CLOSE
Home Tags Spesa

Tag: spesa

Più sportiva, multietnica e un po’ meno in crisi: l’Italia che cambia nel Rapporto Coop

La ripresa c’è, il Pil è il più alto dal 2010, le famiglie stanno investendo, ma il Paese emerge dalla crisi con tante cicatrici sul corpo sociale, con i nuovi gap (ad esempio quelli generazionali) che si aggiungono a quelli “storici”, come il divario tra Nord e Sud. Questo (e molto altro) emerge dal mastodontico Rapporto Coop 2017, redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di REF Ricerche, il supporto d’analisi di Nielsen, e i contributi originali di Iri Information Resources, GFK, Demos, Nomisma e Pwc, Ufficio Studi Mediobanca, Crif e BeMyEye. 

Una vera e propria fotografia degli italiani, dei loro consumi ma anche delle loro attività quotidiane, aspettative, desideri e paure. In chiaroscuro, spesso in contraddizione, tra miseria e nobiltà,  curiosità vero il nuovo (siamo il Paese che più interessato in Europa all’innovazione, con una vera fascinazione per robotica, intelligenza artificiale e automazione) e paure (verso l’immigrazione,  siamo i fan numero 1 in Europa di Donald Trump, il terrorismo, ma anche l’inquinamento). Siamo i più sani al mondo ma restiamo ossessionati dalla salute e dalla rincorsa al benessere.

 

Consumi avanti piano, meno edonismo più sostanza

Se i consumi continuano il loro trend positivo (l’anno in corso si chiuderà con un + 1,2%) lo fanno a patto di una diminuzione del tasso di risparmio e del nuovo incremento dei prestiti. E poi i consumi sono cambiati, certamente. Ad esempio, solo per la cura del corpo spendiamo circa 10 miliardi di euro all’anno (e quando la cosmesi non basta si ricorre alla chirurgia estetica tanto da figurare nella top 10 mondiale), abbandoniamo la religione tradizionale per una spiritualità più soft (buddismo, yoga, vegan). Soprattutto, siamo meno interessati al consumo ostentato e ipertrofico e utilizziamo il budget familiare in investimenti oculati e fruizione di nuove esperienze: auto e lavatrice, la casa e l’istruzione dei figli sono prioritari, ma rinunciamo a tutto per viaggiare. In questa nuova dimensione ascetica gli italiani 2017 sembrano aver perso per strada molti desideri. Fumano di meno, bevono di meno e amano di meno (-10% il calo del desiderio sessuale negli ultimi 15 anni e conseguentemente -6% la diminuzione registrata nell’ultimo anno nella spesa per profilattici). Resta la passione per il gioco d’azzardo (a tentare la sorte in vario modo sono quasi in 30 milioni).

Oramai padroni di internet e consapevoli del lato oscuro del web e soprattutto dei social, i nuovi italiani attendono impazienti l’arrivo delle tecnologie di prossima generazione. Primi in Europa per la voglia di provare l’auto a guida autonoma (il 49% non avrebbe problemi a viaggiarci), il 68% sarebbe disposto a farsi curare da un robot piuttosto che da un medico. I rischi per l’occupazione che sorgono dall’industria 4.0 e l’on demand economy, preoccupano, ultimi in Europa, solo il 70% a fronte di un ben più consapevole 90% di spagnoli, di un 74% di tedeschi e di un 73% di francesi. Ciò a cui aspirano è un lavoro più smart, con maggiore flessibilità oraria, che consenta di lavorare da casa e lasci spazio alla partecipazione e a nuove forme di welfare aziendale. La “gig economy” se opportunamente regolamentata può diventare un’utile integrazione al reddito per le famiglie. E se si teme la disoccupazione, le paure degli italiani sono sempre più legate all’ambiente, alla minaccia terroristica e all’immigrazione. Da qui il massiccio ricorso agli antidepressivi (+ 18% negli ultimi dieci anni) e persino alle armi (12 italiani su 100 ne possiedono una).

Eppure gli italiani mantengono anche primati assolutamente positivi: sono filantropi e generosi (ammonta a 4,5 miliardi di euro il monte delle donazioni) e continuano ad essere il popolo più sano al mondo (dopo di noi sull’ambito podio gli islandesi e gli svizzeri), anche se scende la percentuale di coloro che si sentono in buona salute (dal 66,7% del 2010 all’attuale 65,8%). A aiutarci è la ripresa della pratica sportiva arrivata al suo massimo storico: complessivamente oltre il 25% pratica sport con continuità, e sono stati oltre 39.000 coloro che hanno partecipato nell’ultimo anno a almeno una maratona.

 

Cibo nuovo piacere, e la Gdo vince con l’assortimento

La salute prima di tutto e il cibo come elisir e terapia oltre che come piacere: il nuovo mantra degli italiani a tavola tra superfood, diete del proprio medico (o dal naturopata), “cibi terapeutici” che valgono oramai il 10% dei consumi alimentari e crescono il doppio della media (+5% l’ultimo anno, i superfood l’8%).
Cambia il borsino dei cibi preferiti: salgono la polvere di maca (il 100% ritiene che abbia proprietà salutistiche, i semi di chia (75%), le bacche di acaj (69%) e di goji (68%), scendono le vendite di aglio nero (-37%), kamut (-24%), soia (-3%) a riprova della progressiva fluidità delle scelte di consumo. Analizzando i top e i bottom delle vendite nella Gdo si nota l’effetto sostituzione a vantaggio delle varianti più salutari. Anche quando si ha a che fare con i prodotti della tradizione: così cede terreno il latte uht (-4,6%) in favore di quello ad alta digeribilità (+174,4%) o le uova di galline allevate in batteria (-8,2%) a favore di quelle allevate a terra (+15%). Crescono gli integrali, i senza glutine, i senza lattosio. Se consideriamo solo il “senza olio di palma”, diventato anche un caso mediatico, il giro d’affari registra un più che promettente +13,5%, mentre siamo arrivati a mangiare la stessa quantità di carni rosse e bianche chiudendo un divario fino ad oggi storico: 19 chilogrammi procapite annui.

Anche grazie a queste nuove tendenze che torna maggior valore nel carrello della spesa degli italiani. Il 2017 è l’anno della fine del downgrading della spesa e la maggioranza degli italiani si è lasciata alle spalle il tempo delle rinunce alimentari e della caccia alle promozioni; torna la voglia di qualità e la sperimentazione. Il 70% degli italiani, primi in Europa, dichiara di essere disposto a pagare di più per avere più qualità e il carrello del lusso, forte dei suoi filetti di pesce, funghi, caffè in capsule e vini doc, supera l’8% di crescita nel primo semestre dell’anno. Nelle fasi più recenti qualità è poi diventata sinonimo di sicurezza, oltre che di proprietà organolettiche e di gusto. Si spiega così quel 56,4% di consumatori che legge in modo quasi maniacale le etichette dei cibi.

Ma se il cibo torna di moda mutua proprio dal fashion altre caratteristiche. Diventa così esperienza da vivere, estetica da condividere (130 milioni i risultati indicizzati su Instagram alla parola #foodporn), rappresentazione della propria identità individuale (vegan e non solo….) e sperimentazione. Le scelte alimentari sono sempre più fluide e stagionali: il positivo andamento delle vendite food della grande distribuzione (sfiora il 3% nel primo semestre) è concentrato proprio nei settori che hanno subito le temperature estreme sia della stagione calda che di quella fredda e potrebbero ridurre la loro esuberanza con un (auspicabile) ritorno alla normalità “metereologica” .

«Gli elementi di ripresa dei consumi sono evidenti anche nella nostra rete di vendita; nei primi sei mesi dell’anno miglioriamo le vendite (nel Grocery +1,2% a valore e +2,1% a volume). Inoltre, di fronte a qualche risveglio dell’inflazione alimentare, continuiamo a frenare i prezzi di vendita e a difendere il potere di acquisto dei nostri soci e consumatori; il delta inflattivo tra Coop e la media del mercato sfiora il -2% – spiega Marco Pedroni, Presidente Coop Italia -. In linea con i cambiamenti importanti nella composizione del carrello degli acquisti degli italiani descritti nel Rapporto abbiamo assortimenti più ampi della media del mercato nei segmenti free from, rich-in, vegan, etico-sostenibile e non a caso le vendite di queste categorie di prodotti in Coop sono in crescita significativa. Il nostro impegno si è focalizzato sullo sviluppo della MDD, il Prodotto a Marchio Coop. Oltre a 200 nuovi prodotti nel 2017 e ad altri 200 nel 2018, stiamo lanciando nuove linee e continuando ad ampliare i contenuti di distintività valoriale. Nel 2017 proseguiamo il lavoro di rafforzamento della rete di vendita con 10 nuove aperture e 90 ristrutturazioni importanti (oltre 300 milioni di investimenti), con lo sviluppo dei distributori Coop (31 stazioni con oltre 400 milioni di litri erogati) e con nuove iniziative imprenditoriali tra cui i negozi specializzati per animali (Amici di Casa), l’online Food (EasyCoop) e l’esperienza virtuale-fisico dei CoopDrive».

 

Il discount resta il modello più produttivo, crescita spinta dai freschi

Il Rapporto presenta anche il quadro di una Gdo in affanno, che ha sofferto più che nel resto d’Europa, avendo aumentato meno i prezzi. Schiacciata al momento tra l’aumento anche rilevante dei prezzi di alcune materie prime (caffè, grano, olio EVO in primis) e le richieste di convenienza del cliente finale,  che però è sempre più volubile nella scelta del punto vendita e richiede assortimenti centrati sui suoi cangevoli desiderata.

E tra in formati vince il più snello e produttivo, e che evidentemente ha saputo cavalcare lo spirit dei tempi e capitalizzare dalla crisi, il discount.

Anche se poi la ripresa ha premiato, soprattutto grazie ai freschi.

Guarda anche il video con l’intervista a Marco Pedroni: Rapporto Coop 2017: gli italiani, il cibo, il web e il punto vendita.

Rapporto Coop 2017: gli italiani, il cibo, il web e il punto vendita

Il cibo come nuova moda, identitario e stagionale come le collezioni fast fashion (ieri kamut oggi farro, ieri il latte di soia oggi di mandorla) ma con alcuni punti fermi che si ripropongono, come l’attenzione alla salute e al benessere e il ritorno della qualità; la centralità del punto vendita integrato a un ormai imprescindibile e-commerce; i valori della sostenibilità sociale ed ambientale sempre sullo sfondo: Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, fa il punto sui risultati del Rapporto Coop 2017 e sulle strategie intraprese dell’insegna nel mondo del retail che cambia.

Tra queste, l’attenzione al prodotto, specie a marchio, la presenza al Sud e la leadership in tutti i temi della distintività consumeristica.

Il cestino smart scannerizza e imbusta la spesa

Panasonic in Giappone ha testando un nuovo modo di fare la spesa, con un cestino decisamente “smart”. Apparentemente simile a tutti gli altri, in realtà il contiene uno scanner dove passare i prodotti acquistati e che provvede a calcolare l’importo finale. Una volta arrivati alla cassa, smart pure quella e provvista di touch screen, si sceglie il metodi di pagamento, si paga e il contenuto del cestino viene fatto cadere in un sacchetto pronto per essere portato via.

Il sistema è stato inserito in alcuni convenience store giapponesi. E pare che i clienti abbiamo apprezzato, soprattutto – strano a dirsi – quelli più anziani, che hanno iniziato a frequentare una tipologia di punto vendita che si solito non amano particolarmente. 

Record di spesa all’Amazon Prime Day, in Italia al top c’è food e grocery ma Paese che vai…

In fondo ce lo si poteva aspettare: l’Amazon Prime Day 2017 è stata la più grande giornata di shopping a livello globale della storia di Amazon, e anche la più grande giornata di shopping di sempre su Amazon.it: la novità è che tra gli articoli più veduti quest’anno in Italia non ci sono videogames, e-book o gadget elettronici ma referenze food e grocery.
Qui le promozioni più acquistate sono state Finish All in One Max 110 Lemon pastiglie per lavastoviglie e le capsule Caffè Vergnano 1882. Tra le promozioni di Prime Now invece il prodotto più venduto è stato l’Hamburger di Scottona – Chianina Igp.

A riprova del fatto che ormai Amazon è diventato un gigantesco supermercato globale, anzi ipermercato, durante il Prime Day sono stati venduti oltre 100.000 prodotti all’interno del negozio Pc, oltre 50.000 prodotti nella categoria fai-da-te, i cuochi amatoriali hanno acquistato oltre 70.000 utensili e gadget per la cucina e sono stati acquistati quasi 100.000 articoli nella categoria sport.

Ma per una volta non tutto il mondo è paese, e uno sguardo globale delle vendite dà uno spaccato quasi antropologico dello shopper globale. Ma anche una anteprima sulle tecnologie che, in tempi brevissimi immaginiamo, invaderanno le nostre case ed entreranno a far parte delle nostre vite. Come è stato con il kindle o l’i-phone. La next big thing sarà quasi certamente Amazon Echo Dot, il dispositivo da casa con a bordo l’assistente vocale Alexa con il quale fare la spesa, conoscere le previsioni del tempo e ascoltare musica e ora anche guardare video, che è stato a livello globale il prodotto più acquistato (e ha venduto sette volte più dell’anno scorso).

Ecco invece i prodotti più venduti nei vari Paesi, escusi i gadget Amazon:

USA: foodie e indagatori genetici. Pentola a pressione programmabile Instant Pot DUO80 7-in-1 Multi-Use; Test per il DNA 23andMe DNA Tests for Health + Ancestry

Regno Unito: nerd giocherelloni. TP-Link Wi-Fi Smart Plug per Alexa; Sony Playstation 4

Spagna: tecnologici. SanDisk Ultra Fit 64GB USB 3.0 Flash Drive; Moto G Plus (5th Generation) Smartphone; Lenovo Ideapad 310 Laptop

Messico: accessoriati. AmazonBasics Apple Certified Lightning to USB Cable; Nintendo Switch

Giappone: salutisti. SAVAS Whey Protein; Happy Belly pure bottled water

Italia: ma che ci vado a fare al supermercato? Finish All in One Max tablets; Caffe Vergnano 1882 Espresso machine

India: tecnologici. OnePlus 5 phone; Seagate Expansion 1.5TB Portable External Drive

Germania e Austria: resto in casa. PlayStation Plus Membership; Soda Stream

Francia e Belgio: gamers seriali. PlayStation Plus Membership; Game of Thrones – The Complete Season 1 to 6 Blu-Ray

Cina: pedagogici. Fisher Price Soothe and Glow Seahorse (peluche luminoso); A brief history of humankind+ A brief history of tomorrow set

Canada: foodie e pragmatici.Pentola a pressione programmabile Instant Pot Duo 7-in-1 Multi-Use, AmazonBasics AA Rechargeable Batteries (8-Pack)

 

L’avanzata del Free from, una “nicchia” da 6 miliardi di euro

Ma quale nicchia: il “free from” conquista gli italiani e diventa mainstream. Secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy e Nielsen la passione per i prodotti “senza”, caratterizzati dall’assenza o quanto meno dalla diminuzione di taluni ingredienti considerati nocivi, accomuna ormai tutti i consumatori. Il business dei prodotti “free from” nel 2016 ha superato i 6 miliardi di euro, con un aumento del 2,3% sul 2015, e ora pesa per il 28,4% sul totale del largo consumo alimentare rilevato dall’Osservatorio Immagino.

L’Osservatorio ha esaminato ben 36mila prodotti alimentari di ogni genere (acque e alcolici esclusi), ponendo grande attenzione al packaging e all’etichetta, e ha rilevato 6.711 prodotti presentati come “senza” o “a basso contenuto di”. Dall’analisi dell’Osservatorio emerge che il claim più diffuso nel mondo dei free from è “senza conservanti”, presente nell’8,5% dei prodotti presi in esame per una quota complessiva del 12,7% sul giro d’affari complessivo. Seguono le formule “senza coloranti” (presente sulle etichette del 4,3% dei prodotti), “senza OGM” (presente sull’1,9% delle etichette), “senza grassi idrogenati” (1,7%) e “senza aspartame” (0,1%).

Va però notato come le vendite a valore dei prodotti contrassegnati da questi “claim” sono in calo mentre crescono quelle di prodotti caratterizzati da altre formule come “senza additivi” (1,9% delle etichette e con un aumento annuo del 3,8% del business). In aumento anche le vendite di prodotti “senza sale” (+15,2%), “senza olio di palma” (+13,5%), “senza zuccheri aggiunti” (+10,5%), “senza grassi saturi” (+6,9%), “con poche calorie” (+3,3%), privi o a minor contenuto di grassi (+2,2%) o di zuccheri (+2,1%).

«Gli stili di consumo e le scelte di acquisto – dice Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy – raccontano la nascita e la crescita di nuovi segmenti che vanno oltre le tradizionali categorie merceologiche. Il free from ne è il migliore esempio: nato con pochi prodotti destinati a pochi consumatori, ha ampliato e segmentato l’offerta arrivando ad assecondare richieste e tendenze salutistiche sempre più peculiari e specifiche sia sul fronte della naturalità che del salutismo».

Istat, dall’inizio dell’anno vendite ferme e il +1% di maggio non fa cambiare rotta

Possiamo parlare di stagnazione delle vendite a questo punto: i dati Istat sul commercio al dettaglio relativi al mese di maggio 2017 registrano un aumento del +1,0% rispetto a maggio 2016 nelle vendite a valore, con l’alimentare a +1,1% e il non alimentare a +0,9%. Dall’inizio dell’anno però l’Istat evidenzia una variazione pari al +0,1% a valore e al -0,9% a volume.

«Il 2017 non si manifesta come un periodo di ripresa delle vendite al dettaglio – è il commento di Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione –. Nei primi cinque mesi dell’anno i volumi sono in calo (-0,9% a livello complessivo) e la lievissima ripresa a valore (+0,1%) è frutto esclusivamente dell’aumento dei prezzi del settore alimentare. Le famiglie mantengono un atteggiamento prudente nei consumi. Preoccupate dalle incertezze del quadro politico, economico e sociale direzionano l’accresciuto potere d’acquisto degli ultimi anni verso un recupero dello stock di risparmio e un consumo di beni e servizi (auto, cultura e intrattenimento, ristorazione) alternativi ai prodotti di più generale e largo consumo. Un quadro non favorevole per le imprese del commercio, costrette ad affrontare un ulteriore periodo di domanda stagnante e una ripresa che continua ad allontanarsi nel tempo».

Secondo Federalimentare, è il mondo food che continua a destare preoccupazione, visto che la crescita (esigua) del mese (+1,0%) è attribuibile “a un “effetto trascinamento” dovuto all’aumento dei prezzi che, sebbene in riduzione, hanno avuto una forte impennata nei primi mesi dell’anno”. Il dato a volume segna infatti un calo del -1,0%. Questa tendenza si evidenzia in modo ancor più chiaro nei dati cumulati dei primi 5 mesi del 2017, che indicano una crescita del +0,6% a valore ma un calo a volume del -1,9%”. E se a maggio è andato meglio il non food, con una crescita sia a valore (+0,9%) sia a volume (+0,8%), nel periodo gennaio-maggio complessivamente abbiamo un calo, sia a valore sia a volume del -0,2%.

Il Codacons parla di un maggio “freddo” per le vendite aò dettaglio. «In realtà le vendite non stanno affatto crescendo, e rimangono stazionarie rispetto allo scorso anno – spiega il presidente Carlo Rienzi – È evidente come tali dati siano del tutto insufficienti ai fini di una ripresa dei consumi. Nonostante i numeri positivi registrati a maggio, le vendite in Italia sono sostanzialmente ferme, confermando i tanti allarmi lanciati dal Codacons e la mancanza di misure per sostenere il commercio interno».

 

Avanzano ancora i discount, soffrono i piccoli esercizi

“Un dato poco rassicurante” anche se si tratta a volume della prima variazione tendenziale positiva dell’anno emerge dalle rilevazioni Istat  secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, visto che l’indice destagionalizzato si posiziona sui livelli più bassi degli ultimi anni. “Dalla debolezza della ripresa – fanno sapere dall’Ufficio Studi – restano più colpiti i negozi con meno di cinque addetti, che registrano una riduzione delle vendite in valore del 2,5%, mentre appare meno difficile la congiuntura delle imprese più grandi. La fiducia delle famiglie continua ad essere precaria, comprimendo la propensione al consumo”. 

Se le vendite di alimentari salgono a maggio 2017 rispetto a un anno prima in ipermercati (+0,2%) piccole botteghe alimentari (+0,3%) e supermercati (+0,4%) sono ancora i discount che fanno registrare l’incremento di gran lunga più significativo, del 3,2%.

Coldiretti evidenzia come sia proprio il settore alimentare a far registrare i risultati migliori con una media del +1,1%. “L’aumento della spesa alimentare su base annua è un segnale positivo poiché si tratta della seconda voce del budget familiare dopo l’abitazione. L’auspicio è che ora gli aumenti di spesa nella distribuzione alimentare si trasferiscano anche al settore agricolo dove – commenta Coldiretti –i compensi riconosciuti per molti prodotti non coprono neanche i costi di produzione”.

Food&Grocery sempre più online, già 812 milioni di euro nel 2017 (+37%)

Cresce impetuosamente il mercato online del Food&Grocery in Italia, con un valore che nel 2017 è di 812 milioni di euro (+37% rispetto all’anno precedente), dei quali 708 dell’alimentare (+39%), riconducibili per il 38% alla gastronomia, per il 34 all’alimentare e per il 28 alla ristorazione, e 104 della componente Health&Care (+26%). Se dagli acquisti dei consumatori italiani si passa a considerare le vendite da siti italiani a consumatori italiani e stranieri, il giro d’affari raggiunge gli 892 milioni di euro (+35%). L’Export digitale incide per circa il 7% delle vendite del settore e rappresenta il 2% circa dell’Export e-Commerce complessivo. Malgrado questo il Food&Grocery incide ancora poco nel mercato e-Commerce B2c italiano, soltanto il 4% di un business complessivo di 23,1 miliardi. È la fotografia scattata dalla diciassettesima edizione dell’Osservatorio eCommerce, presentato nel Camping Bovisa di Milano e promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano.

Molte le contraddizioni emerse. «L’alimentare – sottolinea ad esempio Alessandro Perego, direttore scientifico degli osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – è la prima voce di spesa nel paniere degli acquisti dei consumatori italiani eppure l’e-Commerce in questo comparto non è ancora sufficientemente sviluppato nel nostro Paese. L’incidenza degli acquisti online è ancora pari allo 0,5% del totale acquisti Retail del settore, un valore pari a un decimo della penetrazione media dell’e-Commerce nei prodotti (4%) e significativamente inferiore a quello registrato dal Food&Grocery nei mercati e-Commerce internazionali più evoluti (8% in UK, 6% in Francia e 2% in Germania e USA)”. Qualche segnale di cambiamento però c’è. «Stiamo osservando – fa notare Perego – un cambio di passo riconducibile a diversi fenomeni, come l’avviamento e il potenziamento di iniziative online della grande distribuzione, il consolidamento di interessanti progetti in ambito Enogastronomia, lo sviluppo di servizi innovativi, come il same day delivery, e la rapida espansione del segmento della Ristorazione».

Tra i prodotti più acquistati online nell’alimentare ci sono con il 54% i “secchi” (ossia confezionati, incluso il caffè), con il 31% i prodotti “freschi” (inclusi il cibo pronto e verdura/frutta), con il 9% le bevande alcoliche (birra, vino, distillati e liquori), con il 5% le bevande analcoliche (acqua, bibite e succhi) e con l’1% i prodotti surgelati.

«In un comparto – dice Valentina Pontiggia, direttore dell’osservatorio eCommerce B2c Netcomm Politecnico di Milano – caratterizzato da offerta molto ampia, elevata complessità di prodotto (deperibilità, fragilità), alta difficoltà delle operations e della logistica e laboriosità del processo di acquisto (elevato numero di pezzi per ordine, domanda ricorsiva), diviene prioritario per gli operatori garantire un’esperienza d’acquisto fluida, semplice ed efficace che riesca da un lato ad attrarre nuovi web shopper e dall’altro a fidelizzare quelli vecchi. Innovare e semplificare l’esperienza del cliente significa sia migliorare le presentazioni dei basics (gamma, prezzo e servizio) sia ideare nuovi modelli di business, grazie ad esempio all’integrazione tra canali fisico e online, e utilizzare nuove tecnologie»

«Nel mondo ci sono oggi circa 1,5 miliardi di online shopper, di cui 20 milioni sono italiani e di questi, circa il 24% ha acquistato almeno un prodotto alimentare negli ultimi 6 mesi – dice Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, secondo cui però – questa percentuale non è ancora sufficiente a trainare l’industria digitale del Food&Grocery e a permettere all’Italia di competere a livello internazionale. Vi è ancora molta polverizzazione a livello dei player e ciò non consente al nostro Paese di fare sistema in modo efficace».

«Nel Food&Grocery, contrariamente a quanto avviene mediamente nell’e-Commerce B2c italiano – spiega Riccardo Mangiaracina, direttore scientifico dell’osservatorio eCommerce B2c Netcomm Politecnico di Milano – sono gli operatori tradizionali (retailer e produttori) a ricoprire un ruolo dominante, con il 59% del valore delle vendite nel 2017. Tuttavia stiamo assistendo a un’inversione di tendenza dovuta alla crescita elevata delle Dot Com (la cui incidenza sul settore passa dal 32% del 2016 al 41% del 2017) anche grazie al rapido sviluppo del segmento legato alla consegna dei piatti pronti».

All’Esselunga spesa con lo smartphone e senza portafoglio grazie a Satispay

Andare al supermercato con solo l’ormai inseparabile telefono dimenticandosi carte e portafoglio a casa una volta sembrava un sogno proibito o un noioso contrattempo: oggi sarà possibile, entro estate in tutti i 154 punti vendita di Esselunga, grazie all’accordo stipulato dall’insegna con Satispay, che si presenta come la più importante integrazione di un sistema di mobile payment nella Gdo italiana.

In base all’importante accordo, l’innovativa piattaforma di pagamento è stata integrata nel sistema di pagamento di Esselunga. Il servizio è già attivo a Segrate, da lunedì 26 giugno lo sarà anche nel primo punto di Milano in via Losanna, e poi via via negli altri con un piano di roll out che prevede entro la fine dell’estate la copertura di tutti i 154 superstore e supermarket in Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Liguria e Lazio.

Dopo esser stata la prima in Italia a introdurre nel 1980 il lettore di codice a barre alle casse, Esselunga, nell’anno del suo sessantesimo anniversario, si presenta ancora come operatore innovativo.

 

Come funziona Satispay presso Esselunga

Satispay ha integrato il proprio sistema direttamente nelle casse di Esselunga, e ciò consente la gestione del pagamento con la massima semplicità e precisione, sia per gli operatori in cassa che per i clienti. I clienti Esselunga potranno pagare alla cassa o alle postazioni di self-service attraverso l’app Satispay installata sul proprio smartphone selezionando il punto vendita in cui si trovano (che grazie alla geolocalizzazione dell’app alla sua apertura comparirà come il primo della lista), digitando l’importo del conto e, con un singolo tocco, inviando il pagamento che – anche in presenza di una configurazione multi postazione come quella di un supermercato – sarà automaticamente riconosciuto dalla cassa in cui si trova il cliente e accettato.

«Questo è per noi un ulteriore importante passo nella concretizzazione di una strategia: creare la prima soluzione di pagamento elettronico adatta a tutte le tipologie di esercenti, dal piccolo caffè a conduzione familiare alla grande azienda leader, come Esselunga – spiega Alberto Dalmasso, co-founder e CEO di Satispay -. Ciò è possibile grazie al grande lavoro che il team Satispay ha compiuto nello sviluppare tutte le funzionalità e integrazioni necessarie a rispondere alle molteplici esigenze del mercato ed essere scelti da un’azienda come Esselunga, punto di riferimento e modello di innovazione del mondo retail, è un’importante conferma e motivo di orgoglio. Oggi sono oltre 270.000 i download dell’app, 135.000 gli utenti privati attivi e abbiamo oltre 16.000 esercenti aderenti al nostro circuito, in aumento di 70 nuovi al giorno. Con l’adesione di un player tanto importante come Esselunga il nostro obiettivo di rivoluzionare la cultura dei pagamenti quotidiani si fa molti più concreto e vicino».
Satispay è un servizio di mobile payment che consente ai propri utenti di scambiarsi denaro attraverso un network alternativo alle carte di credito e debito: libero, efficiente, gratuito e sicuro. Disponibile per iPhone, Android e Windows Phone, può essere utilizzato da chiunque abbia un conto corrente bancario per scambiare denaro con i contatti della propria rubrica telefonica e pagare nei punti vendita ed e-commerce convenzionati con la stessa semplicità con cui si invia un messaggio o si effettua il check-in sui social network. Nata da un team di giovani italiani, dopo i precedenti round di finanziamento, che sono valsi alla società una raccolta pari a 8,5 milioni di Euro da parte di investitori istituzionali e privati, la società ha recentemente avviato un’importante operazione di aumento di capitale, attualmente in corso, al servizio del consolidamento della leadership in Italia e dell’internazionalizzazione.

Ora la spesa si fa dal frigo, con Samsung Family Hub e Supermercato24

Sarà il frigorifero a fare la spesa nel futuro? Tra Intelligenza artificiale e casa connessa (un business da 185 milioni di euro in Italia nel 2016) la via è questa, e un primo step è la partnership tra Samsung FamilyHub, il frigo connesso che utilizza le opportunità dell’Internet of Things, e la spesa online fatta direttamente dall’elettrodomestico con Supermercato24.

Entra sempre più nelle nostre vite e nelle nostre case l’Internet of Things, la capacità degli elettrodomestici di collegarsi tramite dispositivi mobile da remoto per fornire modalità innovative di procedure nella nostra vita quotidiana 

Cosa vuole il consumatore, oggi? Una spesa multidevice, che parte da casa o in ufficio e si conclude magari nel punto vendita o anche no, social ovvero a cui partecipano tutti i membri della famiglia, veloce e senza intoppi. Il FamilyHub sembra aver colto nel mood offrendo nuove modalità per organizzare la spesa, fare shopping online, cucinare e connettersi in qualunque momento. Ma può anche assumere il ruolo di nuovo “aggregatore” di casa, favorendo la comunicazione, creando nuove opportunità di condivisione per la famiglia e facilitando la gestione delle attività domestiche.

«Immaginiamo un concetto di vita vissuta su due assi, una in lunghezza, l’altra in larghezza, e la viviamo quando si libera spazio su queste dimensioni: sulla lunghezza puntiamo a vivere a lungo avendo cura di noi stessi; sulla larghezza “creiamo spazio” nelle nostre giornate evitando di impiegare tempo in attività che possiamo realizzare agevolmente grazie alla tecnologia, come quelle che effettuiamo con gli elettrodomestici – filosofeggia Antonio Bosio, Product & Solutions Director di Samsung -. Oggi il FamilyHub rappresenta una nuova svolta, offrendo nuove opportunità di gestione del cibo, di condivisione, comunicazione e intrattenimento familiare, ma giocando anche un ruolo centrale in ottica IoT e nel futuro delle generazioni che abiteranno nella casa connessa».

 

 

Dalla spesa alle ricette, dalla musica alla tv tutto dal frigo

Il frigorifero connesso di Samsung ha un display touch Full HD da 21,5 pollici, un vero e proprio centro di comando digitale per una casa connessa, dal quale è possibile controllare da remoto il contenuto nel frigorifero grazie a tre fotocamere integrate. È possibile anche condividere con la propria famiglia la shopping list, ordinare direttamente la spesa tramite le applicazioni di shopping online come Supermercato24, e consultare ricette e video-ricette in tempo reale direttamente dal display. Dal frigo si possono anche ascoltare playlist e programmi radio tramite le app di Spotify e TuneIn, navigare in internet, consultare le news di sport e attualità e guardare i propri programmi TV preferiti tramite la funzione di TV Mirroring (compatibile con Samsung Smart TV). Il display può anche essere utilizzato come una lavagna digitale su cui scrivere o colorare, postare foto e condividere gli impegni con tutti i membri della famiglia (evoluzione tecnologica dei fogliettini attaccati con magneti sulla porta). Si possono gestire le funzioni a distanza dallo smartphone e controllare tutti gli altri dispositivi connessi direttamente dal display.

Altro partner dell’iniziativa è Eataly.

 

 

Salutismo? Per gli italiani è più un vorrei ma non posso

Il salutismo è un tema senz’altro “caldo” per gli italiani ma arrivati alla resa dei conti per tre italiani su quattro resta un’aspirazione piuttosto che tradursi in una reale azione. È ciò che emerge da una ricerca di Squadrati commissionato dal California Prune Board, che ha indagato la percezione degli italiani in merito al proprio grado di salutismo.

Una sorta di autovalutazione dunque, secondo la quale solo il 25% degli intervistati si è dichiarato “molto” salutista, mentre la maggioranza 75% ha optato per un più sobrio “abbastanza” salutista. Sono soprattutto i giovani tra i 25 e i 34 anni (30%) a definirsi “molto” salutisti o coloro che seguono un regime alimentare particolare (44%), per necessità o altre motivazioni, come la dieta vegetariana o vegana, quella gluten free o del gruppo sanguigno.

 

Benessere, sempre voluto poco praticato

I vantaggi di uno stile di vita e di alimentazione salutista sono ben chiari, complici le innumerevoli campagne della stampa e gli appelli degli esperti: tra motivazioni dichiarate per essere salutisti c’è in primis la volontà di godere di un maggiore benessere generale (73%), ma anche quella di seguire determinate abitudini alimentari perché le si sente in linea con il proprio stile di vita (39%). Non manca chi lo fa per ragioni di linea: ben il 44% di intervistati desidera perdere peso o mantenere quello attuale. Tra gli incentivi al salutismo ci sono anche necessità sportive (17%) o motivazioni mediche come intolleranze e allergie (8%). Pochi segnalano, invece, ragioni di circostanza: “perché è di tendenza” (3%) o “perché lo fanno anche i miei amici” (3%).

 

Dal dietista al web, c’è fame di informazioni

Per avere consigli su un’alimentazione sana è importante informarsi e rimanere costantemente aggiornati. Le persone a cui rivolgersi, così come i canali, sono diversi. Gli italiani intervistati ricercano consigli soprattutto rivolgendosi al medico di famiglia (36%) e al dietista/nutrizionista (26%) o al dietologo (17%). E sono soprattutto coloro che si definiscono “molto” salutisti a preferire questi professionisti, considerandoli una fonte autorevole. Ma c’è anche chi dichiara di volere fare di testa propria (18%), quasi un intervistato su cinque. IN questa fascia naturalmente la fonte di informazione primaria non può essere che il web, canale preferito dal 69% con siti e portali dedicati alla salute (45%) e blog specializzati (24%). Anche la televisione (48%) gioca un ruolo importante, in particolar modo con i programmi specifici sul salutismo (24%); i video tutorial su come restare in forma risultano graditi (15%) così come i profili social di esperti (13%).

 

Più acqua, frutta e verdura, meno sale, carne rossa e insaccati

Non bastano le motivazioni, ma bisogna anche adottare determinati comportamenti. Tra quelli maggiormente adottati per raggiungere questo scopo: il bere almeno due litri di acqua al giorno (58%), il limitare l’utilizzo di sale (56%), il limitare il consumo di salumi (51%), di carne rossa (49%) e di latte e derivati (31%), così come il seguire un’alimentazione basata sul controllo degli zuccheri (51%) e dei grassi (50%).

Si assiste anche alla riscoperta di frutta e verdura. Il 94% degli intervistati dichiara infatti di mangiare tutti i giorni frutta (94%) – che sia fresca, secca o disidratata – e verdura (57%). Emerge inoltre che il consumo di prugne secche è prerogativa di chi si ritiene “molto attento” alla proprio salute.

Alla ricerca hanno partecipato oltre 600 maggiorenni, distribuiti in tutta Italia: Nord (45%), Sud e Isole (32%) e Centro (23%). Il campione è equamente diviso tra rispondenti donne (50%) e uomini (50%) e ha coinvolto principalmente la fascia 45-54 (39%), seguiti dalla fascia 35-45 (35%) e dalla fascia 25-34 (26%).

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare