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Quanto sono disposti a spendere gli italiani per i prodotti sostenibili? Il 10% in più

Spesa sostenibile sì, certamente, basta non spendere troppo. E quanto sia questo “troppo” lo quantifica il più recente Osservatorio mensile realizzato da Findomestic in collaborazione con Doxa: non devono costare oltre il 10% in più. È il pnsiero di quasi sette italiani su dieci. Soltanto l’1% degli intervistati è disposto a spendere oltre il 20% in più.

“Sebbene il tema della sostenibilità sia sempre più al centro dell’attenzione dei consumatori – commenta Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic – il prezzo rimane il principale driver di spesa per il 64% degli intervistati e ben un cittadino su quattro dichiara di non potersi permettere spese aggiuntive per prodotti ‘verdi’ ed etici”.

La sostenibilità si gioca prima di tutto a tavola. Chi si dichiara interessato al tema della sostenibilità è disposto a pagare di più soprattutto per beni alimentari (29%), interventi di riqualificazione dell’abitazione (13%), elettrodomestici e automobili (9%).

Sull’amore del Pianeta vince però un sano, italico scetticismo. Il 51% degli intervistati da Findomestic associa la sostenibilità a un impegno concreto delle aziende per ridurre il loro impatto sull’ambiente, un altro quarto (25%) pensa che la sostenibilità sia a tutti gli effetti uno stile di vita sempre più diffuso. Il 24% degli intervistati rimane invece scettico: per il 9% la sostenibilità è un ideale portato avanti dagli ambientalisti, per il 9% si tratta di uno slogan utilizzato dalle aziende per vendere di più, per il 4% si configura come un costo per le imprese e per un altro 3% è una moda passeggera. 

Gli italiani si spaccano in due quanto si tratta di comportamenti sosteniblli. Secondo l’Osservatorio Findomestic il 43% degli italiani adotta comportamenti sostenibili per contribuire alla tutela dell’ambiente, mentre il 37% lo fa perché ha a cuore il benessere delle generazioni future. La sostenibilità è fatta anche di piccoli gesti alla portata di tutti: il 58% degli intervistati dichiara di prestare attenzione alla raccolta differenziata, il 42% di ridurre al minimo i consumi, il 23% di limitare riscaldamento e condizionamento ove possibile e un altro 22% cerca di ricorrere alla riparazione degli oggetti piuttosto che alla loro sostituzione. Il 17% degli intervistati preferisce gli “spostamenti sostenibili”, scegliendo di muoversi a piedi o in bicicletta o con i mezzi pubblici (10%), oppure utilizzando servizi di car, moto e bike sharing (4%).

 

Cosa deve fare un’azienda sostenibile?

Le aziende sostenibili sono, secondo il campione intervistato da Findomestic, quelle che si sforzano di ridurre le emissioni e l’impatto ambientale (62% con punte del 66% tra le donne). Ci sono altri fattori che secondo gli italiani caratterizzano un’azienda sostenibile: l’adozione di un codice etico di comportamento (28%), dare priorità a ricerca, sviluppo e innovazione (26%), tutelare le condizioni lavorative dei propri dipendenti (25%), mantenere la produzione sul suolo nazionale (23%).

Meno prioritari appaiono il miglioramento della qualità dei prodotti/servizi a beneficio dei consumatori (16%), lo sviluppo del territorio in cui opera (15%), la generazione di occupazione (13%), informazioni chiare e trasparenti sui prodotti (12%) e sull’operato finanziario (10%).

 

Addio alle uova da galline allevate in gabbia per Conad, da luglio 2019

Le galline ovaiole escono, finalmente, dalle gabbie: Conad si impegna e annuncia che entro il 1° luglio 2019 eliminerà da tutto il suo assortimento le uova da galline allevate in gabbia (categoria 3).

Il provvedimento riguarda i prodotti di tutte le marche ed è la prosecuzione di un percorso già iniziato nel 2018 con la rimozione delle uova da galline in gabbia dai prodotti a marchio Conad, in un’ottica di sempre maggiore attenzione al mondo naturale e animale.

Che questa sia anche una richiesta dei consumatori lo dicono i dati. Da settembre 2017 a settembre 2018 Conad ha venduto uova per un fatturato di 38.673.129 euro, con un trend in crescita del 2,8% sullo stesso periodo dell’anno precedente. A fronte di questo incremento, nello stesso periodo le vendite di uova da galline in gabbia hanno registrato una diminuzione in valore del 69%. Attualmente la categoria 3 rappresenta il 17% del comparto in valore, e il dato progressivo di settembre 2018 indica una percentuale del 12%.

Parallelamente, gli acquisti di uova da galline allevate a terra hanno segnato un aumento del 137,6%. La categoria detiene oggi una quota del 63% del mercato in valore. In crescita anche il fatturato delle uova da galline allevate all’aperto, per le quali si rileva un aumento del 23,6%, e che rappresentano il 20% del venduto in valore.

Il marchio Msc per la pesca sostenibile arriva nei prodotti Consilia

Il marchio blu MSC arriva su tonno, salmone e merluzzo Consilia, private label del Gruppo SUN, Supermercati Uniti Nazionali, a certificare la sostenibilità della pesca, contribuendo alla salvaguardia del patrimonio ittico per le generazioni che verranno.

Soddisfazione per il Consorzio SUN per aver scelto prodotti ittici provenienti da attività di pesca certificate secondo lo standard MSC per una pesca ben gestita e sostenibile.

“Da sempre il nostro operato si fonda sulla soddisfazione delle esigenze dei nostri consumatori – commenta Stefano Rango direttore del Gruppo Sun -. Ma senza per questo dimenticare di tutelare l’ambiente in cui viviamo e soprattutto preservarlo per le generazioni future”.

Con un nuovo pallet di plastica Conad vince il premio “Il logistico dell’anno 2018”

Ridurre il danneggiamento dei prodotti, limitare i disservizi nel punto di vendita, evitare gli sprechi alimentari e la conseguente produzione di rifiuti: sono gli obiettivi alla base del progetto che Conad ha sviluppato assieme a Cpr System, partner storico nella gestione in comune di pallet e imballaggi riciclabili per il trasporto di prodotti.

Grazie a un nuovo pallet in plastica (polipropilene riciclabile al 100%), leggero e inforcabile per sollevamento, è stato possibile gestire al meglio la distribuzione dei prodotti deperibili a proprio marchio (salumi e formaggi). Il nuovo supporto consente di ridurre il peso complessivo della colonna di carico costituita da più pallet, aumentando al contempo la superficie di appoggio sull’elemento sottostante. Ma è anche un esempio di economia circolare, messo a punto per riutilizzare i materiali in successive fasi o cicli, riducendo gli sprechi ed evitando l’abbattimento di alberi per produrre pallet in legno.

Il progetto è valso a Conad il premio “Il logistico dell’anno 2018”, riconoscimento che Assologistica attribuisce ogni anno alle imprese che più fanno innovazione nel settore.

“Conad ha posto in questi ultimi anni una forte attenzione ai temi dello sviluppo sostenibile. L’impegno è cresciuto ed è evidenziato da tutte le iniziative messe in atto per ridurre l’impatto ambientale delle attività di distribuzione – spiega il direttore supply chain Conad Andrea Mantelli –. Il successo dei prodotti Conad è dovuto a un insieme di fattori: qualità, attenzione alla selezione dei fornitori, controlli sulla filiera, convenienza, ma anche ottimizzazione dei flussi distributivi. Elemento, quest’ultimo, su cui abbiamo lavorato molto, in chiave di centralizzazione logistica e di sviluppo di progetti innovativi. Il premio è il riconoscimento del nostro impegno in materia di sostenibilità e di un progetto che migliora la qualità dell’ambiente migliorando le modalità di trasporto”.

In un viaggio di rifornimento si possono caricare in media 120 nuovi pallet con una riduzione di 2.200 chilogrammi sul totale trasportato rispetto a quelli tradizionali in legno, a tutto vantaggio di una maggiore quantità di prodotto caricabile. In questo modo, inoltre, si riduce del 20% l’incidenza di prodotti danneggiati, evitando il reso e di generare rifiuti (legno e chiodi).

È soprattutto l’ambiente a trarne vantaggio: le emissioni di gas serra – ovvero di CO2 – legate ai trasporti si riducono del 42 per cento rispetto al tradizionale sistema con bancali in legno a causa della minor massa dei pallet in plastica, ai maggiori quantitativi trasportabili di prodotto e, dunque, al minor numero di viaggi degli automezzi.

“La partnership con Conad ci ha consentito di sviluppare importanti progetti finalizzati a preservare la qualità dei prodotti freschi e la sicurezza alimentare, ottimizzando i trasporti, rendendoli più efficienti e riducendone l’impatto ambientale – sottolinea il presidente di Cpr System Francesco Avanzini –. Cpr nasce sostenibile e consideriamo la sostenibilità un’opportunità anche per lo sviluppo economico del Paese. Il premio corona un impegno di lunga data, che portiamo avanti per fornire alla moderna distribuzione le risposte migliori e più efficaci, in un’ottica di economia circolare che è sempre più il nostro carattere distintivo”. 

Penny Market lancia myBio, prima linea biologica di vegetali “brutti ma buoni”

Penny Market lancia la sua prima linea di ortofrutta biologica, 100% italiana, e lo fa in modo innovativo: myBio è infatti la prima linea bio di sei referenze buoni ma esteticamente imperfetti, pensata per avvicinare a questa tipologia di prodotti più costosi anche fasce di consumatori che finora se ne erano tenuti lontani, per motivi economici.

Sei le referenze lanciate da oggi sugli scaffali dei punti vendita italiani, primi ad accogliere la nuova linea, scelti tra le referenze stagionali più popolari: zucchine, limoni, pomodori a grappolo, patate, mele e carote. Anche il packaging è stato realizzato appositamente per la linea: è biodegradabile e compostabile.

La riflessione è nata da un lavoro condiviso tra tre attori che appartengono ad ambiti diversi: oltre a Penny Market, l’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano e Banco Alimentare – che hanno deciso di guardare al food waste come a un’anomalia di sistema. Che porta, ad esempio, il 12% delle eccedenze nella produzione a causa dalla non conformità agli standard estetici richiesti dal mercato. Prodotti perfettamente edibili e conformi ai requisiti di legge in materia di sicurezza alimentare, ma che per motivi estetici (dimensione fuori standard, colorazione della buccia, segni della grandine, deformità) sono scartati prima ancora di entrare nel circuito della distribuzione, non arrivano mai a scaffale.

In Italia ogni anno, secondo i dati di una ricerca condotta dal Politecnico di Milano, vengono sprecate 5,1 milioni di tonnellate di cibo, il 15,4% dei consumi annui alimentari, con un impatto economico di 12,6 miliardi di euro e ambientale di 13 milioni di tonnellate CO2 equivalenti emesse.

Il costo dello spreco alimentare, però, non si esaurisce nel solo costo per la realizzazione del prodotto, ma comprende anche quello previsto per il suo smaltimento. Infatti, lo spreco dipende per il 53% dalle aziende della filiera e per il restante 47% dai consumatori.

“Siamo orgogliosi di presentare la nuova linea “MyBio Bellezze Naturali” che è solo l’ultimo tassello di un approccio più vasto legato alla sostenibilità, ha proseguito Gotthard Klingan, Amministratore Delegato di Penny Market. Quest’ultima iniziativa rappresenta una strada per incidere in profondità nella lotta allo spreco, permettendoci al contempo di garantire ai consumatori un assortimento di prodotti alimentari genuini e naturali”.

“Da anni collaboriamo con le persone di Penny Market, per il recupero di eccedenze alimentari non deperibili e fresche; inoltre, lo scorso anno, con il progetto ‘Dona un SorRISO!’, PENNY MARKET ha devoluto a Banco Alimentare 15.000 chili di riso, pari a 150.000 porzioni – ha aggiunto Andrea Giussani, Presidente Fondazione Banco Alimentare Onlus -. Nella lotta allo spreco di cibo, siamo lieti di vedere crescere ogni iniziativa contro la cultura dello scarto e la sua limitazione in ogni segmento della filiera, proponendo stili di consumo più sostenibili e rispettosi del lavoro dell’uomo. Sensibilizzare i consumatori, tramite nuove opportunità di acquisto più responsabile, è un contributo importante da parte di Penny Market, per riformare ancora più efficacemente il modello della attuale filiera alimentare”. Attivo dal 1989, Banco Alimentare solo nel 2017 ha aiutato oltre 1 milione e mezzo di italiani attraverso circa 8.000 strutture caritative convenzionate, grazie alle quali ha distribuito più di 91.000 tonnellate di cibo destinate alla discarica. Tutto questo è stato possibile grazie ai 1.800 volontari di tutta Italia.

È il modello che deve cambiare prospettiva, mostrando come la lotta agli sprechi e la commercializzazione di prodotti 4B – brutti, buoni, bravi, biologici – può essere considerato un vantaggio competitivo, soprattutto per i piccoli produttori che hanno la possibilità di far conoscere anche all’estero la propria frutta e verdura: Campina Verde è l’azienda del Gruppo Rewe – lo stesso al quale appartiene Penny Market – che si occupa di far conoscere i prodotti biologici italiani in tutta Europa, svolgendo un ruolo di collettore nella distribuzione di prodotto, anche di piccoli quantitativi, nonché nell’internazionalizzazione del biologico, al fine di consentire la distribuzione dei prodotti anche di  fornitori di minore dimensione, che diversamente non potrebbero accedere al mercato internazionale.

Meno rifiuti entro il 2025, la missione Im-ballo (con tre obiettivi) di Aldi

Ridurre. Riutilizzare. Riciclare: sono i capisaldi della strategia di ALDI per ridurre e riutilizzare i rifiuti da imballaggio di plastica nominata “ALDI, MISSIONE IM-BALLO!”. L’iniziativa vede il brand coinvolto in una serie di attività volte a raggiungere importanti traguardi anche nel rispetto degli obiettivi 2030 del pacchetto di misure sull’economia circolare adottato dalla Commissione Europea. Di pari passo con il piano di espansione sul territorio italiano, l’insegna tedesca sta lavorando al suo programma pluriennale di Corporate Responsibility “Oggi per domani”, con l’obiettivo di adottare giorno dopo giorno buone pratiche attente a tutti gli attori con cui si relaziona.

La strategia ha dato vita a una serie di iniziative che coinvolgono, oltre ai propri collaboratori, anche fornitori, produttori e lo stesso cliente finale, per ridurre i materiali di imballaggio, riutilizzare tutti i tipi di pack e massimizzare la riciclabilità di ogni materiale.

Gli obiettivi della “missione” sono tre e si concentrano su direttrici ben precise:

Riduzione dei materiali di imballaggio: entro il 31 dicembre 2025 il peso totale degli imballaggi di articoli private label dovrà essere ridotto, rispetto al 2018, del 25% in relazione al fatturato.

Aumento del tasso di riciclabilità: entro il 2022 riciclabilità verificata per tutte le tipologie di pack in private label.

Eliminazione articoli in plastica usa e getta: entro il 31 dicembre 2019 ALDI sostituirà tutti i prodotti in plastica usa e getta con soluzioni più sostenibili.

Il progetto è un ulteriore esempio dell’impegno del discounter per offrire prodotti di qualità e allo stesso tempo sostenibili. In quest’ottica, il prodotto assume un ruolo centrale e il packaging ne diviene parte integrante. Ciò si traduce in un’attenzione responsabile nelle scelte commerciali, lavorando assiduamente sulla filiera, responsabilizzando fornitori e produttori, e sensibilizzando i consumatori, al fine di essere sempre in linea con gli standard fissati dall’azienda.

L’insegna tedesca sta inoltre lavorando affinché per il reparto ortofrutta vengano sviluppate soluzioni ad hoc per ridurre ulteriormente l’uso di plastica nelle confezioni.

 

Non solo plastica

A seguito delle sue linee guida per l’acquisto di legno, ALDI sta lavorando anche affinché entro il 31 dicembre 2020 tutte le confezioni in carta siano costituite da materiale riciclato in misura non inferiore al 70% del totale, ovvero siano certificate secondo la catena di custodia (CoC) da parte del Forest Stewardship Council (FSC) o alternativamente del Programme for the Endorsement of Forest Certification Schemes (PEFC).

Nel mese di giugno il brand ha lanciato anche “Io RICICLO!”, l’iniziativa di sensibilizzazione e informazione dei clienti sulla salvaguardia dell’ambiente, con lo scopo di informare sul tipo di materiale impiegato e agevolare un corretto conferimento dei rifiuti nel circuito di raccolta dei Comuni, tramite icone chiare e ben visibili sui packaging dei prodotti.

L’industria dei beni di consumo scende in campo per un’economia circolare della plastica

Al Consumer Goods Forum tenutosi a Parigi lo scorso 28 ottobre sono stati presi impegni: una dichiarazione che chiede all’industria dei beni di consumo di svolgere un ruolo di primo piano nell’eliminazione dei rifiuti di plastica su terra e mare, e approva la visione della New Plastics Economy della Ellen MacArthur Foundation, secondo la quale nessuna plastica deve essere gettata via come rifiuto.
Il Consumer Goods Forum (“CGF”) è un network industriale globale guidato dai suoi membri per incoraggiare l’adozione globale di pratiche e standard che servono l’industria dei beni di consumo in tutto il mondo. Riunisce i CEO e i dirigenti di circa 400 tra retailer, produttori, fornitori di servizi e altre parti interessate di 70 Paesi.
La dichiarazione è stata rilasciata in vista della conferenza Our Ocean che è in corso a Bali, in Indonesia, dove Emmanuel Faber, Presidente e CEO di Danone e membro del Consiglio di CGF, sottolineerà l’importante ruolo che l’industria può e dovrebbe svolgere per affrontare i rifiuti di plastica.

 

Dichiarazione per un’economia circolare

La dichiarazione completa è questa: “In qualità di Board of The Consumer Goods Forum, riconosciamo l’urgente necessità per il nostro settore di svolgere un ruolo di primo piano nell’affrontare il problema dei rifiuti di plastica. Ci impegniamo a realizzare azioni di collaborazione pre-competitiva con l’obiettivo di eliminare i rifiuti di plastica sulla terra e sul mare.

Riconosciamo che la sfida dei rifiuti di plastica sarà risolta solo dalla collaborazione globale tra aziende, governi nazionali e locali, organizzazioni multinazionali, industria del riciclaggio e consumatori. Di conseguenza, il Board of The Consumer Goods Forum (CGF) approva la visione della New Plastics Economy della Ellen MacArthur Foundation di un’economia circolare in cui nessuna plastica finisce come rifiuto.

Diversi membri del CGF stanno già compiendo sforzi in linea con gli obiettivi della New Plastics Economy, sforzandosi di ridurre gli imballaggi problematici o inutili e aumentare l’uso di imballaggi che sono riciclabili o riutilizzabili. Per integrare gli sforzi delle singole aziende associate, il CGF identificherà aree specifiche in cui possiamo lavorare in modo collaborativo e preconcorrenziale per promuovere un’economia circolare per gli imballaggi in plastica. Le aree di interesse iniziali comprenderanno l’ottimizzazione del design del packaging, il lavoro con gli altri per consentire il riciclaggio e il riutilizzo dei sistemi e lo stimolo dell’impegno dei consumatori”.

 

Ipse dixit

“Le aziende devono trovare un nuovo approccio alla plastica e semplificare l’utilizzo da parte dei consumatori e riciclare di più. Il CGF si impegna a essere in prima linea in per ridurre la quantità di plastica in uso, semplificare i materiali che usiamo, migliorare i tassi di riciclaggio e passare a nuovi modi innovativi di fare impresa “. Steve Rowe, Chief Executive di Marks and Spencer e Board Co-Sponsor del gruppo di sostenibilità di CGF.

“La sfida dei rifiuti di plastica è reale e urgente e va affrontata attraverso azioni specifiche che le aziende possono intraprendere individualmente e collettivamente, in collaborazione con governi, ONG e industria del riciclaggio. Siamo impegnati a fare la nostra parte per garantire che la plastica di cui abbiamo bisogno sia sicura ed economica, riutilizzata, riciclata o compostata”. Ian Cook, Presidente e CEO di Colgate-Palmolive e Co-Chair del Consiglio di amministrazione di CGF.

“Il sostegno del CGF dimostra che l’industria dei beni di consumo sta intensificando gli sforzi per affrontare la sfida del packaging in plastica: eliminare gli sprechi e costruire un’economia circolare della plastica. Attendo con impazienza che altri membri della CGF sottoscrivano il Global Commitment della New Plastics Economy e che lavorino con noi per guidare il cambiamento sistemico “. Emmanuel Faber, Presidente e CEO di Danone, e membro del Consiglio di Amministrazione di CGF.

“Sono orgoglioso del fatto che Nestlé sia ​​tra i firmatari del New Global Plastics Economy Commitment. Rappresenta una struttura potente per guidare l’azione collettiva. Ogni sforzo conta”. Mark Schneider, Amministratore delegato di Nestlé S.A., e membro del consiglio di amministrazione di CGF.

“È chiaro che l’ardua sfida dei rifiuti di plastica può essere affrontata solo se lavoriamo tutti insieme – aziende, governi, comunità e consumatori in tutto il mondo. Il CGF è stato creato per guidare esattamente questo tipo di collaborazione su larga scala. Nello specifico, i nostri membri si impegnano a lavorare insieme nelle tre aree in cui riteniamo che l’industria possa dare un contributo unico: progettazione del packaging, coinvolgimento dei consumatori e sistemi di riciclaggio. Non vediamo l’ora di lavorare anche con gli altri stakeholder che svolgono ruoli di primo piano in queste aree e che condividono il nostro obiettivo a lungo termine di eliminare i rifiuti di plastica sulla terra e sul mare”. Peter Freedman, Managing Director del Consumer Goods Forum, ha dichiarato: “

Allarme Greenpeace, oltre a pesce e acqua le microplastiche inquinano il sale da cucina

L’inquinamento dei mari arriva sulle nostre tavole: lo rivela Greenpeace che ha analizzato 39 campioni di sale da cucina riscontrando che 36 di questi, provenienti da diverse nazioni inclusa l’Italia, contenevano frammenti di plastica inferiori ai 5 millimetri, meglio noti come microplastiche. La ricerca scientifica, pubblicata sulla rivista internazionale Environmental Science & Technology, è nata dalla collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Incheon in Corea del Sud. Dall’indagine, che ha preso in esame campioni di sale marino, di miniera e di lago, risulta che 36 campioni erano contaminati da microplastica costituita da Polietilene, Polipropilene e Polietilene Tereftalato (PET), ovvero le tipologie di plastica più comunemente utilizzate per produrre imballaggi usa e getta.

“Numerosi studi hanno già dimostrato la presenza di plastica in pesci e frutti di mare, acqua di rubinetto e adesso anche nel sale da cucina. Questa ricerca conferma la gravità dell’inquinamento da plastica e come per noi sia ormai impossibile sfuggire a tale contaminazione – ha detto Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia -. È necessario fermare l’inquinamento alla radice ed è fondamentale che le grandi aziende facciano la loro parte riducendo drasticamente l’impiego della plastica usa e getta per confezionare i loro prodotti”.

Questa ricerca, la prima condotta su vasta scala e tale da permettere un’analisi comparata della presenza di microplastiche in campioni di sale da cucina provenienti da numerose aree geografiche, ha consentito anche di correlare i livelli di inquinamento riscontrati nel sale con l’immissione e il rilascio di plastica nell’ambiente. Infatti, di tutti i campioni analizzati quelli provenienti dall’Asia hanno registrato i livelli medi di contaminazione più elevati con picchi fino a 13 mila microplastiche in un campione proveniente dall’Indonesia che, secondo studi recenti, è seconda per l’apporto globale di plastica nei mari.

I tre campioni di sale provenienti dall’Italia, due di tipo marino e uno di miniera, sono risultati contaminati dalle microplastiche con un numero di particelle compreso tra 4 e 30 unità per chilogrammo. In generale nei campioni di sale marino è stata osservata una maggiore presenza di microplastiche (compresi tra 0 e 1674 microplastiche per chilo, escludendo il campione indonesiano), seguiti dai campioni provenienti da laghi salati (compresi tra 28 e 462 microplastiche per chilo) e dalle miniere (compresi tra 0 e 148 microplastiche per chilo).

In base ai risultati della ricerca e, considerando l’assunzione media giornaliera di 10 grammi, un adulto potrebbe ingerire, solo attraverso il consumo di sale da cucina, circa 2 mila pezzi di microplastiche all’anno considerando la concentrazione media di microplastiche in tutti i sali analizzati e fino a 110 sulla base del dato italiano peggiore.

“I risultati suggeriscono che l’ingestione di microplastiche da parte dell’uomo può avvenire anche attraverso prodotti di origine marina e l’esposizione umana può dipendere dai livelli di contaminazione nelle differenti aree geografiche – spiega Kim Seung-Kyu, professore dell’Università di Incheon e autore dell’articolo -. Per limitare la nostra esposizione alle microplastiche sono necessarie misure preventive riguardo l’immissione di plastica in mare, una migliore gestione dei rifiuti in ambiente terrestre e, soprattutto, la riduzione della produzione di rifiuti in plastica”.

Nei mesi scorsi Greenpeace ha lanciato una petizione (no-plastica.greenpeace.it), sottoscritta da quasi due milioni di persone in tutto il mondo, con cui chiede ai grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Ferrero, Unilever, San Benedetto, Procter & Gamble e McDonald’s di assumersi le proprie responsabilità, partendo dalla riduzione di contenitori e imballaggi in plastica monouso immessi sul mercato.

La Gdo si + impgnata a vari livelli per limitare l’uso delle plastiche e la vendita di prodotti contententi microplastiche (dentifrici, scrub e consmetici).

vedi Al via il bando alle microplastiche nel Regno Unito, in Italia stop dal 2020

Fairtrade nel mondo a 8 miliardi di euro (+8%) e 178 milioni di “premio” ai contadini (+19%)

Aumentano le vendite globali di prodotti Fairtrade: nel 2017 hanno raggiunto gli 8,5 miliardi di euro nel mondo, con un incremento del 9% ma, soprattutto, hanno assicurato un Premio di 178 milioni di euro (+19% rispetto all’anno precedente) alle organizzazioni di agricoltori e lavoratori, in aggiunta al reddito ricavato dalla vendita dei prodotti, da investire in progetti di sviluppo scelti da loro. I dati sono pubblicati nel Working together for fair and sustainable trade, il rapporto annuale di Fairtrade International.

Il quale testimonia gli sforzi dell’organizzazione del commmercio equosolidale per supportare agricoltori e lavoratori nel raggiungimento di condizioni di vita sostenibili, in un momento nel quale, ad esempio, i prezzi del caffè mondiale hanno raggiunto i livelli più bassi degli ultimi 12 anni.

Il rapporto 2017-2018 illustra il programma di sostenibilità per condividere i benefici del commercio in modo più equo: intensificare le strategie per ottenere redditi che permettano condizioni di vita dignitose e salari adeguati per agricoltori e lavoratori, rafforzare la posizione delle donne e dei giovani per guidare il cambiamento nelle loro comunità, sostenere le organizzazioni di agricoltori nel mitigare gli effetti del cambiamento climatico e collaborare con partner internazionali per contribuire alla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

 

Uk primi della classe, cacao +57%

Nel corso del 2017, Fairtrade ha lavorato con oltre 1,6 milioni di agricoltori e lavoratori in 75 Paesi, e sono circa 30.000 i prodotti a marchio FAIRTRADE disponibili in 150 Paesi. Il Regno Unito continua ad essere il più grande mercato per valore delle vendite al dettaglio, seguito da Germania e Stati Uniti, ma la maggior parte degli altri mercati Fairtrade è cresciuta a doppia cifra.

Anche i volumi di vendita dei principali prodotti sono aumentati significativamente nel 2017. In particolare, quelli del cacao del 57%. Le vendite di zucchero hanno registrato una forte crescita, del 30%, recuperando il calo significativo dovuto alla decisione dell’Unione Europea, nel 2015, di abolire i limiti sulla produzione di prodotti in concorrenza con lo zucchero di barbabietola europeo. I coltivatori di caffè hanno beneficiato di un aumento delle vendite del 15% e i produttori di banane hanno venduto l’11% in più rispetto all’anno precedente.

Le vendite dei primi sette prodotti Fairtrade.

“Crediamo che tutti gli agricoltori e i lavoratori meritino di guadagnarsi da vivere per ciò che coltivano – ha detto Darío Soto Abril, Global CEO di Fairtrade International -. Negli ultimi due anni, i cali significativi dei prezzi del caffè e del cacao sul mercato globale, che hanno gravato sugli agricoltori stessi, hanno messo in evidenza che un prezzo equo deve essere uno degli elementi chiave di un problema complessivo dei redditi dei piccoli agricoltori”.

Per le cooperative di agricoltori, Fairtrade proverà a mettere in campo una roadmap per arrivare a redditi che permettano di vivere dignitosamente, con un focus iniziale sul settore del cacao nell’Africa occidentale. Per i lavoratori delle piantagioni, invece, sono ancora in fase di sviluppo modelli applicabili per progredire verso livelli di salario sostenibili, partendo da banane e fiori.

Secondo Soto Abril, è necessario uno sforzo collettivo. “Fairtrade offre approcci per restituire più valore agli agricoltori e ai lavoratori e insieme ai governi, alla società civile, alle imprese, agli agricoltori, ai lavoratori e ai consumatori renderemo il reddito sostenibile una realtà”.

Emissioni e rumore zero per il semirimorchio ad azoto di Lidl

Silenzioso e a emissioni zero: è il primo semirimorchio refrigerato ad azoto liquido adottato in Italia, da Lidl. Un rivoluzionario mezzo è stato presentato ieri in anteprima a Milano da LC3, prima Azienda in Italia ad aver abbracciato il metano allo stato liquido LNG, nonché storico partner della logistica del discounter tedeso. Perché non genera emissioni inquinanti nell’atmosfera: zero emissioni di anidride carbonica (CO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri sottili (PM).

Già nel 2014 Lidl adottò la prima flotta di 15 mezzi Iveco Stralis alimentati a gas naturale liquido (LNG). Una soluzione tecnologica all’avanguardia e alternativa, volta a ridurre l’impatto ambientale del trasporto su ruota. Con RevolutionN2, il nuovissimo semirimorchio refrigerato ad azoto, prosegue la partnership tra Lidl e LC3 all’insegna della sostenibilità.

Spiega Pierpaolo Pastore, Direttore Logistica Lidl Italia,: “L’adozione nel 2014 dei primi mezzi a metano liquido fu una vera e propria svolta “verde” per la logistica di Lidl Italia. Oggi facciamo un ulteriore passo in avanti. Siamo molto orgogliosi di essere i primi in Italia ad adottare il semirimorchio ad azoto. Il primo mezzo sarà destinato al rifornimento quotidiano dei nostri punti vendita di Milano, con l’augurio di estenderlo poi nel breve anche ad altre aree cittadine. Un ringraziamento va ad LC3 che ha creduto in questo progetto, rendendolo realtà e segnando un’importante tappa per una logistica sempre più sostenibile”.

 

 

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