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Ecommerce, crescono acquisti per food e beverage. In calo fashion e tech

Secondo una recente ricerca effettuata da NIQ e Foxintelligence dedicata allo stato dell’ecommerce in Europa nei primi sei mesi del 2024, a livello globale il canale online continua a crescere in termini di scelta da parte dei consumatori e tasso di fedeltà. Volgendo lo sguardo ai tre macro mercati – europeo, americano e asiatico – in Europa, per il primo semestre dell’anno, si è registrato un +1% di utilizzatori del canale e un +4% di aumento della frequenza di acquisto online. I dati europei superano il mercato americano, a crescita zero per numero di utenti e al +2% sulla frequenza, e solo l’India con il +13% di numero di acquisti stacca Europa e USA, pur mantenendo solo un +1% di numero di acquirenti.

Analizzando nel dettaglio le categorie, si riscontrano delle differenze di acquisto in Europa sia per scelta di beni e servizi sia per frequenza di scontrino. Nella Top3 di NIQ e Foxintelligence per i Paesi di Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito emerge che il 67% dei consumatori online ha acquistato prodotti della categoria fashion nei primi sei mesi del 2024 (-1,4% rispetto allo stesso periodo del 2023) con una frequenza di acquisto di 5 scontrini (-1,4%). Al secondo posto con il 56% di penetrazione la categoria health & beauty (+2,2 p.p. vs 2023) per 4,3 (+0,9) acquisti e a chiusura del podio il settore high tech al 55% (-0,6%) e 3,8 in termini di frequenza, anche se con valori in calo rispetto all’anno precedente (-2,8 vs 2023). Degno di nota nell’ecommerce è l’aumento di penetrazione e frequenza per i beni di largo consumo e i servizi. Ad esempio, food & near food registra una crescita delle vendite online del +2,1%, arrivando a quota 54% (H1 2024) rispetto al primo semestre del 2023 per 5,6 scontrini emessi (+1,6 p.p. vs 2023) e il settore delivery, che con +0,9 punti registra una penetrazione del 41% e una crescita di ordini dell’8,6% (+1,3%).

Ponendo l’attenzione sull’Italia, nei primi sei mesi del 2024 perdono terreno due pionieri del comparto online come il fashion (19%) e l’high tech (25%). Diversamente, il settore food, beverage & household raggiunge il 7% di quota, registrando una tendenza in rialzo comune a tutti i Paesi europei, alcuni dei quali, però, staccano la penisola per risultato finale. Se Francia e Inghilterra infatti segnano rispettivamente un tasso del 19% e del 16% evidenziando una situazione maggiormente positiva del comparto, la Germania mostra una crescita più modesta, attestandosi infatti al 5% per la categoria food, beverage & household. Scomponendo la spesa nei diversi Paesi europei nei primi sei mesi del 2024, è la Germania, con 1.125€ di spesa media online per persona a detenere il primo posto seguita dalla Gran Bretagna con 997€. Agli inglesi si riconosce l’altro primato, ovvero una frequenza di acquisto maggiore, con una media di 22,7 ordini per consumatore (vs 18,2 della Germania e 14,6 della Francia). Al terzo posto per il budget di spesa la Francia con 951€ e 14,6 numero di ordini in media. Diverse sono le rilevazioni per il Bel Paese dove la spesa online si attesta sui 583€ a persona, quasi la metà rispetto a quella tedesca, con una media di 12 scontrini.

Tra le generazioni di consumatori online in Europa sono i Millennials (anni 1980-1994) a spendere di più con ben 1.091€ nei primi sei mesi dell’anno, anche se il numero di ordini maggiore appartiene alla Gen X (anni 1960-1979) con una frequenza di 20,7 (vs 20,2 Millennials) e una spesa media di 993€. I Baby Boomers (fino al 1959) si attestano invece in terza posizione, con una media di 768€ investiti nel canale online per 18,3 ordini. In fondo alla classifica si trova la Gen Z (dal 1995), con una spesa di 594€ per una frequenza di acquisto di 10,9. Tuttavia, secondo un’analisi internazionale di NIQ denominata “SpendZ”, emergono alcuni elementi significativi relativi ai consumi dei nati dal 1995. Attualmente, a livello demografico globale, la Gen Z risulta essere la più numerosa e rappresenta il 25% della popolazione mondiale, ovvero 2 miliardi di individui, con acquisti che generano 9.800 miliardi di dollari pari al 17,1% della spesa globale (57.600 miliardi di dollari). In futuro, a livello di consumi, questa generazione registrerà in termini di potere di acquisto la crescita maggiore e sarà in grado di superare persino la spesa dei Baby Boomers. Gli acquisti della Gen Z nel 2030 registreranno un valore di 12.600 miliardi di dollari, raggiungendo una quota di spesa globale del 18,7% in contrapposizione al 17,1% dei Baby Boomers. Secondo la ricerca di NIQ, ogni modello di spesa generazionale è costituito da elementi unici, infatti, nel caso specifico del forte sviluppo della Gen Z, è fondamentale intercettare tempestivamente le preferenze di acquisto di oggi e valutare la propensione futura verso prodotti, marca e insegna, pur tenendo in considerazione i bisogni delle altre generazioni.

Infine, anche la percentuale di ordini ecommerce effettuati utilizzando la soluzione “acquista ora, paga dopo”, sottolinea atteggiamenti differenti tra i consumatori europei, contribuendo alla crescita dell’intero comparto online. Nello specifico, in Italia, nel 2024, il 3% degli acquisti è stato eseguito tramite questa modalità di pagamento, dato in risalita di un punto anno su anno dal 2021. L’unico caso eccezionale è la Germania, paese in cui ben il 12% dei pagamenti viene posticipato. Diversa è invece la situazione spagnola, dove la soluzione BNPL (Buy Now, Pay Later) non sembra decollare oltre l’1%.

Gelato sempre più caro, italiani a caccia di promozioni e offerte

In questi anni il costante aumento dei prezzi del gelato sta impattando sulle abitudini di consumo degli italiani che, per contenere la spesa, ricorrono a sconti e offerte. Secondo i dati dell’Osservatorio Shopping dell’app DoveConviene, le ricerche di gelati da parte dei consumatori sono aumentate del +82% nel 2024 rispetto all’anno precedente. Una tendenza giustificata dal costante incremento dei prezzi, che solo negli ultimi due anni ha registrato una crescita complessiva del +29,5%, con un aumento del +16,4% nel 2023 e del +13,1% nel 2022.

A livello regionale, il Trentino-Alto Adige è la regione con il più alto tasso di crescita di ricerche di gelati col miglior rapporto qualità prezzo, con un boom del +194% nel 2024 rispetto al 2023. Medaglia d’argento e di bronzo, invece, per la Toscana e la Valle D’Aosta, dove le ricerche sono aumentate rispettivamente del +89% e del +25%. Chiudono la classifica, al quarto e quinto posto, il Molise e il Lazio, con un aumento del +21% e del +15%. Per quest’estate, i ghiaccioli sono la tipologia di gelato più amata dagli italiani. Disponibili in una grande varietà di gusti, gli stecchi guadagnano la vittoria da Nord a Sud in ben 7 regioni italiane: Emilia-Romagna, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana e Trentino Alto-Adige.

A sua volta, il cornetto Algida difende la propria supremazia in Abruzzo, Campania, Lazio, Marche, Veneto, Sardegna e Sicilia. Anche la vaschetta Carte D’Or trova spazio sulla mappa, affermandosi come il formato preferito in Basilicata, Liguria e Umbria. Corrono invece controcorrente la Calabria e la Valle D’Aosta, dove Magnum e Coppa del Nonno si confermano rispettivamente i gelati preferiti.

IA generativa, Cina leader per utilizzo ma USA in testa per implementazione

Quali sono i Paesi leader nell’utilizzo dell’IA generativa? Secondo un recente studio condotto da Coleman Parkes Research Ltd e promosso da SAS, al primo posto c’è la Cina. I decision maker aziendali del Paese asiatico riferiscono che l’83% delle loro organizzazioni sta già impiegando la GenAI nelle loro attività. Si tratta di un dato superiore a quello del Regno Unito (70%), degli Stati Uniti (65%) e dell’Australia (63%). Le organizzazioni statunitensi però sono in vantaggio in termini di maturità e di completa implementazione, con il 24% rispetto al 19% della Cina e all’11% del Regno Unito.

Cosa significa questo in termini di impatto economico globale dell’intelligenza artificiale e della GenAI? In un report del 2023, McKinsey ha stimato che l’IA generativa potrebbe generare l’equivalente di 2,6 trilioni di dollari a 4,4 trilioni di dollari all’anno in una serie di casi d’uso. Si tratta di un valore paragonabile all’intero PIL del Regno Unito nel 2021. Questo impatto aumenterebbe l’incidenza complessiva dell’intelligenza artificiale dal 15% al 40%. “Sebbene la Cina possa essere in testa nei tassi di adozione della GenAI, una maggiore adozione non equivale necessariamente a un’implementazione efficace o a migliori ritorni”, ha dichiarato Stephen Saw, Managing Director di Coleman Parkes. “In effetti, gli Stati Uniti sono in vantaggio con il 24% delle organizzazioni che hanno implementato completamente la GenAI, rispetto al 19% della Cina.”

Tra i punti salienti dei risultati della survey globale vi sono indicatori che segnalano che le diverse region sono già pienamente convinte dell’IA generativa e stanno iniziando ad adottarla in modo significativo, ma a ritmi diversi. “Con qualsiasi nuova tecnologia, le organizzazioni devono attraversare una fase di scoperta, tenendo separata la concitazione del momento dalla realtà, per comprendere la complessità delle implementazioni in azienda. Con l’IA generativa abbiamo raggiunto questa seconda fase”, ha dichiarato Bryan Harris, Executive Vice President e CTO di SAS. “Dopo l’hype della scoperta, ora le organizzazioni devono saper implementare la GenAI in modo mirato per poi fornire risultati di business ripetibili e affidabili grazie a questa tecnologia.”

Le region che utilizzano e implementano pienamente l’IA generativa nei processi della loro organizzazione a che punto sono? (Percentuale relativa all’implementazione GenAI nei processi aziendali)
Nord America: 20%
APAC: 10%
LATAM: 8%
Europa: 7%

Quali region hanno implementato policy in ambito GenAI? (Percentuale in riferimento alle aziende con policy)
APAC: 71%
Nord America: 63%
Europa: 59%
LATAM: 52%

In che misura le aziende che hanno previsto un investimento nella GenAI nel prossimo esercizio finanziario dispongono di un budget dedicato?
APAC: 94%
Europa: 91%
Nord America: 89%
LATAM: 84%

Come si posizionano i settori specifici in termini di piena implementazione della GenAI e nei processi aziendali?
Settore bancario: 17%
Telco: 15%
Assicurazioni: 11%
Life science: 11%
Servizi professionali: 11%
Retail: 10%
Settore pubblico: 9%
Healthcare: 9%
Manufacturing: 7%
Energia e utility: 6%

Quali settori hanno indicato di utilizzare già l’IA generativa quotidianamente?
Telco: 29%
Retail: 27%
Banche: 23%
Servizi professionali: 23%
Assicurazioni: 22%
Life science: 19%
Assistenza sanitaria: 17%
Energia e utility: 17%
Manufacturing: 16%
Settore pubblico: 13%

Quali dipartimenti all’interno delle organizzazioni stanno utilizzando o pianificando di utilizzare la GenAI?
Sales: 86%
Marketing: 85%
IT: 81%
Finanza: 75%
Produzione: 75%

Solo il 9% dei partecipanti al sondaggio indica di essere estremamente familiare con l’adozione di GenAI da parte della propria organizzazione. Tra gli intervistati le cui organizzazioni hanno implementato pienamente l’IA generativa, solo il 25% dichiara di essere estremamente familiare con la strategia di adozione della GenAI della propria organizzazione. Anche i decision maker responsabili dell’investimento tecnologico non hanno familiarità con l’IA, compresi quelli delle organizzazioni che sono più avanti nella curva di adozione. Nove senior decision maker su 10 del mondo tecnologico ammettono di non comprendere appieno la GenAI e il suo potenziale impatto sui processi aziendali. I CIO, con il 45%, sono in testa alla classifica dei dirigenti che comprendono la strategia di adozione dell’IA della loro organizzazione. Tuttavia, solo il 36% dei Chief Technology Officer (CTO) afferma di essere pienamente aggiornato. Tuttavia, nonostante questo gap di comprensione, la maggior parte delle organizzazioni (75%) dichiara di aver stanziato dei budget da investire nella GenAI per il prossimo anno finanziario.

Surgelati da record, nel 2023 superato il milione di tonnellate

Hanno superato il milione di tonnellate i prodotti surgelati consumati nel 2023 (1.016.358), con una lieve crescita a volume rispetto al 2022 (+0,14%), facendo così segnare un nuovo massimo storico di consumo pro capite annuo che, per la prima volta, supera la barriera dei 17 chili, attestandosi a 17,2 (+2,4% vs. il 2022), per un valore di mercato pari ai 5,8 miliardi di euro, in crescita rispetto agli oltre 5,4 miliardi dell’anno precedente (+6,5%). Questi i numeri hanno spinto il comparto dei surgelati a raggiungere vette mai toccate prima: trainato dal fuori casa, il segmento ha registrato una crescita del +5,3% rispetto all’anno precedente, compensando sia la piccola diminuzione del retail (-1,1%) sia quelle, più significative, del door-to-door (-8%) e dell’e-commerce (-5%). I dati emergono dal “Rapporto Annuale sui Consumi dei prodotti surgelati”, realizzato da IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati, per fotografare l’andamento del comparto in Italia nell’ultimo anno.

“Il 2023 è stato un anno di sfide titaniche: dall’approvvigionamento delle materie prime, ostacolato nei primi mesi dell’anno da eventi climatici estremi come la siccità, alle gravi difficoltà incontrate nella logistica e nei trasporti a livello globale, fino all’implacabile aumento dell’inflazione, particolarmente penalizzante nel comparto alimentare”, spiega il Presidente di IIAS, Giorgio Donegani. “Nonostante queste criticità, il 2023 si è chiuso positivamente, grazie soprattutto alla forte spinta data dal Fuoricasa, che ha riequilibrato il gap creatosi con il Retail, dopo l’uscita definitiva dal biennio dei lockdown (2020-2021) che aveva portato a un boom eccezionale dei consumi domestici (+14% nel 2021 rispetto al 2019). Le rilevazioni condotte sui primi cinque mesi del 2024 rivelano un dato incoraggiante anche in relazione al retail, che indica l’ottima tenuta degli acquisti con un lievissimo calo a volume del -0,5% rispetto all’anno precedente (-1,1%). Un dato positivo che non stupisce, dato l’apprezzamento ormai unanime degli italiani verso questi prodotti”.

Surgelati: un valore di mercato che ha raggiunto i 5,8 miliardi di euro
Nel 2023, i consumi di surgelati tra le mura domestiche hanno raggiunto le 644.075 tonnellate e nel Fuoricasa hanno toccato quota 295.812. Se si aggiungono anche le 66.971 del “door to door” e le 9.500 dell’e-commerce, si capisce come nel comparto frozen sia stato registrato lo scorso anno un nuovo massimo storico, oltrepassando la soglia del milione di tonnellate consumate, per un valore di mercato pari a 5,8 miliardi di euro (+6,5% vs. il 2022). A conferma della forza crescente del settore che, nonostante le numerose criticità incontrate negli ultimi anni (dalla pandemia alla crisi energetica, dal boom dei prezzi delle materie prime all’inasprirsi delle relazioni internazionali), ha manifestato una grande stabilità. Infatti, sebbene il canale retail abbia registrato una leggera diminuzione a volume vs. il 2022 (-1,1%) – largamente anticipata dopo anni di espansione eccezionale – la diffusione dei prodotti surgelati tra le famiglie italiane è rimasta comunque alta, con un aumento nei consumi domestici di quasi dieci punti percentuali (+9,4%) rispetto ai livelli pre-pandemici (2019).

Trend consumi: sul podio le patate insieme a vegetali e ittici surgelati
Scendendo nel dettaglio dell’analisi delle singole categorie merceologiche, anche nel 2023 troviamo a confermare la propria leadership per volumi consumati nel retail, i vegetali, con oltre 215.000 tonnellate (nonostante una lieve diminuzione rispetto al 2022 del-1,9%). I vegetali preparati (con 22.380 tonnellate) registrano invece una performance pienamente positiva, conquistando un +3,7% vs. il 2022 e ribadendo, ancora una volta, il ruolo dei vegetali surgelati come ‘comfort food’, scelti per la loro capacità di soddisfare la richiesta di benessere e di elevati contenuti nutrizionali che da sempre li accompagnano. Gusto e facilità di preparazione sono invece le prerogative che hanno spinto le patate surgelate al secondo posto tra le preferenze degli italiani. Nel 2023, le patate hanno registrato la performance più positiva del comparto, con circa 110.500 tonnellate acquistate e una crescita del +8% vs. 2022 (102.400 tonnellate).

Sicuri, nutrienti e facili da preparare, i prodotti ittici surgelati conquistano il terzo posto del podio, toccando le 92.500 tonnellate, tra ittico preparato panato (oltre 33.000 tonnellate) e pesce naturale (59.000). Seguono, al quarto posto in classifica, i piatti pronti, ossia primi e secondi piatti, contorni ricettati e alimenti con proteine vegetali, che si attestano su oltre 66.600 tonnellate (registrando un lieve calo del -1,1% rispetto alle quasi 67.500 tonnellate del 2022). L’alta qualità degli ingredienti, le ricettazioni sia tradizionali sia innovative, la velocità di preparazione e l’attenzione all’equilibrio nutrizionale si confermano i fattori chiave del loro successo tra le famiglie italiane.

Discorso a parte meritano le pizze surgelate: se da un lato, nel 2023 hanno raggiunto le 63.500 tonnellate, con una diminuzione del -6,2% rispetto alle quasi 68.000 tonnellate del 2022; dall’altro, tale riduzione è da ascriversi essenzialmente alla ripresa dei consumi fuori casa. Va comunque segnalato come questo segmento prosegua nell’innovazione introducendo, ad esempio, nuovi formati e ingredienti, per restare al passo con le diverse esigenze dei consumatori. Da non dimenticare, infine, sono le specialità salate (pancake e altri prodotti), che hanno mantenuto quota 33.300 tonnellate (con una lieve diminuzione dello 0,5% rispetto alle 33.400 tonnellate del 2022) e le carni surgelate, con 15.700 tonnellate nel 2023 (-3% vs. 2022). Tra gli altri segmenti, spicca la performance positiva di pane e paste surgelate, che hanno registrato un aumento del +1,3% vs. il 2022, raggiungendo oltre 5.730 tonnellate.

“Come dimostrano i dati del nostro Annual Report, negli ultimi anni i surgelati hanno dimostrato di essere ottimi ‘alleati’ dei consumatori in ogni occasione – aggiunge Donegani. Tra le ragioni alla base di questo apprezzamento ci sono anche il gusto e la convenienza economica che questi prodotti garantiscono, come confermano le evidenze emerse da due recenti ricerche che abbiamo condotto quest’anno, per la prima volta, con la società AstraRicerche. È emerso infatti che per oltre la metà degli italiani, al palato i prodotti surgelati risultano preferiti ai freschi per bontà, consistenza e percezione di freschezza: lo sostengono i risultati di un ‘Blind Taste Test’, secondo cui per il 61% degli intervistati il gusto del minestrone surgelato è migliore del fresco; per il 64% lo è quello del merluzzo e per il 66% i fagiolini in versione frozen sono più buoni dei freschi. Anche in termini di convenienza economica, i surgelati hanno abbattuto un vecchio tabù, rivelandosi meno costosi dei freschi: come confermano le rilevazioni effettuate, se si considera il loro valore totale (risultante dalla somma di: costi d’acquisto + tempi di preparazione + valore dello spreco alimentare), i fagiolini freschi, ad esempio, “costano” il 53% in più dei surgelati; i filetti di merluzzo il 60% in più; e per preparazioni più complesse come la paella, si arriva addirittura a una differenza del 246% a favore del prodotto frozen” conclude il Presidente di IIAS.

Coop Alleanza 3.0, nel 2023 vendute oltre 5.000 tonnellate di pesce

È il salmone, in filetti o tranci, il pesce più venduto nel 2023 nei negozi di Coop Alleanza 3.0. Seguono l’orata e il pesce spada mentre vongole e polpi chiudono la classifica. Sono oltre 5.200 le tonnellate di pesce venduto nel 2023, per un giro d’affari complessivo di quasi 90 milioni di euro. Rispetto al 2022, nel 2023 è cresciuto il consumo di crostacei che vede un giro d’affari di affari di oltre 2 milioni di euro e quello del confezionato in punto vendita che sale a oltre 3,5 milioni di euro. Cala invece il consumo di pesce intero o eviscerato che si attesta poco sotto i 18 milioni di ero di vendite del 2022. Anche nel comparto ittico, il prodotto a marchio Coop è tra i più venduti, a riprova dell’affidabilità e della qualità espressa dalle linee Fior Fiore, Origine e Vivi Verde.

Se si guarda alla distribuzione geografica del consumo di pesce, si può notare come esso sia naturalmente preferito nelle aree costiere. Nella zona della Romagna sono state vendute oltre 385 tonnellate (di cui 40 di prodotto a marchio) mentre a Bologna si sfiorano le 80 (14 di prodotto a marchio). In Puglia le tonnellate salgono a 328 (30 di prodotto a marchio) e quasi 100 nella zona costiera tra Veneto e Friuli (20 di prodotto a marchio). A Bologna è la coda di mazzancolla a regnare sulle tavole, seguita da pesce spada, misto fritto e l’immancabile salmone. Primo prodotto a marchio in città resta l’orata Coop Origine. Ad Ancona, dopo il salmone, sono orata e alici le preferite. A Bari primeggia l’orata seguite da cozze e seppie mentre a Brindisi si affianca all’orata il salmone e il pesce spada. A Taranto torna sulle tavole la seppia mentre a Rimini si cucinano più spesso mazzancolle e vongole insieme al salmone. A Trieste tra i primi 5 prodotti venduti compare il branzino mentre a Venezia i gamberi.

Tra i prodotti a marchio, si segnala in crescita la linea ViviVerde lanciata nel 2009, che concretizza la visione di Coop sulla relazione sinergica tra tutela dell’ambiente e benessere delle persone. L’offerta dell’ittico Vivi Verde oggi comprende: orata, branzino, vongole veraci, cozze ed è in arrivo una novità bio: il salmone fresco Vivi Verde. Inoltre, a marchio ViviVerde è prodotta la vongola Lupino biologica, allevata e raccolta in prossimità dell’area marina dell’Alto Adriatico, proprio di fronte alla fascia costiera del Litorale della Brussa, appartenente all’Oasi Naturalistica di Vallevecchia, a Caorle, riconosciuta dalla Comunità Europea come Zona di Protezione Speciale e Sito di Importanza Comunitaria, oltre ad essere certificata come area di produzione biologica. Infatti è proprio qui che, a poche centinaia di metri dalla costa, sui fondi sabbiosi, vivono i riproduttori e vengono gestite le attività di nursery, secondo i normali tempi di accrescimento. Una volta raggiunta l’età adulta i molluschi vengono raccolti dai pescherecci, che praticano la pesca sostenibile, nel rigoroso rispetto dell’ecosistema del mare. Le Vongole Lupino biologiche ViviVerde sono un prodotto autoctono, 100% italiano, di eccellente qualità riconosciuta come proveniente da un’innovativa attività di molluschicultura da fondo, una maricoltura praticata in mare aperto, dove le acque e gli stessi molluschi che le popolano sono sotto il costante controllo degli organi di vigilanza competenti.

Prodotti healthy: boom per avocado, caramello e mango, giù açai, goji e kamut

Sono quasi 14 mila i prodotti alimentari venduti in supermercati e ipermercati italiani che evidenziano sull’etichetta la presenza di un ingrediente benefico. Tuttavia questo non basta a spingerne i volumi di vendita, che nel 2023 sono diminuiti di -5,6% a fronte di un aumento di +9,4% a valore, superando i 4,4 miliardi di euro. A rilevarlo è la nuova edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che monitora i fenomeni di consumo nella Gdo incrociando le informazioni sulle etichette di oltre 139 mila prodotti digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi e i dati di NielsenIQ di venduto e consumo.

Complessivamente l’Osservatorio Immagino ha monitorato la presenza a scaffale e il trend di vendita di 40 ingredienti healthy, ripartiti tra superfruit, spezie, semi, cereali speciali/farine, superfood, dolcificanti e traditional. Tra questi, il cacao resta il n.1 per giro d’affari (3,2% di quota sul totale delle vendite in valore), seguito da nocciola, limone e mandorla. I top performer dell’anno a valore, invece, sono l’avocado (+33,5%), il caramello (+25,9%), il mango (+24,0%) e l’olio di riso (+21,0%).

L’Osservatorio Immagino ha poi individuato 12 ingredienti che hanno aumentato le vendite sia a valore che a volume:

Avocado: +24,1% a volume e +33,5% a valore
Burro di arachidi: +10,7% a volume e +15,7% a valore
Olio di riso: +5,3% a volume e +21,0% a valore
Anacardi: +5,2% a volume e +18,8% a valore
Avena: +4,1% a volume e +18,6% a valore
Spirulina: +4,1% a volume e +7,8% a valore
Tahina: +2,7% a volume e +7,3% a valore
Farina di riso: +1,6% a volume e +18,5% a valore
Ginseng: +1,4% a volume e +15,5% a valore
Pappa reale: +0,8% a volume e +6,8% a valore
Matcha: +0,7% a volume e +11,4% a valore
Acqua di cocco: +0,6% a volume e +4,4% a valore

A perdere, invece, terreno a valore sono stati açai (-36,1% a valore e -41,0% a volume), goji (-23,0% e -25,9%), germe di grano (-14,3% e -19,2%), kamut (-11,5% e -21,0%), curcuma (-8,1% e -17,0%), edamame (-7,9% e -13,8%), canapa (-7,9% e -11,9%), zenzero (-1,4% e -10,0%), cannella (-1,4% e -8,1%).

A maggio sale il fatturato della Gdo (9,5 miliardi), in ripresa ittico e ortofrutta

Durante lo scorso maggio secondo NIQ (NielsenIQ), che ne “Lo stato del Largo Consumo in Italia” analizza mensilmente l’andamento dei consumi e delle abitudini di acquisto delle famiglie italiane, il fatturato registrato dalla Gdo a totale Omnichannel in Italia ha raggiunto 9,5 miliardi di euro: un trend positivo del +2,7%, rispetto alla performance dello stesso mese nel 2023. Sempre a maggio inoltre l’indice di inflazione teorica nel largo consumo confezionato (lcc), ha registrato una diminuzione di 0,4 punti percentuali (dato congiunturale) rispetto al valore di aprile segnando un +0,8% a Totale Italia Omnichannel e una variazione reale dei prezzi del -0,4%. L’analisi di NIQ sottolinea quindi un andamento positivo per la maggioranza dei canali distributivi, e questa tendenza è guidata da specialisti drug (+9,6%), seguiti da discount (+3,8%), supermercati (+3,4%) e superstore (+2,1%). Tuttavia, vi è una diminuzione dell’andamento del fatturato nei canali iper>4500 (-1,5%) e liberi servizi (-1,4%).

Trend in crescita anche per le vendite in promozione, con un’incidenza promozionale del 24,4% per il mese di maggio 2024 a totale Italia (+1,2 pp. rispetto allo stesso mese del 2023). Sul fronte dei prodotti a marchio del distributore (mdd), a maggio la quota registra il 23,1% del lcc nel perimetro iper, super e liberi servizi, mentre a Totale Italia Omnichannel si attesta al 32% (discount inclusi).

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa
Tenendo presente il rapporto tra valori e volumi a totale Italia Omnichannel, nel comparto grocery, a maggio l’indagine di NIQ evidenzia un trend in crescita a valore del +2% (vs 2023) e una risalita dei volumi pari a 2,4%. Nel mese di maggio, tra le aree merceologiche che hanno registrato un’importante crescita rispetto al 2023 si evidenziano i prodotti ittici con l’incremento a valore del +12,1% e del 20,6% a volume, seguiti dai prodotti ortofrutta con un +6% a valore e +6,7% a volume. A questi si somma il caso delle carni con un valore a crescita zero e una quota a volume del +4,5%. In generale, per quanto riguarda i volumi si rileva un trend positivo per tutti i comparti.

In merito all’andamento dei volumi dei canali distributivi a totale grocery, spicca la crescita degli specialisti drug con il +5,8% rispetto a maggio 2023 e il +7,7% a valore, seguiti dai discount al +4,4% (+2% a valore) e dai supermercati che registrano un indice del +2,9% di risalita dei volumi e un +3% a valore. Per quanto riguarda il fresco (peso fisso + peso variabile) risulta in crescita in tutti i canali distributivi, ad eccezione degli iper>4500 (-0,3%). Tra le categorie merceologiche più dinamiche all’interno del comparto, frutta e verdura con il +6,7% detiene il primo posto, seguita subito dopo da pane & pasticceria & pasta (+5,5%) e gastronomia (+4,2%). La salumeria invece si attesta come la categoria con il trend più basso rispetto alle altre (-0,8%).

Ferramenta e bricolage, un comparto da quasi 17 miliardi e oltre 4mila aziende

Fra il 2019 e il 2022 il fatturato delle imprese del settore ferramenta, fai-da-te e bricolage è cresciuto del 34,6% arrivando complessivamente a 16,9 miliardi. Il dato affiora dalla nuova ricerca di Assofermet e Creditsafe, che fotografa un comparto decisamente in salute. Il numero di dipendenti, che supera quota 72 mila, è aumentato. È cambiata anche la fisionomia delle imprese, con un numero maggiore di dipendenti medi per azienda, e una crescita del numero di società di capitali, 6.303 in tutta la Penisola. Complessivamente le aziende del settore, secondo i codici Ateco analizzati, sono 19.396, di cui 4.420 imprese grossiste e 14.976 dettaglianti.

Per gli indicatori economici, in particolare sono stati approfonditi i bilanci di tutte le 4000 aziende del settore che mettono a disposizione i loro dati. Il fatturato complessivo è passato da 12,57 miliardi nell’ultimo anno prima del Covid a 16,9 miliardi nel 2022 (i dati del 2023 non sono ancora disponibili). Una media che include l’aumento del 41,4% per le aziende grossiste e del 25,7% per le ferramenta al dettaglio. Il margine operativo lordo è aumentato enormemente, in media dell’82,1%: da 876 milioni nel 2019 a 1,5 miliardi nel 2022. La crescita del MOL è stata del 119% per i grossisti e del 41,3% per il commercio al dettaglio. In questo contesto, gioca un ruolo fondamentale l’aumento degli investimenti: si arriva a 2,3 miliardi di investimenti in immobilizzazioni materiali (+18%) e a 281 milioni per impianti e macchinari (+52,3%). Le varie crisi internazionali che si sono succedute negli ultimi anni hanno portato anche per le ferramenta un aumento dei listini. Il costo della produzione è aumentato complessivamente del 30,7%, passando da 12,30 miliardi nel 2019 a 16 miliardi tre anni più tardi.

Andamento fatturato


Andamento EBITDA

Il settore ferramenta è fortemente trainato dal commercio all’ingrosso. I dati complessivi dimostrano che sono le imprese grossiste a ottenere i risultati economici migliori. L’analisi mirata condotta su 58 grossisti italiani nell’ambito dello studio esplicita lo stesso trend. Si tratta di uno studio approfondito su alcune delle aziende considerate più rilevanti sul mercato. Solo loro hanno registrato un fatturato di 1,4 miliardi nel 2022, con una crescita del 23,7% rispetto al 2019. L’utile è salito del 93%, arrivando a quota 51,7 milioni nel 2022. Il patrimonio netto, poi, si è attestato a 672,3 milioni, registrando nel 2022 una crescita del 34% rispetto a tre anni prima. Sono dati che indicano che il settore continua a essere in grande espansione anche a distanza di anni dallo scoppio della pandemia. Lo dimostra anche il margine operativo lordo, che per queste 58 aziende è cresciuto del 63,4% arrivando a 101 milioni (era 62 milioni nel 2019). Infine, c’è stato un incremento anche per il numero dei dipendenti, che hanno sfiorato le 2.900 persone impiegate.

Tornando ai dati sulla ricerca complessiva, anche per la totalità del settore il numero dei dipendenti è aumentato. Nel 2023, nelle ferramenta italiane lavorava il 5,3% di persone in più: da 68.500 lavoratori si è passati a 72.165. In ciascuna delle 19.396 imprese del settore lavorano in media 3,7 dipendenti, una quota più alta rispetto ai 3,3 del 2019. La media sale a 6,2 dipendenti per azienda nel caso dei grossisti, mentre si attesta a 3 per le imprese che commerciano al dettaglio.

Andamento numeri dipendenti

“In Italia possiamo contare su grossisti della ferramenta che mantengono inalterata negli anni la loro forza trainante ed innovativa, facendo investimenti e consolidando imprese e fatturati. A loro si uniscono i dettaglianti di prossimità, che crescono in termini di dimensioni aziendali ma che continuano a rappresentare un punto di riferimento per la vita di tutti i giorni degli italiani. È innegabile che abbiamo assistito alle chiusure di alcune attività, un fenomeno diffuso in tutti i settori economici negli ultimi anni. Tuttavia, il quadro rimane complessivamente positivo: c’è stato un forte consolidamento delle imprese, sono aumentati i dipendenti e le società di capitali” ha dichiarato Sabrina Canese, Presidente di Assofermet Ferramenta. “Per Assofermet Ferramenta rappresentare 17 miliardi di fatturato e 72 mila dipendenti significa avere una responsabilità di fronte alle istituzioni, che intercettiamo regolarmente consapevoli del peso specifico che il nostro settore rappresenta”.

Prodotti irrinunciabili per gli italiani: made in Italy, free from ed healthy

Nonostante l’effetto inflazione continui a farsi sentire, ci sono prodotti che gli italiani non possono proprio esimersi dal mettere nel carrello della spesa come quelli con certificazione DOP, quelli ricchi in proteine, quelli con meno zuccheri o senza uova, quelli privi di glifosato o a residuo zero, quelli realizzati in modo artigianale o di tradizione regionale, quelli vegani o certificati Halal. Questi (e molti altri) sono i fenomeni-chiave del 2023 individuati dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, il report semestrale che analizza e racconta i cambiamenti del carrello della spesa partendo dalle informazioni presenti sulle etichette di 139.302 prodotti, responsabili dell’83,1% del giro d’affari 2023 del canale supermercati e ipermercati.

“L’Osservatorio Immagino continua a monitorare l’andamento dei fenomeni più diffusi e impattanti nel largo consumo individuando nuovi e inesplorati trend di consumo, perché industria e distribuzione arricchiscono continuamente le etichette di nuove informazioni, ritenendole un importante mezzo di comunicazione con lo shopper” sottolinea Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. “Ecco perché la metodologia innovativa adottata per l’Osservatorio Immagino, basata sui prodotti digitalizzati da Immagino di GS1 Italy Servizi e le rilevazioni di NielsenIQ, dimostra di reggere alla prova degli anni e si conferma sempre di grande modernità e attualità”.

I 13 macro-fenomeni della spesa degli italiani
La quindicesima edizione dell’Osservatorio Immagino ha monitorato l’evoluzione della composizione e delle vendite, in valore e volume, di 11 panieri, tra food e non food, che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo:

  • Il richiamo dell’italianità: il “made in Italy”, le Dop/Igp e le regioni in etichetta.
  • Il mondo del free from: i trend consolidati ed emergenti dei claim “senza”.
  • Il mondo del rich-in: quali cibi ricchi o arricchiti guidano il mercato.
  • Il tema delle intolleranze: la dinamica del “senza glutine” e del “senza lattosio”.
  • Il cibo identitario (lifestyle): vegetariano, vegano, biologico, halal e kosher.
  • Il mondo di loghi e certificazioni: Fairtrade, Ecolabel, Cruelty free e altro ancora.
  • Gli ingredienti benefici: dall’avocado al burro d’arachidi, i sapori del momento.
  • Il metodo di lavorazione: la comunicazione di procedure di lavorazione.
  • La texture dei prodotti: morbido o croccante? Le consistenze espresse on-pack.
  • Il cura persona: i claim più diffusi, con un focus sui prodotti naturali e biologici.
  • Il cura casa green: i prodotti per la pulizia attenti all’ambiente.

Oltre a questi panieri, l’Osservatorio Immagino continua il monitoraggio del valore nutrizionale della spesa media italiana (metaprodotto Immagino) e conferma il suo approfondimento sulla sostenibilità, analizzando la presenza in etichetta delle informazioni sul corretto riciclo degli imballaggi e le performance di vendita dei prodotti dotati di claim, certificazioni e indicazioni ambientali. Infine, come in ogni edizione, l’Osservatorio Immagino propone un dossier tematico, stavolta dedicato alla comunicazione in etichetta dei gusti dei prodotti alimentari.

I 36 claim in crescita a volume del 2023
Negli 11 panieri analizzati, tra gli oltre 100 claim, loghi e certificazioni di cui l’Osservatorio Immagino monitora l’andamento nel canale supermercati e ipermercati, ce ne sono 30 che nel 2023 sono andati in controtendenza, registrando vendite in crescita non solo a valore ma anche a volume.

DOP: +1,6% a volume e +9,1% a valore.
Filiera: +0,9% a volume e +12,7% a valore.
Regione/regionale: +10,6% a volume e +14,9% a valore.
Puglia: +0,9% a volume e +12,8% a valore.
Molise: +9,2% a volume e +17,3% a valore.
Abruzzo: +0,6% a volume e +5,2% a valore.
Basilicata: +4,3% a volume e +12,0% a valore.
Valle d’Aosta: +6,2% a volume e +12,7% a valore.
Pochi grassi: +0,4% a volume e +11,5% a valore.
Pochi zuccheri: +1,9% a volume e +18,3% a valore.
Senza zuccheri aggiunti: +5,4% a volume e +18,5% a valore.
Senza grassi idrogenati: +1,7% a volume e +15,2% a valore.
Senza aspartame: +5,1% a volume e +10,8% a valore
Senza/con uso limitato di pesticidi: +4,1% a volume e +10,7% a valore
Residuo zero/zero residui/senza residui: +43,4% a volume e +67,4% a valore.
Senza glifosato: +34,2% a volume e +42,2% a valore.
Proteine: +1,2% a volume e +12,8% a valore
Con fermenti lattici: +0,3% a volume e +12,1% a valore
Senza uova: +3,6% a volume e +12,8% a valore
Vegano: +0,2% a volume e +11,9% a valore.
Halal: +5,9% a volume e +16,7% a valore.
Ecolabel: +1,9% a volume e +15,6% a valore.
Cruelty free: +0,8% a volume e +11,3% a valore.
Artigianale: +17,1% a volume e +21,6% a valore
Essiccazione: +3,1% a volume e +7,8% a valore
Cremoso: +0,1% a volume e +15,0% a valore
Morbido: +1,3% a volume e +14,2% a valore
Ruvido: +0,9% a volume e +13,7% a valore
Cura persona
Senza alcol: +0,3% a volume e +10,2% a valore.
Senza profumo: +5,1% a volume e +14,5% a valore.
Con acido ialuronico: +4,4% a volume e +16,4% a valore.
Con probiotici/prebiotici: +26,3% a volume e +36,7% a valore.
Con collagene: +3,2% a volume e +11,4% a valore.
Con retinolo: +1,5% a volume e +6,1% a valore.
Ingredienti di origine naturale: +13,4% a volume e +24,5% a valore.
Con avena: +5,2% a volume e +12,2% a valore

Distretti agroalimentari in crescita: nel 2023 export a 27 miliardi (+4,5%). Soffre il vino

I distretti agroalimentari archiviano il 2023 con un bilancio positivo: le esportazioni sfiorano quota 27 miliardi di euro, con un progresso del 4,5%, quasi 1,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Il risultato è in linea con quello registrato dal totale export agroalimentare italiano, che ha segnato un +5,8% nel 2023 (i distretti ne rappresentano il 43%). A mettere nero su bianco i dati il Monitor curato dal Research Department di Intesa Sanpaolo.

“Il grande apprezzamento all’estero di alimenti e bevande italiani continua a crescere e a rendere sempre di maggior interesse per le aziende rafforzare la propria presenza nei mercati stranieri” ha dichiarato Massimiliano Cattozzi, Responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo. “A servizio di questo sviluppo e della competitività, abbiamo destinato 20 miliardi di euro al comparto grazie all’accordo siglato con il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, insieme a Cassa Depositi e Prestiti. Un intervento a cui si accede grazie a linee di finanziamento come Crescita Agri, parte del programma Il tuo futuro è la nostra impresa, dedicata ad investimenti in azienda modulabili sul ciclo produttivo della filiera di appartenenza per soluzioni di efficientamento energetico e crescita internazionale”.

L’unica filiera a mostrare un segno leggermente negativo nell’evoluzione annuale è quella del vino, che recupera parzialmente nell’ultimo trimestre del 2023 e realizza nel complesso dell’anno solo un lieve calo in valore (-0,7% rispetto al 2022), determinato soprattutto dall’arretramento sui mercati nordamericani (Stati Uniti -7,4% e Canada -9%). Tra i distretti, spicca positivamente la performance del prosecco di Conegliano-Valdobbiadene (+4,3%), a cui si aggiungono i vini e distillati del Friuli (+9,2%), di Bolzano (+6,6%) e di Trento (+2,3%). Soffrono invece tre grandi distretti, territori di produzione di importanti vini rossi italiani, i vini di Langhe, Roero e Monferrato (-4,4%), i vini dei colli fiorentini e senesi (-4,5%) e i vini del veronese (-1,9%), tutti con marcati arretramenti oltreoceano, anche se bisogna rilevare che negli anni passati i buyer statunitensi avevano fatto importanti scorte di vino italiano, favorite anche da un dollaro forte e da un effetto cambio favorevole.

Rallenta, ma resta in territorio positivo, la filiera della pasta e dolci: il lieve calo del quarto trimestre (-0,6% tendenziale) non pregiudica il bilancio positivo dell’anno 2023 (+4,8%) ossia 214 milioni di vendite in più sui mercati esteri. Di questi, ben 142 milioni sono stati realizzati dal comparto pasta e dolci dell’alimentare di Parma. Ottima performance anche per i dolci di Alba e Cuneo, con un +5% nel 2023; registrano invece una battuta d’arresto i comparti pasta e dolci dei due distretti campani: -4% per l’alimentare napoletano; -10,4% per l’alimentare di Avellino.

Recupera invece la filiera dei distretti agricoli, grazie all’ottimo risultato del quarto trimestre del 2023 (+14,2%) che riporta in positivo il bilancio dell’intero anno (+3,2% rispetto al 2022). Ottimo recupero per l’ortofrutta romagnola: nonostante i danni prodotti dall’alluvione e dalle gelate primaverili, chiude in positivo il 2023 (+1,7% rispetto al 2022). Esportazioni in forte crescita nel 2023 per il distretto dell’agricoltura della Sicilia sud-orientale, che al suo interno ricomprende anche le zone di produzione del pomodoro di Pachino IGP (+38,4%). Ottimi risultati anche per l’ortofrutta dell’Agro Pontino, con un balzo di circa 29 milioni (+14%) di cui 22 verso la Germania (+22%). Arretrano leggermente l’ortofrutta del barese, (-3,3%), e le mele dell’Alto-Adige (-1,8%). Nel 2023 risultati molto positivi anche per la filiera delle conserve (+10,1%), determinata soprattutto dal principale distretto del comparto, le conserve di Nocera (+10,3%). Ottime performance anche per i comparti conservieri dell’alimentare di Parma (+24%) e dell’ortofrutta e conserve del foggiano (+21%); ha registrato una lieve contrazione solo il comparto conserve dell’alimentare di Avellino (-2%).

Luci e ombre all’interno della filiera delle carni, che nel complesso registra un +5,6% di crescita tendenziale nel 2023, ma nasconde dinamiche contrapposte tra i distretti che la compongono: progressi a due cifre per carni di Verona (+12%), salumi di Parma (+12,7%), salumi dell’Alto-Adige (+14,3%), che aggiunte al buon risultato dei salumi del modenese (+5,9%) riescono a compensare i cali delle carni e salumi di Cremona e Mantova (-13,3%), e dei salumi di Reggio Emilia (-11%). Il settore avicolo sembra entrato in una fase di normalizzazione, mentre il mercato suinicolo mondiale è ancora influenzato dalle problematiche legate alla diffusione della peste suina. Dinamica nel complesso positiva anche per la filiera del lattiero-caseario (+2,6% nel 2023): alle lievi contrazioni dei distretti della Lombardia (-2,1%) e di Reggio Emilia (-2,7%) si contrappongono le buone performance del distretto parmense (+11,5%), di quello sardo (+9,8%) e della mozzarella di bufala campana (+7,4%). Non si arresta la crescita a valore dei distretti dell’olio (+15,1%) dovuta in particolare al contributo dell’olio toscano, il principale distretto della filiera (+17,8%), ma anche all’exploit del comparto olivicolo del distretto dell’olio e pasta del barese (+30%). Sostanzialmente stabile l’olio umbro (-0,9%). Sul fronte dei prezzi, Il 2023 è stato un anno record nei listini degli oli di oliva: la scarsa produzione (anche da parte della Spagna) ha fatto crescere il prezzo alla produzione dell’olio evo italiano di circa il 50%.

Nella filiera del riso, entrambi i distretti realizzano crescite in valore a due cifre: Pavia +15,9% e Vercelli + 26,1%. La scarsa produzione mondiale causata dalla siccità, unita al blocco delle esportazioni da parte dell’India, ha spinto i listini del riso bianco ai massimi nel 2023. Progressi anche per la filiere del caffè (+5,3%), dove spicca il distretto del caffè e confetterie del napoletano (+13,7%). Il caffè di Trieste mostra un progresso dell’8% nel 2023; bene anche il distretto del caffè, confetterie e cioccolato torinese (+2,4%). Positivo il bilancio del 2023 anche per il distretto dell’ittico del Polesine e del Veneziano (+6,1%): i progressi verso Germania (+21%) e Croazia (+13,5%) compensano i cali sui mercati francese (-12%) e spagnolo (-3%). La Germania si conferma il primo partner commerciale per i prodotti dei distretti agroalimentari: il rallentamento dell’economia tedesca nel 2023 non ha ridotto le vendite verso questo mercato (+6,7% nel 2023). Chiudono invece in territorio leggermente negativo i flussi verso gli Stati Uniti (-1,4%), mentre crescono in Francia (+7,5%) e nel Regno Unito (+6,6%). Le economie emergenti, che rappresentano il 20% del totale delle esportazioni distrettuali agroalimentari, segnano nel complesso un progresso del 2,9% nel 2023 (rispetto al +4,9% delle economie avanzate).

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