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Nasce Emporio Rimini, il supermercato sociale, tra solidarietà e spreco zero

Un momento dell'inaugurazione. Foto dal profilo Facebook del Comune di Rimini.

Ha aperto a Rimini dopo un percorso di crowdfunding partito l’ottobre scorso Emporio Rimini, anzi #EmporioRimini, il supermercato sociale dedicato alle famiglie in difficoltà del territorio. Un vero e proprio supermercato dove però chi fa la spesa non paga perché dispone di un “carnet” mensile di punti da utilizzare, un supermercato solidale insomma.

Il progetto, promosso dal Comune di Rimini insieme ad associazioni e con il sostegno di privati, è nato dall’iniziativa di gruppo di lavoro sul settore sociale che si è posto il compito di sensibilizzare i soggetti privati economici della Provincia di Rimini e di elaborare proposte finalizzate a fronteggiare la grave situazione di impoverimento di molte famiglie residenti nel territorio.

Può accedere ai servizi del “supermercato solidale chi è residente in provincia, ha un reddito ISEE di valore massimo di 7.500 euro ed è iscritto al centro per l’impiego, una sorta di centro di collocamento per chi cerca un lavoro. A domanda accolta, viene consegnata una tessera necessaria per fare la spesa con caricati dei punti che serviranno per acquistare i beni alimentari necessari.

Il progetto prevede anche un protocollo d’intesa volto a “sostenere, facilitare e implementare la raccolta di eccedenze del mercato alimentare e dei prodotti non più commerciabili ma ancora commestibili conferiti gratuitamente dalle industrie alimentari del territorio di Rimini e dell’area vasta al fine di realizzare il progetto Emporio Solidale di Rimini”. Un circolo virtuoso che unisce solidarietà, sostegno alle persone in difficoltà e e lotta allo spreco alimentare.

Quello di Rimini non è il primo “supermercato solidale” d’Italia. Un precedente di questa logica che lega spreco zero, donazioni e solidarietà si trova a Modena ed è l’Emporio Sociale Portobello, un negozio per famiglie e persone a basso troppo che però utilizza un’altra logica: i clienti “pagano” la spesa fornendo il loro tempo libero per partecipare ad attività di volontariato da svolgere nell’emporio stesso o nelle associazioni del territorio.

Emporio Solidale Portobello
L’Emporio sociale Portobello di Modena.

Amazon Dash, arrivano 100 nuovi bottoni per ordinare prodotti di marca

L’idea di Amazon Dash è partita il maggio scorso e sembrava l’ennesima “boutade” del re delle DotComm (tipo le consegne con i droni, per intenderci): un bottone collegato via wi-fi e dedicato a un solo prodotto (il logo bene in vista) cliccando sul quale partiva l’ordine diretto ad Amazon, che lo consegnava a casa (per ora solo negli Stati Uniti) entro un giorno. Ora i prodotti di marca disponibili sono diventati più di 100. Partiti da commodity come pannolini per bambini o detersivi, man mano si sono ampliati ad alimentari e bevande forse non così essenziali ma tradizionalmente soggetti ad acquisti di impulso: dalle patatine alle vitamine, dal tè al caffè alla Pepsi, ma anche cibo per animali e pile.

Riservati ai clienti iscritti a Prime, i Dash Buttons costano 4,99 dollari l’uno, importo che si trasforma in credito per il primo ordine. Con il minimo sforzo da parte del consumatore, quando il prodotto del cuore sta per finire è sufficiente pigiare il bottone (attraverso il quale l’ordine può anche essere revocato) per ordinarlo. 

Brawny, Charmin, Clorox, Doritos, Energizer, Gain, Honest Kids, L’Oreal Paris Revitalift, Lysol, Peet’s Coffee, Playtex, Purina, Red Bull, Seventh Generation, Slim Jim, Snuggle, Starbucks, Trojan, Vitamin Water sono solo alcune dei nuovi marchi introdotti. Ma la domanda sorge spontanea: quale vende di più? Amazon non rilascia numeri ma assicura che negli ultimi tre mesi i consumatori che hanno iniziato ad utilizzare il sistema sono aumentati del 75%. «I clienti ci avevano detto chiaramente che volevano più marchi, più categorie e più prodotti nel programma. Siamo entusiasti di offrire ora più di 100 Dash Buttons che rappresentano le più grandi marche in decine di categorie a rappresentare migliaia di prodotti» ha dichiarato Daniel Rausch, direttore di Amazon Dash. «I clienti stanno usando i Dash Buttons più di una volta al minuto per non restare mai senza i prodotti che usano quotidianamente».

Da un’indagine di 1010 Data risulta che la marca più di successo che sfrutta il sistema è P&G e che i top seller sono il detersivo Tide, lo snack Bounty e la carta igienica Cottonelle.

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Diventerà un’icona pop o un oggetto da collezione l’Amazon Dash? Un mezzo per la marca di riaffermare se stessa nei confronti delle private label? Vedremo, soprattutto se alla fine si riuscirà ad avere da Amazon dei dati concreti sul reale impatto sulle vendite, e, anche e più importante, sulle abitudini di spesa dei consumatori.

Foodscovery la start up per l’e-commerce gastronomico che piace agli editori

Ci sono ben due editori tra gli investitori di Foodscovery, piattaforma web e mobile per conoscere e acquistare 1500 prodotti della gastronomia italiana direttamente dai laboratori e produttori artigianali del territorio come panifici, pasticcerie, macellerie, caseifici. L’ultimo arrivato è La Società Editoriale Il Fatto, che entra nella start-up con un investimento di 250mila Euro con una quota di circa il 7%, e la facoltà di salire fino al 12%.
La start up fondata nel 2014 con un investimento di 500mila euro da parte di FI.R.A. – Finanziaria Regionale Abruzzese – ha tra i soci anche il gruppo editoriale tedesco Axel Springer. I Fondatori Fabio Di Gioia e Mario Sorbo detengono il 41% delle quote della società.

Si fa tanto parlare di storytelling e dell’importanza di raccontare prodotti, come le eccellenze dell’enogastronomia italiana, che hanno bisogno di essere scoperti ed conosciuti anche nella loro specificità e nella loro storia. E sembra essere proprio questo il senso dell’operazione. Le caratteristiche, le storie e i protagonisti dei prodotti gastronomici d’eccellenza di tutte le regioni italiane saranno presentati su www.ilfattoquotidiano.it, sito con oltre 100 milioni di pagine viste al mese, e i lettori avranno poi la possibilità di acquistarli direttamente su www.foodscovery.com.

Sul mercato italiano, sarà lanciata una nuova versione del sito e ampliato il numero di produttori presenti. Ma Foodscovery punta anche all’estero, con il lancio della piattaforma inizialmente sul mercato britannico.
Il modello di business di Foodscovery si basa sull’innovazione a sostegno delle piccole economie locali, con la creazione e lo sviluppo di un sistema automatizzato di ritiro e consegna in 24/48 ore, che permette di ricevere e gustare oltre 1.500 prodotti presenti in catalogo.

«L’acquisizione delle quote in Foodscovery risponde ad un Piano Industriale specifico che guarda al futuro e che nelle società editoriali di oggi deve obbligatoriamente puntare alla diversificazione. Al tempo stesso può essere però valorizzazione del tradizionale core business. Foodscovery rappresenta infatti un progetto di e-commerce nel food con un importante sviluppo di internazionalizzazione al quale si affiancherà anche un progetto di contenuti editoriali collegati» ha spiegato Cinzia Monteverdi, Amministratore Delegato di Editoriale Il Fatto.

Visa abilita nuove possibilità di pagamento “smart” grazie alla tokenizzazione

Visa abilita nuove possibilità di pagamento “smart” grazie all’espansione del servizio di Visa Europe Payment Tokenisation Service – VEPTS. Da oggi sarà dunque più facile pagare tramite smartphone, smartwatch o wearables (i dispositivi indossabili come i braccialetti fitbit), dove le credenziali della carta sono salvate su cloud; tramite wallet digitali basati sul browser di Internet come “Visa Checkout” e pagamenti in cui i dati della carta sono stati precedentemente salvati presso gli esercenti (“card on file”). Dunque pagamenti più veloci ma sicuri, come richiede un cliente evoluto che non ha più tempo né voglia di fare la coda, e amerebbe pagare in tempo reale con soluzioni integrate in applicazioni e in dispositivi connessi a internet..

La tokenizzazione è la codifica dei dati sensibili tramite una sequenza di numeri chiamata token, un simbolo univoco che non ha alcun significato al di fuori dal circuito in cui viene utilizzato. Quando i consumatori effettuano un acquisto con un servizio di pagamento ‘tokenizzato’, al momento del pagamento viene presentato un token, non i dettagli della carta. Questo rende semplice e veloce sia il processo di associazione della carta ai servizi di pagamento digitale, sia la gestione e la conservazione dei dati sensibili quando si paga, sia nei negozi fisici sia online.

«I consumatori in Europa hanno a disposizione tecnologie innovative che offrono modalità di pagamento rapide e fluide per poter acquistare e pagare in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento e su qualsiasi dispositivo scelgano. Le nostre previsioni indicano che per il 2020 un consumatore su cinque pagherà i suoi acquisti con lo smartphone su base quotidiana e i pagamenti su dispositivi mobili costituiranno oltre il 50% di tutte le transazioni Visa» dice Sandra Alzetta, Executive Director Business Strategy, Innovation di Visa Europe.

 

Tanti codici con una sola carta

Secondo lo studio Mobile Money (maggio 2015) di Visa Europe il 62% dei consumatori è preoccupata per la sicurezza dei loro dati sensibili in caso di pagamenti su internet o con smartphone. Secondo molti esperti di sicurezza la tokenizzazione dei pagamenti sarebbe non solo la soluzione migliore oggi disponibile per l’innalzamento dei livelli di sicurezza dei dati relativi ai pagamenti con carta senza interventi sull’utente finale, ma consentirebbe anche l’abilitazione del pagamento tramite vari dispositivi che fanno riferimento ad un’unica carta.

I token che possono essere creati per una singola carta infatti possono essere molteplici, in modo che le istituzioni finanziarie possano controllare e gestire in maniera molto flessibile gli ambienti e i canali dove uno specifico token può essere usato. Ad esempio, un token creato solo per uno specifico servizio di pagamento mobile inserito in una app non può essere catturato e usato altrove per fare un acquisto online.

Ma vi sono ulteriori vantaggi, in caso di furto ad esempio. I consumatori hanno un ulteriore valore aggiunto: se il dispositivo mobile viene smarrito o rubato, un token può essere disabilitato, in maniera rapida e semplice, sia dal titolare sia dalla banca emittente la carta, senza dover bloccare la carta Visa associata con il token. Analogamente, se una carta viene smarrita o trafugata, il consumatore potrà ancora usare il suo telefono tokenizzato per effettuare pagamenti in attesa di ricevere la carta sostitutiva.

 

Ecco la nuova shopper eco e chic di U2 Supermercato

È arrivata nei supermercati Unes dell’insegna U2 Supermercato la nuova eco shopper in tessuto non tessuto che per questa stagione sfoggerà un brillante Rosso Fiesta, un mix tra il fragola e il rosso. Firmata ECO U!, la nuova edizione della borsa in tessuto non tessuto, che si rinnova al variare di ogni stagione, sarà in vendita a partire da oggi 16 febbraio 2016 in tutti i punti vendita U2 Supermercato riportando il messaggio: “Be Eco – Be Cool!”.
Sul retro della borsa la parola U!nique ha una duplice valenza: è un messaggio per sottolineare l’unicità sia delle borse TNT di U2 Supermercato, sempre diverse e divertenti, che di chi le sceglie, dimostrando la sua Eco-logicità.
La borsa, riutilizzabile, è in vendita al prezzo di 0,50 euro.
La creazione di una linea di borse in tessuto non tessuto, con tre edizioni annuali, rientra nel progetto di U2 Supermercato volto a stimolare costantemente la clientela ad adottare comportamenti ECO-attenti, a renderli dunque partecipi alla filosofia dell’insegna, nell’ambito della quale l’attenzione all’ambiente ricopre un ruolo di fondamentale importanz

Westfield identifica i cinque desideri dei consumatori che cambieranno il retail

Come si farà la spesa in futuro, e cosa cerca il consumatore nel terzo millennio quando si decide ad entrare in un negozio “reale”? Come cambieranno quindi i punti vendita per incontrare i nuovi desiderata dei consumatori? A queste domande ha cercato di rispondere, How We Shop Now: What’s Next, un’indagine effettuata da Westfield, primaria società che opera nello sviluppo e gestione di centri commerciali a livello internazionale. La ricerca, che ha intervistato oltre 13mila persone tra cui esperti del settore in USA e UK, ha individuato cinque tendenze chiave. Eccole.

Sharing economy anche nel punto vendita: Uber e Airbnb sono solo la punta dell’iceberg e hanno di fatto cambiato il modo di percepire alcuni prodotti e servizi. I consumatori chiederanno di affittare alcuni articoli, costosi o di uso non frequente, che non desiderano acquistare. Lo richiede il 20% dei britannici  e il 46% dei Millennials (25-34enni). Tra i prodotti più richiesti ci sono le attrezzature per il fitness (19%), le automobili (16%), l’elettronica di consumo (15%), le biciclette (14%) e l’abbigliamento (10%). Ad esempio, un britannico su cinque spenderebbe fino a 200 sterline (260 euro) al mese per un abbonamento che gli permettesse di affittare un numero illimitato di vestiti.

Corsi e incontri sociali: Il punto vendita è il luogo dove fare corsi di approfondimento e incontrare persone. In particolare, ai clienti piacerebbe avere a disposizione corsi di fitness e salute (27%), cucina creativa (25%), incontri con esperti (20%), club (19%) e anche corsi di informatica.

Incentivi per le scelte di vita: Il consumatore del Terzo Millennio amerebbe essere premiato con programmi di fidelizzazione che tengano conto non tanto di quanti soldi ha speso, ma delle sue scelte di vita etiche e salutiste. Già lo chiede il 20% dei britannici, che vorrebbero essere “premiati” (e, dunque, incentivati) per il riciclo dei rifiuti (29%), l’esercizio fisico (20%), il tempo speso in famiglia (19%), le giuste ore di sonno (14%) e il volontariato (10%).

Assistenza “aumentata” (e digital): Secondo il rapporto di Westfield la realtà virtuale nei prossimi anni si diffonderà ovunque. I consumatori già la vorrebbero per “ambientare” i prodotti che vedono in negozio nella loro vita quotidiana o nelle loro case (lo desidera il 41% dei britannici). Il 33% desidera invece degli ausili digitali per vedere come gli sta un vestito (senza indossarlo, ovviamente).

Esperienza sensoriale: Per ottenere una shopping experience realmente emozionante e coinvolgente, i “nuovi” consumatori si aspettano che il punto vendita coinvolga tutti e cinque i sensi. Vista e tatto (soprattutto) ma anche olfatto, udito e gusto, devono essere stimolati e “risvegliati” dopo ore trascorse davanti a uno schermo, grande o piccolo. Già oggi il 73% giudica la degustazione di un prodotto come uno dei maggiori vantaggi del punto vendita fisico rispetto all’on-line.

La pubblicità alla guerra dei prezzi: Lidl guarda in su, Waitrose in giù

Gli spot tv delle insegne della grande distribuzione europea sembra non possono non essere coinvolti anch’essi nella guerra dei prezzi che le oppone. L’obiettivo della pubblicità  sembra voler essere quello di cambiare la percezione dei consumatori circa l’insegna, e questo può evidentemente essere fatto in diversi modi, anche diametralmente opposti. È il caso di due grossi player della gdo come Lidl e Waitrose.

Lidl, ex discount impegnato a rifarsi il look proponendosi come catena dove sì risparmiare, ma anche dove trovare prodotti di fascia alta, come il filetto.

Lidl (Francia)

Problema opposto per Waitrose, insegna britannica di fascia alta nota per i suoi prodotti ottimi ma cari, che punta a far percepire un senso di convenienza
Due storie opposte e complementari insomma, ecco come sono state trattate.

Waitrose (UK)

 

Easyfoodstore, il supermarket low cost di EasyJet, chiude per rottura di stock

Ha aperto solo qualche giorno fa ma ieri pomeriggio ha dovuto già chiudere perché aveva venduto praticamente tutto ciò che aveva in magazzino: e dunque Easyfoodstore, il supermarket low cost di easyJet aperto in un quartiere popolare a nord di Londra, oggi resterà chiuso.

Sembra dunque, almeno in questa prima fase, aver colpito l’immaginazione dei consumatori l’ultima trovata di sir Sir Stelios Haji-Ioannou, fondatore della compagnia low cost easyJet della quale ancora detiene, insieme alla famiglia, il 35% delle azioni. Il supermercato, che per tutto febbraio venderà ancora ogni articolo a 25 pence (poco più di 30 centesimi) riaprirà venerdì. E i clienti non si sono fatti attendere, prendendo letteralmente d’assalto gli scaffali e facendo incetta delle 76 referenze proposte (dalla pasta, ai biscotti, dallo scatolame ai succhi di frutta).

Schermata 2016-02-03 alle 22.45.31L’annuncio è stato dato in una nota pubblicata sul sito della neonata catena. Che fornisce anche il motivo: “i nostri soliti fornitori non sono in grado di rifornire il negozio prima di venerdì”. Seguono le scuse e l’assicurazione che la promozione di un quarto di sterlina su tutti i prodotti durerà per tutto febbraio ma solo se – beninteso – c’è merce in magazzino”.

Il marchio “Easy” è già stato esteso nel Regno Unito a una lunga catena di attività dall’autonoleggio, all’agenzia immobiliare, dagli alberghi alle palestre alla pizza.

Il fondatore di Easyjet apre a Londra easyFoodstore, supermarket low-cost

Sir Stelios Haji-Ioannou, il fondatore di Easyjet, pioniera tra le compagnie low-cost che ha rivoluzionato insieme a RyanAir il mercato aereo, ha aperto a Londra Easyfoodstore, il suo primo supermercato che segue le logiche del discount. O addirittura del low-cost, abbracciando la stessa idea con cui anni fa è stato decimato il prezzo dei biglietti aerei: per tutto il mese di febbraio ogni articolo costerà infatti 25 pence, ovvero 0,33 euro. Niente freschi, per ora quantomeno, ma tutta una serie di prodotti confezionati, dalla pasta allo scatolame ai biscotti, dagli snack ai succhi.

easyfoodstore2Del resto, l’insegna che campeggia sopra il primo punto vendita, a Park Royal, quartiere popolare nel nord di Londra, non dà adito a dubbi:  è esattamente uguale – scritta bianca su sfondo arancio, stesso font – a quella che siamo abituati a vedere in tanti aeroporti. Parla chiaro anche il claim: “No expensive brands, just food honestly priced” (niente marche costose, solo cibo a prezzi onesti”.

Lo sbarco di Haji-Ioannou nel grocery era stato annunciato nel 2013 ma solo ora, dopo lunga gestazione, ha aperto il primo punto vendita al pubblico. L’intento del tycoon è piuttosto chiaro: entrare a gamba tesa nel mercato della grande distribuzione britannico, fatto al momento dai quattro marchi “storici” (Sainsbury’s, Tesco, Morrisons e Asda) in sofferenza, dalle due sempre più aggressive (e gettonate) insegne discount tedesche, Aldi e Lidl, e dai canali paralleli, e-commerce (è appena sbarcato Amazon) e minimarket.

In qualche modo risulta più romantica l’interpretazione di Haji-Ioannou che ha dichiarato: «Questo è un altro modo in cui il marchio easy può servire i meno abbienti. Dopo la mia esperienza nella distribuzione del cibo gratis in Grecia e a Cipro, questo è un tentativo più commerciale di vendere alimenti di base a 25 pence per articolo alle persone meno abbienti che vivono nell’area di Park Royal».

La marca privata non decolla, anzi soffre: +0,1 a valore, -1,5 a volume secondo Iri

Nonostante il successo delle referenze premium e biologiche, nemmeno il 2015 (o quanto meno i primi 9 mesi dell’anno) hanno visto decollare la marca commerciale nella GDO. Secondo i primi dati del 12° Rapporto Marca sull’evoluzione dei prodotti a marca del distributore di IRI, che sarà presentato il 14 gennaio a Marca 2016 e anticipati dal “Sole 24Ore”, il totale delle vendite a valore delle private label ha toccato i 9.548 milioni di euro, con un aumento dello 0,1% sullo stesso periodo del 2014. Un risultato tutt’altro che esaltante considerata la crescita delle referenze e il successo delle linee più evolute, che incontrano meglio le nuove esigenze dei consumatori, tra salute ed esigenze gourmet. Diminuiscono infatti le vendite a volume, che registrano un –1,5% nel periodo gennaio-settembre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014.

Non basta insomma la buona performance dei prodotti premium di alta qualità (che hanno movimentato 606 milioni nel periodo gennaio-settembre 2015, +13,1% sullo stesso periodo del 2014) e dei prodotti biologici (546,6 milioni, +10,8%). Un rallentamento nella crescita, quello delle private label, iniziato nel 2013. Tra i motivi ci sarebbero le azioni promozionali aggressive della marca che di fatto arrivano a “fare concorrenza” proprio alla marca del distributore che dovrebbe risultare più conveniente.

In aumento le referenze: sono 1.173 nei discount, 1.339 nei supermercati e 2.078 negli ipermercati. Interessante anche considerare le quota di mercato del largo consumo confezionato, secondo Adem Lab in calo nei supermercati e negli ipermercati (18,2%, rispetto al 18,4% dei primi nove mesi del 2014) ma in crescita nei discount (53,9%, rispetto ai 51,5% del 2014), che confermano così una maggiore aggressività e competitività dei propri prodotti a marchio.

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