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Pasta e caffè, ma poca carne: i consumi dello smart working

Il lockdown ha cambiato le abitudini degli italiani. Comprese quelle alimentari. Niente bar, mense e pub a pranzo: tutti i consumi si sono convogliati tra le pareti domestiche, complice la diffusione dello smart working.

E come è cambiato il carrello? Lo ha analizzato Tiendeo.it, l’azienda leader in cataloghi online geolocalizzati e soluzioni drive-to-store per i retailer. È interessante osservare come dalla tavola si possano intuire non solo l’andamento dell’economia in piccola e grande scala, ma anche le tradizioni più profonde e irrinunciabili di un intero paese.

È caccia all’offerta

Le letture di cataloghi di supermercati e ipermercati sono raddoppiate nell’ultimo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2019, il che indica una chiara tendenza a ricercare offerte e promo per ottimizzare il budget a disposizione. Una parte importante degli utenti si trova infatti in cassa integrazione (o in disoccupazione), e alla praticità di fare la spesa nel supermercato più vicino, preferisce il risparmio e valuta con cura le offerte a disposizione, prendendo in considerazione la possibilità di fare acquisti separati per risparmiare di più.

Ci troviamo in un momento storico di grande incertezza, e la società dei consumi che abbiamo vissuto finora sta iniziando a mostrare i propri punti deboli proprio perché sta venendo meno la capacità d’acquisto del suo soggetto principale: il consumatore.

In aumento pasta, frutta e verdura

Pranzo a casa e lavoro da casa, significa una cosa sola: ottimizzare. Sia tempo che denaro. E per gli italiani il piatto di tutti i giorni da cucinare veloce, per antonomasia, è la pasta. Non stupisce quindi che le ricerche di questo prodotto fondamentale siano aumentate del 56% nell’ultimo trimestre. Non possono mancare i prodotti freschi per accompagnare la portata principale, e infatti anche frutta e verdura aumentano del 50% rispetto all’anno scorso.

Invariati i surgelati, che pur essendo una soluzione ideale per sfruttare al meglio il poco tempo a disposizione, sono sicuramente più cari e possono pesare non poco su un bilancio mensile fatto di tagli, oculatezza, e in alcuni casi, rinunce.

Tracollo per pesce, resiste a stento la carne

Il pesce e la carne sono vittime della crisi che sta attraversando il paese, e i numeri lo dimostrano. Le ricerche di pesce diminuiscono del 33%. È un dato che fa riflettere visto il periodo dell’anno in cui ci troviamo, quando solitamente il consumo di carne e formaggi tende a diminuire a favore dei prodotti ittici, più leggeri e freschi, perfetti per accompagnare diete e piatti estivi.

Le ricerche di carne rispetto allo scorso anno subiscono rispetto al pesce un calo inferiore (-8%) ma comunque degno di nota, confermando l’esigenza da parte dei consumatori di limitare le uscite consumando piatti più economici.

Boom per il caffè

Gli stereotipi sono casualità? Come dimostrato durante la quarantena dalla scomparsa del lievito dagli scaffali perché gli italiani si erano precipitati in massa a panificare e fare pizze, pasta fresca e focacce, un fondo di verità c’è. E come un italiano difficilmente rinuncerà a pasta e pizza, è molto difficile che rinunci al caffè.

Smart Working significa quindi correre ai ripari e organizzarsi per le pause caffè, in versione casalinga. Ed è così che le ricerche di caffè quadruplicano, e quelle delle capsule (che fanno molto più ufficio!) triplicano.

 

* Confronto con le ricerche effettuate nel secondo trimestre del 2019

Smart working ai tempi del Covid-19: l’indagine di InfoJobs

A circa un mese dall’inizio del lockdown del Paese causato dall’emergenza sanitaria, InfoJobs, presenta i risultati di un’indagine[1] che mette per la prima volta a confronto aziende e lavoratori sul tema smart working.

I dati emersi rispecchiano un Paese che ha risposto all’emergenza utilizzando in maniera massiccia lo smart working: il 72% delle aziende ha messo a disposizione in tempi brevi mezzi e strumenti per permettere ai collaboratori di proseguire il lavoro da remoto. Tuttavia, è chiaro che non tutte le tipologie di business o non tutte le funzioni possono essere svolte in smart working, dai dati di InfoJobs risulta quindi che i lavoratori italiani in smart working siano il 15%. La parte restante della forza lavoro sembra attualmente a casa senza reddito (45% dei rispondenti, percentuale che sale al 50% per le donne), in ferie o in congedo (25%) mentre il 13% si reca ancora sul luogo di lavoro, senza nessuna modifica alle modalità di prestazione del servizio.

Ad oggi, il 56% delle aziende che hanno attivato lo smart working dichiara di applicarlo per la prima volta, mentre il 29% l’ha esteso a più figure o su più giorni. Percentuali ancora più polarizzate sui lavoratori, dove il 79% afferma di adottarlo per la prima volta, mentre per il 14,5% sono solo cambiate le modalità di fruizione e per il 6,5% non c’è stato alcun cambiamento rispetto a prima.

Pro e contro

Come sta andando lo smart working per le aziende italiane? Il 64,5% delle aziende dichiara che i dipendenti hanno apprezzato questa decisione (voluta o dovuta in base alle circostanze legislative) che non ha avuto contraccolpi sulla produttività (39%), o ne ha avuti ma in maniera limitata (25,5%). Le difficoltà comunque non mancano e il 19% delle aziende sostiene che lo smart working non stia funzionando, complici la struttura o il business che mal si sposano con il lavoro da remoto. In linea più generale, le maggiori criticità sono legate soprattutto a problemi di tipo organizzativo (44%) per mancanza di supervisione e controllo sul lavoro del personale, e relazionale (42%) perché manca il confronto quotidiano e il lavorare fianco a fianco. Solo il 14% delle aziende dichiara problemi legati alla tecnologia, rilevante soprattutto per quelle aziende che hanno risposto all’emergenza ma non erano preparate a gestirla a livello di strumenti e competenze interne.

La percezione dei lavoratori

Il 38% del campione intervistato da InfoJobs si dichiara fortunato di poter evitare gli spostamenti in questo momento, mentre il 27% apprezza le possibilità date dalla tecnologia, che mette a disposizione un ufficio “virtuale” dove è possibile continuare a lavorare come prima. Solo il 7% dice di essere meno produttivo soprattutto a causa degli impegni familiari da gestire in contemporanea, percentuale che sale al 33% per le donne con figli conviventi.

Il 17% dei lavoratori apprezza la possibilità di gestire insieme esigenze personali e lavorative, con una percentuale che sale al 30% per le donne con figli. Gli italiani che si sono inoltre trovati a dover far fronte alla creazione di spazi di lavoro fra le mura domestiche, notano con piacere il tempo risparmiato per gli spostamenti da casa all’ufficio (49%) e gli orari flessibili (19,5%). E che dire delle distrazioni fra le postazioni di lavoro? Un pensiero in meno nel caso dell’home office per l’11% dei lavoratori!

L’azienda non è però solo un luogo di prestazione d’opera, ma anche un mondo in cui si intessono relazioni o dove semplicemente ci si confronta. Ecco allora che sono diversi anche gli aspetti di cui si sente la mancanza in questa nuova gestione della routine lavorativa, in primis la socialità del luogo di lavoro e il confronto quotidiano con i colleghi (parimerito al 27%). Seguono sorprendentemente aspetti all’apparenza secondari, come la comodità della propria postazione (11%) o il piacere di prepararsi alla giornata con outfit e make-up (10%).  

E poi?

“Su ciò che avverrà una volta superata l’emergenza sanitaria, le aziende sono caute a parlare di rivoluzione”, commenta Filippo Saini, Head of Job di InfoJobs. “Anche i lavoratori sembrano apprezzare le potenzialità del lavoro da remoto, ma sono ben lontani dall’augurarsi che possa essere la modalità esclusiva e prioritaria di domani. In generale, dalla nostra indagine emerge un’Italia molto pragmatica e realista, che distingue le misure eccezionali dai propri desideri e dalla speranza per la nuova normalità di domani”

Nel dettaglio, per il 30% delle aziende non ci saranno cambiamenti delle modalità di lavoro rispetto al business pre-COVID-19, mentre il 28% dovrà valutare gli sviluppi legislativi per implementare a regime lo smart working e il 24% lo abiliterà ma solo per una parte dei dipendenti.

Concordi su un approccio prudente anche i lavoratori, il 71% vorrebbe il lavoro agile 1 o 2 giorni a settimana (89% per le donne con figli) mentre solo il 16% auspica un full time smart. Dissente il 13%: meglio l’ufficio!

[1] Indagine realizzata da InfoJobs a marzo 2020 su un campione di 189 aziende e 1149 candidati

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