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Tag: sostenibilità

A Mondello il Centro Olimpo riapre grazie ai dipendenti

Era stato chiuso più di un anno fa per mafia, ha riaperto venerdì grazie al workers buyout di 34 suoi ex dipendenti sostenuti da Legacoop e in Coopfond il Centro Olimpo di Partanna Mondello.

Il progetto ha avuto un costo di oltre un milione di euro di cui oltre 500mila euro investiti dai lavoratori che hanno utilizzato le indennità della loro mobilità, il resto da Coopfond e CFI (società finanziaria partecipata dal Ministero dello Sviluppo Economico che sostiene la nascita di cooperative di lavoratori che rilevano aziende in crisi), mentre Ircac, Unipol Banca e Banca Etica hanno offerto il credito bancario per assicurare liquidità all’impresa. Nel Centro, che ha una superficie complessiva di 6000 metri quadri, hanno aperto una media struttura di vendita alimentare affiliata al gruppo Ergon sotto l’insegna Eurospar e una galleria di negozi, tra cui una boutique. In programma anche l’apertura, nei prossimi mesi, di una media superficie non food, di un bar e di una tabaccheria.

Centrale per la riuscita dell’operazione il protocollo d’intesa firmato a dicembre 2013 tra Comune di Palermo e Tribunale di Palermo sezione Misure di Prevenzione e Procura della Repubblica. “Un protocollo unico – ha aggiunto il sindaco Leoluca Orlando presenta all’inaugurazione – che sta consentendo di salvare centinaia di posti di lavoro e che ho inviato come presidente dell’Anci a tutti i sindaci perché venga applicato anche nelle altre città”.

E così uno dei primi superstore nati a Palermo diventa un esempio virtuoso di come una difficoltà è stata tramutata in opportunità, tanto più in un settore esposto al rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata come la grande distribuzione.

“È stato un percorso lungo e faticoso ma ce l’abbiamo fatta – ha spiegato il presidente della cooperativa Gaetano Salpietro – Invece di restare ad aspettare risposte da qualcuno abbiamo deciso di darci da fare e diventare imprenditori di noi stessi. Prima eravamo in cinque, poi in sei, alla fine nella cooperativa ci siamo ritrovati in 34 su 47. Al nostro fianco abbiamo avuto Legacoop e i suoi strumenti finanziari che ci hanno offerto consulenza e supporto tecnico. E ancora, CFI e le istituzioni: il Comune di Palermo, la Procura e la Sezione Misure di Prevenzione che hanno siglato un protocollo d’intesa per facilitare il riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati”.

Più eco e meno caro il packaging dell’acqua nel futuro

Acqua in bottiglia, dove vai? Due le tendenze principali di un settore che nel mondo è in grande crescita: la riduzione dei costi, tramite nuove tecniche di imbottigliamento e il contenimento dei costi del packaging, e la sostenibilità e riciclabilità delle confezioni.

Il nuovo rapporto sull’innovazione nel packaging dell’Acqua in Bottiglia di Zenith International ha individuato quattro temi chiave per l’innovazione di prodotto: oltre a sostenibilità e riduzione dei costi, c’è la creazione di prodotti di nicchia con articoli limited edition e la differenziazione del brand.

“Le innovazioni più recenti nel packaging si sono focalizzate sulla continua riduzione dei costi, dalla produzione all’immagazzinamento al trasporto, ma sono evidenti anche nella riduzione del peso delle bottiglie, nell’uso di meno materiale per i tappi e le etichette e nelle confezioni multipack. La riduzione dell’impatto ambientale è stata la seconda tendenza chiave specie nella scelta dei materiali, con plastiche di provenienza vegetale e colle che non ostacolino il riciclo” ha spiegato l’Ad di Zenith Richard Hall.

Anche se le innovazioni che tutti notano, in realtà, riguardano il design e l’estetica dei prodotti di nicchia creati per differenziarsi sugli scaffali.

Premium Bottled Water Innovation
Le 12 tendenze dell’acqua in bottiglia high-end secondo il Premium Bottled Water Innovation Report di Zenith.

Da questo punto di vista il canale premium, che da tempo esiste e cresce anche nelle acque, mette in campo designer famosi e sorgenti che vantano una storia secolare o millenaria e punta su concetti chiave per la promozione quali purezza, mineralità, alcalinità e durezza.

Paesi come Germania, Italia, Francia e Spagna hanno consumi pro capite da 100 a oltre 200 litri all’anno. Il Paese con il più grande volume di mercato di acqua in bottiglia è il Messico, con quasi 260 litri pro capite annui. Ma nel settore stanno entrando nuovi grandissimi mercati come la Cina, che quest’anno potrebbe superare gli USA come primo mercato mondiale e che vive grossissimi problemi di inquinamento delle falde ma anche di contaminazione dell’acqua imbottigliata localmente.

Nonostante la concorrenza anche le acque aromatizzate stanno vivendo in alcuni mercati una crescita e mantengono interesse del consumatore vivo grazie al restyling del brand, a nuovi formati e proposte di serie “limited edition”.

 

Nostromo Premium, un tonno di qualità e sostenibile

Sostenibili nelle metodologie di pesca, che avviene secondo pratiche artigianali che utilizzano ami e lenze, lavorati a mano e confezionati in vasetto di vetro: sono le qualità che hanno permesso ai filetti di Tonno Nostromo di qualità Premium Pole & Line di resistere alla contrazione dei consumi e registrare quest’anno una crescita del 29% a volume rispetto al 2013.

La seconda azienda nel settore in Italia con quote di mercato del 9% (Dati IRI – febbraio 2014), dal 1993 parte del gruppo spagnolo Calvo, ha deciso di puntare su un approvvigionamento sostenibile e responsabile. Su tutte le navi del Gruppo sono presenti osservatori esterni per controllare le operazioni. Gli equipaggi seguono 50 ore di formazione in materia di pratiche di pesca e gli scarti di tonno sono inferiori all’1%.

Sulla flotta di pescherecci di proprietà vige il rispetto del Codice di condotta FAO per la pesca sostenibile. Infine, Nostromo e Calvo partecipano a cinque progetti di scienza applicata, e condivide il 100% dei dati di pesca a favore di enti scientifici e autorità di gestione in ogni regione.

Altro cardine del gruppo è la trasparenza verso i consumatori: su tutte le confezioni di Filetti di Tonno all’olio di oliva Pescato a canna in vasetti in vetro da 200 grammi l’etichetta riporta le informazioni sulla materia prima, la provenienza, la specie e il luogo di pesca.

Packaging sostenibile: a “Panettone Tre Presìdi” il Premio Slow Pack

Packaging riciclabile? Si può. Forte di questo convincimento, l’azienda veneta Fraccaro Spumadoro ha intrapreso un grande cambiamento nella filosofia aziendale, mettendo in atto la totale riciclabilità degli imballaggi dei prodotti e attuando il risparmio energetico. La dimostrazione che la strada intrapresa è quella corretta, giunge direttamente dalla Fondazione Slow Food, che al Salone del Gusto ha assegnato all’azienda dolciaria artigianale veneta il prestigioso Premio Slow Pack per la Sostenibilità Sociale all’eco-imballaggio del “Panettone Tre Presìdi”.

Il Premio Slow Pack, giunto alla quarta edizione, istituito da Slow Food per incoraggiare a riflettere sull’impatto che gli imballaggi hanno sull’ambiente, è la tappa di un percorso già iniziato dall’azienda Fraccaro verso la sostenibilità e il risparmio energetico di tutte le fasi produttive, con l’istallazione di un impianto fotovoltaico da 117 kw e un impianto solare termico per riscaldare le celle di lievitazione.

Secondo la Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, il “Panettone Tre Presidi” Fraccaro riassume e ben rappresenta la finalità del concorso, ovvero la scelta di un packaging rispettoso dell’ambiente ed ecosostenibile. Il premio è stato consegnato da Ricrea, il Consorzio Nazionale per il Riciclo e il Recupero dell’Acciaio al Salone del Gusto di Torino.

Il panettone “Eccellente e Solidale” Fraccaro Spumadoro, che tra gli ingredienti ha ben tre Presìdi Slow Food e materie prime selezionate, è confezionato in eleganti scatole di latta in acciaio, realizzate in metallo litografato dallo scatolificio vicentino New Box, per un imballaggio realmente a km0 e del tutto sostenibile. Il packaging infatti è realizzato in acciaio, riciclabile al 100% e all’infinito, grazie ad imballaggi usati provenienti dalla raccolta differenziata.

 

La filiera carni presenta la clessidra ambientale

In un modello alimentare corretto il carbon footprint delle proteine è pari a 7,5 kg di CO2 equivalente, un valore in linea con quello di frutta e ortaggi, che arriva a 6,7 kg CO2 eq.

C’era la folla delle grandi occasioni stamattina a Expo Gate per la prima presentazione della ricerca sulla sostenibilità delle carni che vede per la prima volta riunite in un unico progetto Assica, Assocarni e UnaItalia, le principali associazioni di categoria delle tre filiere italiane principali (bovino, suino e avicolo). Ospite d’onore, più di un sempre frizzante Alessandro Cecchi Paone che ha moderato le presentazioni degli esperti presenti, non era una persona ma un oggetto: la clessidra ambientale, che troneggiava anche all’ingresso della struttura dedicata a Expo innalzata davanti al Castello Sforzesco.

http://youtu.be/eFuth1VspHM

La quale clessidra rappresenterebbe un nuovo modo di fare comunicazione sull’alimentazione e la sua sostenibilità. Di cosa si tratta lo ha spiegato Massimo Marino, fondatore di Life Cycle Engineering che ha condotta la ricerca. “Quello che presentiamo oggi è un nuovo simbolo che non sostituisce ma integra la tradizionale piramide alimentare che visualizza lo spazio degli alimenti all’interno della dieta mediterranea”. La rivoluzione copernicana consisterebbe nel non valutare la carbon footprint degli alimenti in termini assoluti, ma secondo il loro consumo reale.

Lo scopo, di ricerca e clessidra, è appunto quello di dimostrare che, in realtà, la carne non è da demonizzare in quanto alimento poco sostenibile, tutt’altro. “Il consumo di carni pro capite odierno reale al netto dagli scarti, – ha argomentato Marino  – si aggira oggi in Italia sugli 80 grammi al giorno: proprio quello che consigliano le linee guide dell’Inran (l’istituto per la nutrizione italiano, oggi CRA-NUT). La Clessidra Ambientale visualizza il concetto per cui, moltiplicato l’impatto ambientale degli alimenti per le quantità settimanali suggerite dalle linee guida nutrizionali, l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di frutta e verdura, per i quali gli impatti unitari sono minori, ma le quantità consumate decisamente maggiori”.

Gli esperti schierati: Massimo Marino, Socio fondatore di Life Cycle Engineering, Ettore Capri, Direttore del Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile (Opera – UCSC), Evelina Flachi, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Stefano Zurrida, Professore Associato di Chirurgia Generale, Università degli Studi di Milano.
Gli esperti schierati: Massimo Marino, Evelina Flachi, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Stefano Zurrida, Professore Associato di Chirurgia Generale, Università degli Studi di Milano, Ettore Capri, Direttore del Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile (Opera – UCSC).

Il tentativo è quello evidentemente di contrastare anni di campagne ritenute denigratorie o non sempre scientificamente corrette, che hanno demonizzato il consumo di carne, specie rossa, il cui consumo eccessivo è ritenuta favorire obesità e malattie cardiovascolari.

In realtà la carne contiene sostanze nutritive importanti, mentre a causare danni sarebbe un consumo eccessivo, tecniche di cottura inadeguate (la sostanza carbonizzata ottenuta ad alte temperature) o tecniche di allevamento che provocano un eccesso di grassi nella carne, “alla americana”. La filiera italiana della carne invece strettamente controllata segue ormai processi industrializzati consolidati.

Dunque, lo scopo delle associazioni della filiera è sostanzialmente quello di mantenersi sulle posizioni attuali sul mercato interno, che ha ormai raggiunto la sua giusta quota di consumo procapite. Ce la ha confermato François Tomei, direttore Assocarni: “Ormai il mercato interno ha raggiunto una sua stabilità. Quello che si potrebbe fare è lavorare di più sul tema dei grassi, indicando sulla confezioni la percentuale interna. L’ho già visto fare con degli hamburger di Chianina in un supermercato”. Come vanno le nicchie, le carni bio e di animali allevati al pascolo? “Ci sono, certo, ma restano appunto una nicchia: contano per meno dell’1% del totale. Del resto basta andare al supermercato e veder i prezzi, doppi rispetto alla carne “normale” e tutto sommato ingiustificati”.

La “campagna della clessidra” si avvale di un video e di un sito nuovo di zecca.

Anna Muzio

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