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Gli italiani diventano consumatori green

Più del benessere e della salute. Più della naturalità delle materie prime, dell’innovazione tecnologica o della convenienza economica all’atto di acquisto. Il motore dei comportamenti e dei consumi degli italiani nel 2018 è targato ambiente ed ecologia.
La premessa ci porta alle grandi questioni dei cambiamenti climatici e della sostenibilità delle risorse naturali del pianeta. Nel nostro Paese, più che nel resto d’Europa, sembra essere maturata una forte sensibilità nei confronti del tema “green”: 9 italiani su 10 ritengono che vivere in un ambiente salubre sia la condizione fondamentale per conseguire una elevata qualità della
vita. Di particolare interesse il fatto che la salvaguardia dell’ambiente sia oggi concepita come il termometro del senso civico di una società. Un dato su tutti: per l’86% degli italiani differenziare correttamente i rifiuti è un gesto di rispetto collettivo ed un segnale di civiltà.
Il risultato più eclatante è che oltre la metà degli italiani ha deciso di correggere negli ultimi mesi il proprio modello comportamentale e di consumo, adottando azioni più coerenti con un minore impatto del proprio vivere sull’inquinamento. Nello specifico, questo rinnovato approccio ha trovato manifestazione nelle tre principali aree di spesa delle famiglie: la mobilità, la casa ed il cibo.
L’impatto sulle modalità e sui tempi di spostamento delle persone è quello più immediato: laddove possibile, gli italiani hanno iniziato ad accantonare progressivamente il paradigma del trasporto privato, riscoprendo il piacere di spostarsi a piedi (30% secondo l’indagine “Stili italiani” realizzata da Coop), di utilizzare i mezzi pubblici (16%) e di pedalare in bicicletta (16%). Cambia il fascino dell’auto nell’immaginario collettivo (l’età media per il conseguimento della patente di guida è in aumento, si attendono più di tre anni dall’approdo alla maggiore età) e con esso evolvono anche le preferenze di acquisto: le immatricolazioni di auto ad alimentazione alternativa hanno fatto
registrare una crescita del 24% nell’ultimo anno, al punto da arrivare a valere oltre un decimo del parco auto immesso sul mercato. In particolare, spicca il successo delle vendite di auto ibride: in Italia, nel 2017, ne sono state vendute 63 mila, un numero quasi doppio rispetto all’anno
precedente. Una nicchia destinata a ribaltare le classifiche nel prossimo futuro: già oggi un italiano su tre valuterebbe l’acquisto di una vettura ad alimentazione ibrida se dovesse sostituire l’auto di
proprietà entro i prossimi tre anni.
Poi c’è la casa: tutta l’area delle utenze è stata investita da una maggiore sensibilità al consumo, dal momento che, tra le altre cose, cresce l’attenzione per la raccolta differenziata e per un uso più
efficiente dell’energia elettrica e dell’acqua potabile. Cambiamenti importanti anche nelle scelte di spesa, se si considera che è elevata la quota di rispondenti che dichiara di aver acquistato lampadine a basso consumo ed elettrodomestici ad elevata efficienza energetica, ma anche di avere effettuato interventi di ristrutturazione della propria abitazione per migliorare l’isolamento
termico (4%). In questo contesto non fa eccezione il comparto del cura casa. Le evidenze dell’Osservatorio Immagino GS1 suggeriscono una tendenza piuttosto radicata: negli ultimi dodici mesi i detergenti domestici “green” venduti in supermercati e ipermercati hanno fatto segnare una progressione a valore non lontana dal 9% (dati Nielsen), un dato controcorrente rispetto al calo
che ha penalizzato il settore nel suo complesso (-0,8%).
L’elemento più innovativo, tuttavia, è quello che riguarda l’alimentazione, dove l’ambiente sembra aver preso il posto, o almeno affiancato, la ricerca di salute e benessere.
Si parte dai comportamenti più consolidati, come la scelta di frutta e verdura di stagione (21%), ma
anche di prodotti a chilometro zero (15%) così come la preferenza per i prodotti biologici (12%) e per gli articoli venduti sfusi e non confezionati (7%).
Non stupisce che nel primo semestre 2018 il segmento dei prodotti riconducibili esplicitamente
al filone ambientale abbia fatto segnare un aumento nelle vendite pari al 3,6% rispetto allo stesso periodo del 2017, con un giro di affari arrivato ad approssimare i 200 milioni di euro. Esaminando
le informazioni su packaging ed etichettatura, raccolgono crescenti consensi il marchio “green”, che da solo vale il 36% del comparto (68 milioni di euro nel periodo gennaio-giugno 2018), a seguire il biodegradabile (33 milioni di euro), il vegetale (30 milioni di euro) ed il senza nichel (26 milioni di euro). Le campagne di sensibilizzazione realizzate dalle associazioni ambientaliste e soprattutto dalle grandi organizzazioni internazionali (la Commissione Europea ha recentemente
avviato l’iter per la messa al bando di numerosi prodotti usa e getta) hanno promosso  concretamente la filiera del recupero e del riciclo. Nel mirino delle famiglie è finita la plastica: nel primo semestre del 2018 crescono a doppia cifra i prodotti con packaging a basso contenuto di materie plastiche (+12,3%). Medesima performance per le referenze confezionate con plastica
riciclata, che valgono oltre 12 milioni di euro.
Non è solo e semplicemente moda, al contrario vi è un elevato grado di consapevolezza: secondo un’indagine Censis, più di 8 italiani su 10 ritengono che il cibo e le bevande che portiamo a tavola debbano diventare uno strumento di espressione, riflettendo le proprie convinzioni etiche, sociali,
ambientali.

di Fulvio Bersanetti

Stop ai glitter, Waitrose li elimina perché inquinano (sono di plastica)

Negli anni ’80 si sarebbero disperati ma certamente pure ora il glitter significa festa e glamour, specie sotto Natale: ma anche tanta, inutile plastica e quindi Waitrose & Partners si è impegnata entro il 2020 a trovare una alternativa ecologica per dare “brillantezza” alle sue etichette, carte, cracker, cartellini, fiori e piante.

Quest’anno, tre quarti delle etichette, degli involucri, dei Xmas cracker [le scoppiettanti “caramelle”  contenenenti una sorpresa e una coroncina di carta e che sono una tradizione nataliza in Uk, ndr] e dei tag del rivenditore, insieme a metà dei suoi fiori e piante, saranno privi di glitter. Una quota che aumenterà entro il prossimo Natale, quando tutti i fiori e le piante saranno privi di glitter ed entro il 2020 sarà utilizzata una alternativa ecologica.

I glitter sono fatti di minuscoli pezzi di plastica e, una volta lavati via, i pezzetti di plastica possono finire nell’acqua dove non si degradano mai.

La mossa del rivenditore segue quella del popolare programma della BBC1 – Strictly Come Dancing – che ha bandito l’uso del tradizionale glitter nel programma, come hanno fatto un certo numero di scuole materne e festival musicali nel Regno Unito.

Tor Harris, responsabile CSR, salute e agricoltura di Waitrose & Partners, ha dichiarato: “Ai nostri clienti interessa molto ridurre l’impatto della plastica sull’ambiente. Anche se è importante eliminare lo scintillio, troveremo altri modi per assicurarci di brillare a Natale e per tutto l’anno”.

Waitrose & Partners è stato il primo supermercato nel 2016 a eliminare la plastica nei suoi prodotti di bellezza e a passare alla carta biodegradabile per i cotton fioc. Le microsfere di plastica sono riconosciute come una seria minaccia per gli ecosistemi marini.

La catena si è anche impegnata a rendere il packaging delle sue private label completamente biodegradaibile, riutilizzabile o compostabile entro il 2025 e sostituirà circa 11.000 tonnellate di plastica non riciclata tra il 2023 e il 2025 con alternative più sostenibili.

Cuki a fianco di Banco Alimentare con l’iniziativa “Solida lei, solidale tu”

Il Natale è alle porte e, come di consueto, il consumo di alimenti e bevande aumenterà notevolmente (stimato un + 3%) per imbandire le nostre tavole per il classico pranzo e cenone di Natale. Ma c’è anche un altro lato della medaglio: lo spreco di cibo.

Consapevole di questo “rischio”, Cuki vuole portare all’attenzione dei consumatori il delicato argomento degli sprechi, dando la possibilità di donare a Banco Alimentare, attraverso l’iniziativa «Solida lei, Solidale tu», una vaschetta per ogni confezione di vaschette acquistata. Tale vaschetta sarà infatti usata da Banco Alimentare per l’attività di recupero del cibo svolta durante tutto l’anno sul territorio nazionale, raccogliendo le eccedenze dalle mense aziendali e dai luoghi di ristorazione collettiva per redistribuirlo alle strutture caritative.

Un semplice gesto diventa così un grande contributo: con «Solida lei, Solidale tu» chi deciderà di scegliere una delle confezioni che riportano la dicitura «Solida lei, Solidale tu», potrà quindi contribuire efficacemente alla redistribuzione della « ricchezza alimentare », impegno che Cuki e Banco Alimentare portano avanti dal 2011 con il progetto Cuki Save the Food.

Nato nel 2011, in collaborazione con la Fondazione Banco Alimentare, la Onlus che ogni giorno dal 1989 recupera le eccedenze della produzione agroalimentare e le redistribuisce a circa 8.000 strutture caritative, Cuki Save the Food, sostiene il lavoro della Fondazione fornendo centinaia di migliaia di vaschette in alluminio e di casse termiche per conservare, trasportare e redistribuire il cibo. Dal 2011 ad oggi sono quasi 9.000.000 le porzioni di cibo pronto recuperate.

«In linea con i nostri principi e il progetto di Responsabilità Sociale questa iniziativa ci vede ancora una volta al fianco del Banco Alimentare, ha spiegato Carlo Bertolino, Direttore Marketing Cuki. Grazie alla Social Special Edition « Solida lei, solidale tu », doniamo alla Fondazione 260.000 vaschette in alluminio, strumento fondamentale per l’azione di recupero e ridistribuzione del cibo non consumato. Con le vaschette che partecipano alla promozione « Solida Lei, solidale tu », il consumatore potrà aiutare, con la sua scelta, Banco Alimentare e contribuire alla riduzione dello spreco alimentare, che nel nostro Paese è ancora molto alto. Ammonta, infatti a 76 kg la quantità di cibo annualmente sprecato in media da ogni italiano, con un valore economico che in Italia supera i 12 miliardi di euro*».

« Cuki è ogni giorno sempre di più un partner strategico per Banco Alimentare perché, grazie anche a questo prezioso contributo, siamo riusciti in questi anni ad aumentare di circa il 20% i volumi del cibo che facciamo arrivare sulle tavole di chi ha bisogno, 1 milione e 500 mila persone in tutta Italia – dichiara Andrea Giussani – Presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus. I contenitori Cuki sono infatti perfetti per recuperare alimenti freschi e cucinati, che hanno bisogno di essere recuperati, conservati e trasportati in maniera corretta, secondo i disciplinari di igiene e sicurezza che Banco Alimentare ha adottato»

 

Fonte “Surplus Food Management. Against Food Waste. Il recupero delle eccedenze alimentari. Dalle parole ai fatti.” Paola Garrone, Marco Melacini, Alessandro Perego

 

Quanto sono disposti a spendere gli italiani per i prodotti sostenibili? Il 10% in più

Spesa sostenibile sì, certamente, basta non spendere troppo. E quanto sia questo “troppo” lo quantifica il più recente Osservatorio mensile realizzato da Findomestic in collaborazione con Doxa: non devono costare oltre il 10% in più. È il pnsiero di quasi sette italiani su dieci. Soltanto l’1% degli intervistati è disposto a spendere oltre il 20% in più.

“Sebbene il tema della sostenibilità sia sempre più al centro dell’attenzione dei consumatori – commenta Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic – il prezzo rimane il principale driver di spesa per il 64% degli intervistati e ben un cittadino su quattro dichiara di non potersi permettere spese aggiuntive per prodotti ‘verdi’ ed etici”.

La sostenibilità si gioca prima di tutto a tavola. Chi si dichiara interessato al tema della sostenibilità è disposto a pagare di più soprattutto per beni alimentari (29%), interventi di riqualificazione dell’abitazione (13%), elettrodomestici e automobili (9%).

Sull’amore del Pianeta vince però un sano, italico scetticismo. Il 51% degli intervistati da Findomestic associa la sostenibilità a un impegno concreto delle aziende per ridurre il loro impatto sull’ambiente, un altro quarto (25%) pensa che la sostenibilità sia a tutti gli effetti uno stile di vita sempre più diffuso. Il 24% degli intervistati rimane invece scettico: per il 9% la sostenibilità è un ideale portato avanti dagli ambientalisti, per il 9% si tratta di uno slogan utilizzato dalle aziende per vendere di più, per il 4% si configura come un costo per le imprese e per un altro 3% è una moda passeggera. 

Gli italiani si spaccano in due quanto si tratta di comportamenti sosteniblli. Secondo l’Osservatorio Findomestic il 43% degli italiani adotta comportamenti sostenibili per contribuire alla tutela dell’ambiente, mentre il 37% lo fa perché ha a cuore il benessere delle generazioni future. La sostenibilità è fatta anche di piccoli gesti alla portata di tutti: il 58% degli intervistati dichiara di prestare attenzione alla raccolta differenziata, il 42% di ridurre al minimo i consumi, il 23% di limitare riscaldamento e condizionamento ove possibile e un altro 22% cerca di ricorrere alla riparazione degli oggetti piuttosto che alla loro sostituzione. Il 17% degli intervistati preferisce gli “spostamenti sostenibili”, scegliendo di muoversi a piedi o in bicicletta o con i mezzi pubblici (10%), oppure utilizzando servizi di car, moto e bike sharing (4%).

 

Cosa deve fare un’azienda sostenibile?

Le aziende sostenibili sono, secondo il campione intervistato da Findomestic, quelle che si sforzano di ridurre le emissioni e l’impatto ambientale (62% con punte del 66% tra le donne). Ci sono altri fattori che secondo gli italiani caratterizzano un’azienda sostenibile: l’adozione di un codice etico di comportamento (28%), dare priorità a ricerca, sviluppo e innovazione (26%), tutelare le condizioni lavorative dei propri dipendenti (25%), mantenere la produzione sul suolo nazionale (23%).

Meno prioritari appaiono il miglioramento della qualità dei prodotti/servizi a beneficio dei consumatori (16%), lo sviluppo del territorio in cui opera (15%), la generazione di occupazione (13%), informazioni chiare e trasparenti sui prodotti (12%) e sull’operato finanziario (10%).

 

Addio alle uova da galline allevate in gabbia per Conad, da luglio 2019

Le galline ovaiole escono, finalmente, dalle gabbie: Conad si impegna e annuncia che entro il 1° luglio 2019 eliminerà da tutto il suo assortimento le uova da galline allevate in gabbia (categoria 3).

Il provvedimento riguarda i prodotti di tutte le marche ed è la prosecuzione di un percorso già iniziato nel 2018 con la rimozione delle uova da galline in gabbia dai prodotti a marchio Conad, in un’ottica di sempre maggiore attenzione al mondo naturale e animale.

Che questa sia anche una richiesta dei consumatori lo dicono i dati. Da settembre 2017 a settembre 2018 Conad ha venduto uova per un fatturato di 38.673.129 euro, con un trend in crescita del 2,8% sullo stesso periodo dell’anno precedente. A fronte di questo incremento, nello stesso periodo le vendite di uova da galline in gabbia hanno registrato una diminuzione in valore del 69%. Attualmente la categoria 3 rappresenta il 17% del comparto in valore, e il dato progressivo di settembre 2018 indica una percentuale del 12%.

Parallelamente, gli acquisti di uova da galline allevate a terra hanno segnato un aumento del 137,6%. La categoria detiene oggi una quota del 63% del mercato in valore. In crescita anche il fatturato delle uova da galline allevate all’aperto, per le quali si rileva un aumento del 23,6%, e che rappresentano il 20% del venduto in valore.

Il marchio Msc per la pesca sostenibile arriva nei prodotti Consilia

Il marchio blu MSC arriva su tonno, salmone e merluzzo Consilia, private label del Gruppo SUN, Supermercati Uniti Nazionali, a certificare la sostenibilità della pesca, contribuendo alla salvaguardia del patrimonio ittico per le generazioni che verranno.

Soddisfazione per il Consorzio SUN per aver scelto prodotti ittici provenienti da attività di pesca certificate secondo lo standard MSC per una pesca ben gestita e sostenibile.

“Da sempre il nostro operato si fonda sulla soddisfazione delle esigenze dei nostri consumatori – commenta Stefano Rango direttore del Gruppo Sun -. Ma senza per questo dimenticare di tutelare l’ambiente in cui viviamo e soprattutto preservarlo per le generazioni future”.

Con un nuovo pallet di plastica Conad vince il premio “Il logistico dell’anno 2018”

Ridurre il danneggiamento dei prodotti, limitare i disservizi nel punto di vendita, evitare gli sprechi alimentari e la conseguente produzione di rifiuti: sono gli obiettivi alla base del progetto che Conad ha sviluppato assieme a Cpr System, partner storico nella gestione in comune di pallet e imballaggi riciclabili per il trasporto di prodotti.

Grazie a un nuovo pallet in plastica (polipropilene riciclabile al 100%), leggero e inforcabile per sollevamento, è stato possibile gestire al meglio la distribuzione dei prodotti deperibili a proprio marchio (salumi e formaggi). Il nuovo supporto consente di ridurre il peso complessivo della colonna di carico costituita da più pallet, aumentando al contempo la superficie di appoggio sull’elemento sottostante. Ma è anche un esempio di economia circolare, messo a punto per riutilizzare i materiali in successive fasi o cicli, riducendo gli sprechi ed evitando l’abbattimento di alberi per produrre pallet in legno.

Il progetto è valso a Conad il premio “Il logistico dell’anno 2018”, riconoscimento che Assologistica attribuisce ogni anno alle imprese che più fanno innovazione nel settore.

“Conad ha posto in questi ultimi anni una forte attenzione ai temi dello sviluppo sostenibile. L’impegno è cresciuto ed è evidenziato da tutte le iniziative messe in atto per ridurre l’impatto ambientale delle attività di distribuzione – spiega il direttore supply chain Conad Andrea Mantelli –. Il successo dei prodotti Conad è dovuto a un insieme di fattori: qualità, attenzione alla selezione dei fornitori, controlli sulla filiera, convenienza, ma anche ottimizzazione dei flussi distributivi. Elemento, quest’ultimo, su cui abbiamo lavorato molto, in chiave di centralizzazione logistica e di sviluppo di progetti innovativi. Il premio è il riconoscimento del nostro impegno in materia di sostenibilità e di un progetto che migliora la qualità dell’ambiente migliorando le modalità di trasporto”.

In un viaggio di rifornimento si possono caricare in media 120 nuovi pallet con una riduzione di 2.200 chilogrammi sul totale trasportato rispetto a quelli tradizionali in legno, a tutto vantaggio di una maggiore quantità di prodotto caricabile. In questo modo, inoltre, si riduce del 20% l’incidenza di prodotti danneggiati, evitando il reso e di generare rifiuti (legno e chiodi).

È soprattutto l’ambiente a trarne vantaggio: le emissioni di gas serra – ovvero di CO2 – legate ai trasporti si riducono del 42 per cento rispetto al tradizionale sistema con bancali in legno a causa della minor massa dei pallet in plastica, ai maggiori quantitativi trasportabili di prodotto e, dunque, al minor numero di viaggi degli automezzi.

“La partnership con Conad ci ha consentito di sviluppare importanti progetti finalizzati a preservare la qualità dei prodotti freschi e la sicurezza alimentare, ottimizzando i trasporti, rendendoli più efficienti e riducendone l’impatto ambientale – sottolinea il presidente di Cpr System Francesco Avanzini –. Cpr nasce sostenibile e consideriamo la sostenibilità un’opportunità anche per lo sviluppo economico del Paese. Il premio corona un impegno di lunga data, che portiamo avanti per fornire alla moderna distribuzione le risposte migliori e più efficaci, in un’ottica di economia circolare che è sempre più il nostro carattere distintivo”. 

Penny Market lancia myBio, prima linea biologica di vegetali “brutti ma buoni”

Penny Market lancia la sua prima linea di ortofrutta biologica, 100% italiana, e lo fa in modo innovativo: myBio è infatti la prima linea bio di sei referenze buoni ma esteticamente imperfetti, pensata per avvicinare a questa tipologia di prodotti più costosi anche fasce di consumatori che finora se ne erano tenuti lontani, per motivi economici.

Sei le referenze lanciate da oggi sugli scaffali dei punti vendita italiani, primi ad accogliere la nuova linea, scelti tra le referenze stagionali più popolari: zucchine, limoni, pomodori a grappolo, patate, mele e carote. Anche il packaging è stato realizzato appositamente per la linea: è biodegradabile e compostabile.

La riflessione è nata da un lavoro condiviso tra tre attori che appartengono ad ambiti diversi: oltre a Penny Market, l’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano e Banco Alimentare – che hanno deciso di guardare al food waste come a un’anomalia di sistema. Che porta, ad esempio, il 12% delle eccedenze nella produzione a causa dalla non conformità agli standard estetici richiesti dal mercato. Prodotti perfettamente edibili e conformi ai requisiti di legge in materia di sicurezza alimentare, ma che per motivi estetici (dimensione fuori standard, colorazione della buccia, segni della grandine, deformità) sono scartati prima ancora di entrare nel circuito della distribuzione, non arrivano mai a scaffale.

In Italia ogni anno, secondo i dati di una ricerca condotta dal Politecnico di Milano, vengono sprecate 5,1 milioni di tonnellate di cibo, il 15,4% dei consumi annui alimentari, con un impatto economico di 12,6 miliardi di euro e ambientale di 13 milioni di tonnellate CO2 equivalenti emesse.

Il costo dello spreco alimentare, però, non si esaurisce nel solo costo per la realizzazione del prodotto, ma comprende anche quello previsto per il suo smaltimento. Infatti, lo spreco dipende per il 53% dalle aziende della filiera e per il restante 47% dai consumatori.

“Siamo orgogliosi di presentare la nuova linea “MyBio Bellezze Naturali” che è solo l’ultimo tassello di un approccio più vasto legato alla sostenibilità, ha proseguito Gotthard Klingan, Amministratore Delegato di Penny Market. Quest’ultima iniziativa rappresenta una strada per incidere in profondità nella lotta allo spreco, permettendoci al contempo di garantire ai consumatori un assortimento di prodotti alimentari genuini e naturali”.

“Da anni collaboriamo con le persone di Penny Market, per il recupero di eccedenze alimentari non deperibili e fresche; inoltre, lo scorso anno, con il progetto ‘Dona un SorRISO!’, PENNY MARKET ha devoluto a Banco Alimentare 15.000 chili di riso, pari a 150.000 porzioni – ha aggiunto Andrea Giussani, Presidente Fondazione Banco Alimentare Onlus -. Nella lotta allo spreco di cibo, siamo lieti di vedere crescere ogni iniziativa contro la cultura dello scarto e la sua limitazione in ogni segmento della filiera, proponendo stili di consumo più sostenibili e rispettosi del lavoro dell’uomo. Sensibilizzare i consumatori, tramite nuove opportunità di acquisto più responsabile, è un contributo importante da parte di Penny Market, per riformare ancora più efficacemente il modello della attuale filiera alimentare”. Attivo dal 1989, Banco Alimentare solo nel 2017 ha aiutato oltre 1 milione e mezzo di italiani attraverso circa 8.000 strutture caritative convenzionate, grazie alle quali ha distribuito più di 91.000 tonnellate di cibo destinate alla discarica. Tutto questo è stato possibile grazie ai 1.800 volontari di tutta Italia.

È il modello che deve cambiare prospettiva, mostrando come la lotta agli sprechi e la commercializzazione di prodotti 4B – brutti, buoni, bravi, biologici – può essere considerato un vantaggio competitivo, soprattutto per i piccoli produttori che hanno la possibilità di far conoscere anche all’estero la propria frutta e verdura: Campina Verde è l’azienda del Gruppo Rewe – lo stesso al quale appartiene Penny Market – che si occupa di far conoscere i prodotti biologici italiani in tutta Europa, svolgendo un ruolo di collettore nella distribuzione di prodotto, anche di piccoli quantitativi, nonché nell’internazionalizzazione del biologico, al fine di consentire la distribuzione dei prodotti anche di  fornitori di minore dimensione, che diversamente non potrebbero accedere al mercato internazionale.

Meno rifiuti entro il 2025, la missione Im-ballo (con tre obiettivi) di Aldi

Ridurre. Riutilizzare. Riciclare: sono i capisaldi della strategia di ALDI per ridurre e riutilizzare i rifiuti da imballaggio di plastica nominata “ALDI, MISSIONE IM-BALLO!”. L’iniziativa vede il brand coinvolto in una serie di attività volte a raggiungere importanti traguardi anche nel rispetto degli obiettivi 2030 del pacchetto di misure sull’economia circolare adottato dalla Commissione Europea. Di pari passo con il piano di espansione sul territorio italiano, l’insegna tedesca sta lavorando al suo programma pluriennale di Corporate Responsibility “Oggi per domani”, con l’obiettivo di adottare giorno dopo giorno buone pratiche attente a tutti gli attori con cui si relaziona.

La strategia ha dato vita a una serie di iniziative che coinvolgono, oltre ai propri collaboratori, anche fornitori, produttori e lo stesso cliente finale, per ridurre i materiali di imballaggio, riutilizzare tutti i tipi di pack e massimizzare la riciclabilità di ogni materiale.

Gli obiettivi della “missione” sono tre e si concentrano su direttrici ben precise:

Riduzione dei materiali di imballaggio: entro il 31 dicembre 2025 il peso totale degli imballaggi di articoli private label dovrà essere ridotto, rispetto al 2018, del 25% in relazione al fatturato.

Aumento del tasso di riciclabilità: entro il 2022 riciclabilità verificata per tutte le tipologie di pack in private label.

Eliminazione articoli in plastica usa e getta: entro il 31 dicembre 2019 ALDI sostituirà tutti i prodotti in plastica usa e getta con soluzioni più sostenibili.

Il progetto è un ulteriore esempio dell’impegno del discounter per offrire prodotti di qualità e allo stesso tempo sostenibili. In quest’ottica, il prodotto assume un ruolo centrale e il packaging ne diviene parte integrante. Ciò si traduce in un’attenzione responsabile nelle scelte commerciali, lavorando assiduamente sulla filiera, responsabilizzando fornitori e produttori, e sensibilizzando i consumatori, al fine di essere sempre in linea con gli standard fissati dall’azienda.

L’insegna tedesca sta inoltre lavorando affinché per il reparto ortofrutta vengano sviluppate soluzioni ad hoc per ridurre ulteriormente l’uso di plastica nelle confezioni.

 

Non solo plastica

A seguito delle sue linee guida per l’acquisto di legno, ALDI sta lavorando anche affinché entro il 31 dicembre 2020 tutte le confezioni in carta siano costituite da materiale riciclato in misura non inferiore al 70% del totale, ovvero siano certificate secondo la catena di custodia (CoC) da parte del Forest Stewardship Council (FSC) o alternativamente del Programme for the Endorsement of Forest Certification Schemes (PEFC).

Nel mese di giugno il brand ha lanciato anche “Io RICICLO!”, l’iniziativa di sensibilizzazione e informazione dei clienti sulla salvaguardia dell’ambiente, con lo scopo di informare sul tipo di materiale impiegato e agevolare un corretto conferimento dei rifiuti nel circuito di raccolta dei Comuni, tramite icone chiare e ben visibili sui packaging dei prodotti.

L’industria dei beni di consumo scende in campo per un’economia circolare della plastica

Al Consumer Goods Forum tenutosi a Parigi lo scorso 28 ottobre sono stati presi impegni: una dichiarazione che chiede all’industria dei beni di consumo di svolgere un ruolo di primo piano nell’eliminazione dei rifiuti di plastica su terra e mare, e approva la visione della New Plastics Economy della Ellen MacArthur Foundation, secondo la quale nessuna plastica deve essere gettata via come rifiuto.
Il Consumer Goods Forum (“CGF”) è un network industriale globale guidato dai suoi membri per incoraggiare l’adozione globale di pratiche e standard che servono l’industria dei beni di consumo in tutto il mondo. Riunisce i CEO e i dirigenti di circa 400 tra retailer, produttori, fornitori di servizi e altre parti interessate di 70 Paesi.
La dichiarazione è stata rilasciata in vista della conferenza Our Ocean che è in corso a Bali, in Indonesia, dove Emmanuel Faber, Presidente e CEO di Danone e membro del Consiglio di CGF, sottolineerà l’importante ruolo che l’industria può e dovrebbe svolgere per affrontare i rifiuti di plastica.

 

Dichiarazione per un’economia circolare

La dichiarazione completa è questa: “In qualità di Board of The Consumer Goods Forum, riconosciamo l’urgente necessità per il nostro settore di svolgere un ruolo di primo piano nell’affrontare il problema dei rifiuti di plastica. Ci impegniamo a realizzare azioni di collaborazione pre-competitiva con l’obiettivo di eliminare i rifiuti di plastica sulla terra e sul mare.

Riconosciamo che la sfida dei rifiuti di plastica sarà risolta solo dalla collaborazione globale tra aziende, governi nazionali e locali, organizzazioni multinazionali, industria del riciclaggio e consumatori. Di conseguenza, il Board of The Consumer Goods Forum (CGF) approva la visione della New Plastics Economy della Ellen MacArthur Foundation di un’economia circolare in cui nessuna plastica finisce come rifiuto.

Diversi membri del CGF stanno già compiendo sforzi in linea con gli obiettivi della New Plastics Economy, sforzandosi di ridurre gli imballaggi problematici o inutili e aumentare l’uso di imballaggi che sono riciclabili o riutilizzabili. Per integrare gli sforzi delle singole aziende associate, il CGF identificherà aree specifiche in cui possiamo lavorare in modo collaborativo e preconcorrenziale per promuovere un’economia circolare per gli imballaggi in plastica. Le aree di interesse iniziali comprenderanno l’ottimizzazione del design del packaging, il lavoro con gli altri per consentire il riciclaggio e il riutilizzo dei sistemi e lo stimolo dell’impegno dei consumatori”.

 

Ipse dixit

“Le aziende devono trovare un nuovo approccio alla plastica e semplificare l’utilizzo da parte dei consumatori e riciclare di più. Il CGF si impegna a essere in prima linea in per ridurre la quantità di plastica in uso, semplificare i materiali che usiamo, migliorare i tassi di riciclaggio e passare a nuovi modi innovativi di fare impresa “. Steve Rowe, Chief Executive di Marks and Spencer e Board Co-Sponsor del gruppo di sostenibilità di CGF.

“La sfida dei rifiuti di plastica è reale e urgente e va affrontata attraverso azioni specifiche che le aziende possono intraprendere individualmente e collettivamente, in collaborazione con governi, ONG e industria del riciclaggio. Siamo impegnati a fare la nostra parte per garantire che la plastica di cui abbiamo bisogno sia sicura ed economica, riutilizzata, riciclata o compostata”. Ian Cook, Presidente e CEO di Colgate-Palmolive e Co-Chair del Consiglio di amministrazione di CGF.

“Il sostegno del CGF dimostra che l’industria dei beni di consumo sta intensificando gli sforzi per affrontare la sfida del packaging in plastica: eliminare gli sprechi e costruire un’economia circolare della plastica. Attendo con impazienza che altri membri della CGF sottoscrivano il Global Commitment della New Plastics Economy e che lavorino con noi per guidare il cambiamento sistemico “. Emmanuel Faber, Presidente e CEO di Danone, e membro del Consiglio di Amministrazione di CGF.

“Sono orgoglioso del fatto che Nestlé sia ​​tra i firmatari del New Global Plastics Economy Commitment. Rappresenta una struttura potente per guidare l’azione collettiva. Ogni sforzo conta”. Mark Schneider, Amministratore delegato di Nestlé S.A., e membro del consiglio di amministrazione di CGF.

“È chiaro che l’ardua sfida dei rifiuti di plastica può essere affrontata solo se lavoriamo tutti insieme – aziende, governi, comunità e consumatori in tutto il mondo. Il CGF è stato creato per guidare esattamente questo tipo di collaborazione su larga scala. Nello specifico, i nostri membri si impegnano a lavorare insieme nelle tre aree in cui riteniamo che l’industria possa dare un contributo unico: progettazione del packaging, coinvolgimento dei consumatori e sistemi di riciclaggio. Non vediamo l’ora di lavorare anche con gli altri stakeholder che svolgono ruoli di primo piano in queste aree e che condividono il nostro obiettivo a lungo termine di eliminare i rifiuti di plastica sulla terra e sul mare”. Peter Freedman, Managing Director del Consumer Goods Forum, ha dichiarato: “

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