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Allarme Greenpeace, oltre a pesce e acqua le microplastiche inquinano il sale da cucina

L’inquinamento dei mari arriva sulle nostre tavole: lo rivela Greenpeace che ha analizzato 39 campioni di sale da cucina riscontrando che 36 di questi, provenienti da diverse nazioni inclusa l’Italia, contenevano frammenti di plastica inferiori ai 5 millimetri, meglio noti come microplastiche. La ricerca scientifica, pubblicata sulla rivista internazionale Environmental Science & Technology, è nata dalla collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Incheon in Corea del Sud. Dall’indagine, che ha preso in esame campioni di sale marino, di miniera e di lago, risulta che 36 campioni erano contaminati da microplastica costituita da Polietilene, Polipropilene e Polietilene Tereftalato (PET), ovvero le tipologie di plastica più comunemente utilizzate per produrre imballaggi usa e getta.

“Numerosi studi hanno già dimostrato la presenza di plastica in pesci e frutti di mare, acqua di rubinetto e adesso anche nel sale da cucina. Questa ricerca conferma la gravità dell’inquinamento da plastica e come per noi sia ormai impossibile sfuggire a tale contaminazione – ha detto Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia -. È necessario fermare l’inquinamento alla radice ed è fondamentale che le grandi aziende facciano la loro parte riducendo drasticamente l’impiego della plastica usa e getta per confezionare i loro prodotti”.

Questa ricerca, la prima condotta su vasta scala e tale da permettere un’analisi comparata della presenza di microplastiche in campioni di sale da cucina provenienti da numerose aree geografiche, ha consentito anche di correlare i livelli di inquinamento riscontrati nel sale con l’immissione e il rilascio di plastica nell’ambiente. Infatti, di tutti i campioni analizzati quelli provenienti dall’Asia hanno registrato i livelli medi di contaminazione più elevati con picchi fino a 13 mila microplastiche in un campione proveniente dall’Indonesia che, secondo studi recenti, è seconda per l’apporto globale di plastica nei mari.

I tre campioni di sale provenienti dall’Italia, due di tipo marino e uno di miniera, sono risultati contaminati dalle microplastiche con un numero di particelle compreso tra 4 e 30 unità per chilogrammo. In generale nei campioni di sale marino è stata osservata una maggiore presenza di microplastiche (compresi tra 0 e 1674 microplastiche per chilo, escludendo il campione indonesiano), seguiti dai campioni provenienti da laghi salati (compresi tra 28 e 462 microplastiche per chilo) e dalle miniere (compresi tra 0 e 148 microplastiche per chilo).

In base ai risultati della ricerca e, considerando l’assunzione media giornaliera di 10 grammi, un adulto potrebbe ingerire, solo attraverso il consumo di sale da cucina, circa 2 mila pezzi di microplastiche all’anno considerando la concentrazione media di microplastiche in tutti i sali analizzati e fino a 110 sulla base del dato italiano peggiore.

“I risultati suggeriscono che l’ingestione di microplastiche da parte dell’uomo può avvenire anche attraverso prodotti di origine marina e l’esposizione umana può dipendere dai livelli di contaminazione nelle differenti aree geografiche – spiega Kim Seung-Kyu, professore dell’Università di Incheon e autore dell’articolo -. Per limitare la nostra esposizione alle microplastiche sono necessarie misure preventive riguardo l’immissione di plastica in mare, una migliore gestione dei rifiuti in ambiente terrestre e, soprattutto, la riduzione della produzione di rifiuti in plastica”.

Nei mesi scorsi Greenpeace ha lanciato una petizione (no-plastica.greenpeace.it), sottoscritta da quasi due milioni di persone in tutto il mondo, con cui chiede ai grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Ferrero, Unilever, San Benedetto, Procter & Gamble e McDonald’s di assumersi le proprie responsabilità, partendo dalla riduzione di contenitori e imballaggi in plastica monouso immessi sul mercato.

La Gdo si + impgnata a vari livelli per limitare l’uso delle plastiche e la vendita di prodotti contententi microplastiche (dentifrici, scrub e consmetici).

vedi Al via il bando alle microplastiche nel Regno Unito, in Italia stop dal 2020

Fairtrade nel mondo a 8 miliardi di euro (+8%) e 178 milioni di “premio” ai contadini (+19%)

Aumentano le vendite globali di prodotti Fairtrade: nel 2017 hanno raggiunto gli 8,5 miliardi di euro nel mondo, con un incremento del 9% ma, soprattutto, hanno assicurato un Premio di 178 milioni di euro (+19% rispetto all’anno precedente) alle organizzazioni di agricoltori e lavoratori, in aggiunta al reddito ricavato dalla vendita dei prodotti, da investire in progetti di sviluppo scelti da loro. I dati sono pubblicati nel Working together for fair and sustainable trade, il rapporto annuale di Fairtrade International.

Il quale testimonia gli sforzi dell’organizzazione del commmercio equosolidale per supportare agricoltori e lavoratori nel raggiungimento di condizioni di vita sostenibili, in un momento nel quale, ad esempio, i prezzi del caffè mondiale hanno raggiunto i livelli più bassi degli ultimi 12 anni.

Il rapporto 2017-2018 illustra il programma di sostenibilità per condividere i benefici del commercio in modo più equo: intensificare le strategie per ottenere redditi che permettano condizioni di vita dignitose e salari adeguati per agricoltori e lavoratori, rafforzare la posizione delle donne e dei giovani per guidare il cambiamento nelle loro comunità, sostenere le organizzazioni di agricoltori nel mitigare gli effetti del cambiamento climatico e collaborare con partner internazionali per contribuire alla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

 

Uk primi della classe, cacao +57%

Nel corso del 2017, Fairtrade ha lavorato con oltre 1,6 milioni di agricoltori e lavoratori in 75 Paesi, e sono circa 30.000 i prodotti a marchio FAIRTRADE disponibili in 150 Paesi. Il Regno Unito continua ad essere il più grande mercato per valore delle vendite al dettaglio, seguito da Germania e Stati Uniti, ma la maggior parte degli altri mercati Fairtrade è cresciuta a doppia cifra.

Anche i volumi di vendita dei principali prodotti sono aumentati significativamente nel 2017. In particolare, quelli del cacao del 57%. Le vendite di zucchero hanno registrato una forte crescita, del 30%, recuperando il calo significativo dovuto alla decisione dell’Unione Europea, nel 2015, di abolire i limiti sulla produzione di prodotti in concorrenza con lo zucchero di barbabietola europeo. I coltivatori di caffè hanno beneficiato di un aumento delle vendite del 15% e i produttori di banane hanno venduto l’11% in più rispetto all’anno precedente.

Le vendite dei primi sette prodotti Fairtrade.

“Crediamo che tutti gli agricoltori e i lavoratori meritino di guadagnarsi da vivere per ciò che coltivano – ha detto Darío Soto Abril, Global CEO di Fairtrade International -. Negli ultimi due anni, i cali significativi dei prezzi del caffè e del cacao sul mercato globale, che hanno gravato sugli agricoltori stessi, hanno messo in evidenza che un prezzo equo deve essere uno degli elementi chiave di un problema complessivo dei redditi dei piccoli agricoltori”.

Per le cooperative di agricoltori, Fairtrade proverà a mettere in campo una roadmap per arrivare a redditi che permettano di vivere dignitosamente, con un focus iniziale sul settore del cacao nell’Africa occidentale. Per i lavoratori delle piantagioni, invece, sono ancora in fase di sviluppo modelli applicabili per progredire verso livelli di salario sostenibili, partendo da banane e fiori.

Secondo Soto Abril, è necessario uno sforzo collettivo. “Fairtrade offre approcci per restituire più valore agli agricoltori e ai lavoratori e insieme ai governi, alla società civile, alle imprese, agli agricoltori, ai lavoratori e ai consumatori renderemo il reddito sostenibile una realtà”.

Emissioni e rumore zero per il semirimorchio ad azoto di Lidl

Silenzioso e a emissioni zero: è il primo semirimorchio refrigerato ad azoto liquido adottato in Italia, da Lidl. Un rivoluzionario mezzo è stato presentato ieri in anteprima a Milano da LC3, prima Azienda in Italia ad aver abbracciato il metano allo stato liquido LNG, nonché storico partner della logistica del discounter tedeso. Perché non genera emissioni inquinanti nell’atmosfera: zero emissioni di anidride carbonica (CO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri sottili (PM).

Già nel 2014 Lidl adottò la prima flotta di 15 mezzi Iveco Stralis alimentati a gas naturale liquido (LNG). Una soluzione tecnologica all’avanguardia e alternativa, volta a ridurre l’impatto ambientale del trasporto su ruota. Con RevolutionN2, il nuovissimo semirimorchio refrigerato ad azoto, prosegue la partnership tra Lidl e LC3 all’insegna della sostenibilità.

Spiega Pierpaolo Pastore, Direttore Logistica Lidl Italia,: “L’adozione nel 2014 dei primi mezzi a metano liquido fu una vera e propria svolta “verde” per la logistica di Lidl Italia. Oggi facciamo un ulteriore passo in avanti. Siamo molto orgogliosi di essere i primi in Italia ad adottare il semirimorchio ad azoto. Il primo mezzo sarà destinato al rifornimento quotidiano dei nostri punti vendita di Milano, con l’augurio di estenderlo poi nel breve anche ad altre aree cittadine. Un ringraziamento va ad LC3 che ha creduto in questo progetto, rendendolo realtà e segnando un’importante tappa per una logistica sempre più sostenibile”.

 

 

Settimane del commercio equo Fairtrade, al via dal 13 al 28 ottobre

Una maggiore convenienza nell’acquisto dei prodotti equsolidali, in vista di una loro maggiore diffusione e conoscenza da parte del consumatore: è questo il senso delle Settimane Fairtrade, che tornano quest’anno dal 13 al 28 ottobre.

Al motto “Fai la spesa cambia il mondo”, migliaia di consumatori potranno beneficiare di promozioni e iniziative speciali in centinaia di supermercati e ipermercati di tutto il territorio nazionale per acquistare prodotti “giusti”, che rispettano i diritti dei lavoratori nei Paesi in via di sviluppo e sono ottenuti con pratiche ambientali sostenibili. Lo assicura Fairtrade, il Marchio internazionale del commercio equo.
Grazie a Fairtrade, infatti, i contadini e i lavoratori ricevono per il loro raccolto un prezzo minimo tale da coprire i costi medi di una produzione sostenibile, il cosiddetto Prezzo minimo Fairtrade. Inoltre, viene corrisposto loro il pagamento di un margine di guadagno aggiuntivo, il Premio Fairtrade, per sostenere progetti di sviluppo democraticamente decisi dalle comunità. Si tratta ad esempio di programmi sociali, sanitari, di salvaguardia dell’ambiente o di miglioramento della produzione.
Caffè, banane, zucchero, cacao e molto altro ancora. La scelta dei prodotti è molto ampia e riguarda sia prodotti alimentari sia prodotti non food, tutti ottenuti nel rispetto dei diritti dei lavoratori.
Una ricerca di mercato Nielsen, presentata lo scorso maggio, conferma che il 29% del campione intervistato tende ad acquistare sempre di più i prodotti del commercio equo (con una crescita di 6 punti percentuali rispetto ad una analoga indagine svolta nel 2014), e che in generale, le persone tendono a comprare con maggiore frequenza i prodotti “etici” all’interno dei punti vendita tradizionali: supermercati, ipermercati, discount e negozi al dettaglio.

Lidl sempre più etica: entro fine 2018, il 100% di prodotti alimentari conterrà cacao certificato

Punta sulla sostenibilità ambientale e l’eticità dell’offerta Lidl Italia che, dopo il recente annuncio di ridurre del 20% l’utilizzo di plastica entro il 2025 e la messa al bando dei prodotti monouso come bicchieri, piatti e posate dello stesso materiale, annuncia che entro la fine del 2018 tutti i prodotti in assortimento fisso a marchio proprio contenenti cacao utilizzeranno solo materia prima certificata.

Il 100% del cacao contenuto dunque nei prodotti alimentari avrà almeno una delle seguenti certificazioni: UTZ e Rainforest Alliance, Fairtrade o agricoltura biologica. L’obiettivo vale per i prodotti a marchio proprio in assortimento continuativo. L’obiettivo è quello di stimolare modelli di consumo più consapevole e diffondere una cultura di rispetto di elevati standard sociali e ambientali

Per raggiungere questo obiettivo, l’azienda tedesca collabora strettamente con due organizzazioni ampiamente riconosciute e attive. UTZ e Rainforest Alliance sono due organizzazioni che, da gennaio 2018, hanno unito le forze per affrontare insieme alcune delle sfide come deforestazione, cambiamento climatico e povertà. La nuova organizzazione, Rainforest Alliance, vuole creare un sistema di agricoltura sostenibile che aiuti gli agricoltori, le comunità forestali, i lavoratori e le loro famiglie ad avere un reddito equo e a salvaguardare le risorse naturali, l’ambiente e la fauna selvatica. Tra i prodotti dell’assortimento Lidl contenenti cacao che già vantano il sigillo UTZ o Rainforest Alliance Certified ci sono biscotti, cioccolato, croissant e dessert.

Fairtrade è un’organizzazione globale che, attraverso il ben noto marchio di certificazione (il cerchio tondo nero verde e blu), si propone di garantire migliori condizioni di vita ai produttori dei Paesi in via di sviluppo. Il suo obiettivo è quello di supportare i produttori più svantaggiati, rendendoli capaci di entrare nel sistema commerciale in condizioni di trasparenza e correttezza e migliorando così i loro standard di vita. Alcuni prodotti dell’assortimento Lidl che possono già vantare il sigillo Fairtrade Cocoa Program sono tavolette di cioccolato e prodotti da ricorrenza.

Il documento di posizione completo sulla politica di acquisto di Lidl Italia in merito al cacao è liberamente consultabile cliccando qui

 

Tesco lancia i discount Jack’s e sfida Lidl e Aldi sul loro terreno

Tesco, la maggiore insegna Gdo del Regno Unito, ha lanciato Jack’s, una nuova insegna di negozi discount ispirati e intitolati al suo fondatore, Jack Cohen.

La sfida del nuovo format è quella di portare “un ottimo cibo ai prezzi più bassi possibili”. Ma l’insegna punta anche sulle origini e il Made in Britain: otto prodotti alimentari e bevande in assortimento su 10 sono infatti coltivati, allevati o prodotti in Gran Bretagna.

Nel 1919, il fondatore di Tesco, Jack Cohen, iniziò a vendere eccedenza delle scorte dell’esercito da una bancarella del mercato a Well Street, Hackney (Londra). Con poco più di 30 sterline e un’intuizione circa ciò di cui i clienti avevano bisogno, Jack costruì un’azienda nota per rendere il cibo disponibile a tutti in un momento in cui molte famiglie semplicemente non potevano permettersi il cibo venduto nei negozi. Il lancio di Jack fa parte delle celebrazioni del centenario di Tesco.

Jack sostiene le comunità produttrici di cibo in Gran Bretagna. 8 prodotti alimentari e bevande su 10 di Jack saranno coltivati, allevati o prodotti in Gran Bretagna e i negozi avranno una gamma unica di marchi MDD, denominati anche Jack come marchio di qualità e valore.

Oltre alle sue private label, Jack’s offrirà alcune marche di generi alimentari familiari e una gamma di prodotti generici su base “Quando è finita, è finita”.

Prendendo spunto dalle prima no frills, i discount come Aldi e Lidl che, arrivati qualche anno fa in Gran Bretagna,hanno costantemente eroso alle Bifg 4, le insegne tradizionali, quote di mercato. Il modello di business a basso costo è stato progettato per contenere i costi e abbassare i prezzi. È un approccio semplice, con una gamma di prodotti semplificata, senza accessori o accessori di lusso e senza extra aggiunti, solo una buona qualità a prezzi bassi.

“Jack Cohen ha valorizzato i clienti e cambiato il volto dello shopping britannico. È un’ispirazione per tutti noi e lo stesso spirito guida ancora Tesco ora” ha detto Dave Lewis, Chief Executive di Tesco Group -. È giusto che oggi, segniamo l’inizio della celebrazione di Tesco di 100 anni di grande valore, lanciando un nuovo marchio e negozi che portano il suo nome: Jack’s. Ottimo cibo da degustazione ai prezzi più bassi possibili con 8 prodotti su 10 coltivati, allevati o prodotti in Gran Bretagna “.

Nei prossimi sei mesi Tesco lancerà 10-15 negozi Jack nel Regno Unito. I primi due negozi hanno aperto il 20 settembre a Chatteris, Cambridgeshire e Immingham, nel Lincolnshire, su siti che sfruttano lo spazio Tesco in eccesso. I negozi che seguiranno includeranno un mix di siti completamente nuovi, siti adiacenti ai negozi Tesco esistenti e un piccolo numero di negozi Tesco convertiti.

 

 

PepsiCo annuncia che la metà delle bottiglie in Europa sarà riciclata entro il 2030

PepsiCo intende raggiungere l’uso del 50% di plastica riciclata (rPET) nelle sue bottiglie entro il 2030 in tutta l’Unione Europea, con uno step intermedio del 45% entro il 2025. Così facendo, l’azienda aumenterà di oltre tre volte la quantità di plastica riciclata utilizzata, che equivale a più di 50.000 tonnellate di rPET.

L’annuncio arriva a supporto della campagna di impegni su base volontaria lanciata dalla Commissione Europea che promuove il riutilizzo della plastica, per assicurare che entro il 2025 nel mercato dell’Unione Europea vengano usate almeno 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata per realizzare nuovi prodotti. L’impegno coprirà tutti i Paesi che dovrebbero essere membri dell’Unione Europea entro il 2025, coinvolgendo tutti i brand di bevande in PET del gruppo (il materiale più usato nella realizzazione delle bottiglie), inclusi Pepsi, Pepsi MAX, 7Up, Tropicana e Naked. L’obiettivo si applicherà alle operazioni di Beverage di PepsiCo, incluse le società di proprietà e quelle in franchising.

L’obiettivo rientra nella più ampia visione globale di “Performance with Purpose” di PepsiCo, che tende a progettare il 100% delle sue confezioni in modo tale da essere riciclabili, compostabili o biodegradabili e ridurre l’impatto di carbonio entro il 2025. La società stima che attualmente il 90% delle sue confezioni di bevande in tutto il mondo sia completamente riciclabile.

PepsiCo è già un fondamentale utilizzatore di plastica riciclata per uso alimentare (rPET) nell’UE, avendo fatto ricorso a circa il 13% di rPET per le sue attività nel settore delle bevande in Europa nell’arco del 2017.

“In PepsiCo prendiamo la responsabilità di proteggere l’ambiente seriamente e siamo determinati nel nostro impegno a trovare soluzioni sostenibili per creare i nostri prodotti – ha detto Silviu Popovici, Presidente di PepsiCo Europa & Africa Sub-Sahariana -. Ci siamo prodigati in Unione Europea per promuovere una cultura che incoraggi e sostenga imballaggi di recupero e riciclati. Oggi sono molto felice di annunciare che d’ora in poi ci spingeremo ancora oltre nell’utilizzo della plastica riciclata nelle nostre confezioni, poiché lavoriamo per soddisfare e superare questo nuovo obiettivo negli anni a venire.”

“Sviluppare un approccio efficace e a lungo termine per packaging sostenibili richiede uno sforzo multiforme e PepsiCo è impegnato a collaborare con i numerosi interlocutori coinvolti per assicurare che nel futuro si riesca a sviluppare un’economia circolare per le materie plastiche. Considerata la grave carenza nell’offerta di materie plastiche riciclate a prezzi accessibili adatte per il confezionamento degli alimenti, chiediamo agli stakeholder pubblici e privati del sistema di riciclaggio, compresa la Commissione Europea, di unirsi a noi e fare gli investimenti necessari per espandere la capacità di riciclaggio. A patto che vengano compiuti i giusti progressi nell’aumentare i tassi di recupero degli imballaggi e nel migliorare la tecnologia di ritrattamento, punteremo ad andare addirittura oltre il nostro attuale impegno.”

In aggiunta all’impegno annunciato oggi da PepsiCo, l’azienda collabora già con diversi soggetti a supporto della sostenibilità degli imballaggi, incluso l’essere membro della New Plastics Economy, un’iniziativa su base triennale guidata dalla Fondazione Ellen MacArthur per dare avvio a un sistema di materie plastiche che funzioni.

Una parte cruciale nell’aumentare la disponibilità di plastica riciclata adatta per il riutilizzo negli imballaggi, è garantire che le bottiglie vengano collocate nel sistema di riciclaggio, e non finiscano a inquinare l’ambiente. Oltre a partecipare agli schemi di Responsabilità Estesa del Produttore (PER) in tutta l’UE, PepsiCo collabora a programmi per aumentare i tassi di recupero e riciclaggio e ad iniziative per promuovere ed educare i consumatori al riciclaggio.

Tonno Mareblu: il 95% nel 2018 è sostenibile e proviene da approvvigionamenti FIP

Dall’inizio del 2018, oltre il 90% del tonno venduto in Europa da Thai Union, multinazionale di cui fa parte il brand Mareblu, è stato ricavato da pesca certificata MSC (Marine Stewardship Council) o è proveniente da fonti di approvvigionamento FIP (Fishery Improvement Project), il progetto finalizzato al raggiungimento degli standard di sostenibilità MSC. La buona notizia viene dal gruppo, che specifica come per il marchio Mareblu, operante solo sul territorio italiano, questa quota raggiunge addirittura il 95% del tonno prodotto nel 2018, principalmente grazie all’approvvigionamento da FIP.

 

Entro il 2020 il 75% sostenibile

Il Gruppo thailandese è intenzionato a raggiungere entro il 2020 l’importante traguardo del 75% delle materie prime approvvigionate a livello globale con metodi sostenibili, in linea con la strategia di sostenibilità SeaChange, per poi puntare al 100% negli anni successivi.
A dimostrare la determinazione e l’impegno di Thai Union, il gruppo ogni anno pubblica un’ampia relazione sullo stato di avanzamento della sua strategia di sostenibilità dell’approvvigionamento di tonno, e ha investito 90 milioni di dollari in iniziative finalizzate all’incremento dell’offerta di tonno sostenibile, alla riduzione dell’impatto ambientale e al miglioramento della gestione delle aree di pesca.

La relazione di Thai Union relativa allo scorso anno illustra numerosi importanti successi, tra cui spicca lo storico accordo siglato con Greenpeace..

Tra i principali risultati ottenuti dalla multinazionale nel corso del 2017 si segnala l’attivazione dei progetti FIP, di cui due facilmente rintracciabili sul sito fisheryprogress.org; la concretizzazione di rapporti di lavoro sempre più stretti con i rivenditori, in modo da aiutarli a crescere e raggiungere i propri impegni di sostenibilità; la conferma dell’impegno con i governi, la società civile e le Organizzazioni Regionali per la Gestione della Pesca, per garantire una regolamentazione efficace dei sistemi di pesca; l’adesione alla Dichiarazione di Tracciabilità del Tonno 2020 del Forum Economico Mondiale, a supporto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

“Oggi, più che mai, Thai Union ha pienamente abbracciato il suo ruolo in prima linea nel promuovere cambiamenti positivi. Il nostro concreto investimento mira a trasformare l’approvvigionamento di tonno per l’intero settore e dimostra, allo stesso tempo, il nostro forte impegno per la sostenibilità dei nostri oceani -sostiene Darian McBain, Direttrice Globale per lo Sviluppo Sostenibile di Thai Union -. Siamo orgogliosi dei progressi che abbiamo compiuto per il raggiungimento del nostro obiettivo volto all’approvvigionamento in modo sostenibile del 100% del tonno e continueremo a impegnarci nel nostro lavoro con la società civile, le imprese e i governi per sostenere pratiche di pesca sostenibili”.

Il rapporto completo sullo stato di avanzamento della strategia di sostenibilità dell’approvvigionamento di tonno di Thai Union è disponibile a questo link.

Lotta alla plastica: Tesco crea un parcheggio con 225mila sacchetti riciclati

Un parcheggio Tesco, il Tesco Extra Cuckoo Bridge, Dumfries in Scozia, è stato ricoperto utilizzando il peso equivalente di 225.000 sacchetti di plastica, e salvando dunque dalla discarica oltre 900 chilogrammi di plastica.

In partnership con MacRebur, azienda che realizza ricoperture di strade, Tesco è il primo supermercato del Regno Unito ad utilizzare questa tecnologia.  Il manto stradale del parcheggio del supermercato è stato ricoperto utilizzando plastica di scarto che sarebbe stata destinata alla discarica o all’incenerimento, aggiunta a un mix di asfalto senza la necessità di modificare l’attrezzatura esistente utilizzata per realizzare e installarlo. Usando la plastica dei rifiuti, l’impronta di carbonio è stata ridotta di oltre una tonnellata (1.044 chilogrammi).

“Con questo merodo siamo in grado di prendere i rifiuti di plastica che sono altrimenti destinati alla discarica e aggiungerli in un mix di asfalto per creare una superficie stradale più robusta, più duratura e senza buche” ha spiegato Toby McCartney della MacRebur Plastics Road Company.

“Stiamo lavorando duramente per ridurre la plastica e riutilizzarla e riciclarla ovunque possibile.
Riutilizzare la plastica di scarto in questo modo è un altro esempio di come Tesco sta innovando nella guerra contro lo spreco” ha detto Kene Umeasiegbu, Tesco Head of Environment.

Tesco testerà questo nuovo manto stradale presso il negozio Cuckoo Bridge durante l’inverno, e spera di lavorare con MacRebur su progetti futuri.

Le materie plastiche, ricavate da rifiuti, vengono aggiunte per migliorare la resistenza e la durata delle strade,  e allo stesso tempo riducono la quantità di bitume a base di olio utilizzata in un tradizionale asfalto stradale. Per ogni dieci tonnellate di asfalto,  viene utilizzato l’equivalente di 71.432 bottiglie di plastica o 435.592 sacchetti di plastica monouso o 32.399 pannolini usati. Dieci tonnellate di asfalto ricoprono una superficie di circa 90 metri quadrati. L’area del parcheggio ricoperta a Dumfries  richiedeva circa 300 tonnellate di asfalto di mastice di pietra. L’aggiunta di materiale plastico non ha modificato la produzione di asfalto quanto a tempo di miscelazione, temperature o controllo di qualità, e la posa non ha richiesto ulteriori macchinari, manodopera, tempo o controllo di qualità.

 

Obiettivi per il 2025

La mossa va inserita nella strategia del supermercato che ricerca sempre nuovi modi per riutilizzare i rifiuti plastici, ridurre il carbonio e promuovere un sistema a ciclo chiuso sostenibile. Tra le iniziative realizzate c’è stata la rimozione dai punti vendita dei sacchetti da 5p, che ha portato a ridurre della metà la vendita di sacchetti monouso nell’ultimo anno.

Oggi, oltre l’84% della confezione di tutti i prodotti Tesco private label è riciclabile. Tesco si è impegnata entro il 2025 a rendere tutti gli imballaggi completamente riciclabili o compostabili, a garantire che tutta la carta e il cartone utilizzati saranno sostenibili al 100% e a dimezzare rispetto ai livelli del 2007 il peso degli imballaggi.

Nuovo packaging eco-sostenibile per le verdure di Romagna Sipo

Meno plastica più sostenibilità: SIPO prosegue nel suo processo di rinnovo delle confezioni con un occhio di riguardo all’ambiente e lancia i nuovi packaging in cartone per la linea delle Verdure di Romagna. Tutto ciò a pochi mesi dal rinnovo del packaging dello storico marchio Sapori del mio Orto, avvenuto nel marzo 2018, dove è stato introdotto per gli ortaggi di I gamma il flow pack in carta pane.

Il nuovo packaging sostituisce quello precedente in polipropilene ed è stato adottato sulla maggior parte delle referenze a listino: carote, coste di sedano e cuori di sedano, fagiolini, finocchi, lischi, peperone friggitello, peperone piccante, cuore di porro, ravanelli a mazzi e strigoli. I prodotti sono anche confezionati con un film di protezione molto più leggero rispetto al precedente, che utilizza il 30% in meno di plastica. Una scelta green che denota anche in questo caso la continua attenzione verso i temi della sostenibilità e della tutela dell’ambiente.

I formati delle confezioni vanno da 150 grammi a 600 grammi a seconda delle referenze. Il prezzo è rimasto invariato rispetto alla linea precedente.

Realizzati in collaborazione con CIESSE Paper, la commercializzazione è partita da qualche settimana e i nuovi prodotti sono disponibili nel canale Gdo.

“Crediamo che sia stato un passo doveroso da parte nostra – sottolinea Elisa Monticelli, Marketing Manager di SIPO – continuare a porre attenzione ai temi della salvaguardia ambientale, soprattutto considerando che i mercati esteri sono molto attenti al riciclo dei materiali. Crediamo che ciò possa rafforzare il nostro posizionamento come azienda rispettosa dell’ambiente e del territorio e portare all’acquisizione di nuovi clienti sia in Italia sia all’estero”.

 

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