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Richiesta in crescita per prodotti a marchio distributore, la ricerca di ADM

Si consolida e cresce l’importanza dei prodotti a Marca del Distributore anche a fronte dell’aumento inflattivo che si è generato nel post pandemia, ulteriormente influenzato dalle conseguenze della guerra in Ucraina. Sugli scaffali della Distribuzione Moderna sono circa 70mila i prodotti contrassegnati dal logo dell’insegna distributiva, prodotti di qualità e dal prezzo conveniente, con un posizionamento mediamente del 20-25% in meno dei prodotti a marca industriale.

Il 43% degli italiani ha dichiarato di aver acquistato nel 2021 in prevalenza prodotti a marca del distributore (MDD). Risulta infatti dalla ricerca che nel 2021 la Marca del Distributore ha consolidato un percorso di crescita significativo in atto da quasi 20 anni: 11,7 miliardi di euro di fatturato (più che triplicato dal 2003) e una quota di mercato pari al 19,8%. Le previsioni del protrarsi delle tensioni inflattive per tutto l’anno 2022 rendono probabile un ulteriore aumento delle vendite dei prodotti MDD, già stimati in crescita da The European House – Ambrosetti al 24% di quota di mercato nel 2030 con 15 miliardi di euro di fatturato. Questi alcuni dei dati salienti emersi dal Convegno di apertura di MarcabyBolognaFiere, la manifestazione organizzata da ADM – Associazione Distribuzione Moderna e da BolognaFiere Group.

È quanto emerso durante il Convegno dall’intervento a due voci sulla “Marca del Distributore e consumatore nella società che cambia” risultato del position paper di The European House – Ambrosetti e della ricerca di IPSOS che si proponeva di indagare la MDD dal punto di vista del consumatore anche alla luce dei cambiamenti in atto nella società italiana.

La ricerca è stata articolata in due momenti – una community online con 45 partecipanti acquirenti MDD e una indagine quantitativa su un campione di 1.500 individui, rappresentativi dei responsabili acquisti per macro-area geografica, genere ed età – e ha mostrato che la Marca del Distributore ha un elevato livello di riconoscibilità tra i consumatori italiani tanto che 1 su 4 dichiara di scegliere il proprio punto vendita abituale proprio per l’offerta dei prodotti MDD. Il 95% dei consumatori italiani conosce almeno una Marca del Distributore e il 78% conosce anche le MDD con nome di fantasia. I prodotti più acquistati sono gli alimentari confezionati, i surgelati, seguiti da prodotti per la cura della casa, la cura della persona, le bevande non alcoliche, gli alimentari freschi, i prodotti per animali, e altro.

Modalità di acquisto che confermano la capacità della Marca del Distributore di rispondere ai nuovi bisogni della società italiana, caratterizzata da tre driver: polarizzazione della condizione economica delle famiglie (“accessibilità” della MDD), da cambiamenti socio-demografici quali denatalità, invecchiamento, famiglie monocomponenti (scelta di prodotti “ready to eat”), crescente attenzione alla sostenibilità e al benessere (a titolo di esempio, la quota di mercato dei prodotti BIO a Marca del Distributore ha raggiunto nel 2021 il 44,1%).

La MDD si è evoluta nel tempo, con un’offerta ad alto contenuto qualitativo, di innovazione, sostenibilità, salute e benessere, riconosciuta anche dal consumatore che ne apprezza la capacità di rendere accessibile la qualità: 81% degli italiani ritiene che ci sia stato un progressivo miglioramento nell’offerta della MDD negli ultimi 10 anni. In particolare, il 55% ritiene che la MDD sia attenta ai temi legati all’ambiente e alla sostenibilità, il 50% pensa che la MDD sia attenta ai temi etici e sociali.

Emergono infatti nell’apprezzamento della Marca del Distributore, valori quali la capacità di presidiare ricette ed eccellenze dei territori italiani (rispettivamente 66% e 63%), la valorizzazione dei produttori locali (59%), una risposta adeguata ai bisogni crescenti di salubrità (59%). Il 95% dei consumatori dichiara di conoscere almeno una Marca Insegna, il 90% dei consumatori che acquista prodotti MDD risulta inoltre interessato ad avere informazioni rispetto al produttore, mentre il numero medio di marche conosciute è più alto nel Nord-Ovest che nel resto d’Italia.

È stato analizzato da The European House – Ambrosetti il contributo della Marca del Distributore alla crescita e al rafforzamento della dimensione industriale e competitiva della sua filiera di fornitura: una rete di 1.500 aziende MDD partner con cui la Distribuzione Moderna instaura relazioni di collaborazione di lungo periodo (nel 50% dei casi superiore agli 8 anni). L’analisi dei bilanci su un campione rappresentativo di 610 aziende MDD partner negli ultimi 8 anni (2013-2020), suddiviso in tre cluster in base alla quota di fatturato generato con la produzione di prodotti a Marca del Distributore, dimostra che le aziende della filiera alimentare che fanno Marca del Distributore hanno performance economiche, occupazionali e reddituali migliori delle altre aziende del settore alimentare. La performance media annua nel periodo 2013-2020 aumenta al crescere della quota di fatturato generato con la Marca del Distributore.

Marco Pedroni, Presidente di ADM – Associazione Distribuzione Moderna ha sottolineato l’importanza della MDD nella difesa del potere d’acquisto dei consumatori e per l’economia italiana: “Entrambe le ricerche confermano il valore generato dalla Distribuzione Moderna che ha saputo rappresentare sia durante la crisi pandemica che nella drammatica fase attuale un presidio di sicurezza e di quotidianità. I consumatori apprezzano e riconoscono l’offerta della MDD. Al tempo stesso la MDD è un volano di amplificazione dell’incredibile offerta alimentare che caratterizza il nostro Paese. Con la MDD si può dimostrare che qualità, ampiezza della gamma e convenienza sono assolutamente compatibili”.

Sulla evoluzione nel tempo della MDD e sui prossimi percorsi di sviluppo, Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti ha dichiarato:
“Mai avremmo potuto ipotizzare che, nello stesso momento storico, ci sarebbe stata la convergenza di cinque fattori di rischio: la pandemia globale, lo scoppio della guerra, l’esplosione dei costi energetici e logistici, l’interruzione di alcune filiere di approvvigionamento e l’impennata dell’inflazione, con forte pressione sui redditi disponibili delle famiglie. In questo contesto di grande incertezza, la Marca del Distributore svolge un importante ruolo sociale, grazie al sostegno al potere d’acquisto delle famiglie italiane. Come emerge dallo studio, l’acquisto di prodotti a Marca del Distributore ha abilitato, solo nel 2021, un risparmio complessivo pari a 2,1 miliardi di Euro, pari a circa 100 Euro per famiglia, a fronte di un’offerta di qualità e ad altro contributo di innovazione e sostenibilità”.

Nando Pagnoncelli, Presidente di Ipsos Italia, ha illustrato la ricerca sottolineando come: “I consumatori hanno percepito un progressivo miglioramento della MDD negli ultimi 10 anni e le riconoscono oggi di aver ‘democratizzato la qualità’, rendendo accessibili a molti – per prezzo e facile reperibilità – prodotti precedentemente confinati in un ambito di ‘specialità’ elitario od occasionale. La MDD, grazie ad una offerta percepita come più ampia, più qualificata e specializzata, ha aumentato la propria vicinanza, anche emotiva, ad un consumatore sempre più ‘laico’, più autonomo nella valutazione della qualità dei prodotti, più oculato nella ricerca della migliore qualità al miglior prezzo”.

Stefano Patuanelli, Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha dichiarato: “Quello dell’agricoltura è uno dei settori più colpiti dalla crisi che stiamo attraversando. Auspico che a livello europeo si possa identificare un percorso comunitario di crescita che favorisca la tutela della produzione e implementare gli investimenti in nuove tecnologie necessari a rispondere alle esigenze di quel consumatore evoluto che la ricerca presentata oggi ci ha mostrato già maturo nel compiere scelte d’acquisto consapevoli”.

Verdure più cercate online, l’indagine di ARvis

Arvis.it ha effettuato un report di ricerca online sul volume di ricerca relativo alla verdura di stagione, per capire quanto e come gli italiani siano interessati all’argomento. Quello che emerge è uno spaccato di intenzioni di acquisto e abitudini di ricerca.

Verdure autunnali: boom di ricerche in rete
Tra le stagioni, l’autunno è quella che concentra il maggior numero di ricerche online relativamente alle “verdure di stagione”. Non a caso ottobre è il mese più cercato, con picchi di ricerche oltre le 13.000 unità.
Si possono immaginare molteplici motivi. Uno fra tutti, l’autunno, un po’ come la primavera, è un periodo di transizione. Le ricerche online mostrano una sorta di sicurezza nell’individuare le verdure estive e invernali, mentre c’è maggior difficoltà per i periodi di passaggio e quindi l’utente medio chiede a Google “quali sono le verdure di stagione in autunno?”

Ricerche medie sulle singole verdure stagione per stagione
Andando però ad analizzare le ricerche fatte online con i nomi delle singole verdure emerge un quadro differente.
Guardando le verdure più cercate nel corso di tutto l’anno, vincono i peperoni, che sono prettamente estivi e solo alterzo posto, con i broccoli, troviamo una verdura autunnale. Si tratta però di valori medi, ovvero distribuiti nel corso dell’intero anno. Se andiamo a guardare le ricerche per le verdure tipiche di ogni singola stagione cosa succede? Vediamo medie annuali e picchi stagionali per ognuna.

In estate si mangia tanta frutta, anche quando si pensa sia verdura
Una bella insalata fresca, magari accompagnata da un cocktail colorato e con i piedi sulla sabbia. Una fotografia del pranzo estivo perfetto che lascia aperto un solo dubbio: come creare l’insalata perfetta? Un indizio viene fornito dalle ricerche online. Di certo non possono mancare i cetrioli, che a luglio raggiungono quasi 50.000 query assolute. Ma anche delle ottime zucchine, magari tagliate alla julienne, con il loro picco di ricerca di 60.500. Per dare un tocco di colore, infine, non possono mancare pomodori e peperoni.

Proprio i peperoni sono la verdura più cercata in estate e durante tutto l’anno, con un volume di ricerca medio di 60.667 query mensili da marzo 2020, come visto sul grafico delle medie mensili. Questo è dovuto a una ricerca costante mai sotto le 49.500 ricerche, che trova il suo picco nel mese di agosto, l’ultimo con 74.000 query. Ma la vera particolarità è che i peperoni in realtà sono un frutto. Proprio come i pomodori e le melanzane. Questi hanno un volume di ricerca medio rispettivamente di 52.025 e 44.888 query negli ultimi 24 mesi.
Ma qual è la differenza tra frutta e verdura?
Viene considerato frutto tutto ciò che nasce dal fiore di una pianta in seguito all’impollinazione e al suo interno contiene semi. Le verdure, invece, nascono da foglie, fusti e radici. Ecco, dunque, che gli esperti annoverano correttamente peperone e pomodoro tra la frutta.

Le verdure autunnali più cercate online? Anche qui abbiamo… un frutto
Se l’autunno è la stagione che concentra il maggior numero di ricerche online, qual è la verdura autunnale più cercata su Internet? Il primo posto è occupato dalla zucca, protagonista indiscussa delle tavole autunnali e anche delle festività di questo periodo. La zucca, infatti, viene cercata non solo per ricette, curiosità e benefici, ma anche per Halloween. Non a caso, il picco di ricerche viene raggiunto a ottobre: sia nel 2020 che nel 2021 le query assolute sono state 165.000. Ma la vera particolarità è che in realtà si tratta di un frutto! Si tratta, in particolare, del frutto delle piante appartenenti alla famiglia delle Cucurbitacee. Anche se la zucca raggiunge il picco più alto, a livello di ricerche medie sono i broccoli i più cercati online. Negli ultimi 24 mesi il volume medio di ricerca è stato superiore alle 53.000 query mensili.
Oltre alla zucca, ottobre è anche il mese dei funghi. Sono state 90.500 le query assolute nel 2020 e 74.000 a ottobre 2021. Qui però siamo di fronte a un dilemma biologico: dal punto di vista scientifico, infatti, i funghi non sono propriamente verdure. Insomma, in autunno si mangiano tante verdure che in realtà verdure non sono.

Chi ha detto che in inverno non ci sono verdure fresche?
Il pensiero comune è che frutta e verdura siano più abbondanti nella bella stagione: maggior varietà e freschezza e più facilità a capire la stagionalità. Le ricerche su Internet, però, mostrano una realtà ben diversa: le verdure di stagione invernali sono cercatissime! Domina il cavolo nero, che a novembre e gennaio raggiunge picchi oltre le 100.000 ricerche. Il risultato finale è una media di 53.675 query mensili negli ultimi 24 mesi, con il record di gennaio 2021: 135.000 ricerche.
Anche barbabietole e cicoria sono molto cercate online, oltre ai cavoli più genericamente definiti. La media si aggira intorno alle 30/40.000 query mensili negli ultimi due anni, con picchi per la cicoria oltre le 60.000 query.

E in primavera? Non tutto è come sembra
Tra le verdure primaverili, il picco di ricerche online è raggiunto dagli asparagi: tra marzo e aprile hanno superato le 110.000 query assolute, sia nel 2020 che nel 2021. Il volume di ricerca è dettato anche dalla curiosità attorno a questa pianta, per le sue proprietà nutritive ma anche per i possibili rischi. Inoltre, sono immancabili le ricerche per le ricette, come il risotto con asparagi, che registra una media di 40.500 query mensili negli ultimi 24 mesi. Se gli asparagi vantano il record di ricerche assolute, sono i carciofi la verdura primaverile mediamente più cercata online nel corso dell’anno. Il volume di ricerca medio mensile da marzo 2020, infatti, è di 48.179 query, quasi 13.000 più degli asparagi, il cui traffico medio è di 35.846 ricerche mensili.
Confronto di verdure per ciascuna stagione
Se andiamo a confrontare i picchi di ciascuna verdura più cercata in ciascuna stagione, a vincere è ancora una volta un frutto: la zucca, infatti, batte tutti e per la scienza è il frutto della pianta. In effetti è dolce e succosa, ideale per fare torte. Eppure viene usata anche come contorno e per preparare i famosi tortelli. Insomma, almeno in Italia, la troviamo sui banchi dedicati alle verdure, insieme ai peperoni e a tanti altri frutti “mascherati”!
Non si gioca con il cibo?
Nomi, cose, città e verdure! Per rendere ancora più appassionante e competitivo questo gioco intramontabile, tra le categorie di parole da inserire può essere aggiunta quella della verdura. Questa sembra essere stata l’idea di molti italiani per passare il tempo tra restrizioni e quarantene. E quando il gioco si fa duro non si può far altro che chiedere aiuto a Google!

E allora, quale verdura inizia con la lettera “G”? Questa è la query con il volume di ricerca più alto nel mese di marzo 2020, proprio in corrispondenza del lockdown: sono state addirittura 3.600 le ricerche assolute. Questo tipo di ricerche ha seguito l’andamento della pandemia, con picchi di traffico proprio nei mesi in cui le limitazioni diventavano più stringenti. La “G” è la lettera che ha messo più in difficoltà gli italiani, seguita dalla “E”, la “T” e la “D”. Per sorprendere gli amici ecco alcuni consigli: gombo, edamame, topinambur, daikon. Con queste verdure la vittoria è assicurata!

Italiani e spesa online, disponibile il terzo report di Everli

Il 2021, benché in maniera differente rispetto al 2020, ha visto ulteriori cambiamenti nello stile di vita e nelle abitudini di consumo degli italiani, complice la continua evoluzione dell’emergenza sanitaria.

In uno scenario in costante mutamento, Everli – il marketplace della spesa online – ha voluto analizzare i propri dati per fornire un’istantanea delle tendenze che hanno caratterizzato la spesa online lungo tutto lo Stivale negli ultimi 12 mesi. In particolare, attraverso il suo terzo Report Annuale ha evidenziato trend e curiose differenze tra le diverse regioni e province, indagando se e come siano cambiati i comportamenti di acquisto in Italia.

I trend della spesa online degli italiani nel 2021
In base al report di Everli relativo al 2021, la classifica delle 10 categorie di prodotto più acquistate dai consumatori del Bel Paese è parecchio cambiata rispetto allo scorso anno, con una crescente tendenza a comprare prodotti salutari. Nello specifico, si conferma capolista di questo speciale ranking la categoria “verdura”, subito seguita da “frutta” (2° posto), spodestando la categoria merendine, che nel 2021 si ritrovano solo al settimo posto. Questa tendenza “healthy” si conferma anche guardando al resto della classifica, che vede quest’anno posizioni più alte occupate da categorie quali pasta di semola corta (3°), insalate pulite e lavate (6°), pane (9°) e agrumi (10°) e registra l’uscita dalla top 10 di categorie particolarmente apprezzate nel 2020, come formaggi e salumi, latte e burro, gelati e scatolame, così come le farine e i preparati per pane e pizza fatti in casa (che nel 2020, complice il lockdown, avevano raggiunto uno stellare +5.046% rispetto al 2019).

Il carrello online degli italiani nel 2021
Negli scorsi 12 mesi, complici limitazioni meno severe rispetto ai lockdown del 2020, il dato relativo alla spesa totale effettuata online in Italia è fisiologicamente leggermente sceso (-4%), mentre il numero complessivo di ordini è salito (+6%), benché con un valore medio del carrello inferiore (-9,8%): segno che i consumatori dello Stivale nel 2021 hanno integrato la spesa effettuata online nella loro quotidianità, gestendo un numero maggiore di spese, ma un po’ più “piccole”. La zona d’Italia che ha visto maggiormente l’affermarsi della spesa online nelle proprie abitudini è stato il Nord-Est (Friuli-Venezia-Giulia e Veneto): infatti, Venezia (+17,5%), Udine (+17%) e Trieste (+15%) sono le tre città dove si è registrata la crescita maggiore anno su anno.

Per quanto riguarda l’organizzazione della spesa, le abitudini degli italiani sono parzialmente cambiate rispetto all’anno precedente: infatti, se nel 2020 era il lunedì il giorno preferito per ordinare la spesa online, nel 2021 è il venerdì la giornata abitualmente deputata a questa attività. La domenica, invece, anche nel 2021 rimane il giorno in cui si registrano meno ordini sulla piattaforma. Sul fronte orari, il mattino si conferma il momento più gettonato per ordinare la spesa online, soprattutto tra le 10 e le 11. Infine, l’app per la spesa è di gran lunga preferita dagli abitanti del Bel Paese rispetto alla versione web (68% vs 31%), con una crescita di ben 7 punti percentuali rispetto al 2020.

Le evidenze più interessanti per ogni categoria
Indagando più nel dettaglio i dati di Everli e mettendo a confronto le abitudini di acquisto online lungo lo Stivale, emergono interessanti curiosità e differenze su gusti e comportamenti dei consumatori tricolore.

Nel corso dell’ultimo anno, Messina è stata la provincia italiana che ha acquistato il maggior numero di prodotti della categoria frutta e verdura (18%), guadagnandosi dunque lo scettro di città più “salutista” del Paese. Mentre l’Emilia-Romagna si riconferma per la terza volta consecutiva la regione più healthy dello Stivale, con ben 3 province nella top 10: Bologna (2° posto), che sale di quattro gradini rispetto al 2020, Parma e Modena, rispettivamente in 4° e 6° posizione.

Sondrio, invece, si aggiudica il primato di città più “godereccia” d’Italia per l’acquisto online di dolciumi, seguita da Napoli al secondo posto e da Taranto (3°). Le spese più ingenti di carne e pesce sono state effettuate in provincia di Caserta: è, infatti al primo posto, con questa categoria che pesa ben il 22% del totale delle spese effettuate. Le fanno compagnia sul podio, Imperia al secondo posto e Alessandria (3°).

Cresce il carrello della spesa sostenibile, lo studio di Osservatorio Immagino

La sostenibilità guida le scelte d’acquisto degli italiani, ma soprattutto permea le politiche delle aziende del largo consumo, che stanno affrontando su più fronti la “transizione ecologica” e lo comunicano sempre più spesso ai consumatori. È quel che emerge dalla nuova edizione dell’Osservatorio Immagino, che ha rilevato ben 35 indicazioni “green” leggibili sulle etichette di oltre 30 mila prodotti venduti in supermercati e ipermercati di tutta Italia. Un paniere significativo e multiforme, che ha superato gli 11,5 miliardi di euro di vendite, mettendo a segno un aumento di +3,2% rispetto ai 12 mesi precedenti e contribuendo per quasi il 30% al sell-out di tutto il paniere rilevato dall’Osservatorio Immagino.

«Questa crescita si deve all’aumento dell’offerta di prodotti dalle caratteristiche sostenibili, che rappresentano ormai il 23,9% delle 125.431 referenze monitorate in questa decima edizione dell’Osservatorio Immagino» spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.

Ma come stanno cambiando i prodotti di largo consumo per diventare sempre più sostenibili? Su quali fronti si concentrano gli sforzi delle aziende? E come scelgono di comunicare queste innovazioni sulle etichette dei prodotti? Per rispondere a queste domande, da gennaio 2020, l’Osservatorio Immagino intercetta e individua tutti i claim e le certificazioni relativi allo sfaccettato mondo della sostenibilità, misurandone la presenza numerica a scaffale e l’andamento del sell-out.

«Rispetto alla prima rilevazione abbiamo visto crescere tutti gli indicatori: il numero dei claim presenti sulle etichette e gli aspetti su cui sono focalizzati, la numerica dei prodotti e il loro giro d’affari, e dunque l’incidenza dei prodotti sostenibili sul fronte della produzione, della distribuzione e dei consumi» prosegue Cuppini. «La sensazione, quindi, è quella di un’onda verde che sta modificando in modo rapido e pervasivo il mondo del largo consumo, alimentare e non, e che sta agendo su molti e diversi aspetti della filiera».

Per affrontare un mondo tanto sfaccettato e in rapida evoluzione, l’Osservatorio Immagino ha scelto di suddividere i claim “green” presenti sulle etichette dei prodotti di largo consumo in quattro aree tematiche:

Management sostenibile delle risorse: la più rilevante, con quasi il 10% dei prodotti e con una quota del 15,7% sul giro d’affari totale del paniere rilevato.

Agricoltura e allevamento sostenibili: accomuna il 2,3% dei prodotti che contribuiscono per il 4,0% al sell-out totale.

Responsabilità sociale: coinvolge quasi il 6% delle referenze e incide per quasi il 10% sulle vendite complessive.

Rispetto degli animali: è un valore espresso sul 10,6% dei prodotti rilevati, che rappresentano il 7,5% delle vendite totali.

Se complessivamente, nell’anno finito a giugno 2021, il mondo dei prodotti sostenibili ha registrato un aumento di +3,2% delle vendite, tre dei suoi quattro panieri hanno avuto un andamento sopra media, superiore a +5,5%, e solo quello dei prodotti ottenuti nel rispetto degli animali ha mostrato una crescita più tiepida (+1,4%).

Tra i 35 claim o certificazioni green individuati dall’Osservatorio Immagino in termini di numero di prodotti il più diffuso è Biologico/EU Organic (6,6% delle referenze), seguito dalla certificazione FSC (4,7%) e dalle indicazioni “sostenibilità” (2,6%) e “riciclabile” (2,3%).

In termini di performance, nell’arco dei 12 mesi rilevati, i claim che hanno messo a segno un maggior aumento del sell-out in supermercati e ipermercati sono stati il claim Mater-Bi (+48,0%), la certificazione Ok-Compost (+44,3%) e le indicazioni “compostabile” (+25,6%) e “senza antibiotici” (+17,8%).

Armis, le promozioni digitali più efficaci ed ecologiche di quelle cartacee

ARMIS, azienda leader nella digitalizzazione della comunicazione commerciale, ha pubblicato la prima edizione italiana del suo Barometro della Promozione Commerciale realizzata in collaborazione con Harris Interactive/Toluna nel mese di novembre 2021.

Il Barometro ARMIS conferma innanzitutto l’interesse degli italiani per le promozioni: il 90% dei consumatori le considerano come un’opportunità per risparmiare sugli acquisti abituali e il 9% come un ottimo strumento per scoprire e provare nuovi prodotti. L’inchiesta mette anche in evidenza l’attaccamento del consumatore italiano per il negozio fisico che rimane per il 87% il canale maggiormente scelto contro il 17% che preferisce l’e.commerce.

LA PROMOZIONE ATTRAVERSO I CANALI DIGITALI HA UN IMPATTO MAGGIORE RISPETTO ALLA PROMOZIONE CARTACEA
Il 90% degli italiani considera le promozioni un ottimo modo per trovare opportunità di affari su articoli d’uso frequente e per provare nuovi prodotti e marche. La promozione digitale ha un impatto maggiore rispetto a quella cartacea.

Il 74% ha effettivamente fatto l’acquisto nel punto vendita dopo aver visto una promozione online
La promozione digitale è un forte sostegno al potere d’acquisto (77%)
La promozione attraverso i canali digitali raggiunge il 91% degli italiani con il cartaceo l’ 89%. I canali utilizzati da ARMIS (social network, Google e banner su siti terzi) raggiungono da soli il 76% dei consumatori italiani.
L’ 81% degli italiani ha visitato un punto vendita fisico (80% carta), dopo essere stati esposti a una promozione digitale.
Il 74% ha effettivamente fatto l’acquisto nel punto vendita (carta 79%)

La performance dei canali digitali sta raggiungendo quella dei supporti cartacei, segno dell’affanno di questi ultimi.

L’ 85% degli italiani ritengono che i canali digitali si svilupperanno o perfino che sostituiranno la carta (77%)
L’ 86% vorrebbero ricevere promozioni solo in digitale

Inoltre il digitale risulta essere il canale preferito dagli italiani quando si tratta di personalizzare le offerte (42%) e promuovere il consumo responsabile (38%).

LA COMPLEMENTARIETÀ CARTA-DIGITALE : PIÙ CHE MAI NECESSARIA
Più di un italiano su due dichiara di prestare sempre meno attenzione alle promozioni cartacee e il 48% afferma di gettarle sistematicamente, il che indica un calo d’interesse per questa tipologia di comunicazione. Quasi un quarto degli italiani ha indicato o ha intenzione di indicare sulla propria cassetta delle lettere un avviso “stop pubblicità”, e la metà di loro è a favore del divieto dei cataloghi stampati nelle cassette delle lettere. Il 79% degli italiani è disponibile a ricevere promozioni attraverso i canali digitali, esclusivamente con questo canale o in aggiunta al cartaceo: in effetti più della metà degli italiani vorrebbe ricevere promozioni sia cartacee che digitali. La complementarità è considerata utile per la difesa del potere d’acquisto 35% e al Made in Italy 36%.

UNA PROMOZIONE RAGIONATA CHE SODDISFI LE ASPETTATIVE DEI CONSUMATORI
Il 67% degli italiani ritiene che le promozioni digitali siano più adatte alle loro esigenze rispetto a quelle cartacee. In effetti, il 58% degli italiani considera le promozioni cartacee uno spreco: il 42% le butta via sistematicamente. I consumatori di oggi hanno una maggiore consapevolezza ambientale, accentuata dalla crisi sanitaria che ha colpito il mondo negli ultimi due anni. Sono più che mai desiderosi di ricollegarsi alle loro imprese locali, e c’è un vero bisogno di difendere il loro potere d’acquisto. In questo contesto, la promozione attraverso i canali digitali è apprezzata in quanto gli italiani che sono desiderosi di adottare scelte favorevoli alla difesa dei prodotti locali, del territorio e del bio sono l’87%, e della salvaguardia dell’ambiente l’89%. L’acquisto in negozio per gli italiani è ancora un’esigenza rilevante (83% di loro), di gran lunga superiore agli acquisti online (17%).

In conclusione, il Barometro ARMIS mette in evidenza che i volantini digitali fanno ormai parte della vita degli italiani e che raggiungono l’obiettivo di invitarli a recarsi nei negozi fisici. Oggi i due canali, digitale e cartaceo, per veicolare le promozioni commerciali sono più che mai complementari benché un numero crescente di italiani denunciano l’impatto negativo del volantino cartaceo in termini di spreco e manifestano un certo calo di attenzione per questo strumento.

«Il passaggio graduale dei volantini in digitale è ormai una realtà, perché le tecnologie finalmente lo permettono. L’esempio principale è quello delle cosiddette tecnologie multilocali, capaci di adattarsi a ogni negozio, permettendo loro di digitalizzare e distribuire i volantini online in modo ottimale, adattato alle aspettative locali. I consumatori sono sempre più sensibili e attenti a questo….” – spiega Luca Casari, Sales Manager Italia di ARMIS.

Migliorare la logistica, il nuovo studio di GS1 Italy

Migliore distribuzione del carico di lavoro, maggiori produttività e sicurezza. Sono solo alcuni dei vantaggi per gli operatori della filiera del largo consumo emersi dall’ultimo studio di GS1 Italy, condotto in ambito ECR e in collaborazione con LIUC Università Cattaneo e Politecnico di Milano, che indaga vincoli e opportunità relativi ad alcune aree di miglioramento del processo di consegna delle merci ai centri di distribuzione (Ce.Di.) della Grande Distribuzione, focalizzandosi in particolare sull’ampliamento delle finestre di scarico come importante innovazione di processo.

Intitolata “Ottimizzazione del processo di consegna: focus sull’estensione delle finestre di ricevimento presso i Ce.Di. della GDO”, questa ricerca rientra tra le attività messe in campo da GS1 Italy che opera per fornire alla business community strumenti, informazioni e best practice con l’obiettivo, in accordo con il piano strategico triennale GS1 Italy 2020-2022, di promuovere la digitalizzazione della filiera, la sostenibilità per il trasporto e le prassi collaborative tra gli attori della supply chain.

Dai precedenti studi ECR sulla Mappatura dei flussi logistici, in particolare, era già emersa la necessità delle aziende di capire come rendere più efficiente l’attività di scarico presso i centri di distribuzione. Da qui, la decisione di focalizzare l’indagine sull’estensione delle finestre di ricevimento presso i Ce.Di. della GDO, una delle soluzioni applicate con maggior frequenza dalle aziende nel periodo di pandemia, mappate e sistematizzate da GS1 Italy nell’Albero delle soluzioni. Dalla ricerca, condotta nel corso del 2021 attraverso oltre 30 interviste a insegne della GDO, produttori, operatori logistici e IT provider di primaria importanza, è emerso come la filiera abbia l’esigenza di efficientare l’attività di scarico e come proprio l’ampliamento delle finestre di scarico dei Ce.Di. sia ritenuta, da buona parte delle aziende intervistate, una soluzione che potrebbe diventare strutturale.

L’indagine, infatti, rileva che le finestre di scarico hanno una durata media di 7 ore – anche se il 71% dei Ce.Di. italiani ha una finestra di scarico inferiore alle 6 -, fortemente concentrate nella mattinata (appena il 21% riceve dopo le 13:00). Tale organizzazione è dettata, da una parte, dalla semplicità organizzativa nell’operare esclusivamente su un turno, dall’altra dalla predisposizione dei trasportatori a iniziare il viaggio nelle prime ore del mattino. Anche quei Ce.Di. che adottano un sistema di prenotazione degli slot di scarico (meno del 50% del totale) concentrano l’85% delle prenotazioni tra le 6:00 e le 12:00. Ma, se per chi non utilizza un sistema di prenotazione il tempo medio di attesa può arrivare fino a 5 ore, chi lo utilizza beneficia di un forte contributo alla riduzione delle attese, in media di 100 minuti.

Al fine di comprendere quali Ce.Di. possano beneficiare dell’estensione delle finestre di scarico, è stata fatta una classificazione in base alla saturazione media, al flusso gestito e alla finestra di ricevimento. In generale, l’estensione delle finestre di scarico presso i Ce.Di. può portare vantaggi concreti per la GDO prevalentemente lato magazzino e soprattutto per magazzini saturi che sviluppano alti volumi. In particolare, tra i benefici si evidenziano:

• Riduzione del traffico nelle corsie del magazzino, con conseguente aumento della produttività oraria e della sicurezza.
• Migliore allocazione degli articoli, riducendo il rischio di stoccaggio in aree non corrette e di extra percorrenze dei carrellisti.
• Aumento del livello di servizio, con la riduzione del rischio di respingere consegne, limitando gli inevasi.

Tutto questo può essere ottenuto tramite effort organizzativi che vanno a minimizzare i rischi di generare maggiori costi connessi a bassi volumi (rischio di non saturare il personale di magazzino addetto al ricevimento) o ad ore di straordinario (rischio di eventuale ritardo della consegna pomeridiana). È necessario, quindi, riuscire a superare alcuni vincoli, come la difficoltà a saturare la finestra di ricevimento pomeridiana o serale, la carenza di baie di carico/scarico disposte sullo stesso fronte e la rigidità dell’attuale organizzazione delle attività nel Ce.Di., legata in particolare all’organizzazione dei turni di lavoro.

Guardando poi a produttori e operatori logistici, i benefici derivanti dall’estensione delle finestre di scarico presso i Ce.Di. può portare vantaggi concreti in prevalenza lato trasporti, sia in termini di minori costi operativi che di minori soste. Ad esempio, vi sarebbe la possibilità di ricorrere al multi-drop, migliorando così la saturazione dei mezzi, si avrebbe una maggiore diluizione del carico di lavoro in magazzino durante la giornata e si ridurrebbero le attese allo scarico e i costi a esse legate. Inoltre, l’eliminazione del vincolo di consegna mattutina permetterebbe di utilizzare un mezzo per effettuare più consegne consecutive, migliorando la saturazione delle ore di guida degli autisti – un beneficio particolarmente rilevante in un contesto in cui c’è carenza di autisti e minore disponibilità di trasporto. A ciò si aggiunge che aumentando la finestra utile aumenta il numero di consegne evadibili con trasporto intermodale, riducendo così l’impatto ambientale.

L’allargamento delle finestre di scarico presso i Ce.Di. può quindi produrre vantaggi per tutta la filiera del largo consumo, soprattutto in determinate condizioni. Per questo, il Ce.Di. ideale è identificato come quello che:

• Opera in una zona ad alta concentrazione di Ce.Di. o punti di carico/scarico, cosa che facilita l’esercizio di consegne aggregabili.
• Si trova nelle vicinanze (entro i 100 km) di un terminal intermodale, con la possibilità di ricevere consegne inoltrate per via intermodale e compatibili con l’orario dei treni.
• Ha un’alta saturazione.

«Efficientare i processi richiede un’attenzione costante lungo tutta la filiera e il confronto diretto e costante con tutti i suoi operatori. E tale ricerca nasce proprio su queste basi. L’ampliamento delle finestre di scarico potrebbe generare importanti vantaggi e GS1 Italy sta continuando a lavorare in ambito ECR per fornire gratuitamente alla business community soluzioni e best practice per rendere processi e attività sempre più efficienti, promuovendo digitalizzazione e collaborazione lungo tutta la filiera. A questa ricerca, infatti, seguirà una seconda parte, al termine della quale stileremo delle linee guida sull’efficienza logistica» dichiara Giuseppe Luscia, ECR project manager di GS1 Italy.

Italiani e carrello spesa, il nuovo studio di Osservatorio Immagino

Un capitale informativo esclusivo (quello delle indicazioni presenti sulle etichette dei prodotti di largo consumo registrate da Immagino), una base statistica senza eguali (costituita dai dati di vendita di oltre 125 mila prodotti) e un punto di vista innovativo, che individua i fenomeni trasversali in atto nel carrello della spesa e ne misura i trend, semestre dopo semestre: sono queste le caratteristiche che rendono l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy uno strumento unico per mettere a fuoco i fenomeni di consumo e seguirne l’evoluzione.

La decima edizione dello studio ha ampliato ulteriormente il suo raggio d’analisi, incrociando i dati Nielsen su venduto, consumo e fruizione dei media, con le informazioni, rilevate dal servizio Immagino di GS1 Italy, presenti sulle etichette di 125.431 prodotti, tra alimentari e non alimentari, venduti nei supermercati e ipermercati italiani. Un paniere ampio e diversificato che, nell’anno finito a giugno 2021, ha generato un giro d’affari di poco meno di 39 miliardi di euro, pari all’83% del sell-out totale realizzato da ipermercati e supermercati in Italia.

«L’Osservatorio Immagino ha introdotto un nuovo modo di leggere i fenomeni di consumo e i relativi cambiamenti. Industria e Distribuzione del largo consumo hanno così una chiave di lettura utile per creare nuovi prodotti e calibrare assortimenti che incontrino i gusti di un consumatore sempre più preparato e consapevole» afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.

I contenuti

L’Osservatorio Immagino monitora i trend che guidano le scelte d’acquisto degli italiani nella distribuzione moderna, seguendo l’evoluzione di 11 panieri che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo:

Nel food:
• Italianità: in tutte le declinazioni, dal “100% italiano” alle indicazioni geografiche (come Dop e Igp) fino alla presenza di un richiamo alla regione di provenienza.
• Free from: i 17 claim più importanti nel mondo dei prodotti “senza”.
• Rich-in: i 12 claim più rilevanti nel paniere dei prodotti ricchi o arricchiti.
• Intolleranze: la dinamica dei prodotti “senza glutine” o “senza lattosio”, e quella dei claim emergenti, come “senza lievito” o “senza uova”.
• Lifestyle: i claim del cibo identitario, come “vegano”, “vegetariano”, Kosher e Halal.
• Loghi e certificazioni: bollini, indicazioni e claim che forniscono garanzie precise, come il logo EU Organic o le 8 certificazioni del mondo della Corporate social responsibility (come Fairtrade, Friend of the sea, FSC, Sustainable cleaning e UTZ).
• Ingredienti benefici: dall’avena alla canapa, dal matcha all’avocado, dallo zenzero ai semi di sesamo, i 27 sapori più trendy nel mondo dei superfruit, delle spezie, di supercereali/farine, dei dolcificanti, dei semi e dei superfood.
• Metodo di lavorazione: “estratto a freddo” e “lavorato a mano”, “non filtrato” o “a lievitazione naturale”, quando la tecnica produttiva fa la differenza.
• Texture dei prodotti: morbido o ruvido, soffice o croccante, sottile o fragrante? Le 11 consistenze più evidenziate in etichetta.

Nel non food:
• Cura casa green: i sette claim che comunicano la sostenibilità dei prodotti per la pulizia domestica.
• Cura persona: i 30 claim più significativi nell’universo dei prodotti per la cura personale relativi agli universi del free from, del rich-in e della naturalità.

Gli approfondimenti: la sostenibilità in etichetta
Anche in questa edizione dell’Osservatorio Immagino è presente il “Barometro sostenibilità”, che misura e racconta come le aziende comunicano sulle etichette le misure che hanno adottato per migliorare il loro impatto ambientale. A giugno 2021 hanno superato quota 30 mila i prodotti che riportano in etichetta almeno un claim o una certificazione relativi alla sostenibilità. Il loro giro d’affari è arrivato a 11,5 miliardi di euro, in aumento di +3,2% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nello stesso periodo è cresciuto anche il numero delle indicazioni “green” rilevate sulle loro confezioni (ben 40 tra claim e certificazioni), suddivise in quattro aree:

• Management sostenibile delle risorse
• Agricoltura e allevamento sostenibili
• Responsabilità sociale
• Rispetto degli animali

Un’analisi approfondita è dedicata alla comunicazione in etichetta della riciclabilità dei packaging: quasi un terzo di tutti i prodotti analizzati fornisce indicazioni che aiutano a conferire correttamente le confezioni e la loro quota è aumentata di +4,1% nei 12 mesi rilevati.

Il dossier speciale: petfood
Il dossier della decima edizione dell’Osservatorio Immagino è dedicato al mondo della nutrizione per cani e gatti. Complessivamente sono stati rilevati 3.461 prodotti che hanno sviluppato 767 milioni di euro di vendite tra supermercati e ipermercati italiani, con una crescita di +1,2% rispetto ai 12 mesi precedenti. Partendo dalla rilevazione di 18 claim, anche questo settore è stato suddiviso in tre panieri, dedicati rispettivamente al free from, al rich-in e all’italianità.

L’approfondimento dedicato al tema della sostenibilità rileva come venga comunicata sui packaging dei prodotti destinati alla nutrizione di cani e gatti. Tre i panieri costruiti dall’Osservatorio Immagino:

• Management sostenibile delle risorse
• Agricoltura e allevamento sostenibili
• Rispetto degli animali

Qui si può la decima edizione dell’Osservatorio Immagino.

Le 5 tendenze nel retail del 2022 secondo Tiendeo

Il 2021 è stato un anno di assestamenti, segnato da una lenta ripresa economica ancora immersi nella pandemia di Covid-19, che continua a circolare ad alta velocità nel Paese. Ci si aspettava che il 2021 sarebbe stato l’anno del ritorno alla normalità, ma purtroppo non è stato così. A causa delle circostanze, il settore retail si è trovato ad adottare una strategia flessibile, in grado di adattarsi alle nuove abitudini di consumo degli italiani, inducendo i professionisti del marketing a riorganizzare le proprie risorse e i propri canali di distribuzione per il 2022. Tiendeo.it, azienda specializzata nella digitalizzazione del settore retail, ha realizzato uno studio coinvolgendo i professionisti del marketing dei principali brand mondiali, che ha permesso di individuare i 5 trend chiave che rivoluzioneranno il settore retail nel 2022.

1. Crescita continua delle esperienze omnicanale

Secondo lo studio condotto da Tiendeo “Retail Marketing Hot Trends 2022”, il 58,6% dei retailer e dei brand scommetterà sui canali digitali nel 2022. L’evoluzione delle abitudini di acquisto ha portato il canale digitale a essere il mezzo preferito dai marketer per connettersi con i consumatori. Pertanto, l’investimento nei media tradizionali (TV, radio o pubblicità cartacea) si è spostato verso il mezzo digitale. È quanto evidenziato dallo studio, che mostra come marketing digitale (78%) e social network (67%) saranno gli investimenti a cui verrà riservato maggior spazio nei budget marketing 2022. Ora più che mai, l’uso di strategie adattabili di fronte a un futuro incerto, insieme alla necessità di offrire esperienze omnicanale, costituiranno il fondamento delle strategie pubblicitarie.

2. Il boom del “negozio esperienziale”

Il paradigma dei negozi tradizionali scompare per lasciare posto a quello dei negozi esperienziali. Negozi in grado di coniugare il mondo fisico e digitale in un momento e in un luogo specifici. Un effetto collaterale di questo cambio di paradigma è la crisi del modello di business dei centri commerciali a cui siamo stati abituati finora. Un modello di business che rischia di scomparire, a favore di uno più flessibile, in cui predomineranno campagne effimere o addirittura occasionali.

Così, i centri commerciali cesseranno di essere luoghi di passaggio per consolidarsi come punti di incontro dove gli spazi si trasformeranno in palcoscenici, e dove si potrà assistere a diversi tipi di spettacoli che invitano al consumo di un determinato prodotto o brand. L’obiettivo di questo cambiamento di modello è quello di attirare il pubblico verso il negozio fisico (sia coloro che desiderano acquistare, sia coloro che al momento non manifestano tale intenzione) e creare così un’esperienza unica basata su emozioni in grado di sviluppare una connessione e un legame maggiori.

“Sebbene i negozi fisici continuino a riscuotere i consensi del pubblico, i consumatori sono sempre più alla ricerca di un’esperienza memorabile e fluida, in cui il digitale svolgerà un ruolo fondamentale”, afferma Eva Martín, CEO di Tiendeo.

3. La tecnologia come catalizzatore del cambiamento

Soluzioni digitali di assistenza alla vendita, chioschi interattivi, negozi cashless,… Così sarà il futuro delle attività commerciali. Con l’incorporazione della tecnologia e dell’intelligenza artificiale nel processo di vendita, assisteremo all’apparizione sempre più frequente di negozi intelligenti, che consentiranno ai consumatori di acquistare in luoghi praticamente con pochissimo personale e dove non è necessario passare dalla cassa.

A livello internazionale, i supermercati senza bancomat non sono una novità. In Italia Conad sta testando tecnologie casherless per avvicinarsi alla formula di supermercati senza cassa.

Un passo che è stato fatto anche dai grandi gruppi dei nostri cugini d’oltralpe, come Carrefour, Auchan e Monoprix. Lo sviluppo di queste tipologie di negozi consente ai rivenditori di competere con i giganti dell’e-commerce fornendo un’esperienza più confortevole e senza attriti.

Quando si parla di shopping online, si parla anche di tecnologie che ci trasportano direttamente in negozio senza muoverci da casa nostra attraverso la realtà virtuale aumentata. Ne è un esempio l’azienda Dyson, che è stata uno dei primi brand a testare questo concetto con l’apertura di un proprio negozio virtuale, in cui gli utenti sono stati invitati a testare i prodotti da remoto e avviare così il processo di acquisto.

4. L’economia circolare, al centro delle strategie

La preoccupazione dei consumatori per l’ambiente sta portando retailer e brand ad adottare una strategia più responsabile. Rifiuti Zero, il mercato dell’usato e quello d’occasione continueranno a crescere, e ci si troverà ad affrontare nel 2022 un tema cruciale per il settore: conciliare potere d’acquisto e tutela dell’ambiente.

Come ad esempio il Green Friday, ovvero il Black Friday di Ikea, collegato al servizio “Riporta e Rivendi”, che da anni aiuta le persone a prolungare la vita dei propri mobili Ikea. In occasione del Green Friday i clienti hanno goduto di una valutazione pari al 50% in più del proprio usato. Un modo per fomentare il riciclo e disincentivare lo spreco.

Un esempio per il settore moda è invece il brand francese Kiabi, che prevede di aprire in Italia diversi punti vendita specializzati in abbigliamento usato nel corso del 2022.

Un altro aspetto degno di nota in relazione all’economia circolare, è l’impegno di diversi retailer a ridurre o eliminare la produzione dei propri cataloghi cartacei. Anche in questo caso, ne è un esempio la svedese Ikea, che ha annunciato l’intenzione di interrompere la stampa del suo noto catalogo cartaceo nel 2022.

In Italia sempre più brand stanno raggiungendo questo punto di consapevolezza e optano per strumenti di comunicazione più sostenibili come i cataloghi digitali.

5. Lunga vita al social shopping

Sebbene il social shopping sia una tendenza consolidata, nel 2022 vedremo sempre più brand e retailer utilizzare questo mezzo come complemento dell’e-commerce, dove il social selling si affiderà principalmente a influencer e brand ambassador.

Secondo lo studio Tiendeo, il 68% dei retailer e dei brand prevede di aumentare la propria spesa pubblicitaria sui social media nei prossimi 12 mesi.

Rapporto Censis-Confimprese, rialzo positivo dei consumi

È stato presentato pochi giorni fa il 2° Rapporto Censis-Confimprese, realizzato con il contributo di Nhood, società di servizi immobiliari focalizzata sugli immobili a uso misto e sulle riqualifiche urbane, nonché attore primario del mondo dei centri commerciali, che è sempre a supporto e sostegno del mondo retail anche attraverso il contributo a studi e ricerche mirati alla realizzazione di report utili al settore. Dal Rapporto sono emersi risultati molto interessanti che manifestano un grosso incremento nell’andamento del mondo del retail e dei consumi: in particolare, la spesa delle famiglie supererà i 1.000 miliardi di euro a fine anno. Dopo il +14,2% nel secondo trimestre del 2021, quest’anno i consumi aumenteranno di 60 miliardi rispetto all’anno scorso. Cresce la voglia di canali fisici del retail: il 65% degli italiani vuole tornare nelle piazze dello shopping. Il Rapporto è stato presentato da Francesco Maietta, responsabile dell’area politiche sociali Censis, e discusso da Francesco Montuolo, executive vice president Confimprese, Ettore Papponetti, Head of Commerce & Leasing Nhood Italy e Massimiliano Valerii, direttore generale Censis.

Ettore Papponetti, Head of Commerce & Leasing Nhood Italy: “Phygital, esperienzalità e sostenibilità sono tra le tendenze evidenziate dal rapporto stilato da Censis e Confimprese e trovano nel Centro Commerciale un luogo ideale di realizzazione, sia per la naturale conformazione e grandezza dei suoi spazi, sia perché la sinergia tra proprietà, gestione e operatori può fare la differenza nel rendere i luoghi d’acquisto fisici attrattivi e desiderabili quanto quelli digitali. Siamo già al lavoro su questi punti chiave, sia negli assetattualmente gestiti che in quelli in via di sviluppo, come Merlata Bloom Milano: siamo infatti fortemente orientati verso progetti costruiti in partnership con i tenant e che generino un triplo impatto positivo – sulle Persone, sul Pianeta, sul Profitto -, considerando sempre quest’ultimo come una naturale conseguenza di un’attività sostenibile”.

Il rimbalzo dei consumi
Alla fine dell’anno la spesa per consumi delle famiglie sfonderà il muro dei1.000 miliardi di euro. Nel secondo trimestre del 2021 i consumi degli italiani si sono già ripresi del 14,2% rispetto allo stesso periodo del 2020 (33 miliardi in più), con una netta inversione di tendenza rispetto al -5,4% registrato nel primo trimestre dell’anno. L’incremento a consuntivo d’anno ammonterà a 60 miliardi in più rispetto all’anno scorso, un tesoro prezioso per rivitalizzare l’economia reale. Complessivamente la pandemia ha bruciato dieci anni di crescita dei consumi. Ma, se non ci saranno nuovi stop sanitari, a Natale si prevedono almeno 9 miliardi di spesa in più rispetto allepassate festività. È quanto emerge dal 2° Rapporto Censis-Confimprese, realizzato con il contributo di Nhood.

Le tigri del consumo
Sono 4,5 milioni gli italiani che, forti di redditi rimasti intatti e di risparmi forzosi dovuti all’impossibilità di poterli utilizzare durante la pandemia, ora sono pronti a spendere per i consumi più di quanto facessero nel periodo pre-Covid. Usciti dall’emergenza, il 57,2% degli italiani tornerà a spostare soldi dal risparmio ai consumi, per andare oltre le scarsità imposte dal periodo recente. Più la paura allenta la presa, più crescono le tigri del consumo.

Il ritorno del retail
Il rimbalzo dei consumi sarà favorito dalla stanchezza degli italiani, per troppo tempo costretti in casa e ormai saturi di una sovrabbondanza di interazioni digitali nelle loro vite. Il 51,9% non sopporta più gli incontri da remoto per il lavoro, lo studio o le relazioni interpersonali. Il 52,8% ritiene che il digitale sia eccessivamente presente nelle proprie vite e che ora c’è bisogno di un riequilibrio con il mondo fisico. Il 65% (il 77,4% tra i giovani) vuole tornare a trascorrere tempo fuori casa per incontrare gli amici, mangiare insieme, divertirsi, fare shopping. L’insofferenza per i divieti e la vita da remoto spingerà in alto il retail.

Cresce la voglia di shopping nei canali fisici del commercio
Il 64% degli italiani ha nostalgia degli acquisti nei negozi fisici, nei centri commerciali, nelle piazze dello shopping, anche riducendo il ricorso all’e-commerce. Lo dicono più le donne (67,6%) e le persone benestanti (69,8%). La normalità per gli italiani è fatta anche di shopping fisico, da cui traggono emozioni e benessere.

I nuovi driver degli acquisti
Utilizzare ogni tipo di informazione disponibile per decidere cosa acquistare e dove farlo: ecco il potere rinforzato del consumatore con cui il retail dovrà misurarsi. Il 64,9% degli utenti di internet cerca informazioni su aziende, prodotti e servizi. Il 53,4% confronta i prezzi dei prodotti e servizi per valutare le diverse opzioni. È questo l’importante contributo del digitale: i consumatori sono diventati più forti grazie ai flussi informativi facilmente accessibili a chiunque e ovunque per giudicare, scegliere, acquistare. L’e-commerce è ormai una realtà consolidata: il 51,6% degli internauti (il 62,3% delle persone più istruite, il 64,6% dei 30-44enni) ha effettuato almeno un acquisto online nell’ultimo mese. Dopo la pandemia ogni consumatore costruirà la sua spesa personale combinando canali fisici del retail ed e-commerce.

«È un’Italia che ce la fa– spiega Mario Resca, presidente Confimprese – quella che il Censis fotografa dopo i 19 mesi di pandemia che hanno messo a dura prova la tenuta del retail. La stabilità del governo Draghi, la ripresa dell’economia italiana che è tra quelle europee a più alta crescita, la voglia di normalità unita ai risparmi degli italiani sono il vero vaccino dell’Italia post Covid19. Oggi, qualche incognita potrebbe provocare temporanee frenate come la scarsità di materie prime su scala globale, la mancanza di manodopera specializzata e l’inflazione. Per questo è necessario rassicurare gli italiani con politiche di welfare e incentivi volti a proteggere e promuovere il loro benessere economico e sociale».

Mercati di largo consumo, le previsioni IRI per il 2022

IRI, leader mondiale nelle informazioni di mercato per il Largo Consumo, il Retail e lo Shopper, ha elaborato le previsioni sull’andamento dei mercati del Largo Consumo Confezionato per il l’ultimo trimestre del 2021 e per il 2022. Il nuovo rapporto previsionale è stato elaborato considerando un contesto caratterizzato dai seguenti fattori che influenzeranno le vendite di Largo Consumo nei mesi futuri:

• L’epidemia da Coronavirus è sostanzialmente sotto controllo, nonostante la diffusione delle nuove varianti del virus. Tuttavia il Sistema istituzionale ed economico italiano resta improntato alla prudenza.

• Il rilancio dell’economia italiana è previsto continuare anche nel 2022. I cardini su cui l’Esecutivo sta orientando la propria politica vertono su sostegno dell’occupazione e crescente allocazione delle risorse agli investimenti (in parte discendente dalle risorse del Next Generation EU).

• Lo Smart Working è diventato un fatto strutturale con una influenza significativa sui comportamenti sociali e di consumo.

• All’interno del comparto del Largo Consumo si consolida la crescita del canale di convenienza, il Discount, ma aumentano le vendite dei prodotti d’alta gamma all’interno della Distribuzione Moderna Classica.

• L’inflazione del Paese è in salita. Tuttavia i prezzi del comparto stanno reagendo con ritardo alle spinte al rialzo, anche a causa del particolare ciclo degli accordi commerciali che caratterizza la filiera del Largo Consumo. Si prevede che gli aumenti si scaricheranno sui prezzi finali soprattutto fra la fine del 2021 e la prima metà del 2022.

• La risalita dei prezzi aumenterà la concorrenza orizzontale. Le promozioni saranno una leva competitiva fondamentale.

Nonostante un rallentamento della domanda che caratterizzerà l’ultimo trimestre, il 2021 chiuderà in positivo, grazie all’eredità dei primi otto mesi: l’andamento delle vendite a valore si attesterà al +2%. Il 2022 segnerà invece un calo ma molto contenuto, pari al -0,8%. Tuttavia il retail veicolerà ancora il +9,3% di ricavi rispetto al pre-Covid e il +7,1 in termini di volumi: si tratta quindi di un salto di livello rispetto a prima della pandemia.

L’inversione di tendenza di quest’anno si registrerà a partire dal IV trimestre. Il trend negativo raggiungerà però il culmine nel primo trimestre del 2022 scontando il confronto con le controcifre elevate durante la seconda ondata Covid. Solo nella seconda metà del prossimo anno ci sarà un recupero della crescita. Le principali motivazioni alla base di queste previsioni, oltre al “rimbalzo” sulla domanda eccezionale della seconda Ondata epidemica (Ottobre 2020-Marzo 2021), sono la spinta inflazionistica attesa e la maggiore normalizzazione dei comportamenti sociali (più mobilità per motivi lavorativi e più pasti fuori casa.

Per quanto riguarda le previsioni sugli acquisti in volume è necessario sottolineare che questi ultimi saranno influenzati dalla risalita prezzi che caratterizza il secondo semestre del 2021. Prevediamo che l’aumento dell’inflazione si esaurirà entro i primi 6 mesi del 2022. Il profilo evolutivo dell’andamento atteso dei volumi nel Largo Consumo ricalca quello dei ricavi ma sconta l’effetto dei rincari.

Si attende quindi una chiusura del 2021 con una crescita delle vendite a volume pari al +1,8%. Il 2022 vedrà invece una flessione che si attesterà al –1,6%.

Merita infine uno sguardo a quello che è stato il canale “rivelazione” degli ultimi due anni, ovvero l’online. Le attese a chiusura 2021 sono state ritoccate al ribasso rispetto all’edizione precedente delle previsioni, a causa di una crescita relativamente meno brillante a partire dai mesi primaverili. Comunque lo sviluppo dei ricavi previsto per il 2021 è di tutto rispetto (ca +490 milioni di euro). Le proiezioni IRI indicano che l’E-Commerce nel Largo Consumo Confezionato potrà aggiungere altri 260 milioni di fatturato nel 2022, raggiungendo una quota del 2,6% sul totale nella Distribuzione Moderna (fisica e online).

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