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Gusti e tendenze: gli italiani preferiscono il salato al dolce

É il “salato” il gusto più presente sui prodotti della spesa degli italiani, una caratteristica segnalata sulle etichette di 389 prodotti alimentari confezionati venduti in supermercati e ipermercati, che hanno superato i 198 milioni di euro di sell-out, in crescita di +15,1% rispetto all’anno precedente. A rilevarlo è il dossier dedicato ai gusti in etichetta, presente nell’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che monitora i fenomeni di consumo nella Gdo incrociando le informazioni sulle etichette di oltre 139 mila prodotti digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi e i dati di NielsenIQ di venduto e consumo.

Il dossier ha preso in analisi 2.468 prodotti, accomunati dalla presenza di uno dei 13 claim sui gusti individuati dall’Osservatorio Immagino: agrodolce, amaro, aromatizzato/aromatiche, acido, dolce, esotico, fruttato, gustoso, piccante, salato, saporito, speziato, umami. Nel 2023 questo paniere ha totalizzato 793 milioni di euro di vendite nel canale supermercati e ipermercati con un trend annuo di +9,0% a valore e di –4,3% a volume. E ha contribuito per il 2,3% al giro d’affari totale dell’intero paniere alimentare rilevato dall’Osservatorio Immagino (esclusi acqua e alcolici).

Sette claim sono andati controcorrente, essendo riusciti ad aumentare anche le vendite a volume e sono: fruttato (+24,4% a valore e +5,7% a volume), agrodolce (+10,8% e +5,5%), amaro (+11,5% e +1,7%), speziato (+6,8% e +1,5%), esotico (+7,4% e +1,0%), piccante (+10,6% e +0,1%) e, il più recente, umami (+106,7% e +31,3%).

Italiani sempre più inclini alle private label e agli influencer

L’incertezza geopolitica ed economica globale influenza e condiziona i consumatori italiani: a evidenziarlo è la quattordicesima edizione dell’EY Future Consumer Index, che ha sondato le opinioni di 23mila cittadini in tutto il mondo di cui 500 in Italia. Tuttavia le aspettative per il futuro rimangono abbastanza positive, soprattutto per i consumatori con i redditi più elevati, col 23% degli italiani che prevede un miglioramento nei prossimi tre anni. L’aumento del costo della vita e delle spese sanitarie rimane però la principale preoccupazione per i consumatori, con il 71% preoccupato per l’aumento dei prezzi di elettricità, gas e acqua e il 67% per l’incremento dei prezzi di beni alimentari. Seguono al terzo posto i temi legati alla salute (61%) e subito sotto il costo dei carburanti (59%).

Dall’indagine emerge che gli italiani prestano grande attenzione in particolare a tematiche legate all’ambiente e alla sostenibilità, posizionando l’Italia come uno dei Paesi con una più alta priorità ambientale, dove il 75% è preoccupato per il cambiamento climatico e il 49% orienta i propri acquisti in ottica di sostenibilità. Le priorità dei consumatori italiani sono omogenee per tutti i livelli di reddito e per tutte le fasce d’età, con Baby Boomer, Gen X e Millennial che pongono attenzione sull’accessibilità economica (rispettivamente per il 42%, 34% e 33%), seguito dai temi di sostenibilità (rispettivamente 16%, 26%, 29%). Per la Gen Z, invece, al primo posto c’è l’attenzione ai temi legati alla salute (29%), seguito sempre dalle tematiche di sostenibilità (26%), all’ultimo posto troviamo invece l’accessibilità economica (13%).

La sostenibilità rimane un’area di interesse fondamentale per i consumatori, il 95% si sta sforzando di non sprecare il cibo e il 58% ricicla o riutilizza regolarmente i prodotti dopo l’uso. Le aziende dovrebbero considerare la possibilità d’identificare le aree con il maggiore impatto materiale, come i rifiuti di plastica, l’intensità dell’acqua o l’impronta di carbonio durante il processo di produzione, al fine di ridurre le emissioni. Proprio in quest’ottica, il 35% dei consumatori sarà più orientato sull’acquisto di prodotti di seconda mano, e il 74% tenterà di riparare, e non sostituire i prodotti, se è possibile farlo. Le aziende potrebbero prendere in considerazione la possibilità di rivedere e adattare i loro brand e prodotti per allinearsi alle esigenze dei consumatori, sempre più attenti al budget e all’impatto economico, ambientale e sociale, introducendo nuovi formati più piccoli e differenti packaging. Per quanto riguarda l’attenzione alla salute e al benessere, il 73% prevede di essere più consapevole e attento alla propria salute fisica nel lungo periodo, prediligendo ad esempio l’acquisto di prodotti sani (42%), ma anche riducendo l’acquisto di bevande alcoliche (51%) o di tabacco nei prossimi mesi (46%). La maggiore consapevolezza sulla propria salute e il cambiamento delle norme sociali tra i consumatori stanno stimolando il passaggio ai prodotti di nuova generazione (NGP), come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato considerati meno dannosi delle sigarette tradizionali.

La crescita delle marche commerciali (le cosiddette private label) è evidente, con i consumatori che pianificano di acquistarne di più in futuro (soprattutto sui segmenti del home care 50% e del cibo confezionato 33%), rispecchiando le stesse caratteristiche dei prodotti di marca per il 55% dei rispondenti. Le categorie di prodotto private label che i consumatori sono maggiormente inclini ad acquistare sono prodotti per la casa, abbigliamento e accessori, personal care e del cibo confezionato (packaged food). La generazione X è quella più favorevole alle private label, seguita da Baby Boomers e Gen Z. Un terzo degli intervistati non tornerebbe ad acquistare prodotti di marca, una volta provati i prodotti delle marche commerciali. Con la riduzione del divario di prezzo tra i prodotti a marchio privato e quelli di marca, i consumatori acquisteranno generi alimentari sempre più in base al valore e non alla fedeltà alla marca. Infatti, il 52% dei consumatori italiani afferma di comprare prodotti di marca solo quando sono in offerta, promozione o scontati.

L’aumento del numero di canali digitali sta offrendo ai consumatori la flessibilità che desiderano, ma allo stesso tempo sta incrementando i costi per le aziende che devono fare i conti con un mercato in continua trasformazione e soggetto ai social media e a personalità influenti tra le community online, che impattano sulle abitudini di acquisto dei consumatori. Dall’EY Future Consumer Index emerge che il 33% degli italiani segue regolarmente influencer, blogger o vlogger sui social media, e nelle scelte di acquisto il 51% dei rispondenti si affida a prodotti raccomandati o promossi dagli stessi influencer. Il 43% dei consumatori ha ammesso di aver acquistato un prodotto esclusivamente sulla base di una raccomandazione o di una promozione fatta da un influencer.

La preferenza dei consumatori – soprattutto Millennial e Gen Z- per l’utilizzo di app di shopping sta trasformando il panorama del retail, generando nuove opportunità per i brand. Tra le ragioni principali nell’utilizzo delle app vi è il desiderio di accedere a sconti e offerte esclusivi (50%), una maggiore comodità (45%), l’attrazione per promozioni o offerte riservate agli utenti dell’app (34%). Questi dati evidenziano un cambiamento significativo nel comportamento d’acquisto dei consumatori italiani, che si sentono sempre più a loro agio a condividere dati personali in cambio di esperienze personalizzate e raccomandazioni su possibili alternative. Tuttavia, nonostante l’entusiasmo per le nuove tecnologie, gli italiani rimangono cauti riguardo alla sicurezza delle proprie informazioni personali: il 62% degli intervistati è preoccupato di come vengano gestiti i dati che li riguardano, il 63% teme una violazione dei propri dati e per gli attacchi hacker, il 70% teme un furto di identità o frode.

“L’EY Future Consumer Index ha evidenziato diversi temi significativi che riflettono il cambiamento in corso nei comportamenti dei consumatori italiani. Innanzitutto il sentimento dei consumatori si esprime in un cauto ottimismo, il 23% prevede un miglioramento della propria situazione economica nei prossimi tre anni, anche in presenza di persistenti pressioni economiche. Le spese dei consumatori sono impattate ancora da incertezze economiche, dagli effetti inflattivi e impatti climatici. Molte aziende, quindi, stanno implementando azioni sui prezzi, rivisitazioni del portafoglio prodotti e iniziative di produttività. Inoltre, l’influenza digitale è in aumento: il 33% segue regolarmente influencer sui social media, e il 51% si affida a loro per le scelte di acquisto. La proliferazione dei canali di vendita sta rendendo più frammentata l’esperienza di consumo e diventa fondamentale rivedere le strategie di marketing. Infine, sempre più rilevanza acquista la gestione dei dati che può portare significativi vantaggi nella relazione con i consumatori, i quali mostrano disponibilità a scambiare informazioni personali in cambio di esperienze sempre più personalizzate” commenta Stefano Vittucci, Consumer Products and Retail Sector leader di EY in Italia.

Ecommerce, crescono acquisti per food e beverage. In calo fashion e tech

Secondo una recente ricerca effettuata da NIQ e Foxintelligence dedicata allo stato dell’ecommerce in Europa nei primi sei mesi del 2024, a livello globale il canale online continua a crescere in termini di scelta da parte dei consumatori e tasso di fedeltà. Volgendo lo sguardo ai tre macro mercati – europeo, americano e asiatico – in Europa, per il primo semestre dell’anno, si è registrato un +1% di utilizzatori del canale e un +4% di aumento della frequenza di acquisto online. I dati europei superano il mercato americano, a crescita zero per numero di utenti e al +2% sulla frequenza, e solo l’India con il +13% di numero di acquisti stacca Europa e USA, pur mantenendo solo un +1% di numero di acquirenti.

Analizzando nel dettaglio le categorie, si riscontrano delle differenze di acquisto in Europa sia per scelta di beni e servizi sia per frequenza di scontrino. Nella Top3 di NIQ e Foxintelligence per i Paesi di Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito emerge che il 67% dei consumatori online ha acquistato prodotti della categoria fashion nei primi sei mesi del 2024 (-1,4% rispetto allo stesso periodo del 2023) con una frequenza di acquisto di 5 scontrini (-1,4%). Al secondo posto con il 56% di penetrazione la categoria health & beauty (+2,2 p.p. vs 2023) per 4,3 (+0,9) acquisti e a chiusura del podio il settore high tech al 55% (-0,6%) e 3,8 in termini di frequenza, anche se con valori in calo rispetto all’anno precedente (-2,8 vs 2023). Degno di nota nell’ecommerce è l’aumento di penetrazione e frequenza per i beni di largo consumo e i servizi. Ad esempio, food & near food registra una crescita delle vendite online del +2,1%, arrivando a quota 54% (H1 2024) rispetto al primo semestre del 2023 per 5,6 scontrini emessi (+1,6 p.p. vs 2023) e il settore delivery, che con +0,9 punti registra una penetrazione del 41% e una crescita di ordini dell’8,6% (+1,3%).

Ponendo l’attenzione sull’Italia, nei primi sei mesi del 2024 perdono terreno due pionieri del comparto online come il fashion (19%) e l’high tech (25%). Diversamente, il settore food, beverage & household raggiunge il 7% di quota, registrando una tendenza in rialzo comune a tutti i Paesi europei, alcuni dei quali, però, staccano la penisola per risultato finale. Se Francia e Inghilterra infatti segnano rispettivamente un tasso del 19% e del 16% evidenziando una situazione maggiormente positiva del comparto, la Germania mostra una crescita più modesta, attestandosi infatti al 5% per la categoria food, beverage & household. Scomponendo la spesa nei diversi Paesi europei nei primi sei mesi del 2024, è la Germania, con 1.125€ di spesa media online per persona a detenere il primo posto seguita dalla Gran Bretagna con 997€. Agli inglesi si riconosce l’altro primato, ovvero una frequenza di acquisto maggiore, con una media di 22,7 ordini per consumatore (vs 18,2 della Germania e 14,6 della Francia). Al terzo posto per il budget di spesa la Francia con 951€ e 14,6 numero di ordini in media. Diverse sono le rilevazioni per il Bel Paese dove la spesa online si attesta sui 583€ a persona, quasi la metà rispetto a quella tedesca, con una media di 12 scontrini.

Tra le generazioni di consumatori online in Europa sono i Millennials (anni 1980-1994) a spendere di più con ben 1.091€ nei primi sei mesi dell’anno, anche se il numero di ordini maggiore appartiene alla Gen X (anni 1960-1979) con una frequenza di 20,7 (vs 20,2 Millennials) e una spesa media di 993€. I Baby Boomers (fino al 1959) si attestano invece in terza posizione, con una media di 768€ investiti nel canale online per 18,3 ordini. In fondo alla classifica si trova la Gen Z (dal 1995), con una spesa di 594€ per una frequenza di acquisto di 10,9. Tuttavia, secondo un’analisi internazionale di NIQ denominata “SpendZ”, emergono alcuni elementi significativi relativi ai consumi dei nati dal 1995. Attualmente, a livello demografico globale, la Gen Z risulta essere la più numerosa e rappresenta il 25% della popolazione mondiale, ovvero 2 miliardi di individui, con acquisti che generano 9.800 miliardi di dollari pari al 17,1% della spesa globale (57.600 miliardi di dollari). In futuro, a livello di consumi, questa generazione registrerà in termini di potere di acquisto la crescita maggiore e sarà in grado di superare persino la spesa dei Baby Boomers. Gli acquisti della Gen Z nel 2030 registreranno un valore di 12.600 miliardi di dollari, raggiungendo una quota di spesa globale del 18,7% in contrapposizione al 17,1% dei Baby Boomers. Secondo la ricerca di NIQ, ogni modello di spesa generazionale è costituito da elementi unici, infatti, nel caso specifico del forte sviluppo della Gen Z, è fondamentale intercettare tempestivamente le preferenze di acquisto di oggi e valutare la propensione futura verso prodotti, marca e insegna, pur tenendo in considerazione i bisogni delle altre generazioni.

Infine, anche la percentuale di ordini ecommerce effettuati utilizzando la soluzione “acquista ora, paga dopo”, sottolinea atteggiamenti differenti tra i consumatori europei, contribuendo alla crescita dell’intero comparto online. Nello specifico, in Italia, nel 2024, il 3% degli acquisti è stato eseguito tramite questa modalità di pagamento, dato in risalita di un punto anno su anno dal 2021. L’unico caso eccezionale è la Germania, paese in cui ben il 12% dei pagamenti viene posticipato. Diversa è invece la situazione spagnola, dove la soluzione BNPL (Buy Now, Pay Later) non sembra decollare oltre l’1%.

Gelato sempre più caro, italiani a caccia di promozioni e offerte

In questi anni il costante aumento dei prezzi del gelato sta impattando sulle abitudini di consumo degli italiani che, per contenere la spesa, ricorrono a sconti e offerte. Secondo i dati dell’Osservatorio Shopping dell’app DoveConviene, le ricerche di gelati da parte dei consumatori sono aumentate del +82% nel 2024 rispetto all’anno precedente. Una tendenza giustificata dal costante incremento dei prezzi, che solo negli ultimi due anni ha registrato una crescita complessiva del +29,5%, con un aumento del +16,4% nel 2023 e del +13,1% nel 2022.

A livello regionale, il Trentino-Alto Adige è la regione con il più alto tasso di crescita di ricerche di gelati col miglior rapporto qualità prezzo, con un boom del +194% nel 2024 rispetto al 2023. Medaglia d’argento e di bronzo, invece, per la Toscana e la Valle D’Aosta, dove le ricerche sono aumentate rispettivamente del +89% e del +25%. Chiudono la classifica, al quarto e quinto posto, il Molise e il Lazio, con un aumento del +21% e del +15%. Per quest’estate, i ghiaccioli sono la tipologia di gelato più amata dagli italiani. Disponibili in una grande varietà di gusti, gli stecchi guadagnano la vittoria da Nord a Sud in ben 7 regioni italiane: Emilia-Romagna, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana e Trentino Alto-Adige.

A sua volta, il cornetto Algida difende la propria supremazia in Abruzzo, Campania, Lazio, Marche, Veneto, Sardegna e Sicilia. Anche la vaschetta Carte D’Or trova spazio sulla mappa, affermandosi come il formato preferito in Basilicata, Liguria e Umbria. Corrono invece controcorrente la Calabria e la Valle D’Aosta, dove Magnum e Coppa del Nonno si confermano rispettivamente i gelati preferiti.

IA generativa, Cina leader per utilizzo ma USA in testa per implementazione

Quali sono i Paesi leader nell’utilizzo dell’IA generativa? Secondo un recente studio condotto da Coleman Parkes Research Ltd e promosso da SAS, al primo posto c’è la Cina. I decision maker aziendali del Paese asiatico riferiscono che l’83% delle loro organizzazioni sta già impiegando la GenAI nelle loro attività. Si tratta di un dato superiore a quello del Regno Unito (70%), degli Stati Uniti (65%) e dell’Australia (63%). Le organizzazioni statunitensi però sono in vantaggio in termini di maturità e di completa implementazione, con il 24% rispetto al 19% della Cina e all’11% del Regno Unito.

Cosa significa questo in termini di impatto economico globale dell’intelligenza artificiale e della GenAI? In un report del 2023, McKinsey ha stimato che l’IA generativa potrebbe generare l’equivalente di 2,6 trilioni di dollari a 4,4 trilioni di dollari all’anno in una serie di casi d’uso. Si tratta di un valore paragonabile all’intero PIL del Regno Unito nel 2021. Questo impatto aumenterebbe l’incidenza complessiva dell’intelligenza artificiale dal 15% al 40%. “Sebbene la Cina possa essere in testa nei tassi di adozione della GenAI, una maggiore adozione non equivale necessariamente a un’implementazione efficace o a migliori ritorni”, ha dichiarato Stephen Saw, Managing Director di Coleman Parkes. “In effetti, gli Stati Uniti sono in vantaggio con il 24% delle organizzazioni che hanno implementato completamente la GenAI, rispetto al 19% della Cina.”

Tra i punti salienti dei risultati della survey globale vi sono indicatori che segnalano che le diverse region sono già pienamente convinte dell’IA generativa e stanno iniziando ad adottarla in modo significativo, ma a ritmi diversi. “Con qualsiasi nuova tecnologia, le organizzazioni devono attraversare una fase di scoperta, tenendo separata la concitazione del momento dalla realtà, per comprendere la complessità delle implementazioni in azienda. Con l’IA generativa abbiamo raggiunto questa seconda fase”, ha dichiarato Bryan Harris, Executive Vice President e CTO di SAS. “Dopo l’hype della scoperta, ora le organizzazioni devono saper implementare la GenAI in modo mirato per poi fornire risultati di business ripetibili e affidabili grazie a questa tecnologia.”

Le region che utilizzano e implementano pienamente l’IA generativa nei processi della loro organizzazione a che punto sono? (Percentuale relativa all’implementazione GenAI nei processi aziendali)
Nord America: 20%
APAC: 10%
LATAM: 8%
Europa: 7%

Quali region hanno implementato policy in ambito GenAI? (Percentuale in riferimento alle aziende con policy)
APAC: 71%
Nord America: 63%
Europa: 59%
LATAM: 52%

In che misura le aziende che hanno previsto un investimento nella GenAI nel prossimo esercizio finanziario dispongono di un budget dedicato?
APAC: 94%
Europa: 91%
Nord America: 89%
LATAM: 84%

Come si posizionano i settori specifici in termini di piena implementazione della GenAI e nei processi aziendali?
Settore bancario: 17%
Telco: 15%
Assicurazioni: 11%
Life science: 11%
Servizi professionali: 11%
Retail: 10%
Settore pubblico: 9%
Healthcare: 9%
Manufacturing: 7%
Energia e utility: 6%

Quali settori hanno indicato di utilizzare già l’IA generativa quotidianamente?
Telco: 29%
Retail: 27%
Banche: 23%
Servizi professionali: 23%
Assicurazioni: 22%
Life science: 19%
Assistenza sanitaria: 17%
Energia e utility: 17%
Manufacturing: 16%
Settore pubblico: 13%

Quali dipartimenti all’interno delle organizzazioni stanno utilizzando o pianificando di utilizzare la GenAI?
Sales: 86%
Marketing: 85%
IT: 81%
Finanza: 75%
Produzione: 75%

Solo il 9% dei partecipanti al sondaggio indica di essere estremamente familiare con l’adozione di GenAI da parte della propria organizzazione. Tra gli intervistati le cui organizzazioni hanno implementato pienamente l’IA generativa, solo il 25% dichiara di essere estremamente familiare con la strategia di adozione della GenAI della propria organizzazione. Anche i decision maker responsabili dell’investimento tecnologico non hanno familiarità con l’IA, compresi quelli delle organizzazioni che sono più avanti nella curva di adozione. Nove senior decision maker su 10 del mondo tecnologico ammettono di non comprendere appieno la GenAI e il suo potenziale impatto sui processi aziendali. I CIO, con il 45%, sono in testa alla classifica dei dirigenti che comprendono la strategia di adozione dell’IA della loro organizzazione. Tuttavia, solo il 36% dei Chief Technology Officer (CTO) afferma di essere pienamente aggiornato. Tuttavia, nonostante questo gap di comprensione, la maggior parte delle organizzazioni (75%) dichiara di aver stanziato dei budget da investire nella GenAI per il prossimo anno finanziario.

Surgelati da record, nel 2023 superato il milione di tonnellate

Hanno superato il milione di tonnellate i prodotti surgelati consumati nel 2023 (1.016.358), con una lieve crescita a volume rispetto al 2022 (+0,14%), facendo così segnare un nuovo massimo storico di consumo pro capite annuo che, per la prima volta, supera la barriera dei 17 chili, attestandosi a 17,2 (+2,4% vs. il 2022), per un valore di mercato pari ai 5,8 miliardi di euro, in crescita rispetto agli oltre 5,4 miliardi dell’anno precedente (+6,5%). Questi i numeri hanno spinto il comparto dei surgelati a raggiungere vette mai toccate prima: trainato dal fuori casa, il segmento ha registrato una crescita del +5,3% rispetto all’anno precedente, compensando sia la piccola diminuzione del retail (-1,1%) sia quelle, più significative, del door-to-door (-8%) e dell’e-commerce (-5%). I dati emergono dal “Rapporto Annuale sui Consumi dei prodotti surgelati”, realizzato da IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati, per fotografare l’andamento del comparto in Italia nell’ultimo anno.

“Il 2023 è stato un anno di sfide titaniche: dall’approvvigionamento delle materie prime, ostacolato nei primi mesi dell’anno da eventi climatici estremi come la siccità, alle gravi difficoltà incontrate nella logistica e nei trasporti a livello globale, fino all’implacabile aumento dell’inflazione, particolarmente penalizzante nel comparto alimentare”, spiega il Presidente di IIAS, Giorgio Donegani. “Nonostante queste criticità, il 2023 si è chiuso positivamente, grazie soprattutto alla forte spinta data dal Fuoricasa, che ha riequilibrato il gap creatosi con il Retail, dopo l’uscita definitiva dal biennio dei lockdown (2020-2021) che aveva portato a un boom eccezionale dei consumi domestici (+14% nel 2021 rispetto al 2019). Le rilevazioni condotte sui primi cinque mesi del 2024 rivelano un dato incoraggiante anche in relazione al retail, che indica l’ottima tenuta degli acquisti con un lievissimo calo a volume del -0,5% rispetto all’anno precedente (-1,1%). Un dato positivo che non stupisce, dato l’apprezzamento ormai unanime degli italiani verso questi prodotti”.

Surgelati: un valore di mercato che ha raggiunto i 5,8 miliardi di euro
Nel 2023, i consumi di surgelati tra le mura domestiche hanno raggiunto le 644.075 tonnellate e nel Fuoricasa hanno toccato quota 295.812. Se si aggiungono anche le 66.971 del “door to door” e le 9.500 dell’e-commerce, si capisce come nel comparto frozen sia stato registrato lo scorso anno un nuovo massimo storico, oltrepassando la soglia del milione di tonnellate consumate, per un valore di mercato pari a 5,8 miliardi di euro (+6,5% vs. il 2022). A conferma della forza crescente del settore che, nonostante le numerose criticità incontrate negli ultimi anni (dalla pandemia alla crisi energetica, dal boom dei prezzi delle materie prime all’inasprirsi delle relazioni internazionali), ha manifestato una grande stabilità. Infatti, sebbene il canale retail abbia registrato una leggera diminuzione a volume vs. il 2022 (-1,1%) – largamente anticipata dopo anni di espansione eccezionale – la diffusione dei prodotti surgelati tra le famiglie italiane è rimasta comunque alta, con un aumento nei consumi domestici di quasi dieci punti percentuali (+9,4%) rispetto ai livelli pre-pandemici (2019).

Trend consumi: sul podio le patate insieme a vegetali e ittici surgelati
Scendendo nel dettaglio dell’analisi delle singole categorie merceologiche, anche nel 2023 troviamo a confermare la propria leadership per volumi consumati nel retail, i vegetali, con oltre 215.000 tonnellate (nonostante una lieve diminuzione rispetto al 2022 del-1,9%). I vegetali preparati (con 22.380 tonnellate) registrano invece una performance pienamente positiva, conquistando un +3,7% vs. il 2022 e ribadendo, ancora una volta, il ruolo dei vegetali surgelati come ‘comfort food’, scelti per la loro capacità di soddisfare la richiesta di benessere e di elevati contenuti nutrizionali che da sempre li accompagnano. Gusto e facilità di preparazione sono invece le prerogative che hanno spinto le patate surgelate al secondo posto tra le preferenze degli italiani. Nel 2023, le patate hanno registrato la performance più positiva del comparto, con circa 110.500 tonnellate acquistate e una crescita del +8% vs. 2022 (102.400 tonnellate).

Sicuri, nutrienti e facili da preparare, i prodotti ittici surgelati conquistano il terzo posto del podio, toccando le 92.500 tonnellate, tra ittico preparato panato (oltre 33.000 tonnellate) e pesce naturale (59.000). Seguono, al quarto posto in classifica, i piatti pronti, ossia primi e secondi piatti, contorni ricettati e alimenti con proteine vegetali, che si attestano su oltre 66.600 tonnellate (registrando un lieve calo del -1,1% rispetto alle quasi 67.500 tonnellate del 2022). L’alta qualità degli ingredienti, le ricettazioni sia tradizionali sia innovative, la velocità di preparazione e l’attenzione all’equilibrio nutrizionale si confermano i fattori chiave del loro successo tra le famiglie italiane.

Discorso a parte meritano le pizze surgelate: se da un lato, nel 2023 hanno raggiunto le 63.500 tonnellate, con una diminuzione del -6,2% rispetto alle quasi 68.000 tonnellate del 2022; dall’altro, tale riduzione è da ascriversi essenzialmente alla ripresa dei consumi fuori casa. Va comunque segnalato come questo segmento prosegua nell’innovazione introducendo, ad esempio, nuovi formati e ingredienti, per restare al passo con le diverse esigenze dei consumatori. Da non dimenticare, infine, sono le specialità salate (pancake e altri prodotti), che hanno mantenuto quota 33.300 tonnellate (con una lieve diminuzione dello 0,5% rispetto alle 33.400 tonnellate del 2022) e le carni surgelate, con 15.700 tonnellate nel 2023 (-3% vs. 2022). Tra gli altri segmenti, spicca la performance positiva di pane e paste surgelate, che hanno registrato un aumento del +1,3% vs. il 2022, raggiungendo oltre 5.730 tonnellate.

“Come dimostrano i dati del nostro Annual Report, negli ultimi anni i surgelati hanno dimostrato di essere ottimi ‘alleati’ dei consumatori in ogni occasione – aggiunge Donegani. Tra le ragioni alla base di questo apprezzamento ci sono anche il gusto e la convenienza economica che questi prodotti garantiscono, come confermano le evidenze emerse da due recenti ricerche che abbiamo condotto quest’anno, per la prima volta, con la società AstraRicerche. È emerso infatti che per oltre la metà degli italiani, al palato i prodotti surgelati risultano preferiti ai freschi per bontà, consistenza e percezione di freschezza: lo sostengono i risultati di un ‘Blind Taste Test’, secondo cui per il 61% degli intervistati il gusto del minestrone surgelato è migliore del fresco; per il 64% lo è quello del merluzzo e per il 66% i fagiolini in versione frozen sono più buoni dei freschi. Anche in termini di convenienza economica, i surgelati hanno abbattuto un vecchio tabù, rivelandosi meno costosi dei freschi: come confermano le rilevazioni effettuate, se si considera il loro valore totale (risultante dalla somma di: costi d’acquisto + tempi di preparazione + valore dello spreco alimentare), i fagiolini freschi, ad esempio, “costano” il 53% in più dei surgelati; i filetti di merluzzo il 60% in più; e per preparazioni più complesse come la paella, si arriva addirittura a una differenza del 246% a favore del prodotto frozen” conclude il Presidente di IIAS.

Coop Alleanza 3.0, nel 2023 vendute oltre 5.000 tonnellate di pesce

È il salmone, in filetti o tranci, il pesce più venduto nel 2023 nei negozi di Coop Alleanza 3.0. Seguono l’orata e il pesce spada mentre vongole e polpi chiudono la classifica. Sono oltre 5.200 le tonnellate di pesce venduto nel 2023, per un giro d’affari complessivo di quasi 90 milioni di euro. Rispetto al 2022, nel 2023 è cresciuto il consumo di crostacei che vede un giro d’affari di affari di oltre 2 milioni di euro e quello del confezionato in punto vendita che sale a oltre 3,5 milioni di euro. Cala invece il consumo di pesce intero o eviscerato che si attesta poco sotto i 18 milioni di ero di vendite del 2022. Anche nel comparto ittico, il prodotto a marchio Coop è tra i più venduti, a riprova dell’affidabilità e della qualità espressa dalle linee Fior Fiore, Origine e Vivi Verde.

Se si guarda alla distribuzione geografica del consumo di pesce, si può notare come esso sia naturalmente preferito nelle aree costiere. Nella zona della Romagna sono state vendute oltre 385 tonnellate (di cui 40 di prodotto a marchio) mentre a Bologna si sfiorano le 80 (14 di prodotto a marchio). In Puglia le tonnellate salgono a 328 (30 di prodotto a marchio) e quasi 100 nella zona costiera tra Veneto e Friuli (20 di prodotto a marchio). A Bologna è la coda di mazzancolla a regnare sulle tavole, seguita da pesce spada, misto fritto e l’immancabile salmone. Primo prodotto a marchio in città resta l’orata Coop Origine. Ad Ancona, dopo il salmone, sono orata e alici le preferite. A Bari primeggia l’orata seguite da cozze e seppie mentre a Brindisi si affianca all’orata il salmone e il pesce spada. A Taranto torna sulle tavole la seppia mentre a Rimini si cucinano più spesso mazzancolle e vongole insieme al salmone. A Trieste tra i primi 5 prodotti venduti compare il branzino mentre a Venezia i gamberi.

Tra i prodotti a marchio, si segnala in crescita la linea ViviVerde lanciata nel 2009, che concretizza la visione di Coop sulla relazione sinergica tra tutela dell’ambiente e benessere delle persone. L’offerta dell’ittico Vivi Verde oggi comprende: orata, branzino, vongole veraci, cozze ed è in arrivo una novità bio: il salmone fresco Vivi Verde. Inoltre, a marchio ViviVerde è prodotta la vongola Lupino biologica, allevata e raccolta in prossimità dell’area marina dell’Alto Adriatico, proprio di fronte alla fascia costiera del Litorale della Brussa, appartenente all’Oasi Naturalistica di Vallevecchia, a Caorle, riconosciuta dalla Comunità Europea come Zona di Protezione Speciale e Sito di Importanza Comunitaria, oltre ad essere certificata come area di produzione biologica. Infatti è proprio qui che, a poche centinaia di metri dalla costa, sui fondi sabbiosi, vivono i riproduttori e vengono gestite le attività di nursery, secondo i normali tempi di accrescimento. Una volta raggiunta l’età adulta i molluschi vengono raccolti dai pescherecci, che praticano la pesca sostenibile, nel rigoroso rispetto dell’ecosistema del mare. Le Vongole Lupino biologiche ViviVerde sono un prodotto autoctono, 100% italiano, di eccellente qualità riconosciuta come proveniente da un’innovativa attività di molluschicultura da fondo, una maricoltura praticata in mare aperto, dove le acque e gli stessi molluschi che le popolano sono sotto il costante controllo degli organi di vigilanza competenti.

Prodotti healthy: boom per avocado, caramello e mango, giù açai, goji e kamut

Sono quasi 14 mila i prodotti alimentari venduti in supermercati e ipermercati italiani che evidenziano sull’etichetta la presenza di un ingrediente benefico. Tuttavia questo non basta a spingerne i volumi di vendita, che nel 2023 sono diminuiti di -5,6% a fronte di un aumento di +9,4% a valore, superando i 4,4 miliardi di euro. A rilevarlo è la nuova edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che monitora i fenomeni di consumo nella Gdo incrociando le informazioni sulle etichette di oltre 139 mila prodotti digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi e i dati di NielsenIQ di venduto e consumo.

Complessivamente l’Osservatorio Immagino ha monitorato la presenza a scaffale e il trend di vendita di 40 ingredienti healthy, ripartiti tra superfruit, spezie, semi, cereali speciali/farine, superfood, dolcificanti e traditional. Tra questi, il cacao resta il n.1 per giro d’affari (3,2% di quota sul totale delle vendite in valore), seguito da nocciola, limone e mandorla. I top performer dell’anno a valore, invece, sono l’avocado (+33,5%), il caramello (+25,9%), il mango (+24,0%) e l’olio di riso (+21,0%).

L’Osservatorio Immagino ha poi individuato 12 ingredienti che hanno aumentato le vendite sia a valore che a volume:

Avocado: +24,1% a volume e +33,5% a valore
Burro di arachidi: +10,7% a volume e +15,7% a valore
Olio di riso: +5,3% a volume e +21,0% a valore
Anacardi: +5,2% a volume e +18,8% a valore
Avena: +4,1% a volume e +18,6% a valore
Spirulina: +4,1% a volume e +7,8% a valore
Tahina: +2,7% a volume e +7,3% a valore
Farina di riso: +1,6% a volume e +18,5% a valore
Ginseng: +1,4% a volume e +15,5% a valore
Pappa reale: +0,8% a volume e +6,8% a valore
Matcha: +0,7% a volume e +11,4% a valore
Acqua di cocco: +0,6% a volume e +4,4% a valore

A perdere, invece, terreno a valore sono stati açai (-36,1% a valore e -41,0% a volume), goji (-23,0% e -25,9%), germe di grano (-14,3% e -19,2%), kamut (-11,5% e -21,0%), curcuma (-8,1% e -17,0%), edamame (-7,9% e -13,8%), canapa (-7,9% e -11,9%), zenzero (-1,4% e -10,0%), cannella (-1,4% e -8,1%).

A maggio sale il fatturato della Gdo (9,5 miliardi), in ripresa ittico e ortofrutta

Durante lo scorso maggio secondo NIQ (NielsenIQ), che ne “Lo stato del Largo Consumo in Italia” analizza mensilmente l’andamento dei consumi e delle abitudini di acquisto delle famiglie italiane, il fatturato registrato dalla Gdo a totale Omnichannel in Italia ha raggiunto 9,5 miliardi di euro: un trend positivo del +2,7%, rispetto alla performance dello stesso mese nel 2023. Sempre a maggio inoltre l’indice di inflazione teorica nel largo consumo confezionato (lcc), ha registrato una diminuzione di 0,4 punti percentuali (dato congiunturale) rispetto al valore di aprile segnando un +0,8% a Totale Italia Omnichannel e una variazione reale dei prezzi del -0,4%. L’analisi di NIQ sottolinea quindi un andamento positivo per la maggioranza dei canali distributivi, e questa tendenza è guidata da specialisti drug (+9,6%), seguiti da discount (+3,8%), supermercati (+3,4%) e superstore (+2,1%). Tuttavia, vi è una diminuzione dell’andamento del fatturato nei canali iper>4500 (-1,5%) e liberi servizi (-1,4%).

Trend in crescita anche per le vendite in promozione, con un’incidenza promozionale del 24,4% per il mese di maggio 2024 a totale Italia (+1,2 pp. rispetto allo stesso mese del 2023). Sul fronte dei prodotti a marchio del distributore (mdd), a maggio la quota registra il 23,1% del lcc nel perimetro iper, super e liberi servizi, mentre a Totale Italia Omnichannel si attesta al 32% (discount inclusi).

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa
Tenendo presente il rapporto tra valori e volumi a totale Italia Omnichannel, nel comparto grocery, a maggio l’indagine di NIQ evidenzia un trend in crescita a valore del +2% (vs 2023) e una risalita dei volumi pari a 2,4%. Nel mese di maggio, tra le aree merceologiche che hanno registrato un’importante crescita rispetto al 2023 si evidenziano i prodotti ittici con l’incremento a valore del +12,1% e del 20,6% a volume, seguiti dai prodotti ortofrutta con un +6% a valore e +6,7% a volume. A questi si somma il caso delle carni con un valore a crescita zero e una quota a volume del +4,5%. In generale, per quanto riguarda i volumi si rileva un trend positivo per tutti i comparti.

In merito all’andamento dei volumi dei canali distributivi a totale grocery, spicca la crescita degli specialisti drug con il +5,8% rispetto a maggio 2023 e il +7,7% a valore, seguiti dai discount al +4,4% (+2% a valore) e dai supermercati che registrano un indice del +2,9% di risalita dei volumi e un +3% a valore. Per quanto riguarda il fresco (peso fisso + peso variabile) risulta in crescita in tutti i canali distributivi, ad eccezione degli iper>4500 (-0,3%). Tra le categorie merceologiche più dinamiche all’interno del comparto, frutta e verdura con il +6,7% detiene il primo posto, seguita subito dopo da pane & pasticceria & pasta (+5,5%) e gastronomia (+4,2%). La salumeria invece si attesta come la categoria con il trend più basso rispetto alle altre (-0,8%).

Ferramenta e bricolage, un comparto da quasi 17 miliardi e oltre 4mila aziende

Fra il 2019 e il 2022 il fatturato delle imprese del settore ferramenta, fai-da-te e bricolage è cresciuto del 34,6% arrivando complessivamente a 16,9 miliardi. Il dato affiora dalla nuova ricerca di Assofermet e Creditsafe, che fotografa un comparto decisamente in salute. Il numero di dipendenti, che supera quota 72 mila, è aumentato. È cambiata anche la fisionomia delle imprese, con un numero maggiore di dipendenti medi per azienda, e una crescita del numero di società di capitali, 6.303 in tutta la Penisola. Complessivamente le aziende del settore, secondo i codici Ateco analizzati, sono 19.396, di cui 4.420 imprese grossiste e 14.976 dettaglianti.

Per gli indicatori economici, in particolare sono stati approfonditi i bilanci di tutte le 4000 aziende del settore che mettono a disposizione i loro dati. Il fatturato complessivo è passato da 12,57 miliardi nell’ultimo anno prima del Covid a 16,9 miliardi nel 2022 (i dati del 2023 non sono ancora disponibili). Una media che include l’aumento del 41,4% per le aziende grossiste e del 25,7% per le ferramenta al dettaglio. Il margine operativo lordo è aumentato enormemente, in media dell’82,1%: da 876 milioni nel 2019 a 1,5 miliardi nel 2022. La crescita del MOL è stata del 119% per i grossisti e del 41,3% per il commercio al dettaglio. In questo contesto, gioca un ruolo fondamentale l’aumento degli investimenti: si arriva a 2,3 miliardi di investimenti in immobilizzazioni materiali (+18%) e a 281 milioni per impianti e macchinari (+52,3%). Le varie crisi internazionali che si sono succedute negli ultimi anni hanno portato anche per le ferramenta un aumento dei listini. Il costo della produzione è aumentato complessivamente del 30,7%, passando da 12,30 miliardi nel 2019 a 16 miliardi tre anni più tardi.

Andamento fatturato


Andamento EBITDA

Il settore ferramenta è fortemente trainato dal commercio all’ingrosso. I dati complessivi dimostrano che sono le imprese grossiste a ottenere i risultati economici migliori. L’analisi mirata condotta su 58 grossisti italiani nell’ambito dello studio esplicita lo stesso trend. Si tratta di uno studio approfondito su alcune delle aziende considerate più rilevanti sul mercato. Solo loro hanno registrato un fatturato di 1,4 miliardi nel 2022, con una crescita del 23,7% rispetto al 2019. L’utile è salito del 93%, arrivando a quota 51,7 milioni nel 2022. Il patrimonio netto, poi, si è attestato a 672,3 milioni, registrando nel 2022 una crescita del 34% rispetto a tre anni prima. Sono dati che indicano che il settore continua a essere in grande espansione anche a distanza di anni dallo scoppio della pandemia. Lo dimostra anche il margine operativo lordo, che per queste 58 aziende è cresciuto del 63,4% arrivando a 101 milioni (era 62 milioni nel 2019). Infine, c’è stato un incremento anche per il numero dei dipendenti, che hanno sfiorato le 2.900 persone impiegate.

Tornando ai dati sulla ricerca complessiva, anche per la totalità del settore il numero dei dipendenti è aumentato. Nel 2023, nelle ferramenta italiane lavorava il 5,3% di persone in più: da 68.500 lavoratori si è passati a 72.165. In ciascuna delle 19.396 imprese del settore lavorano in media 3,7 dipendenti, una quota più alta rispetto ai 3,3 del 2019. La media sale a 6,2 dipendenti per azienda nel caso dei grossisti, mentre si attesta a 3 per le imprese che commerciano al dettaglio.

Andamento numeri dipendenti

“In Italia possiamo contare su grossisti della ferramenta che mantengono inalterata negli anni la loro forza trainante ed innovativa, facendo investimenti e consolidando imprese e fatturati. A loro si uniscono i dettaglianti di prossimità, che crescono in termini di dimensioni aziendali ma che continuano a rappresentare un punto di riferimento per la vita di tutti i giorni degli italiani. È innegabile che abbiamo assistito alle chiusure di alcune attività, un fenomeno diffuso in tutti i settori economici negli ultimi anni. Tuttavia, il quadro rimane complessivamente positivo: c’è stato un forte consolidamento delle imprese, sono aumentati i dipendenti e le società di capitali” ha dichiarato Sabrina Canese, Presidente di Assofermet Ferramenta. “Per Assofermet Ferramenta rappresentare 17 miliardi di fatturato e 72 mila dipendenti significa avere una responsabilità di fronte alle istituzioni, che intercettiamo regolarmente consapevoli del peso specifico che il nostro settore rappresenta”.

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