerra in Ucraina con l’aumento dell’inflazione, dei prezzi alimentari e i rincari delle bollette energetiche, secondo l’analisi Coldiretti su dati Fead. Il Fondo per l’aiuto europeo agli indigenti (Fead) in Italia aiuta 2.645.064 persone tra cui 538.423 bambini (di età uguale o inferiore ai 15 anni), 299.890 anziani, 81.963 senza fissa dimora (di età uguale o superiore ai 65 anni), 31.846 disabili, secondo l’analisi della Coldiretti.

Se i prezzi per le famiglie corrono, spinte dal caro energia e dalla guerra, l’aumento dei costi colpisce duramente – precisa la Coldiretti – l’intera filiera agroalimentare, con i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori che non riescono ormai neanche a coprire i costi di produzione. Più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione.

Uno tsunami che si è abbattuto a valanga sulle aziende agricole con rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari che stanno mettendo in crisi i bilanci delle aziende agricole. Nelle campagne – continua la Coldiretti – si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli, secondo lo studio del Crea.

“Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni”.

Caro prezzi, volano gli acquisti al discount

Il caro prezzi fa volare gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +10,1% nelle vendite in valore, il più elevato tra tutte le tipologie distributive alimentari. E’ quanto emerge dall’ analisi Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio al dettaglio a aprile che complessivamente registra un aumento del 5,5% degli acquisti alimentari rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Si tratta però -sottolinea la Coldiretti – di un risultato dovuto esclusivamente al caro prezzi con le quantità di prodotti alimentari acquistati che si riducono dello 0,8%.

Il balzo dei discount – continua la Coldiretti – evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo, nel tempo della guerra.

Gli aumenti record delle quotazioni per i prodotti energetici e le materie prime si riflettono, infatti, – sottolinea Coldiretti – sui costi di produzione del cibo ma anche su quelli di confezionamento, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi.

Una situazione che – conclude la Coldiretti – nei Paesi più ricchi provoca inflazione, mancanza di alcuni prodotti e aumenta l’area dell’indigenza alimentare ma anche gravi carestie nei Paesi meno sviluppati.

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