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Nuovo round di investimento per indigo.ai: si continua a puntare sull’AI

indigo.ai, startup che dal 2016 supporta le aziende con l’intelligenza artificiale conversazionale, ha chiuso un round di finanziamento da 2,5 milioni di euro per accelerare la crescita e gestire al meglio le opportunità offerte dalla costante trasformazione del mercato. L’investimento è stato condotto dal Gruppo Vedrai, che nel 2022 aveva già acquisito il 60% di indigo.ai con l’obiettivo di supportare lo sviluppo dell’azienda e avviando una proficua collaborazione tra le due realtà del nuovo Made in Italy tecnologico.

Questo nuovo round di finanziamento consolida la posizione di indigo.ai sul mercato italiano, sviluppando ulteriormente la strategia di crescita. Con un focus specifico sul 2024, la roadmap futura si basa sull’ampliamento delle soluzioni tecnologiche, supportato dal consolidamento del modello di vendita e dal rafforzamento del network di partner.

“Il nostro obiettivo è facilitare il dialogo con gli utenti, offrendo alle aziende soluzioni basate sull’AI, innovative e facili da utilizzare anche da parte di chi non dispone di un background tecnico” dichiara Gianluca Maruzzella, Co-founder & CEO di indigo.ai. “Ora, grazie alla rinnovata collaborazione strategica con Vedrai, siamo pronti per proseguire ulteriormente lungo il nostro percorso di sviluppo, che per il 2024 prevede un piano di crescita basato su investimenti che ci consentano di sfruttare appieno le opportunità offerte dalle costanti evoluzioni della tecnologia. Puntiamo al consolidamento del mercato, rafforzando inoltre le partnership già in essere e avviandone di nuove”.

“Questo nuovo investimento conferma il valore di un progetto che sta rispettando tempi e aspettative, nonché la strategia di mettere a fattor comune la mission delle due realtà di rendere l’intelligenza artificiale uno strumento democratico” aggiunge Michele Grazioli, Presidente di Vedrai SpA. “La tecnologia di indigo.ai rappresenta un asset fondamentale su cui far leva per rispondere tempestivamente alle evoluzioni del mercato, consentendo alle aziende di restare competitive. Insieme siamo riusciti a raggiungere un numero sempre più ampio di settori e siamo entusiasti di poter continuare a supportare il team nel portare sempre più avanti la frontiera dell’AI al servizio delle aziende”.

Nasce Foodu, il primo modello di filiera partecipativa nell’agroalimentare

Il progetto è nato nel giugno del 2020 in piena pandemia, quando anche il solo gesto di fare la spesa al supermercato era vissuto come conquista di libertà nell’intricato sistema di restrizioni. Ma anche in questa “zona franca” la libertà dei consumatori più attenti avrebbe incontrato non poche resistenze: sugli scaffali, spesso, si trovano prodotti selezionati sulla base di scelte di marketing e profitto, che talvolta non tengono conto a sufficienza della qualità e del gusto.

In questo contesto ha preso piede l’idea di due trentenni pugliesi di Palo del Colle, piccolo centro alle porte di Bari, che hanno sviluppato e lanciato Foodu, una nuova piattaforma di e-commerce partecipativo, dove i decisori finali sono i consumatori. Obiettivo della startup food-tech fondata da Antonella Fasano e Paolo Pannarale, è quello di sperimentare il primo modello di filiera agroalimentare in Italia in cui è la community dei consumatori che propone e decide cosa mettere in vendita. Chiunque può unirsi alla community di Foodu: esperti indipendenti ne valutano la qualità, mentre un gruppo di consumatori, veri e propri “clienti speciali” chiamati Approver, testano in anteprima i prodotti a prezzi scontati valutando il gusto. Solo se il prodotto è sano e anche buono, allora viene messo in vendita per tutti su Foodu.

«In soli 12 mesi abbiamo coinvolto oltre 1.000 persone e realizzato circa 22.000 consumer test–commenta Antonella Fasano, Founder e CEO di Foodu. La gente partecipa perché da un lato impara a riconoscere la qualità di nuovi prodotti, confrontandoli con quelli a scaffale nei supermercati, dall’altro offre recensioni utilissime per la selezione del nostro paniere, che al momento conta circa 500 prodotti, ma ha l’obiettivo di portarli in poco tempo a 1.500, base minima per fare una spesa completa».

Per espandere la propria presenza nel mercato della spesa online, coinvolgere nuovi soci e accompagnare anche i produttori in un processo di trasformazione “consumer centric”, Foodu lancia dal 21 ottobre online su Mamacrowd, la sua prima campagna di equity crowdfunding: la startup punta a raccogliere un massimo di 300.000 €, equivalente al 14,2% delle quote societarie. Il segmento di mercato di riferimento è quello della spesa online, un mercato in crescita esponenziale, che ha fatto registrare un +112% rispetto all’anno precedente, nel 2020.

«Con il coinvolgimento del consumatore, oltre ad altre tipologie di investitori, rendiamo la nostra visione completa, rendendo partecipi i clienti finanche nel nostro capitale sociale – prosegue Antonella Fasano. La risposta della nostra community è stata straordinaria. Del resto alcuni dei nostri clienti avevano già deciso di investire in Foodu, ancor prima del lancio della campagna».

Il modello Foodu, fondato sui tre pilastri della salubrità, sostenibilità e filiera,vuole stravolgere le logiche attuali, mettendo al centro il consumatore e partendo da una reale domanda di mercato: l’89% dei piccoli e medi produttori intervistati hanno dichiarato di immettere sul mercato i propri prodotti senza farli testare preventivamente dai consumatori. Nel rispondere a questa esigenza dei medio-piccoli produttori, Foodu ha implementato anche una linea di servizi B2B, una piattaforma di consumer science digitalizzata a servizio dei produttori: «Il coinvolgimento del consumatore è uno dei principali trend di mercato, anche nel settore agroalimentare – spiega Paolo Pannarale, Founder e CTO di Foodu. Il nostro Community Test digitalizzato aiuta il produttore ottenere tutte le informazioni necessarie a migliorare il prodotto in maniera estremamente semplice e ad un budget consono».

Il coinvolgimento del consumatore è uno dei principali trend di mercato, anche nel settore agroalimentare. I consumatori non sono più dei soggetti passivi; non si accontentano di subire le scelte dei brand, né di limitarsi a “fare una scelta” tra i brand a disposizione. Il rapporto tra aziende e consumatori si baserà nell’immediato futuro sempre più su forme di dialogo di tipo attivo e partecipativo, da cui possono emergere importanti scambi costruttivi.

DIS Design Italian Shoes, scarpe italiane su misura grazie a scansione 3D e personal stylist

Quella della personalizzazione è un’approccio antico, tipico dell’artigianato, che sta ritornando oggi di grande attualità: ed è anche il segno distintivo di DIS Design Italian Shoes, startup marchigiana specializzata nella produzione di scarpe su misura completamente personalizzabili dal cliente, che dopo il round di 150mila euro di finanziamento da parte di Nuvolab lancia una campagna di raccolta fondi online.

Ospitata su Mamacrowd, la piattaforma di crowdfunding gestita da SiamoSoci, il crowdfunding ha l’obiettivo di raccolta di 400mila euro. In cambio per gli investitori, oltre che parte delle quote della società, sono previste anche scontistiche notevoli sui futuri acquisti di scarpe su misura. Di recente Nuvolab, venture accelerator e innovation advisor di Milano, ha investito nella società 150 mila euro insieme ad alcuni partner.

 

Personalizzazione e nuove tecnologie per conquistare l’Estremo Oriente

Tra i progetti in cantiere della start up c’è la possibilità per il cliente di operare la scansione del piede, tramite mobile app o attraverso i totem con touch screen nei negozi fisici dove è presente DIS. L’operazione permetterà alla startup di crescere sui mercati internazionali in cui è già presente e di lanciare il prodotto in nuovi Paesi.

Sono già 50 gli store nel mondo che già oggi ospitano scarpe DIS, dalla Russia fino agli Stati Uniti, dal Giappone alla Cina. Numeri che potrebbero aumentare grazie alla tecnologia proprietaria che permette ai clienti di personalizzare la propria scarpa direttamente in negozio: i totem installati nei punti vendita, infatti, garantiscono un’esperienza utente perfettamente integrata tra online e offline, aumentando la propensione all’acquisto e la creatività nel disegnare la propria calzatura ideale. Una soluzione, quest’ultima, particolarmente apprezzata nei mercati più ricettivi quali Russia ed Europa dell’Est, e che, secondo le previsioni, dovrebbe portare a una crescita consistente del fatturato grazie all’accordo già chiuso in Cina con una catena sartoriale di 24 negozi per arrivare a coprire i loro 300 punti vendita e agli accordi in chiusura in Giappone e Corea del Sud.

 

Round da 150mila euro
Il lancio della campagna di crowdfunding e l’espansione internazionale saranno possibili anche grazie al recente ingresso nella società di Nuvolab e al suo accompagnamento con un programma di accelerazione dedicato all’internazionalizzazione della startup. L’ingresso è avvenuto nell’ambito di un round seed di 150 mila euro appena concluso insieme a primari business angels come Francesco Mantegazzini, Alberto Casagrande, Guglielmo Fiocchi e i fratelli Marco e Massimo Scalmati. Nuvolab entra così ufficialmente nel settore del fashiontech, ampliando la rosa dei verticali di riferimento per quanto riguarda le proprie attività di accelerazione.
“Questo investimento conferma il nostro crescente interesse nell’innovare il Made in Italy – dice Francesco Inguscio, CEO di Nuvolab – puntando su progetti dalle ambizioni internazionali che sappiano unire tradizione manifatturiera e innovazione digitale per farsi ambasciatori del meglio dell’Italia nel mondo”.

DIS, nata nel 2015, si è posizionata in questi anni come startup innovativa in grado di trovare il giusto connubio tra manifattura Made in Italy di alta qualità e digitale, grazie al configuratore 3D e a un approccio non convenzionale all’innovazione dei modelli di business tradizionali.
“Attraverso l’installazione di corner DIS in sartorie e department store – spiega Andrea Carpineti – velocizziamo il go to market all’estero, evolvendo l’esperienza d’acquisto tradizionale. Il cliente può provare le scarpe, toccare con mano i materiali, prendere ispirazione dai modelli esposti e creare la propria scarpa personalizzata grazie al configuratore 3D e all’aiuto di un personal stylist. Con questa campagna rilasceremo una nuova funzionalità: la scansione del piede, che potrà avvenire tramite mobile app o attraverso il nostro totem touch screen. E se centriamo l’obiettivo massimo di funding lanceremo anche la linea femminile”.

Di fatto DIS è l’unico brand Made in Italy a risolvere il grande problema del mondo retail: l’invenduto a fine stagione. Con un minimo investimento, infatti, il negoziante ha uno stock virtuale di 50 milioni di calzature, incassa in anticipo sul venduto, azzera il magazzino e migliora il ciclo finanziario. In soli 18 mesi DIS ha affiliato 50 punti vendita e solo nel primo semestre 2018 ha raddoppiato il fatturato, ricavando 8 euro da ogni euro investito in marketing.

Nio, il negozio dei cocktail “pronti all’uso” lancia il franchising

Un cocktail nel sacchetto. I negozi che vendono tutto ciò che serve per fare un cocktail, compresi kit pre-confezionati, stanno comparendo in varie capitali europee: e potrebbero essere la next big thing anche in Italia o quanto meno questa è la scommessa di NIO Cocktails, la start up italiana che ha annunciato l’avvio del progetto franchising per rafforzare la presenza nel B2C. La proposta NIO comprende una drink list composta da una selezione dei cocktail più conosciuti e apprezzati a cui si aggiungono limited edition e proposte stagionali.

I cocktail sono in versione ready to drink, da bere con la semplice aggiunta di ghiaccio.  Sono mixati secondo le ricette tradizionali, personalizzate dal tocco inconfondibile di Patrick Pistolesi, mixologist di fama internazionale e socio NIO. La produzione è Made in Italy, con ingredienti premium, senza l’aggiunta di additivi o conservanti. L’alcolico è contenuto in una busta di plastica alimentare sigillata e inalterabile.

“L’avvio del franchising era un passo che volevamo compiere fin dall’inizio e che ora si realizza – commenta Luca Quagliano, CEO e ideatore di NIO Cocktails –. Abbiamo utilizzato il web e l’e-commerce per lanciare i nostri cocktail pronti all’uso in Italia e all’estero, con grande soddisfazione. Il prossimo step guarda al presidio dei canali tradizionali, con l’apertura di negozi in franchising in cui le persone potranno riscoprire il mondo dei cocktail e provare l’esperienza d’uso e la qualità di NIO”.

 

Flagship store nel design district milanese

Il flagship store di NIO Cocktails da poco inaugurato in via Tortona 15 a Milano farà da modello per l’avvio del progetto franchising. La formula NIO prevede il pagamento solo degli arredi del negozio, senza royalties e senza fee. Il costo di avvio di uno store franchising è di circa 40.000 euro (esclusi i costi fissi della location).


Per l’apertura di un NIO Store in franchising è necessaria la licenza di vendita di prodotti alcolici e una location di circa 25 metri qudri all’interno di centri commerciali di rilievo o in aree dedite allo shopping dei principali capoluoghi.
L’espansione di NIO nel settore retail andrà di pari passo con le attività di comunicazione multicanale che stanno supportando un cambiamento culturale nelle abitudini del bere social: se fino a poco fa andare a cena da amici o invitare qualcuno a casa prevedeva quasi esclusivamente l’acquisto di vino o birra, oggi chiunque può diventare un bartender e offrire un Margarita o un Negroni perfettamente mixati. Questo vale sia per i privati sia per le tante attività economiche che hanno visto in NIO un potenziale partner per aggiungere in catalogo un prodotto – e un’esperienza – altrimenti difficile da offrire  come alberghi, ristoranti, negozi e aziende.

NIO Cocktails nasce dalla passione e dall’idea di Luca Quagliano, spirit lover, collezionista di liquori pregiati e imprenditore e degli amici e soci Alessandro Palmarin e Massimo Palmieri.

Grani antichi e carne veggie: le start up premiate da Carrefour

Un momento della premiazione.

Quali sono le start up del food più creative ma soprattutto spendibili sugli scaffali della Gdo? Una risposta viene dalla competizione “Let’s Emerge Award”, promossa da Carrefour Italia all’interno dell’agenda di Seeds&Chips, summit globale sull’alimentazione concluso ieri. La vittoria a pari merito è andata a Nutracentis e Beyond Meat.

Erano 70 le start-up italiane e internazionali che hanno presentato i loro progetti a sostegno dell’innovazione nel settore food: in palio l’inserimento del proprio prodotto all’interno dell’assortimento di Carrefour Italia per un anno.
La call è stata promossa da Emerge, la startup innovativa B2B che aiuta i produttori alimentari italiani ad emergere nello scenario internazionale, e Seeds&Chips. I criteri utilizzati per la valutazione delle start up concorrenti sono stati quelli dell’innovazione, declinata nell’ambito del packaging, della qualità del prodotto proposto, della sostenibilità e del processo di produzione.

Nutracentis, nata nel 2017, combina grani antichi e superfood, proponendo linee di pasta con proprietà benefiche. La linea di pasta secca – di sorgo e di mais bianco, gluten free e ricche di farro, fosforo e fibre – nasce dal recupero di grani arcaici, con un modello produttivo artigianale e un’accurata selezione dei produttori e degli alimenti. Packaging 100% riciclabile.

Beyond meat dal 2013 crea soluzioni per il grande pubblico che sostituiscano del tutto le proteine animali con le proteine vegetali, grazie all’attenta riproduzione della struttura cellulare della carne ottenuta con sostanze vegetali e facendo attenzione sia agli attributi nutrizionali sia al gusto. Beyond meat preserva in questo modo le risorse naturali, proponendo una soluzione salutare per l’uomo e rispettando il benessere degli animali. Un’attenzione che si estende al packaging, 100% biologico.

“Incontrare giovani imprenditori talentuosi e appassionati durante il summit di Seeds&Chips, è stato per Carrefour Italia fonte di grande stimolo e ispirazione. Il futuro del Retail – ha commentato Stéphane Coum, Direttore Operations Carrefour Italia – ha infatti bisogno ora come non mai di accogliere l’innovazione delle start up per poter affrontare le nuove sfide che il mercato ci chiede. Inoltre, per il nostro ambizioso obiettivo di diventare leader nella transizione alimentare, l’innovazione è certamente un elemento imprescindibile per garantire trasparenza, qualità e accessibilità dei nostri prodotti, secondo il nostro modello di omnicanalità”.

Winelivery consegna in 30 minuti vino e alcolici di qualità e cerca investitori

La start-up, tramite il lancio di una campagna crowdfunding, ricerca investitori che credano nel progetto per poter rafforzare la propria presenza a Milano ed espandersi anche in altre città italiane e all’estero, 

Vini, birre artigianali e altre bevande alcoliche consegnati in meno di 30 minuti a temperatura di degustazione. Questo è Winelivery, un servizio di delivery “last mile” nato nel 2015 dall’idea di due giovani imprenditori valtellinesi, che valorizza i piccoli produttori e le enoteche fornendo un unico canale di vendita.

“A diversi mesi dal lancio ufficiale, winelivery è una realtà consolidata: sono di fatto tantissime le persone che scelgono ogni sera la comodità offerta dal nostro servizio. I nostri clienti sono soprattutto giovani lavoratori e studenti, ma anche molte donne – dichiara Andrea Antinori, co-founder di winelivery -. L’idea della prima enoteca da “divano” ha ottenuto un ottimo riscontro dal pubblico milanese: pronto ad accogliere positivamente servizi come il nostro che nascono per facilitare la vita quotidiana”.

Per ordinare con Winelivery è sufficiente collegarsi al sito winelivery.com o scaricare l’app – disponibile per iOS e Android, inserire il proprio indirizzo di consegna e scegliere tra un’esclusiva selezione che include oltre 800 referenze tra vini, birre classiche ed artigianali, liquori, distillati, cocktail-kit. Attiva tutti giorni dalle 10:00 di mattina all’1 di notte ed il venerdì e sabato fino alle 2 di notte.

“Oltre a coprire molteplici occasioni di consumo non solo al domicilio ma anche in ufficio – brindisi con i colleghi… grazie al servizio express con consegna gratuita, winelivery ha anche aperto un nuovo canale di vendita per enoteche, vinerie, cocktail bar e pub che vedono nel nostro servizio un’importante opportunità di mercato. Diventando nostri partner infatti ci si affaccia su un marketplace che a Milano non ha confini: i propri prodotti potranno raggiungere tutta la città, non solo le persone che fisicamente entreranno nel negozio/winebar… E per i clienti, grazie ai nostri partner selezionati, garantiamo quotidianamente un’elevata qualità dell’offerta e l’immediatezza della consegna.” Afferma Francesco Magro, CEO e co-founder di winelivery.

Lanciata una versione beta a dicembre 2015, winelivery è ora attiva da gennaio 2016 servendo tutto il comune di Milano e da allora il suo fatturato è cresciuto mediamente dell’83% ogni mese. Per rafforzare ancor di più la sua presenza la start-up è alla ricerca di investitori che credano nel progetto, tramite il lancio di una campagna crowdfunding: obiettivo minimo? il raggiungimento di €50.000. Per scoprire di più e per diventare socio: www.crowdfundme.it/projects/winelivery

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