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M&A, calano le operazioni in Italia e a livello globale

L’ultimo biennio è stato estremamente complesso per le operazioni di M&A nel Consumer Markets, con un calo a volumi di operazioni completate, rispetto al picco del 2021, del 17% a livello globale e del 4% in Italia. Come evidenziato dallo studio PwC Global & Italian M&A Trends in Consumer Markets, a valore il declino è ancora più significativo (-48% a livello globale e -51% in Italia) per la drastica riduzione delle operazioni di grande dimensione e di quelle sponsorizzate dai fondi e finanziate a leva, rispetto a quelle di middle market promosse da operatori industriali.

“Anche se ci sono segnali di calo dei tassi di inflazione e di interesse, nel Consumer Markets stimiamo sia necessario più tempo agli investitori per fare chiarezza sull’evoluzione dei prossimi mesi con riferimento in particolare alle dinamiche inflattive su costi, energia, prezzi di vendita e sulla capacità di mantenere nel medio termine i livelli di marginalità del 2023. Questa situazione di incertezza si tradurrà in un minor numero di operazioni e maggiore cautela nei multipli da applicare” ha commentato Emanuela Pettenò, Partner PwC Italia, Consumer Markets & Markets Deals Leader.

Nonostante l’inevitabile situazione di incertezza, l’attività M&A sarà comunque al centro dell’agenda strategica come leva per accelerare la crescita e il cambiamento: il 52% dei CEO delle aziende di Consumer Markets intervistate da PwC nell’ambito della 27ma PwC Global Annual CEO survey ha dichiarato di voler portare a termine almeno un’acquisizione nei prossimi tre anni. Il costo del debito rimarrà elevato anche nel 2024, per cui ci si attende che le operazioni di M&A promosse da operatori strategici continueranno ad essere guidate da razionali di crescita e cambiamento, mentre i fondi saranno maggiormente focalizzati su operazioni di middle market o strutture complesse per finanziare quelle di maggiore dimensione (continuation funds, JV, deal con forte minoranza del venditore o con formule di earn out / vendor loan, club).

Food & Beverages
Il 2023 ha continuato a risentire di significativi impatti inflattivi sul carrello (13.6% 2022, 5.9% 2023, fonte Rapporto Coop relativamente ai generi alimentari), che hanno eroso il potere d’acquisto dei consumatori e penalizzato la crescita a volume. L’attesa del 2024 è di una normalizzazione dei prezzi (attesa crescita del 3%), volumi in leggero calo ed orientamento dei consumi a livello italiano in funzione delle variabili prezzo e salute. Le aziende che producono per Private Labels della Grande Distribuzione e le marche locali saranno inoltre favorite dall’attenzione alla spesa da parte del consumatore e maggiore sensibilità su aspetti di natura territoriale come sinonimo di qualità, mentre sono previsti in difficoltà i brand sia di grandi dimensioni che minori (fonte Rapporto Coop). Le più significative operazioni del 2023 sono state guidate dal perseguimento di una strategia di crescita internazionale (nuovi mercati, nuovi brand), come l’acquisizione di Beam Holding (produttore di cognac, Francia) e di Del Professore (distilleria, UK) da parte di Campari o della divisione ingredienti di Kerry Group da parte di Irca, al fine di entrare nel mercato americano. Interessante anche l’acquisizione di Fresystem da parte di Ferrero, per mettere in sicurezza il comparto frozen bakery, anticipando il risiko di operazioni del 2024 nel comparto iniziate con Forno d’Asolo / Sammontana / Investindustrial e previste continuare con Gelit (dismissione di Progressio) e altre aziende in portafoglio di fondi di Private Equity. Nel 2024 si continua a vedere spazio per operazioni di rifocalizzazione del portafoglio dei grandi operatori industriali, sia in termini di acquisizioni, che di dismissioni selettive, oltre a investimenti in tecnologie di accesso diretto al consumatore (digital channels, etc…). Potenzialmente c’è spazio per M&A sulle aziende che lavorano per Private Label. Altro segmento interessante è quello relativo ai prodotti a base di ingredienti innovativi / plant based rispetto ai tradizionali prodotti derivati animali. Le tematiche ESG saranno centrali per la valutazione delle opportunità di investimento in questo ambito.

Fashion
In ambito moda, si registra una crescente polarizzazione tra i gruppi e brand del lusso, con alte marginalità e fatturati crescenti e tutti gli altri operatori. I brand del lusso hanno consuntivato una performance di crescita a doppia cifra nel 2023, con poche eccezioni nell’ambito delle aziende quotate. Nel 2024 ci si attende una “normalizzazione” dei tassi di crescita ad un ritmo del 5-7%, in linea con l’andamento di medio-lungo periodo degli ultimi 15 anni, con tassi più sostenuti per i top player, una crescita più moderata del previsto del mercato cinese nei primi mesi dell’anno e il mercato americano che continua a soffrire il rallentamento dei consumi e la crisi dei department stores (es Sacks Fifth avenue). Il settore sportswear è cresciuto a livello globale del 6% (fonte Euromonitor) trainato da America Latina (+22%), ma sostenuto da un buon 8% in Europa. L’outlook di settore vede una crescita più sostenuta dei player specializzati, rispetto ai colossi internazionali (Puma, Adidas, Fila). PwC stima un maggior numero di operazioni sia di consolidamento di brand ad opera dei grandi player di settore (LVMH, Kering, Richemont), che nell’ambito delle piattaforme di filiera (Florence, Minerva, Hind). Il 2023 è stato l’anno dell’acquisizione di Valentino (Kering, minoranza), Gianvito Rossi (Richemont, maggioranza) e di importanti operazioni da parte di fondi di private equity sulla filiera (Minerva/San Quirico, Florence/Permira). Il 2024 si è aperto il delisting di Tod’s ad opera di L-Catterton, l’acquisizione di Autry da parte di Style Capital e ci sono molte attese sulla quotazione di Golden Goose, ed altre operazioni nel settore calzatura / accessori, oltre ad alcuni processi in corso come la cessione di Twinset, Missoni e Arena, mentre è appena stato annunciato il salvataggio di Trussardi da parte di Miroglio. Alcuni risonanti brand ancora a proprietà famigliare e con tematiche di successione / ricambio generazionale stanno facendo riflessioni su opportunità di apertura del capitale. Inoltre si attende entro metà aprile la decisione dell’Antitrust in merito all’operazione Tapestry/Capri Holding, che potrebbe portare ad una razionalizzazione del portafoglio dei brand, inclusa anche l’italiana Versace. Nel retail fashion, gli operatori valuteranno investimenti o alleanze per sviluppare o incrementare la propria presenza online, considerando anche la dismissione di punti vendita non profittevoli. In questo ambito è stato storicamente molto attivo Oviesse sia in Italia che all’estero, Cisalfa ha fatto un’acquisizione in Germania e ci sono state dal 2023 ad oggi vari processi ancora aperti su altre catene di abbigliamento. Il comparto e-tailers, invece, vede un contesto di forte crisi con i principali players del settore oggetto di operazioni straordinarie e riorganizzazioni (es. Farfetch acquisito dal coreano Coupang a Dicembre 2023, che ha annunciato la dismissione dei brand gestiti da NGG) o andati in procedure concorsuali (es. Matches, dopo pochi mesi dall’acquisizione di Fraser).

Health & Beauty
Il mercato mondiale della cosmetica è previsto in crescita del 9% nel 2024 (fonte Euromonitor) e con tassi di crescita costanti fino al 2028, rispetto ad un 3% del 2018, trainato da Stati Uniti, Cina e Brasile. L’industria cosmetica italiana è cresciuta del 13% nel 2023 ed è prevista al 10% nel 2024 (come fatturato delle aziende del comparto), fortemente trainata dall’export (+20% nel 2023 e +12% nel 2024), ma anche sostenuta da una forte domanda interna (+8/9% in entrambi i periodi). Il settore Beauty è stato particolarmente attivo in Italia nei primi mesi del 2024 con i processi di M&A su Beautynova (cessione a PAI), Dr. Vranjes (ceduta a L’Occitane), Veralab (cessione minoranza a Peninsula) e quello annunciato e tutt’ora in corso su Kiko. Il comparto nutraceutico è atteso in fermento sulla scia della dismissione del business nutraceutico da parte di Sanofi, annunciato a ottobre 23, e Bayer (novembre 23). I fondi di private equity hanno investito storicamente nel settore (Ardian/Biofarma, Investindustrial / Procemsa, TA / Nactarome) e sono pronti a raddoppiare il carico in considerazione del fatto che il settore coniuga alcuni dei macro trend più importanti (invecchiamento, prevenzione, salute e sicurezza) con una minore esigenza di R&D e minor pressione regolatoria, rispetto ai business farmaceutici. Vediamo anche ulteriore spazio per consolidamento e aggregazione nel settore farmacie e farmacie online (nel 2023 sono state molto attive Farmacosmo, Neo-Apotek, quest’ultima a sua volta acquisita da Dr.Max)

Grocery e Non-Food Value Retail
Il consolidamento del mercato guiderà i macro-trend del retail del prossimo futuro, destinato ad avere un numero sempre minore di operatori. Il decremento dei volumi di vendita, nonostante i fatturati in crescita, dimostra le difficoltà del settore e dei consumatori post aumenti inflattivi. I principali operatori della Gdo e ovviamente i discount, sono stati in parte supportati dalla crescita dei prodotti di marca (oltre il 30% del fatturato), mentre i piccoli operatori sono sempre più in sofferenza. A livello europeo nel 2023 ci sono state importanti operazioni di aggregazione che hanno visto come protagonisti Aldi e Carrefour, mentre in Italia proseguono le crescite costanti dei principali operatori sia attraverso nuove aperture (in particolare i discount) che soprattutto tramite M&A (nel 2023 si segnala l’acquisto dei punti vendita di Distribuzione Roma da parte di Magazzini Gabrielli). Nel comparto Non- Food Value continua la crescita di Acqua & Sapone, controllata da HIG, che ha anche acquisito la catena di profumerie Pinalli. Si stimano varie operazioni M&A anche nel 2024, che porteranno ad una sempre maggiore concentrazione, spinta dalla ricerca di sinergie ed efficienze operative di scala. L’utilizzo dei canali digitali da parte degli utenti, soprattutto relativamente al canale app, è in continua crescita, di conseguenza un’altra leva per operazioni strategiche sarà l’investimento in tecnologie e forme di comunicazione che consentano di migliorare l’accesso ed il dialogo con il consumatore (loyalty, pricing/promo, AI, marketplaces, etc), oltre che nel comparto dei servizi. Sarà sempre più importante migliorare il customer engagement anche attraverso promo targettizzate su specifici prodotti / comportamenti per guidare upselling e cross-selling, con l’obiettivo di generare vendite incrementali e ridurre il churn.

Pet & Vet
Il mercato dei prodotti per l’alimentazione degli animali da compagnia in Italia valeva all’incirca €2.5 miliardi di euro nel 2022 (Rapporto Assalco-Zoomark). Rispetto alle previsioni pessimistiche per il post-pandemia, dal 2007 ad oggi il mercato del pet food continua a crescere mediamente del 5,7% (tra GDO, canali grocery, negozi specializzati tradizionali e catene petshop), toccando quota +8,4% se si considera anche l’online. I numeri della Pet Economy sono addirittura raddoppiati se si considera il comparto VET (stimato in c. €2.3 miliardi nel ’22). Il numero di proprietari di animali e la spesa relativa a beni e servizi correlate è attesa in ulteriore crescita, soprattutto nei mercati emergenti, trainata in generale dalla crescita dei consumi e dalla premiumization. I fondi di PE hanno recentemente investito sia in ambito catene retail (Cinven / Arcaplanet, Peninsula / Isola dei Tesori), pasti a domicilio (L Catterton e GA in Butternut Box in UK) e catene veterinarie (Animalia, Bluvet), credendo molto nello sviluppo del settore. Vediamo questo trend continuare anche nel 2024.

Hospitality and leisure
Il 2023 è stato l’anno della definitiva ripresa per il settore turistico, con il ritorno dei viaggiatori internazionali e quote di venduto per le imprese ricettive italiane superiori al 2019 (fonte ENIT- Unioncamere a ISNART). Le imprese ricettive italiane hanno chiuso l’anno con una quota di occupazione camere media del 51% (+3.8 p.p. rispetto al 2019, anno di picco del turismo italiano). Il settore dei viaggi è atteso in ulteriore crescita oltre i livelli pre-Covid, grazie anche alla sempre maggior attenzione del consumatore, sia delle generazioni più giovani (Millennials e Gen Z) che più maturi (silver generation), alle “esperienze” (e.g. «viaggi sostenibili», «Bucket-list travel» e «esperienze autentiche ed immersive»). Il settore del turismo, significativamente frammentato in Italia, presenta numerose opportunità di consolidamento per aumentare le quote di mercato o focalizzarsi su segmenti di business specifici o accedere a nuove tecnologie. Il settore ristorazione ha consolidato una crescita dell’8.4% nel 2023 (dati Confimprese), con +10% nel comparto delle catene, che rappresentano ancora una quota inferiore al 10% del mercato della ristorazione italiana. Questo inizia a stimolare l’interesse dei fondi che hanno in passato investito nel settore, soprattutto in ambito turismo e ristorazione, a monetizzare una volta recuperati i valori pre-covid. Alcune catene che non hanno saputo adattare il proprio modello operativo ad una forma di consumazione più veloce (asporto / delivery) rimangono tuttavia in difficoltà rispetto alle formule più innovative di ristorazione veloce con ticket medio più contenuto e minor esigenza di capex per la realizzazione di nuovi punti vendita. Il 2024 si è aperto con la cessione di Piadineria da Permira a CVC, che darà il via ad una stagione di operazioni sul settore sia per quanto riguarda add-on che cessioni di catene in mano a fondi di private equity che sono state rimandate negli scorsi anni. Lo sport e in generale il comparto media associato rimangono segmenti di mercato di attenzione e su cui i fondi di private equity sono sempre più attivi.

Packaging e aspetti ESG
La pressione su aspetti regolatori e ESG ha confermato l’urgenza di investimenti in materiali e processi sostenibili, con conseguente minor attrattività di aziende senza una strategia chiara sotto questo profilo. I settori Food e Cosmetics sono in più attenti su questo fronte in materia di innovazione prodotto, mentre il Fashion ha una maggiore sensibilità su aspetti collegati al riciclo e alla supply chain. Ci si aspetta un 2024 di dismissioni selettive e di investimenti in piccoli player che hanno sviluppato processi sostenibili o materiali innovativi.

Boom per i superfood: in testa caramello, avocado e spirulina

I superfood macinano sempre più vendite, non solo a valore ma anche a volume. A rivelarlo è l’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che monitora i fenomeni di consumo nella Gdo incrociando le informazioni sulle etichette dei prodotti digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi e i dati di NielsenIQ di venduto e consumo in supermercati e ipermercati.

Ad accrescere il giro d’affari annuo sono stati ben 27 dei 36 ingredienti indicati sulle confezioni di oltre 84 mila prodotti alimentari analizzate dall’Osservatorio Immagino. Il best performer a valore è stato il caramello (+41,4%), seguito dall’avocado (+37,1%) e dalla spirulina (+26,5%). A vedere anche volumi di vendita positivi sono stati: avocado (+22,2%), spirulina (+16,2%), caramello (+10,0%), seguiti da anacardi, avena, semi di lino, acqua di cocco, mango, olio di riso, farina di riso e matcha.

Complessivamente gli ingredienti benefici sono evidenziati sulle etichette di 13.667 prodotti alimentari confezionati che hanno realizzato un giro d’affari superiore a 4,3 miliardi di euro. Rispetto all’anno precedente, questa cifra ha registrato un trend crescente di +11,2%, dovuto soprattutto all’aumento dei prezzi. A crescere, però, è stata anche la domanda (+10,6%), a conferma dell’interesse degli italiani per i prodotti che contengono questi ingredienti benefici.

Cala l’export del vino italiano: in difficoltà soprattutto Dop, Igp e rossi

L’export di vino italiano ha chiuso il 2023 con una flessione tendenziale dell’1% nei volumi (21,4 milioni di ettolitri) e dello 0,8% nei valori, a poco meno di 7,8 miliardi di euro. Come evidenziato dalle elaborazioni dell’Osservatorio Uiv-Ismea su base Istat, si tratta del terzo bilancio annuale in negativo registrato nel nuovo millennio, dopo la crisi economico-finanziaria del 2009 e l’effetto Covid del 2020. Però, al contrario dei due precedenti, il dato di quest’anno rimarca difficoltà determinate non solo da variabili congiunturali ma anche da fattori di ordine strutturale che sembrano accomunare tutti i principali Paesi produttori. L’Italia conferma comunque la sua leadership nei volumi esportati con la Spagna che scende a poco più di 20 milioni di ettolitri (-4,1%).

Rispetto alla leggera contrazione complessiva, si intensificano le difficoltà di quelle tipologie e aree produttive bandiera del made in Italy enologico. È il caso dei vini fermi a denominazione in bottiglia, con i volumi a -6,2% per le Dop e a -4,3% per le Igp; contrazioni più marcate rispetto alla performance complessiva italiana, ma meno evidenti se rapportate a quelle della Francia, che chiude rispettivamente a -11% e -8%. In particolare, in linea con le tendenze mondiali, soffrono soprattutto i rossi del Belpaese, che scendono dell’8% per le Dop e del 6% nel caso delle Igp, un’impasse evidenziata anche dal calo delle esportazioni di vini comuni in bottiglia (-9%). Evidenze che si riflettono anche a livello regionale: -12,5% (volume) per i rossi Dop veneti, -10,5% per i toscani, -5,5% per i piemontesi. Sul versante bianchi – che vedono i Dop a -4,7% e gli Igp a -1,3% – gli Stati Uniti chiudono a -5%, controbilanciati dal +3% del Regno Unito (dove però fanno malissimo i veneti Dop, a -10%) e dal +2% dei Paesi Bassi. Stazionaria la Germania.

Per contro, il 2023 si è distinto per un forte incremento di vini sfusi (+12%), destinati soprattutto alla Germania, la cui incidenza sulla tipologia pesa per quasi 2/3 delle esportazioni. Il quadro si fa più sfumato per gli spumanti, che dopo anni di crescita inarrestabile (+223% dal 2010 a oggi) cedono in volume il 2,3% (-1,7% per il Prosecco), con una crescita nei valori del 3,3% (Prosecco a +5,4%) in un contesto inflazionistico che ha favorito l’ascesa dei prezzi. Per lo spumante italiano il 2023 ha visto la caduta in volume nei primi due mercati mondiali (Usa a -12%, Uk a -4,4%), ma anche una buona crescita nell’Est Europa e un andamento ancora più sostenuto in Francia, con un più 25%. Un exploit al quale, secondo l’Osservatorio Uiv-Ismea, ha contribuito l’effetto sostituzione dello Champagne con il Prosecco (+21%) anche dettato dal minor potere di acquisto dei consumatori transalpini.

La geografia dell’export vede una divaricazione netta tra i risultati ottenuti nell’Ue (+5,6% volume e +4,1% valore) ed extra-Ue (-7,5% volume e -4% valore). In difficoltà i top 5 buyer fatta eccezione per la Germania che, forte del boom dello sfuso, chiude a +8,4% (volume). Negativo il bilancio delle esportazioni in Usa, con un tendenziale -9,1%, oltre che in Uk (-1,8%), Svizzera (-3,6%) e Canada (-11,3%). Bene l’export in Francia (+6,7%), a fronte di una forte contrazione nei mercati giapponese (-13,4%) e cinese (-22,3%).

Overstock e inflazione fanno calare l’export di vino italiano negli States (-11,4%)

Sebbene in leggero calo rispetto agli anni precedenti, nel 2023 gli Stati Uniti hanno confermato il primato nella classifica mondiale dei consumi assoluti di vino, con un dato complessivo superiore ai 30 milioni di ettolitri. Il Paese rappresenta anche il principale importatore mondiale, con un valore di acquisti di vino dall’estero superiore ai 6 miliardi di euro, per quanto nel 2023 evidenzi una riduzione di oltre l’11% rispetto all’anno precedente. I dati emergono dal Report che Nomisma Wine Monitor dedica al Nord America analizzando le performance del vino italiano negli Stati Uniti e in Canada.

La Francia si conferma il primo partner commerciale degli Stati Uniti, con oltre il 37% della quota di mercato, cui segue l’Italia, il cui valore di esportazioni nel 2023 è sceso al di sotto dei 2 miliardi di euro (-11,4% a valore rispetto al 2022). Il nostro Paese mantiene comunque una quota di mercato superiore al 30%. Nel complesso tutti i primi 5 Paesi partner commerciali degli USA cedono sul versante del valore delle esportazioni; nonostante ciò, Francia e Italia consolidano le prime due posizioni in termini di quote di mercato.

“Nel 2023, sia negli USA che in Canada, si assiste a una tendenza opposta all’anno precedente, con un calo delle importazioni di vino derivante da molteplici fattori: da un eccesso di acquisti sopra la media nel 2022 da parte di importatori che ha generato un overstock, alla stretta monetaria della FED che ha ridotto la capacità di spesa dei consumatori, fino ad una maggiore attenzione a tutto ciò che può essere considerato healthy” segnala Denis Pantini, Responsabile di Nomisma Wine Monitor.

Considerando il vino imbottigliato – ad esclusione dello spumante – nel 2023 le importazioni negli USA diminuiscono sia a valore sia a volume, dopo un 2022 particolarmente brillante soprattutto sul fronte del valore. Francia e Italia si spartiscono quasi equamente i 2/3 della quota di mercato, seguite da Nuova Zelanda, Spagna e Australia. In Canada l’import del vino imbottigliato segue la tendenza generale del totale del vino, con un calo leggermente più deciso a valore (-15,2%). In questo segmento, la Francia raggiunge la prima posizione nella classifica dei partner commerciali, scalzando gli Stati Uniti: i due Paesi si spartiscono quasi il 50% della quota di mercato complessiva, con l’Italia staccata di poco.

Sul fronte della categoria Sparkling si registrano marcate contrazioni sia a volume che a valore. In questo contesto, l’Italia è il Paese che performa meno peggio tra i top 5 partner degli Stati Uniti, consolidando il secondo posto in termini di quote di mercato (con il 36,4% del totale), alle spalle della Francia, che ha invece visto diminuire il valore delle esportazioni negli USA di un quinto rispetto al 2022. In Canada, invece, il segmento sparkling non riesce a confermare gli incrementi di mercato registrati nel 2022, con riduzioni nelle importazioni a valore e a volume.

Nel 2023 regge il valore (+2,4%) delle importazioni di grandi formati, nicchia del mercato statunitense, e lo stesso accade in quello canadese, che fa segnare un +8,2% dell’import a volume di vino in contenitori tra 2 e 10 litri. In merito all’import di vino sfuso, negli USA si registrano forti cali sia a valore sia a volume. In questo scenario non positivo migliora leggermente l’Italia, che raggiunge una quota di mercato pari al 6%. Anche in Canada le importazioni di questa tipologia di vino diminuiscono a valore, pur rimanendo stabili nei volumi. Qui perde terreno l’Italia, andandosi ad affiancare alla Francia al quarto posto tra i partner commerciali, a seguito di riduzioni superiori al 30% sia a valore che a volume.

In ultimo, la generale negatività registrata nel 2023 influenza anche le esportazioni di vini DOP italiani negli USA, che calano del 4,8% a valore e di oltre il 10% a volume (cumulato gennaio-novembre 2023 vs 2022). Nonostante una leggera flessione, il prosecco rimane il primo vino italiano esportato. Trend positivi di crescita sono riscontrabili anche nei vini bianchi del Trentino Alto-Adige e del Friuli Venezia Giulia, così come nei bianchi siciliani. Le performance peggiori sono invece quelle registrate dai vini frizzanti (e, tra questi, dal lambrusco). Sul fronte canadese, le esportazioni dei vini Dop registrano una contrazione sia a valore che a volume, generata in particolare dal crollo dei rossi veneti che perdono quasi il 30% nel valore dell’export. I rossi Dop della Toscana, invece, rimangono al primo posto della classifica tra i vini a denominazione più venduti nel Paese, seguiti dal prosecco.

Surgelati re del retail: nel 2023 consumate 645 mila tonnellate

Nel 2023 il comparto dei prodotti surgelati ha confermato la propria solidità registrando una tenuta dei consumi tra le mura domestiche che hanno raggiunto quota 645 mila tonnellate. Un dato incoraggiante questo, soprattutto se rapportato al pre pandemico 2019, quando il consumo di frozen food si era attestato a 589 mila tonnellate. Negli anni successivi il consumo di prodotti surgelati è cresciuto a un ritmo senza precedenti, per poi stabilizzarsi su livelli elevati: una larga fetta di italiani infatti li ha introdotti abitualmente nella propria alimentazione o ne ha aumentato il consumo, grazie alle loro proprietà intrinseche e irrinunciabili.

In termini percentuali i dati (anticipati da IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati, in occasione del “Frozen Food Day” che si celebrerà il prossimo 6 marzo) mostrano infatti una crescita a volume del comparto frozen del +9,4% rispetto ai consumi domestici 2019. Un valore che evidenzia una spinta positiva del comparto, a fronte di una serie di forti criticità che, nell’ultimo triennio, hanno colpito non solo il settore alimentare, ma l’intera economia italiana e mondiale: dal Covid alla crisi energetica, dal boom dei prezzi delle materie prime all’inasprirsi delle relazioni internazionali. Un dato complessivamente positivo che, se valutato rispetto al 2022, mostra solo una leggera flessione a volume nel retail pari al -1,2% – largamente prevista dopo anni di crescita record e continuativa e a seguito della ripresa dei consumi fuori casa post pandemia – confermando una tenuta del mercato non scontata, che dimostra ancora una volta quanto i prodotti surgelati siano divenuti ottimi ‘alleati’ dei consumatori italiani in ogni occasione e che si prevede possa essere facilmente compensata anche da una plausibile crescita nei consumi di frozen food al di fuori della mura domestiche.

“Il 2023 è stato un anno con non poche difficoltà: dai problemi di approvvigionamento delle materie prime, registrati nei primi mesi dell’anno e provocati da eventi climatici estremi (come la siccità), alle notevoli criticità incontrate dalla logistica e dai trasporti a livello globale, fino al perdurare dell’inflazione, soprattutto nel comparto alimentare”, commenta Giorgio Donegani, Presidente IIAS. “Nonostante questo contesto, il comparto dei frozen food ha mostrato una solida tenuta: a fronte di una leggera frenata del canale retail – peraltro ampiamente attesa dopo anni di aumenti senza precedenti – l’indice di penetrazione dei surgelati negli acquisti delle famiglie italiane si è mantenuta su livelli ragguardevoli, con una crescita di quasi dieci punti percentuali (+9,4%) rispetto agli anni pre-pandemici, confermando come i frozen food siano ormai stabilmente diventati parte integrante del carello della spesa degli Italiani”, conclude Donegani.

I surgelati più apprezzati
I vegetali si confermano al primo posto, frutto di scelte alimentari sempre più consapevoli ed equilibrate. Con 215.695 tonnellate consumate nel 2023 (rispetto alle 213.345 del 2019), i vegetali sono cresciuti del +1,1%, dimostrandosi un valido alleato di chi guarda al benessere e a elevati contenuti nutrizionali, ma anche di chi è propenso a scegliere sempre più proteine a base vegetale. Seguono, con 110.532 tonnellate, le patate, che registrano la crescita più significativa in termini numerici: con un +35,8% sul 2019 (quando i consumi avevano raggiunto le 81.393 tonnellate). Un prodotto amato tanto per il gusto quanto per la praticità di preparazione. Al terzo posto figura il pesce surgelato (naturale e panato), che ha raggiunto quota 92.372 tonnellate, con un incremento del +2,25% rispetto alle 90.335 tonnellate del 2019. I prodotti ittici frozen si sono fatti apprezzare dai consumatori in quanto sicuri, salutari, nutrienti, sempre disponibili, facili da preparare e trasparenti grazie alla completezza delle informazioni presenti sulle confezioni.

Da evidenziare, nel 2023, anche il boom ottenuto dai piatti pronti surgelati, con un trend di crescita nei consumi domestici del +34,3% fra il 2019 e il 2023. L’alta qualità degli ingredienti, le ricettazioni tradizionali ma anche innovative, la velocità nelle modalità di preparazione e l’attenzione all’equilibrio nutrizionale sono alcuni dei fattori che hanno fatto di questa categoria la migliore risposta ai nuovi stili di vita delle famiglie italiane, che lasciano sempre meno spazio alle preparazioni domestiche.

Discorso a parte merita il comparto delle pizze surgelate, dove a fronte di incrementi a due cifre nel 2020 / 2021, si è assistito ad un assestamento nel 2022 / 2023 essenzialmente dovuto alla ripresa dei consumi fuori casa. Da segnalare come negli ultimi anni questa categoria abbia proseguito con successo il suo cammino sulla strada dell’innovazione: l’offerta è divenuta sempre più varia, con l’introduzione di nuovi formati e ingredienti, l’uso di farine integrali o di kamut e le versioni senza glutine, per andare incontro anche alle esigenze dei consumatori con specifiche intolleranze.

“I dati 2023 relativi ai consumi domestici di surgelati testimoniamo come questi prodotti abbiano fatto un balzo in avanti tanto nella percezione quanto nelle scelte di acquisto dei consumatori italiani, che continuano a premiarli per le loro prerogative intrinseche: alta qualità organolettica, naturalità, disponibilità in tutti i mesi dell’anno, elevati contenuti nutrizionali, ampiezza e varietà dell’offerta, trasparenza delle informazioni in etichetta. Oggi e per il futuro, l’intero comparto è fortemente impegnato a garantire, alla crescente platea di consumatori sempre più propensi a portare abitualmente sulle proprie tavole prodotti surgelati, alimenti di alta qualità e con prezzi accessibili” conclude il Presidente IIAS.

Etichette irrinunciabili, a leggerle è il 94% dei consumatori

Il 75% degli italiani ha rinunciato almeno una volta a comprare un prodotto dopo aver letto le informazioni presenti sulle confezioni. Al 62% invece è capitato di non riacquistarlo più dopo averne consultato l’etichetta a casa. A rivelarlo è l’indagine condotta da Ipsos e raccontata nell’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, da cui emergono le sfaccettature del rapporto tra consumatori ed etichette dei prodotti di largo consumo.

Dall’analisi emerge pure un dato determinante: circa il 94% degli italiani legge le etichette dei prodotti. In particolare, in fase di acquisto, il 42% dei consumatori consulta le etichette di tutti o quasi tutti i prodotti, mentre un altro 53% lo fa solo per alcune categorie. E quel 6% di italiani che non legge le etichette? Lo fa soprattutto perché ritiene di non averne bisogno: il 38% compra regolarmente il brand o il prodotto e quindi ritiene di conoscerlo bene, mentre il 16% pensa di saperne abbastanza. La variabile fretta è meno importante: solo uno su cinque dichiara di non avere tempo di leggere le etichette.

Un altro aspetto interessante della relazione tra italiani ed etichette è la reiterazione dell’interazione in momenti diversi. Si comincia nel punto vendita, dove dichiarano di fermarsi a leggere le etichette da quattro a sette consumatori su dieci (a seconda della categoria di prodotto). Si continua a casa, con il 15% che vi cerca ulteriori informazioni e circa il 10% torna a leggere l’etichetta dopo il consumo. E infine si prosegue anche sul web, dove vanno a documentarsi dal 10 al 18% dei consumatori a seconda della categoria di prodotto.

Fonte: Osservatorio Immagino GS1 Italy

Le informazioni più ricercate e consultate dai consumatori
L’Osservatorio Immagino rileva che, sommando tutti i momenti di interazione, gli italiani leggono le etichette soprattutto per controllare la scadenza degli alimenti (63%), per conoscere l’elenco degli ingredienti e il valore nutrizionale dei cibi (57%), per verificare provenienza e origine (52%), per controllare la salubrità dei prodotti (33%), ma anche per capire come smaltire il packaging (19%). Questa “fame” di informazioni però non sempre viene soddisfatta: il 70% circa degli intervistati afferma di essersi trovato almeno una volta in difficoltà nel trovare le indicazioni cercate e il 67% ammette di avere problemi nella comprensione delle informazioni, in particolare di quelle relative al mondo della sostenibilità.

Incertezza e crisi: italiani in cerca di promozioni e prodotti healthy

Il 30% degli italiani dichiara di vivere in una condizione economica peggiore del 2023 mentre il 62% afferma come la difficoltà sia la medesima dell’anno appena concluso. A livello europeo, il 41% oggi sperimenta il calo del potere d’acquisto mentre le capacità economiche restano immutate per il 46% degli europei. Sono solo alcuni dei dati rivelati dall’analisi di NIQ intitolata “Consumer Outlook 2024” dedicata alle prospettive dei consumatori, alla percezione e alle intenzioni di spesa degli italiani per il 2024.

Sebbene a fine 2023 l’inflazione sia ormai allineata con la media europea, per l’Italia si osserva una stagnazione dei salari dei lavoratori che si traduce in una diminuzione dei salari reali del -7,3%, confermando la perdita del potere d’acquisto delle famiglie italiane. Ad oggi il fenomeno dell’erosione della retribuzione, se paragonato ad altri stati europei, è una criticità tutta italiana poiché i valori registrati in Germania (-3,3%), Gran Bretagna (-2,9%), Francia (-1,8%) e Spagna (-1,2%) rivelano un controbilanciamento dell’inflazione con un innalzamento dei compensi. L’80% degli italiani in difficoltà attribuisce al generale aumento del costo della vita la causa della loro difficile situazione finanziaria, dato in linea con la media europea (83%). Inoltre, il 39% delle famiglie in Italia ritiene che il rallentamento economico sia la ragione principale del complesso assetto attuale del Paese. Volgendo lo sguardo al futuro, per la fine del 2024 secondo NIQ, i consumatori italiani restano pessimisti, il 60% ritiene che la propria condizione finanziaria non subirà cambiamenti (vs 46% dell’Europa), anzi il 25% degli italiani e il 33% degli europei temono un inasprimento della situazione.

Principali preoccupazioni nei prossimi sei mesi
I dati di NIQ evidenziano tra le primarie inquietudini degli italiani tre principali fattori. In primis, l’aumento del costo dei prodotti alimentari, che riguarda il 33% delle persone (vs il 37% della media europea). A seguire, con il 32%, la salita del prezzo delle utenze domestiche come gas ed elettricità, rispetto a un valore europeo del 25%. Infine la preoccupazione causata dai conflitti in corso e il possibile incremento del clima di incertezza che coinvolge il 21% degli italiani e il 18% degli europei.

Strategie di risparmio, nuovi valori e intenzioni
Per gestire al meglio le spese, il 96% delle famiglie italiane e il 93% degli europei hanno progressivamente e radicalmente modificato le modalità di acquisto nel settore dei beni di largo consumo. Dallo studio di NIQ, il 50% degli italiani segue puntualmente la lista dei prodotti necessari e il 63% presta maggiore attenzione agli sprechi (vs 58% degli europei). Il 50% dei consumatori del Bel Paese – il 40% in Europa – sceglie di acquistare prodotti in promozioni e fare scorte oppure comprare all’ingrosso quando la marca prediletta è soggetta a sconto (32% vs 29% Europa). Vi è inoltre, una maggiore attenzione alla disponibilità del proprio portafoglio con il 31% dei consumatori – anche europei – che verifica l’ammontare del costo di ogni spesa. In termini di dove le famiglie acquistano i prodotti, il 61% intende diversificare i canali in virtù di un miglior equilibrio tra varietà di scelta, pezzo e offerte. Infine, per tutto il 2024 e in un’ottica di risparmio, il 68% delle famiglie italiane limita le occasioni di svago e tempo libero, trascorrendo più tempo tra le mura domestiche (45% vs 46% degli europei).

Lo spostamento demografico in Italia disegna la nuova mappa dei consumi
Secondo l’analisi di NIQ, in Italia emergono due macro tendenze riguardo il legame tra consumi e reddito, evidenziando la stretta correlazione tra la fascia di popolazione più propensa al risparmio e coloro che mantengono un potere d’acquisto elevato. Inoltre l’andamento della curva demografica indica che, nei prossimi anni, le persone tra i 45 e i 54 anni – ovvero la futura generazione più matura – influenzeranno significativamente i consumi con un progressivo declino, fino al -11,9%, del target delle famiglie con figli. Questo scenario implicherà la necessità di una nuova analisi della domanda di consumo, con una divisione, strettamente legata alla variabile di reddito con tre grandi gruppi familiari: con figli, senza figli e maturi. Inoltre NIQ rivela che emergono disparità significative tra le famiglie giovani con figli e quelle più mature e benestanti: mentre le prime affrontano una fase di declino e contrazione dei consumi, le seconde risultano relativamente meno colpite, evidenziando un legame diretto tra l’età anagrafica e la distribuzione del reddito. Nel settore del largo consumo confezionato, il calo dei volumi tra le famiglie a basso reddito viene parzialmente bilanciato dalle abitudini di spesa più consistenti del segmento più maturo: infatti si osserva che le famiglie in difficoltà economica subiscono un impatto più marcato dall’aumento dei prezzi e dall’inflazione, mentre le famiglie più mature registrano una maggiore resilienza, un elemento che sottolinea l’importanza crescente della silver economy.

Nuove priorità: salute, benessere e sostenibilità
Il 40% degli italiani dichiara che il proprio benessere è la priorità principale, il 65% sceglie un prodotto se migliore per la salute ed il 53% se rispetta criteri di sostenibilità. Infine, in termini di risparmio, il 26% delle famiglie si concentra da un lato nell’individuare modalità di investimento o pensionistiche e dall’altro il 67% sono più propense ad acquistare prodotti innovativi in corrispondenza di un abbassamento dei costi. Queste tendenze sono confermate anche dai dati reali di vendita rilevati da NIQ e da GfK rispettivamente per il settore del largo consumo, della tecnologia di consumo e dei beni durevoli. Nel carrello della spesa degli italiani entrano infatti sempre più prodotti legati al benessere e alla salute, come ad esempio prodotti senza zuccheri aggiunti o basso contenuto di zuccheri (cresciuti rispettivamente del +27% e del +23% a valore nel 2023 rispetto all’anno precedente), i prodotti proteici (+19,6% rispetto al 2022), gli integratori (+8,3%) i prodotti sostitutivi delle proteine animali (+7,7%).

Per quanto riguarda gli acquisti tecnologici, questa tendenza si riflette nel successo di prodotti quali i dispositivi wearable con sensori che consentono di monitorare la pressione sanguigna o la qualità del sonno. Tra i prodotti che sono cresciuti di più negli ultimi anni ci sono anche le friggitrici ad aria (che permettono modalità di cottura più sane) i Liquidizer, che consentono di mantenere inalterate le proprietà degli alimenti frullati. Un altro comparto in forte crescita è quello dei purificatori d’aria, che si prevede continueranno a essere molto richiesti nel corso del 2024, specialmente nelle aree più soggette all’inquinamento atmosferico. Un altro trend emergente è dedicato alla sostenibilità: per quanto riguarda il largo consumo, i dati NIQ mostrano un incremento a doppia cifra delle vendite dei prodotti con packaging riciclato o riciclabile ma anche dei prodotti caratterizzati da certificazioni di sostenibilità sociale o relative al benessere animale. Nel settore della tecnologia di consumo, i consumatori apprezzano sempre di più i dispositivi che garantiscono un alto livello di efficienza energetica, che si riflette ad esempio nelle performance positive in termini di vendite dei grandi elettrodomestici in classe A.

AI generativa e AR/VR potrebbero risollevare il mercato della telefonia

Dopo le vendite record registrate durante la pandemia, il mercato delle telecomunicazioni al momento si trova in una fase di stallo. Senza innovazioni dirompenti, difficilmente si assisterà a una ripresa della domanda da parte dei consumatori. Gli esperti di GfK hanno individuato due tendenze che però potrebbero risvegliare i mercati degli smartphone e del gaming dal loro torpore: l’intelligenza artificiale generativa e la realtà aumentata/virtuale (AR/VR).

L’AI generativa farà crescere la domanda di smartphone
Le prestazioni degli smartphone continuano a migliorare, ma i consumatori hanno bisogno di applicazioni pratiche per sfruttare questa potenza. Se attualmente gli smartphone sono utilizzati principalmente per le app di messaggistica come WhatsApp e WeChat (72% degli utenti di smartphone a livello globale) o per la fotografia (64%), il prossimo grande passo avanti arriverà con l’implementazione diffusa dell’IA generativa.

L’avvento dell’intelligenza artificiale generativa nella vita quotidiana darà una forte spinta alla domanda di smartphone. I dati di GfK, derivanti dal monitoraggio continuo delle vendite e del comportamento dei consumatori, indicano già una propensione a pagare di più per ottenere funzionalità avanzate. Tuttavia, se il salto di innovazione non è percepito come veramente significativo, i consumatori preferiscono aspettare prima di acquistare un nuovo dispositivo. L’allungamento dei cicli di sostituzione degli smartphone è un fenomeno già evidente. I dati gfknewron Consumer lo confermano: nel 2023, per la prima volta, la quota maggiore (35%) di nuovi acquirenti di smartphone possedeva un dispositivo di due o tre anni. Nel 2022, la maggioranza degli acquirenti possedeva invece uno smartphone di uno o due anni.

AR/VR e il metaverso per il mercato di massa
Il clamore pubblico intorno al metaverso si è un po’ attenuato. Tuttavia, il settore continua a evolvere, con una diversificazione tra consumatori interessati e non. Mentre le vendite totali di dispositivi legati al metaverso sono diminuite del -2% a unità nel 2023, i ricavi generati sono aumentati del +15%. La tendenza alla premiumization si riflette nel fatto che i consumatori interessati a queste innovazioni hanno investito in prodotti più avanzati di realtà aumentata (AR), mista (MR) o virtuale (VR). Di conseguenza, la quota di fatturato dei visori AR e MR è cresciuta del 30%, raggiungendo 225 milioni di dollari nel 2023, rispetto al 4% del 2022. Ci sono però notevoli differenze nel modo in cui questo trend si manifesta nelle diverse aree del Mondo. Mentre la maggior parte dei visori MR è stata acquistata in Europa occidentale (83% del fatturato globale), la maggioranza dei visori AR è stata acquistata in Cina (98%). Allo stesso tempo, in Cina è crollata la domanda di dispositivi VR tradizionali: -55% rispetto al 2022. Nel resto del mondo, invece, la VR sta ancora registrando una leggera crescita dei ricavi (+3%). Le ragioni di queste differenze geografiche non sono legate solo alle preferenze dei consumatori, ma anche alla distribuzione, in quanto alcuni dispositivi semplicemente non sono disponibili in alcuni mercati.

Il mercato delle telecomunicazioni potrebbe ricevere un notevole impulso se gli visori AR, MR o VR diventeranno adatti all’uso quotidiano per la maggioranza delle persone, invece di rimanere un prodotto di nicchia per applicazioni specializzate come il gaming.

Promozioni: italiani in cerca di alimentare, elettrodomestici e cura corpo/casa

Nel 2023 il 57% delle ricerche di promozioni da parte dei consumatori italiani hanno interessato principalmente il settore alimentare e delle bevande. A dirlo una recente ricerca realizzata da ShopFully attraverso il marketplace DoveConviene. Tra i prodotti più ricercati acqua, latte e olio extra vergine di oliva: quest’ultimo, in particolare, ha registrato un aumento del +126% delle ricerche rispetto all’anno precedente. E non solo: i dati raccontano una tendenza che coinvolge anche altri settori, in particolare quello degli elettrodomestici ed elettronica di consumo, che rappresenta il 17% delle ricerche, e della cura del corpo e della casa, col 13% delle ricerche.

Gennaio e febbraio risultano essere i mesi in cui si concentrano maggiormente le ricerche delle offerte: un trend che riflette la necessità delle famiglie di risparmiare per compensare le grandi spese affrontate a dicembre in occasione delle festività natalizie. Il picco delle ricerche delle promozioni torna poi a giugno, con un aumento delle ricerche dei prodotti per la cura della casa e del corpo.

“In un contesto incerto come quello attuale, caratterizzato da instabilità sul piano economico, le offerte e gli sconti giocano un ruolo cruciale per il bilancio del nucleo familiare che deve far fronte al caro-vita”, ha commentato Marco Durante, Global VP Sales & Marketing di ShopFully. “Il fatto che la maggior parte delle ricerche di promozioni si concentri su prodotti come alimentari e bevande è la testimonianza di quanto queste rivestano un ruolo importante per i consumatori che vogliono preservare il proprio potere di acquisto”.

Netta ripresa per i centri commerciali in Italia, in ascesa ingressi e fatturati del retail

Dall’analisi dei dati del network di CBRE, che monitora un panel di centri commerciali in Italia per un totale di oltre 60 strutture retail, emerge come il 2023 abbia determinato un deciso incremento in termini di visitatori e fatturato rispetto al 2022. I dati confermano quindi il trend di netta ripresa dei centri commerciali nell’anno in corso, con un miglioramento del fatturato dei negozi in crescita del 4,5% rispetto all’anno precedente. Legato sicuramente anche all’inflazione, l’andamento positivo del fatturato dei negozi si riflette nella percentuale crescente del collection rate, che per il 2023 si attesta al 95%, arrivando al 99% nei centri commerciali più performanti.

Alla crescita dei fatturati si affianca un incremento dei visitatori del +5,3% rispetto al 2022, confermando l’interesse del pubblico per i centri commerciali come luogo ideale per lo shopping e il divertimento. Si evidenzia, inoltre, come da inizio anno si sia registrata una costante riduzione del gap di visitatori rispetto al 2019, che si è attestata nell’ordine del 5%. Confermano la loro attrattività eventi promozionali importanti, come la settimana del Black Friday in cui si è registrato un aumento del 10% dei visitatori rispetto alla settimana precedente. È quindi possibile affermare che, nonostante l’introduzione di eventi come i mid season sale abbia esteso l’impatto promozionale su un periodo più lungo con conseguenti variazioni più contenute, rimane forte l’attenzione del cliente verso le dinamiche promozionali.

“Nel corso del 2023 i nostri centri hanno raggiunto una occupancy media pari al 96%, un dato molto positivo che risulta in linea con i dati europei” dichiara Pier Luigi Paolettoni, Head of Retail Out of Town, “L’anno scorso abbiamo siglato oltre 240 contratti, per un totale di oltre 75.000 mq di GLA. In particolare, nelle rinegoziazioni delle unità commerciali con nuovo operatore si riscontrano in media variazioni positive del 6% rispetto al precedente canone”.

Per quanto riguarda il focus sui singoli settori, il 2023 conferma il trend positivo e l’interesse della clientela verso le visite esperienziali, con una continua crescita del Food & Beverage (+11,4%) e delle sale cinematografiche (+51%). Il fashion registra ancora un andamento positivo, nonostante il rallentamento delle vendite a causa della situazione climatica, in particolare nei mesi di settembre e ottobre.

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