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Ferramenta e bricolage, un comparto da quasi 17 miliardi e oltre 4mila aziende

Fra il 2019 e il 2022 il fatturato delle imprese del settore ferramenta, fai-da-te e bricolage è cresciuto del 34,6% arrivando complessivamente a 16,9 miliardi. Il dato affiora dalla nuova ricerca di Assofermet e Creditsafe, che fotografa un comparto decisamente in salute. Il numero di dipendenti, che supera quota 72 mila, è aumentato. È cambiata anche la fisionomia delle imprese, con un numero maggiore di dipendenti medi per azienda, e una crescita del numero di società di capitali, 6.303 in tutta la Penisola. Complessivamente le aziende del settore, secondo i codici Ateco analizzati, sono 19.396, di cui 4.420 imprese grossiste e 14.976 dettaglianti.

Per gli indicatori economici, in particolare sono stati approfonditi i bilanci di tutte le 4000 aziende del settore che mettono a disposizione i loro dati. Il fatturato complessivo è passato da 12,57 miliardi nell’ultimo anno prima del Covid a 16,9 miliardi nel 2022 (i dati del 2023 non sono ancora disponibili). Una media che include l’aumento del 41,4% per le aziende grossiste e del 25,7% per le ferramenta al dettaglio. Il margine operativo lordo è aumentato enormemente, in media dell’82,1%: da 876 milioni nel 2019 a 1,5 miliardi nel 2022. La crescita del MOL è stata del 119% per i grossisti e del 41,3% per il commercio al dettaglio. In questo contesto, gioca un ruolo fondamentale l’aumento degli investimenti: si arriva a 2,3 miliardi di investimenti in immobilizzazioni materiali (+18%) e a 281 milioni per impianti e macchinari (+52,3%). Le varie crisi internazionali che si sono succedute negli ultimi anni hanno portato anche per le ferramenta un aumento dei listini. Il costo della produzione è aumentato complessivamente del 30,7%, passando da 12,30 miliardi nel 2019 a 16 miliardi tre anni più tardi.

Andamento fatturato


Andamento EBITDA

Il settore ferramenta è fortemente trainato dal commercio all’ingrosso. I dati complessivi dimostrano che sono le imprese grossiste a ottenere i risultati economici migliori. L’analisi mirata condotta su 58 grossisti italiani nell’ambito dello studio esplicita lo stesso trend. Si tratta di uno studio approfondito su alcune delle aziende considerate più rilevanti sul mercato. Solo loro hanno registrato un fatturato di 1,4 miliardi nel 2022, con una crescita del 23,7% rispetto al 2019. L’utile è salito del 93%, arrivando a quota 51,7 milioni nel 2022. Il patrimonio netto, poi, si è attestato a 672,3 milioni, registrando nel 2022 una crescita del 34% rispetto a tre anni prima. Sono dati che indicano che il settore continua a essere in grande espansione anche a distanza di anni dallo scoppio della pandemia. Lo dimostra anche il margine operativo lordo, che per queste 58 aziende è cresciuto del 63,4% arrivando a 101 milioni (era 62 milioni nel 2019). Infine, c’è stato un incremento anche per il numero dei dipendenti, che hanno sfiorato le 2.900 persone impiegate.

Tornando ai dati sulla ricerca complessiva, anche per la totalità del settore il numero dei dipendenti è aumentato. Nel 2023, nelle ferramenta italiane lavorava il 5,3% di persone in più: da 68.500 lavoratori si è passati a 72.165. In ciascuna delle 19.396 imprese del settore lavorano in media 3,7 dipendenti, una quota più alta rispetto ai 3,3 del 2019. La media sale a 6,2 dipendenti per azienda nel caso dei grossisti, mentre si attesta a 3 per le imprese che commerciano al dettaglio.

Andamento numeri dipendenti

“In Italia possiamo contare su grossisti della ferramenta che mantengono inalterata negli anni la loro forza trainante ed innovativa, facendo investimenti e consolidando imprese e fatturati. A loro si uniscono i dettaglianti di prossimità, che crescono in termini di dimensioni aziendali ma che continuano a rappresentare un punto di riferimento per la vita di tutti i giorni degli italiani. È innegabile che abbiamo assistito alle chiusure di alcune attività, un fenomeno diffuso in tutti i settori economici negli ultimi anni. Tuttavia, il quadro rimane complessivamente positivo: c’è stato un forte consolidamento delle imprese, sono aumentati i dipendenti e le società di capitali” ha dichiarato Sabrina Canese, Presidente di Assofermet Ferramenta. “Per Assofermet Ferramenta rappresentare 17 miliardi di fatturato e 72 mila dipendenti significa avere una responsabilità di fronte alle istituzioni, che intercettiamo regolarmente consapevoli del peso specifico che il nostro settore rappresenta”.

Prodotti irrinunciabili per gli italiani: made in Italy, free from ed healthy

Nonostante l’effetto inflazione continui a farsi sentire, ci sono prodotti che gli italiani non possono proprio esimersi dal mettere nel carrello della spesa come quelli con certificazione DOP, quelli ricchi in proteine, quelli con meno zuccheri o senza uova, quelli privi di glifosato o a residuo zero, quelli realizzati in modo artigianale o di tradizione regionale, quelli vegani o certificati Halal. Questi (e molti altri) sono i fenomeni-chiave del 2023 individuati dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, il report semestrale che analizza e racconta i cambiamenti del carrello della spesa partendo dalle informazioni presenti sulle etichette di 139.302 prodotti, responsabili dell’83,1% del giro d’affari 2023 del canale supermercati e ipermercati.

“L’Osservatorio Immagino continua a monitorare l’andamento dei fenomeni più diffusi e impattanti nel largo consumo individuando nuovi e inesplorati trend di consumo, perché industria e distribuzione arricchiscono continuamente le etichette di nuove informazioni, ritenendole un importante mezzo di comunicazione con lo shopper” sottolinea Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. “Ecco perché la metodologia innovativa adottata per l’Osservatorio Immagino, basata sui prodotti digitalizzati da Immagino di GS1 Italy Servizi e le rilevazioni di NielsenIQ, dimostra di reggere alla prova degli anni e si conferma sempre di grande modernità e attualità”.

I 13 macro-fenomeni della spesa degli italiani
La quindicesima edizione dell’Osservatorio Immagino ha monitorato l’evoluzione della composizione e delle vendite, in valore e volume, di 11 panieri, tra food e non food, che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo:

  • Il richiamo dell’italianità: il “made in Italy”, le Dop/Igp e le regioni in etichetta.
  • Il mondo del free from: i trend consolidati ed emergenti dei claim “senza”.
  • Il mondo del rich-in: quali cibi ricchi o arricchiti guidano il mercato.
  • Il tema delle intolleranze: la dinamica del “senza glutine” e del “senza lattosio”.
  • Il cibo identitario (lifestyle): vegetariano, vegano, biologico, halal e kosher.
  • Il mondo di loghi e certificazioni: Fairtrade, Ecolabel, Cruelty free e altro ancora.
  • Gli ingredienti benefici: dall’avocado al burro d’arachidi, i sapori del momento.
  • Il metodo di lavorazione: la comunicazione di procedure di lavorazione.
  • La texture dei prodotti: morbido o croccante? Le consistenze espresse on-pack.
  • Il cura persona: i claim più diffusi, con un focus sui prodotti naturali e biologici.
  • Il cura casa green: i prodotti per la pulizia attenti all’ambiente.

Oltre a questi panieri, l’Osservatorio Immagino continua il monitoraggio del valore nutrizionale della spesa media italiana (metaprodotto Immagino) e conferma il suo approfondimento sulla sostenibilità, analizzando la presenza in etichetta delle informazioni sul corretto riciclo degli imballaggi e le performance di vendita dei prodotti dotati di claim, certificazioni e indicazioni ambientali. Infine, come in ogni edizione, l’Osservatorio Immagino propone un dossier tematico, stavolta dedicato alla comunicazione in etichetta dei gusti dei prodotti alimentari.

I 36 claim in crescita a volume del 2023
Negli 11 panieri analizzati, tra gli oltre 100 claim, loghi e certificazioni di cui l’Osservatorio Immagino monitora l’andamento nel canale supermercati e ipermercati, ce ne sono 30 che nel 2023 sono andati in controtendenza, registrando vendite in crescita non solo a valore ma anche a volume.

DOP: +1,6% a volume e +9,1% a valore.
Filiera: +0,9% a volume e +12,7% a valore.
Regione/regionale: +10,6% a volume e +14,9% a valore.
Puglia: +0,9% a volume e +12,8% a valore.
Molise: +9,2% a volume e +17,3% a valore.
Abruzzo: +0,6% a volume e +5,2% a valore.
Basilicata: +4,3% a volume e +12,0% a valore.
Valle d’Aosta: +6,2% a volume e +12,7% a valore.
Pochi grassi: +0,4% a volume e +11,5% a valore.
Pochi zuccheri: +1,9% a volume e +18,3% a valore.
Senza zuccheri aggiunti: +5,4% a volume e +18,5% a valore.
Senza grassi idrogenati: +1,7% a volume e +15,2% a valore.
Senza aspartame: +5,1% a volume e +10,8% a valore
Senza/con uso limitato di pesticidi: +4,1% a volume e +10,7% a valore
Residuo zero/zero residui/senza residui: +43,4% a volume e +67,4% a valore.
Senza glifosato: +34,2% a volume e +42,2% a valore.
Proteine: +1,2% a volume e +12,8% a valore
Con fermenti lattici: +0,3% a volume e +12,1% a valore
Senza uova: +3,6% a volume e +12,8% a valore
Vegano: +0,2% a volume e +11,9% a valore.
Halal: +5,9% a volume e +16,7% a valore.
Ecolabel: +1,9% a volume e +15,6% a valore.
Cruelty free: +0,8% a volume e +11,3% a valore.
Artigianale: +17,1% a volume e +21,6% a valore
Essiccazione: +3,1% a volume e +7,8% a valore
Cremoso: +0,1% a volume e +15,0% a valore
Morbido: +1,3% a volume e +14,2% a valore
Ruvido: +0,9% a volume e +13,7% a valore
Cura persona
Senza alcol: +0,3% a volume e +10,2% a valore.
Senza profumo: +5,1% a volume e +14,5% a valore.
Con acido ialuronico: +4,4% a volume e +16,4% a valore.
Con probiotici/prebiotici: +26,3% a volume e +36,7% a valore.
Con collagene: +3,2% a volume e +11,4% a valore.
Con retinolo: +1,5% a volume e +6,1% a valore.
Ingredienti di origine naturale: +13,4% a volume e +24,5% a valore.
Con avena: +5,2% a volume e +12,2% a valore

Distretti agroalimentari in crescita: nel 2023 export a 27 miliardi (+4,5%). Soffre il vino

I distretti agroalimentari archiviano il 2023 con un bilancio positivo: le esportazioni sfiorano quota 27 miliardi di euro, con un progresso del 4,5%, quasi 1,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Il risultato è in linea con quello registrato dal totale export agroalimentare italiano, che ha segnato un +5,8% nel 2023 (i distretti ne rappresentano il 43%). A mettere nero su bianco i dati il Monitor curato dal Research Department di Intesa Sanpaolo.

“Il grande apprezzamento all’estero di alimenti e bevande italiani continua a crescere e a rendere sempre di maggior interesse per le aziende rafforzare la propria presenza nei mercati stranieri” ha dichiarato Massimiliano Cattozzi, Responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo. “A servizio di questo sviluppo e della competitività, abbiamo destinato 20 miliardi di euro al comparto grazie all’accordo siglato con il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, insieme a Cassa Depositi e Prestiti. Un intervento a cui si accede grazie a linee di finanziamento come Crescita Agri, parte del programma Il tuo futuro è la nostra impresa, dedicata ad investimenti in azienda modulabili sul ciclo produttivo della filiera di appartenenza per soluzioni di efficientamento energetico e crescita internazionale”.

L’unica filiera a mostrare un segno leggermente negativo nell’evoluzione annuale è quella del vino, che recupera parzialmente nell’ultimo trimestre del 2023 e realizza nel complesso dell’anno solo un lieve calo in valore (-0,7% rispetto al 2022), determinato soprattutto dall’arretramento sui mercati nordamericani (Stati Uniti -7,4% e Canada -9%). Tra i distretti, spicca positivamente la performance del prosecco di Conegliano-Valdobbiadene (+4,3%), a cui si aggiungono i vini e distillati del Friuli (+9,2%), di Bolzano (+6,6%) e di Trento (+2,3%). Soffrono invece tre grandi distretti, territori di produzione di importanti vini rossi italiani, i vini di Langhe, Roero e Monferrato (-4,4%), i vini dei colli fiorentini e senesi (-4,5%) e i vini del veronese (-1,9%), tutti con marcati arretramenti oltreoceano, anche se bisogna rilevare che negli anni passati i buyer statunitensi avevano fatto importanti scorte di vino italiano, favorite anche da un dollaro forte e da un effetto cambio favorevole.

Rallenta, ma resta in territorio positivo, la filiera della pasta e dolci: il lieve calo del quarto trimestre (-0,6% tendenziale) non pregiudica il bilancio positivo dell’anno 2023 (+4,8%) ossia 214 milioni di vendite in più sui mercati esteri. Di questi, ben 142 milioni sono stati realizzati dal comparto pasta e dolci dell’alimentare di Parma. Ottima performance anche per i dolci di Alba e Cuneo, con un +5% nel 2023; registrano invece una battuta d’arresto i comparti pasta e dolci dei due distretti campani: -4% per l’alimentare napoletano; -10,4% per l’alimentare di Avellino.

Recupera invece la filiera dei distretti agricoli, grazie all’ottimo risultato del quarto trimestre del 2023 (+14,2%) che riporta in positivo il bilancio dell’intero anno (+3,2% rispetto al 2022). Ottimo recupero per l’ortofrutta romagnola: nonostante i danni prodotti dall’alluvione e dalle gelate primaverili, chiude in positivo il 2023 (+1,7% rispetto al 2022). Esportazioni in forte crescita nel 2023 per il distretto dell’agricoltura della Sicilia sud-orientale, che al suo interno ricomprende anche le zone di produzione del pomodoro di Pachino IGP (+38,4%). Ottimi risultati anche per l’ortofrutta dell’Agro Pontino, con un balzo di circa 29 milioni (+14%) di cui 22 verso la Germania (+22%). Arretrano leggermente l’ortofrutta del barese, (-3,3%), e le mele dell’Alto-Adige (-1,8%). Nel 2023 risultati molto positivi anche per la filiera delle conserve (+10,1%), determinata soprattutto dal principale distretto del comparto, le conserve di Nocera (+10,3%). Ottime performance anche per i comparti conservieri dell’alimentare di Parma (+24%) e dell’ortofrutta e conserve del foggiano (+21%); ha registrato una lieve contrazione solo il comparto conserve dell’alimentare di Avellino (-2%).

Luci e ombre all’interno della filiera delle carni, che nel complesso registra un +5,6% di crescita tendenziale nel 2023, ma nasconde dinamiche contrapposte tra i distretti che la compongono: progressi a due cifre per carni di Verona (+12%), salumi di Parma (+12,7%), salumi dell’Alto-Adige (+14,3%), che aggiunte al buon risultato dei salumi del modenese (+5,9%) riescono a compensare i cali delle carni e salumi di Cremona e Mantova (-13,3%), e dei salumi di Reggio Emilia (-11%). Il settore avicolo sembra entrato in una fase di normalizzazione, mentre il mercato suinicolo mondiale è ancora influenzato dalle problematiche legate alla diffusione della peste suina. Dinamica nel complesso positiva anche per la filiera del lattiero-caseario (+2,6% nel 2023): alle lievi contrazioni dei distretti della Lombardia (-2,1%) e di Reggio Emilia (-2,7%) si contrappongono le buone performance del distretto parmense (+11,5%), di quello sardo (+9,8%) e della mozzarella di bufala campana (+7,4%). Non si arresta la crescita a valore dei distretti dell’olio (+15,1%) dovuta in particolare al contributo dell’olio toscano, il principale distretto della filiera (+17,8%), ma anche all’exploit del comparto olivicolo del distretto dell’olio e pasta del barese (+30%). Sostanzialmente stabile l’olio umbro (-0,9%). Sul fronte dei prezzi, Il 2023 è stato un anno record nei listini degli oli di oliva: la scarsa produzione (anche da parte della Spagna) ha fatto crescere il prezzo alla produzione dell’olio evo italiano di circa il 50%.

Nella filiera del riso, entrambi i distretti realizzano crescite in valore a due cifre: Pavia +15,9% e Vercelli + 26,1%. La scarsa produzione mondiale causata dalla siccità, unita al blocco delle esportazioni da parte dell’India, ha spinto i listini del riso bianco ai massimi nel 2023. Progressi anche per la filiere del caffè (+5,3%), dove spicca il distretto del caffè e confetterie del napoletano (+13,7%). Il caffè di Trieste mostra un progresso dell’8% nel 2023; bene anche il distretto del caffè, confetterie e cioccolato torinese (+2,4%). Positivo il bilancio del 2023 anche per il distretto dell’ittico del Polesine e del Veneziano (+6,1%): i progressi verso Germania (+21%) e Croazia (+13,5%) compensano i cali sui mercati francese (-12%) e spagnolo (-3%). La Germania si conferma il primo partner commerciale per i prodotti dei distretti agroalimentari: il rallentamento dell’economia tedesca nel 2023 non ha ridotto le vendite verso questo mercato (+6,7% nel 2023). Chiudono invece in territorio leggermente negativo i flussi verso gli Stati Uniti (-1,4%), mentre crescono in Francia (+7,5%) e nel Regno Unito (+6,6%). Le economie emergenti, che rappresentano il 20% del totale delle esportazioni distrettuali agroalimentari, segnano nel complesso un progresso del 2,9% nel 2023 (rispetto al +4,9% delle economie avanzate).

Italian sounding, il mercato del falso made in Italy vale più dell’export

La Lombardia è la regione italiana più colpita dal fenomeno dell’italian sounding con un impatto economico negativo pari a 10,2 miliardi di euro l’anno, seguita da Veneto (10 miliardi di euro), ed Emilia-Romagna (9,9 miliardi di euro). A rivelarlo sono i dati della ricerca di The European House – Ambrosetti, realizzata in occasione dell’ottavo forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” di Bormio, che inoltre evidenzia come l’imitazione all’estero di prodotti del territorio abbia precluso quasi 9 miliardi di euro di vendite oltre-confine per il Piemonte (8,7), 5,5 per la Campania, e 3,5 miliardi di euro per la Toscana che vede colpiti soprattutto i suoi olii extra vergine di oliva e vini. Anche il Trentino-Alto Adige (3,3 miliardi di euro), è esposto più della Puglia (impatto di 2,8 miliardi di euro) che soffre per l’imitazione di olio e prodotti agricoli. La Sicilia (1,7 miliardi di euro) è più colpita del Friuli Venezia Giulia (1,6 miliardi di euro) che subisce specialmente l’imitazione dei suoi prosciutti. L’impatto dell’italian sounding sulle altre regioni italiane si attesta complessivamente a 6,3 miliardi di euro nel 2023.

“Le regioni più colpite dal fenomeno sono quelle che concentrano la propria esportazione su prodotti ad alta intensità di italian sounding, come i prodotti a base di carne o i prodotti lattiero-caseari, così come verso i Paesi più sensibili al fenomeno (Giappone, Brasile e Germania)” spiega Valerio De Molli, Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti. “La tutela del Made in Italy è una priorità e l’implementazione di nuovi regolamenti DOP e IGP a partire dal 2024 rappresenta un passo significativo in questa direzione. Le associazioni di produttori avranno maggiori poteri per combattere pratiche ingannevoli, dare maggiore trasparenza ai consumatori e generare un valore aggiunto concreto per l’economia: nel 2023 il fenomeno dell’italian sounding nel mondo ha superato quello dell’export agroalimentare: 63 miliardi di euro contro i 62 di esportazioni”.

Come analizzato nel dettaglio da The European House-Ambrosetti, nel 2023 i consumatori esteri hanno acquistato 63 miliardi di prodotti tipici italiani “falsificati” che non provengono dal nostro Paese. Questo significa che il valore dell’export food&beverage italiano sarebbe più che raddoppiato a 126 miliardi di euro sommati ai 62 miliardi di export agroalimentare di vero Made in Italy. “L’italian sounding è competitivo grazie a prezzi mediamente inferiori del 57% rispetto ai prodotti originali. Negli Stati Uniti, ad esempio, il prezzo del Parmigiano può essere ridotto fino al 38%, quello del mascarpone fino al 50% e della pasta secca fino al 54%” ha aggiunto Benedetta Brioschi, partner The European House – Ambrosetti.

C’è anche chi cerca il Made In Italy autentico
In Cina, Giappone e Canada mediamente 7 consumatori su 10 cercano prodotti italiani veri senza considerare gli aspetti legati al prezzo che risultano determinati per poco più del 20% degli acquirenti. Come evidenziato nel dettaglio da The European House – Ambrosetti, anche in Germania il 72% dei consumatori desidera prodotti veramente italiani (il 28% ha, invece, la priorità di spendere meno), o in Australia (70%) e Brasile (69,1%). Più contenuta la quota nei Paesi Bassi (66,0% vuole il “vero italiano”), negli Stati Uniti (63,0%), in Francia (62,6%) e nel Regno Unito dove non si supera il 55% di consumatori che ricercano prodotti veramente Made in Italy anche a fronte di una maggiore spesa.

Ragù, parmigiano e aceto balsamico sul podio delle imitazioni
Ragù (61,4% italian sounding vs 38,6% vero prodotto italiano), parmigiano (61,0% vs 39,0%) e aceto balsamico (60,5% vs 39,5%) sono i tre prodotti più presenti in versione “imitazione” sugli scaffali della grande distribuzione all’estero. Secondo i dati The European House-Ambrosetti, seguono pesto (59,8% italian sounding vs 40,2% vero prodotto italiano), pizza surgelata (59,3% vs), prosciutto (59,2% vs 40,8%), pasta di grano duro (59,2% vs 40,8%), ma anche prosecco (58,9% italian sounding vs 41,1% vero prodotto italiano), salame (58,5% vs 41,5%), gorgonzola (57,0% vs 43,0%) e olio extra vergine di oliva (56,8% vs 43,2%).

“L’italian sounding si può contrastare attraverso iniziative economiche e industriali in sinergia con un cambiamento culturale soprattutto nella consapevolezza del consumatore estero. Certamente è prioritario realizzare investimenti produttivi, ma anche comunicare con efficacia il “Made in Italy” con iniziative di educazione del consumatore. Da un lato la riduzione delle barriere doganali e l’internazionalizzazione della filiera italiana della distribuzione possono essere fattori determinanti così come una forte disincentivazione all’indicazione fallace in etichetta, ma anche la creazione di ambasciatori del Made in Italy e l’adozione di tecnologie che permettano una precisa tracciabilità del prodotto” conclude Valerio de Molli.

Giocattoli online: Subito svela le categorie più ricercate, dai Lego ai videogame

In occasione della Giornata Mondiale del Gioco tenutasi lo scorso 28 maggio, Subito ha offerto una panoramica delle ricerche e dei prodotti venduti e acquistati sulla propria piattaforma di e-commerce, sottolineando come il gioco influenzi positivamente la nostra società, promuovendo inclusione, innovazione e crescita personale.

Il gioco assume diverse sfaccettature nelle varie fasi della vita di una persona, evolvendosi con l’età e le esperienze e la second hand può accompagnare questa evoluzione, come dimostrato dalle oltre 37 mila ricerche per la keyword gioco effettuate su Subito tra il 2023 e i primi quattro mesi del 2024. Il gioco può essere essenziale per lo sviluppo cognitivo e sociale durante l’infanzia, nell’adolescenza evolve nei videogames e nelle attività all’aria aperta; mentre negli adulti, con i giochi da tavolo o con i Lego arriva a rappresentare una fuga dalla routine quotidiana. All’interno della piattaforma c’è un mondo che copre tutte le fasce d’età e tutti i desideri. Si alternano ricerche relative ai giochi da tavolo, che sono state oltre 15.000 solo nel periodo tra gennaio e aprile 2024, per riunirsi con gli amici di una vita; a quelle delle console e i videogiochi che sembrano essere punto d’incontro tra tutte le generazioni. I giochi da giardino invece, superano le 11 mila ricerche sulla piattaforma nei primi mesi del 2024, così come altalene, scivoli, biciclette con o senza le rotelle e perfino le macchinine elettriche per sfidarsi con i compagni dell’asilo. Su Subito si può trovare tutto ciò che serve per un momento di svago, grazie a un’abitudine sostenibile ed economica allo stesso tempo. E per i più esigenti… è possibile trovare tutti i Lego introvabili o i puzzle più particolari.

Il numero di utenti che utilizzano la second hand come scelta di vita è sempre crescente ed è proprio nella categoria Tutto per bambini che sono più di 270.000 gli annunci attualmente online, a rappresentare la forte domanda di giochi per i primi anni di vita. I famosi mattoncini colorati Lego si trovano al primo posto delle 10 parole più ricercate tra gennaio e aprile 2024 sia nella categoria Tutto per bambini che in quella Collezionismo a conferma che non esiste un’età per divertirsi. Dai giochi da tavolo ai videogiochi, passando per le action figures e i giochi di carte collezionabili, questo hobby affascina milioni di persone in tutto il mondo, creando una community appassionata e dinamica. Entrando maggiormente nel dettaglio delle categorie e dei prodotti più ricercati, vediamo che in Tutto per bambini nella Top 10 dei primi mesi del 2024 rientrano i giochi all’aria aperta, come ad esempio altalene e casette (rispettivamente la prima e la seconda parola più ricercata) e le miniature dei mezzi di trasporto, tra cui le bici alla quarta posizione, seguite dalle jeep elettriche (7°) per sfrecciare nel loro giardino e dai monopattini (10°). Non mancano tra le ricerche i giochi che possano stimolare la memoria ed essere allo stesso tempo educativi, come la torre montessoriana, peluche o pupazzetti con i quali arredare i letti e le camerette di figli, nipoti e amici.

I bambini crescono e diventano adolescenti e adulti, le passioni cambiano, ma la voglia di divertirsi e di avere con sé quei giochi o accessori che hanno segnato alcuni momenti della loro vita non passa. È qui che la categoria Collezionismo della piattaforma ha la meglio, un mondo vasto e variegato, dove il collezionismo dei giochi occupa un posto di rilievo. I giochi di carte collezionabili, al secondo posto della Top 10 delle parole più ricercate, sono un’area fiorente nel collezionismo, le carte rare delle prime edizioni o con errori di stampa, come quelle di “Yu-Gi-Oh!” e dei “Pokemon”, possono essere estremamente preziose. E per i più nostalgici non sembrano mancare le ricerche per i flipper, alla terza posizione della Top 10 delle keyword più cercate, seguiti dal subbuteo (4°), dal jukebox (5°) e dalle Barbie alla sesta posizione, fino alle actions figures e i personaggi di film e serie tv in miniatura che vanno a rappresentare una fetta significativa del collezionismo.

Inoltre, i veri amanti dei videogiochi non smettono mai di esserlo, la loro passione continua anche in età adulta che sia per motivo di gioco con gli amici o per conservare i cimeli d’infanzia, le consolle e i videogiochi segnano le ricerche in ogni fascia d’età e soprattutto in ogni categoria della piattaforma. La Play Station 5 occupa la prima posizione tra le 10 keyword dei primi mesi del 2024 all’interno della categoria Console e Videogiochi, seguita dalla PS4 (2°) e dal Nintendo switch (3°), alternativa per chi desidera giocare anche fuori casa. Nella classifica troviamo anche le console retrò come il Nintendo (4°) e il GameBoy (5°) tra gli oggetti più ricercati, così come i giochi che hanno segnato la storia di queste piattaforme. Titoli come “Call of Duty” e le diverse stagioni di “Fifa” sono particolarmente ambiti dai collezionisti e anche se non rientrano nella Top 10 delle keyword più cercate, occupano una parte significativa delle ricerche degli italiani sulla piattaforma.

La second hand è sempre più un’abitudine consolidata e non solo un trend di passaggio, riuscendo ad essere una costante nelle vite degli abitanti del Bel Paese e arrivando a rivoluzionare anche il settore dei giochi, offrendo ai consumatori un modo sostenibile ed economico per espandere le proprie collezioni. Acquistare giochi pre-loved non solo riduce gli sprechi, ma permette anche di trovare classici introvabili e scoprire titoli che potrebbero essere sfuggiti al radar. Un trend, in continua espansione, che dimostra come il passato possa influenzare positivamente il presente, a garanzia di quanto l’amore per i giochi sia da sempre al centro di uno scambio generazionale.

Omnichannel in crescita internazionale con lusso, elettronica e cosmetici

A livello globale, più della metà dei consumatori effettua acquisti omnichannel, ma alcuni mercati presentano tassi di utilizzo più elevati di altri, come mostrato dall’ultimo report Global Voices di ESW. Dato che i mercati internazionali con la maggiore propensione alla spesa sono anche quelli con l’indice più alto per quanto riguarda la domanda di esperienze omnichannel, il rapporto evidenzia la necessità per i brand e i retailer italiani di implementare infrastrutture commerciali unificate per soddisfare meglio le esigenze degli acquirenti transfrontalieri. La ricerca di ESW su oltre 18.000 consumatori in diciotto Paesi rivela che gli acquirenti omnichannel effettuano più acquisti e spendono il 15% in più all’anno rispetto ai consumatori che acquistano attraverso un solo canale. Inoltre, tra gli acquirenti globali che spendono online tra i 3.500 e i 4.999 dollari all’anno, due terzi (66%) sono acquirenti omnichannel.

“I consumatori internazionali passano da un canale di vendita all’altro di continuo, e i brand e i retailer di successo devono adeguarsi di conseguenza, al fine di soddisfare e superare le loro aspettative in ogni fase”, ha commentato Martim Avillez Oliveira, Chief Revenue Office di ESW. “Tuttavia, stabilire una presenza omnichannel nei mercati internazionali è più complesso del semplice lancio online: richiede una comprensione dei diversi clienti e la creazione di infrastrutture. I dati dimostrano che la mancata integrazione dell’omnichannel nell’espansione internazionale pone sin dall’inizio i brand in una posizione di svantaggio e lascia sul tavolo ricavi non goduti”.

L’omnichannel definisce sempre più non solo le preferenze di acquisto, ma riflette lo stile di vita condotto dai consumatori. La navigazione tra spazi digitali e fisici è parte integrante della nostra vita quotidiana, per cui non sorprende che gli intervistati che lavorano in modalità ibrida – a volte lavorano da casa e a volte da un ufficio – abbiano maggiori probabilità di essere acquirenti omnichannel. Implementare l’e-commerce omnichannel e quindi trovare e conquistare gli acquirenti omnichannel è cruciale per un’espansione internazionale redditizia. Dall’indagine di ESW è emerso che, nel complesso, il 52% degli acquirenti globali è orientato verso l’omnichannel. Inoltre l’indagine ha identificato due aspetti cruciali per attrarre un maggior numero di acquirenti omnichannel: la sostenibilità e la notorietà del brand. La sostenibilità, con processi responsabili dal punto di vista ambientale come la consegna a zero emissioni di anidride carbonica, attira significativamente gli acquirenti omnichannel. Parallelamente, i nomi dei brand sono considerati sinonimo di qualità e valore, giocando un ruolo fondamentale nel conquistare la fiducia e la fedeltà dei consumatori.

Non sorprende che i consumatori più giovani siano più propensi ad acquistare in modalità omnichannel, soprattutto i millennials. Il 58% dei millennials infatti utilizza più canali durante il percorso di acquisto, rispetto al 53% della Gen Z, e il 51% della Gen X e il 46% dei baby boomers optano per l’omnichannel. I millennials rappresentano la fascia demografica che guida la crescita complessiva dell’omnichannel, con un aumento del 22% rispetto all’anno precedente, seguiti dalla Gen X (con un aumento del 13% rispetto all’anno precedente). Anche gli acquisti omnichannel nelle varie categorie sono aumentati su base annua, evidenziando ulteriormente la necessità di dare priorità alle aspettative dei clienti cross-channel. Gli acquirenti internazionali sono stati più propensi a effettuare acquisti multicanale per l’elettronica di consumo (60%), seguiti da cosmetici (58%), hobby, giocattoli e giochi (58%), calzature (56%), abbigliamento (55%) e lusso (49%). Ogni categoria di prodotto ha registrato un aumento a due cifre rispetto allo scorso anno, con il lusso (+36%) che ha registrato i maggiori guadagni, seguito dall’elettronica di consumo (+30%), dai cosmetici (+26%), dalle calzature (+22%) e dall’abbigliamento (+19%).

Spesa al supermercato: per gli italiani conta più la qualità che il prezzo

Nonostante i rincari superiori al 10% in un anno percepiti da oltre 9 italiani su 10 (90,8%), per fare gli acquisiti alimentari si guarda anzitutto alla qualità (71,3%) e sempre meno al prezzo (58,6%, 7,6 punti in meno dell’anno scorso) con crescente attenzione verso provenienza e certificazioni dei prodotti, così come si compra di più nei mercati rionali e direttamente dai produttori. A dirlo è una ricerca sui cambiamenti nelle abitudini dei consumatori italiani realizzata da The European House – Ambrosetti, in preparazione dell’ottava edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” che si terrà a Bormio il prossimo 7 e 8 giugno.

“Le famiglie più numerose subiscono maggiormente la pressione dell’aumento dei prezzi: tra gli intervistati, il 30% di chi ha un nucleo familiare composto da 3 o 4 persone ritiene di impiegare per la spesa oltre il 25% in più rispetto a un anno fa” commenta Valerio De Molli – Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti. “Un contesto complesso per un Paese come l’Italia dove i consumi privati rappresentano il 60% del Pil, 7 punti percentuali oltre la media degli altri Paesi europei: un loro rilancio rappresenta oggi una priorità per l’intero tessuto economico del Paese”.

Nonostante la flessione di 5,8 punti percentuali rispetto al 2023, il supermercato rimane la prima scelta per la spesa di quasi il 60% dei consumatori, e i nati dopo il 1995 (generazione Z) preferiscono soprattutto quelli vicino a casa. La ricerca TEHA che verrà presentata in versione integrale al prossimo Forum Food&Beverage di Bormio, evidenzia come i discount (in calo di 1,2 p.p. rispetto a 2023) rappresentano il canale abituale per il 15% dei consumatori e tra loro sono sempre di più i nati tra il 1980 e il 1994 (+8,3 punti percentuali rispetto alla media). “Una generazione, la Y, che apprezza sempre più (+12,3 p.p. rispetto alla media) gli acquisti fatti direttamente dal produttore o nei mercati rionali: canali che insieme rappresentano il 17% delle preferenze degli italiani (in aumento rispetto al 2023) e utilizzati soprattutto per l’acquisto di olio e vino (produttori) e frutta e ortaggi (mercati rionali)” aggiunge Benedetta Brioschi, partner di The European House-Ambrosetti.

La generazione Z (nati dopo il ’95) è più attenta all’impatto del prodotto sull’ambiente rispetto alla media (23,9%), mentre il prezzo guida maggiormente le scelte dei nati tra l’80 e il ‘94 (generazione Y al 61,5%) rispetto ai Baby Boomers (55,8%).

Italiani fedeli ai surgelati: 9 su 10 li portano in tavola preferendoli ai freschi

Gli italiani amano i prodotti surgelati: il 99% dichiara di consumarli e il 53% lo fa abitualmente. I frozen food dimostrano di essere apprezzati su tutto il territorio nazionale, con percentuali leggermente più elevate al Nord-ovest (55%) e tra la Generazione X (57%). Positivo anche il trend di consumo dei surgelati negli ultimi cinque anni: è aumentato per 4 italiani su 10 (39,3%), in particolare uomini (43%), giovani (50% GenZ e 45% Millennials) e famiglie con figli piccoli (48%). Un consumo consapevole, avvalorato dall’elevato livello qualitativo riconosciuto oggi ai frozen food: al palato, oltre la metà degli italiani apprezza i prodotti surgelati per bontà, consistenza e percezione di freschezza. E i dati confermano anche la loro convenienza economica: se si considera il costo totale – che comprende prezzo del prodotto, tempi e costi di preparazione e valore del cibo sprecato – i surgelati consentono rispetto ai freschi un risparmio notevole (dal 12% delle patate fritte al 246% di differenza per preparazioni più complesse come la paella). Sono questi gli highlights dell’indagine condotta da AstraRicerche per IIAS (Istituto Italiano Alimenti Surgelati), che ha fotografato il rapporto tra italiani e surgelati, analizzando anche la reale percezione di questi prodotti in termini di gusto e calcolando per la prima volta il loro effettivo “valore economico”, non solo in termini di costi ma anche di tempo risparmiato e lotta allo spreco alimentare.

Surgelati: quali, quando e perché gli italiani li scelgono
Secondo i dati AstraRicerche, il 39,3% degli intervistati ha incrementato negli ultimi 5 anni l’acquisto di frozen food. Ma perché ne consumiamo sempre più? Per la loro comodità (lo dichiarano quasi 8 italiani su 10, soprattutto donne e baby boomers), cioè perché pratici da conservare (66,4%) o sempre disponibili in freezer (49,7%); ma anche per variare l’alimentazione (34%) e per la forte valenza antispreco (27,3%). Sono i prodotti ittici la tipologia di surgelati che gli italiani dichiarano di acquistare più spesso (30,2%), scelti soprattutto al sud e seguiti dai vegetali (27,4%), apprezzati dalle donne baby boomers; poi pizze e snack (15,4%) con un picco tra i giovani gen Z, e patate (13,6%). I pasti a casa, nella quotidianità familiare di pranzi e cene, restano la principale occasione di consumo di surgelati per la maggioranza degli italiani (68,7%), ma c’è chi li sceglie anche nel weekend o per il ‘pranzo della domenica’, per portare in tavola qualcosa di buono e diverso in poco tempo (14,7%).

I consumatori preferiscono “al buio” i surgelati
Sfatata anche una vecchia credenza che attribuiva ai surgelati un sapore meno gustoso rispetto a quello degli analoghi prodotti freschi: oggi, pure in termini di gusto, consistenza e percezione di freschezza, oltre la metà degli intervistati preferisce gli alimenti surgelati ai freschi. È quanto emerso dal “blind taste test”, condotto per IIAS da AstraRicerche su un campione di 180 comuni consumatori, ai quali è stato sottoposto l’assaggio “al buio” di tre prodotti: minestrone, filetti di merluzzo e fagiolini, nelle due versioni (fresco e surgelato), preparate in modo identico per renderle non distinguibili a livello visivo, e presentate in ordine casuale bilanciato, per non condizionarne il giudizio. In termini di gusto e piacevolezza al palato, il 61% degli intervistati ha preferito il minestrone surgelato rispetto al fresco; il 64% ha trovato più gustoso il merluzzo surgelato del fresco e il 66% ha ritenuto i fagiolini in versione frozen migliori dei freschi. In generale, tra il 48% e il 68% del campione ha espresso voti superiori per il surgelato rispetto all’analogo prodotto fresco assaggiato. A testimonianza del fatto che quasi due terzi degli intervistati – non sapendo cosa stessero consumando – hanno preferito il surgelato per qualità, gusto, freschezza o consistenza.

“Gli ottimi risultati emersi dal blind test a favore dei frozen food – sottolinea Giorgio Donegani, Presidente IIAS – stridono in modo eclatante anche con l’immotivata persistenza, nella legislazione italiana, dell’obbligo di apporre un asterisco accanto agli alimenti surgelati nei menù dei ristoranti. L’asterisco è di fatto un’informazione retaggio di un mondo passato che non esiste più, che poggiava sull’implicita convinzione che un alimento surgelato fosse un prodotto di qualità inferiore rispetto al fresco. Una concezione ormai palesemente superata e anacronistica che finisce solo per penalizzare questi prodotti, che invece i consumatori prediligono”.

Surgelati, campioni di convenienza… anche economica
AstraRicerche ha analizzato per IIAS anche l’effettivo “value for money” dei surgelati rispetto agli analoghi freschi, prendendo in esame 5 prodotti specifici rappresentativi delle principali categorie del comparto dei surgelati: i fagiolini, le patate fritte, i filetti di merluzzo, la pizza margherita e la paella. I risultati emersi confermano, in linea generale, la convenienza dei prodotti surgelati, considerata la somma del tempo e del cibo risparmiato nonché i costi per l’acquisto e la preparazione dei prodotti. I dati AstraRicerche mostrano che i filetti di merluzzo freschi “costano” il 49% in più dei surgelati, percentuale che tocca il 60% se si considera anche il valore dello spreco alimentare. Analogamente, i fagiolini – che nella versione fresca, necessitano di essere puliti e tagliati alle estremità – superano del 53% il “valore economico” del surgelato (se non tenessimo conto dello spreco, sarebbe comunque +44%). Per quanto riguarda le patate fritte, se è vero che il prodotto fresco ha un prezzo più basso di acquisto rispetto al surgelato, è altrettanto sicuro che richiede impegno e tempo per la pelatura e il taglio e un maggiore dispendio di energia per la cottura; ne deriva, a conti fatti, che il fresco costa l’8% in più del surgelato, che arriva al 12% se si considera lo spreco alimentare, piuttosto comune nel caso delle patate. Per la pizza margherita, si ottiene un sostanziale pareggio tra surgelata e “fatta in casa”, considerando tempi e costi complessivi di entrambe; il vantaggio è invece netto rispetto alla versione delivery. Infine, per preparazioni più complesse come la paella di pesce e verdure, la convenienza del surgelato vs. fresco è inequivocabile: tenuto conto del costo degli ingredienti e dell’impegno e del tempo richiesto per la preparazione, il fresco costa il 246% in più del surgelato (se non considerassimo il valore dello spreco, sarebbe comunque +229%).

Consumatori informati, ma non su tutto
Cresce, dunque, la consapevolezza dei consumatori sull’elevato valore qualitativo dei frozen food e sulla loro “convenience” anche economica, ma permangono ancora alcune credenze erronee sul comparto, su cui è necessario fare corretta informazione. Oggi la maggioranza degli italiani (68,4%) ha imparato che ‘congelato’ e ‘surgelato’ indicano due prodotti differenti, ma circa 2 italiani su 10 li considerano ancora la stessa cosa, in particolare i più giovani (26% GenZ e 28% Millennials). Circa 1 italiano su 2 non sa che non è possibile acquistare prodotti surgelati sfusi, perché devono sempre essere pre-confezionati e il 35,5% non sa che è a casa è possibile solo congelare, non surgelare. Quanto ai metodi migliori di scongelamento, circa 1 italiano su 3 – a torto – considera corretto lasciare scongelare il prodotto a temperatura ambiente e solo il 15% degli italiani sa che un prodotto scongelato può essere ricongelato solo a patto che prima venga cotto. Sul pesce surgelato ci sono più certezze: il 36% del campione sa che i prodotti ittici surgelati mantengono inalterate le caratteristiche nutrizionali dei freschi e sono addirittura più sicuri, perché accuratamente controllati; a questi si aggiunge un ulteriore 26,3% che sostiene non ci siano differenze tra pesce fresco e frozen in termini nutrizionali. Parlando, invece, di verdure surgelate, il 56,3% sa che hanno caratteristiche analoghe a quelle fresche; ma solo il 40,1% afferma che non contengono conservanti.

“In realtà in nessun alimento surgelato, per legge, è possibile aggiungere conservanti allo scopo di prolungarne la vita” precisa ancora Giorgio Donegani. È proprio il freddo a garantire la lunga conservazione di questi prodotti. Parlando di additivi aggiunti, altra fake news da sfatare riguarda la credenza per la quale le verdure surgelate avrebbero un colore brillante grazie all’uso di coloranti. Questo avviene solo perché, prima della surgelazione, gli ortaggi vengono sottoposti ad un adeguato trattamento termico (blanching) necessario per disattivare gli enzimi che ne potrebbero causare il deterioramento ed è così che si fissa il colore naturale, che risulta ancora più brillante. Su questo tema registriamo un dato davvero positivo: finalmente oggi circa la metà del campione che abbiamo intervistato dimostra di esserne a conoscenza”.

E-commerce: crescono arredamento, ricambi auto e food, recupera l’informatica

Nel 2024 gli acquisti online B2C (Business to Consumer) risultano in crescita per un valore di circa 38,6 miliardi di euro (+6% vs 2023): il settore arredamento e home living è il più performante (+12%), seguito da quello di auto e ricambi (+10%) che tocca quota di 3,1 miliardi di euro, e quello food&grocery (+8%) che torna a salire dopo il calo registrato nel 2023. A presentare questi dati è l’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, in occasione del convegno “L’eCommerce B2C in Italia: i principali comparti di prodotto”, che analizza il mercato eCommerce B2C di prodotto e approfondisce le linee di evoluzione dei comparti merceologici abbigliamento, arredamento e home living, auto e ricambi, beauty&pharma, food&grocery e informatica ed elettronica di consumo.

Tra i settori rappresentativi del Made in Italy, l’arredamento e home living (arredo da interno e da esterno, oggettistica e decorazioni, accessori per la cucina, tessile, illuminazione) registra una crescita (+12%) e tocca quota 4,4 miliardi di euro. I progetti più innovativi in via di sperimentazione si concentrano soprattutto sul miglioramento della customer experience grazie a strumenti basati sull’utilizzo dell’extended reality per progettare online i propri spazi e l’offerta di servizi logistici di valore aggiunto come servizi di consegna al piano. Segue auto e ricambi con +10% sul 2023 toccando quota 3,2 miliardi di euro per quanto riguarda la vendita di automobili e pezzi di ricambio online.

Il comparto del food&grocery nei tre i segmenti – food delivery (piatti a domicilio), grocery alimentare (spesa online da supermercato) ed enogastronomia (cibi e bevande di nicchia) – riscontra una crescita del +8% sul 2023 e vale 4,6 miliardi di euro. Anche nel 2024 cresce la percentuale di comuni italiani coperti da almeno un servizio di food delivery (+2% rispetto al 2023) permettendo così al servizio di raggiungere il 76% degli abitanti nel 2024. Inoltre prosegue l’attivazione del servizio di delivery, con una copertura del 30% nei piccoli comuni con meno di 20.000 abitanti. Nel 2024, continua il processo di razionalizzazione dell’offerta di servizi di food delivery: i ristoranti affidano il delivery, infatti, alle grandi piattaforme dedicate a questa tipologia di servizio, mentre gestiscono in-house il take-away con ordine ricevuto online e ritiro nel locale. Per quanto concerne il grocery alimentare la percentuale di abitanti potenzialmente coperti dal servizio di spesa online da supermercato rimane costante rispetto al 2023 (94%): nel 2024 tra le oltre 60 iniziative di spesa online da supermercato attive in Italia, la maggior parte (87%) sono iniziative lanciate da retailer della Gdo.

Il comparto beauty&pharma, che riunisce al suo interno sia i prodotti farmaceutici che quelli destinati alla cura e l’igiene della persona, raggiunge i 2,8 miliardi di euro, +8% rispetto al 2023. Entrambi i segmenti sono sempre di più impegnati a fornire ai clienti assistenza all’acquisto e consulenza personalizzata, anche in ottica di sostenibilità dell’esperienza stessa. L’informatica e elettronica di consumo registrano una crescita del +6% sul 2023 e vale 9 miliardi di euro, mentre chiude la classifica l’abbigliamento (capi di vestiario, scarpe e accessori) che cresce del +5% rispetto al 2023 e raggiunge un valore di 5,8 miliardi di euro. Le principali aree di lavoro per gli operatori del comparto riguardano in particolar modo l’ottimizzazione del second-hand market e il lancio di nuovi marketplace.

“Nel corso di questi primi mesi del 2024, l’eCommerce di prodotto mostra aspetti diversi. Da un lato proseguono gli investimenti nell’ottimizzazione di attività e processi per rimanere competitivi in un contesto altamente instabile. Dall’altro lato si sperimentano progetti più audaci e sofisticati: i retailer più innovativi osano con le innovazioni tecnologiche di frontiera e riscoprono il valore del negozio fisico al fianco dell’iniziativa eCommerce”, dichiara Valentina Pontiggia, Direttrice dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – Politecnico di Milano. “Da segnalare come particolarmente positiva la crescita del comparto food & grocery: un piccolo passo in un comparto così rilevante (principale voce di spesa delle famiglie italiane) e poco maturo (bassa penetrazione) come il food&grocery genera un grande contributo nell’eCommerce totale. Per concludere, dovrebbe crescere molto bene anche il settore auto e ricambi sotto la spinta degli incentivi attesi per l’acquisto di auto elettriche”.

Come cambieranno i consumi delle famiglie italiane nei prossimi anni?

Come cambieranno i consumi degli italiani nel prossimo decennio? Quali saranno le priorità? A queste (e altre) domande hanno cercato di rispondere Christian Centonze, Head of Consumer Advanced Analytics, NIQ, e Mara Galbiati, Head of I – Solution Sinottica, GfK, relatori di “Un viaggio nei consumatori del nostro tempo” andato in scena nell’ambito della 39esima edizione de Linkontro.

Guardando all’assetto familiare, sia per composizione sia per potere d’acquisto, tra un decennio le attuali 6 milioni di famiglie con figli a carico caleranno del 11% con il 75% che disporrà di un reddito sotto la media. Ad oggi, le famiglie senza figli in età centrale sono 7,5 milioni con un reddito oltre la media per il 54% dei casi, mentre le famiglie mature senza figli sono 12,2 milioni con un reddito sopra la media per il 60% che cresceranno del 17% nei prossimi dieci anni raggiungendo un’età media di 60-75 anni. L’impatto del contesto attuale nel Bel Paese si riflette anche sulle scelte di consumo degli italiani che si rivelano categoricamente opposte: da chi pone più attenzione al risparmio scegliendo tra i canali distributivi il discount (+1,9 p.p. nel 2024 vs 2021), a chi modifica radicalmente il carrello della spesa con una variazione del mix che nel 2024 ha impattato sul settore di -1 miliardo di euro (vs 2022), da chi opta per una maggiore frequenza di acquisto con un numero di prodotti medio che registra ora un -8% (vs 2021) a chi seleziona prodotti di qualità e salutari (+20% vs 2019) e di un budget maggiore.

Quattro approcci al futuro che dividono gli italiani
Con un’ormai evidente polarizzazione degli acquisti – tra italiani che cercano più risparmio e chi invece aspira a un maggior valore – per avere un’istantanea prospettica dei consumi e delle opportunità per il mercato, NIQ ha incrociato i dati di consumo con la ricerca sinottica GfK focalizzata sulla propensione aperta o chiusa al futuro e l’interesse verso il singolo o la collettività e individuato quattro diversi approcci: il futuro è ora oppure è un’opportunità da gestire, non esiste e non interessa o addirittura spaventa. Ogni classificazione presenta caratteristiche specifiche rispetto a vari temi attuali e ovviamente anche rispetto agli approcci ai consumi e soprattutto alle esigenze da soddisfare siano esse economiche, sociali e comunicative. Le famiglie con figli a carico ricadono prevalentemente nella sfera che percepisce negativamente il futuro a causa di preoccupazioni presenti a livello economico, al contrario delle famiglie giovani e mature, ovvero nuclei senza figli, che rientrano invece nell’approccio più positivo nei confronti del domani. Nel largo consumo questo si riflette anche negli acquisti: le famiglie con figli oggi rinunciano alla frutta e verdura a favore di un cibo consolatorio al contrario dell’altro gruppo di famiglie mature o senza figli. A seconda di priorità diverse, si analizzano due carrelli totalmente differenti.

Intelligenza artificiale, emergenza climatica e parità di genere
Relativamente all’intelligenza artificiale, gli italiani concentrati solo sul presente indicano questa evoluzione tecnologica come fondamentale per la propria affermazione economica, al contrario dei più timorosi i quali rifiutano l’impiego dell’IA. In merito alla questione dell’emergenza climatica, l’argomento è prioritario per coloro che pensano che il futuro sia un’opportunità da cogliere mentre per chi è centrato sull’oggi è un tema marginale. Caso diverso per la parità di genere in quanto tema sociale e anche aspirazionale che incontra trasversalmente il supporto degli italiani che approcciano al futuro in modo più positivo nonostante siano posizionati anagraficamente su piani differenti.

Leve sociali e comunicazione
Le modalità di ingaggio delle famiglie italiane, anche nel largo consumo, cambiano in base al rapporto col futuro. Per i consumatori più concentrati sull’oggi valgono modalità di stimolo e crescita personale per generare attenzione, per chi pensa che il futuro sia un’opportunità invece avranno più valore modalità incentrate sulla crescita collettiva. Contrariamente, per coloro che non sono interessati al futuro, occorrono modalità di consolazione e aiuto. Infine, a coloro che sono spaventati dal futuro si trasmette rassicurazione e vicinanza. Anche la comunicazione verso i consumatori cambia con il variare dell’anagrafica e al gruppo familiare di appartenenza: chi è più giovane e proiettato al domani predilige canali come il podcast, mentre quotidiani e radio sono i mezzi d’informazione prediletti dalle fasce più mature, coloro che credono nelle opportunità del futuro. Chi è concentrato sulle questioni del presente invece utilizza i canali digitali e i social media, mentre coloro che fruiscono della tv sono più legati ai valori della tradizione.

Coinvolgere ora le famiglie del futuro
Per gli operatori del settore del largo consumo, il target elettivo per l’innovazione di valore sono le famiglie in età centrale e senza figli, le quali – come le famiglie mature senza figli a carico – hanno più potere d’acquisto, una maggiore attenzione al benessere e apertura alla fruizione multicanale. A livello di spesa quotidiana, un punto vendita deve studiare nel dettaglio e analiticamente la propria clientela attuale e prospettica. Conoscere le proporzioni della propria clientela, rispetto ai due gruppi maggiori, offre un’enorme opportunità in termini di ottimizzazione dell’assortimento.

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