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Italian sounding, il mercato del falso made in Italy vale più dell’export

La Lombardia è la regione italiana più colpita dal fenomeno dell’italian sounding con un impatto economico negativo pari a 10,2 miliardi di euro l’anno, seguita da Veneto (10 miliardi di euro), ed Emilia-Romagna (9,9 miliardi di euro). A rivelarlo sono i dati della ricerca di The European House – Ambrosetti, realizzata in occasione dell’ottavo forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” di Bormio, che inoltre evidenzia come l’imitazione all’estero di prodotti del territorio abbia precluso quasi 9 miliardi di euro di vendite oltre-confine per il Piemonte (8,7), 5,5 per la Campania, e 3,5 miliardi di euro per la Toscana che vede colpiti soprattutto i suoi olii extra vergine di oliva e vini. Anche il Trentino-Alto Adige (3,3 miliardi di euro), è esposto più della Puglia (impatto di 2,8 miliardi di euro) che soffre per l’imitazione di olio e prodotti agricoli. La Sicilia (1,7 miliardi di euro) è più colpita del Friuli Venezia Giulia (1,6 miliardi di euro) che subisce specialmente l’imitazione dei suoi prosciutti. L’impatto dell’italian sounding sulle altre regioni italiane si attesta complessivamente a 6,3 miliardi di euro nel 2023.

“Le regioni più colpite dal fenomeno sono quelle che concentrano la propria esportazione su prodotti ad alta intensità di italian sounding, come i prodotti a base di carne o i prodotti lattiero-caseari, così come verso i Paesi più sensibili al fenomeno (Giappone, Brasile e Germania)” spiega Valerio De Molli, Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti. “La tutela del Made in Italy è una priorità e l’implementazione di nuovi regolamenti DOP e IGP a partire dal 2024 rappresenta un passo significativo in questa direzione. Le associazioni di produttori avranno maggiori poteri per combattere pratiche ingannevoli, dare maggiore trasparenza ai consumatori e generare un valore aggiunto concreto per l’economia: nel 2023 il fenomeno dell’italian sounding nel mondo ha superato quello dell’export agroalimentare: 63 miliardi di euro contro i 62 di esportazioni”.

Come analizzato nel dettaglio da The European House-Ambrosetti, nel 2023 i consumatori esteri hanno acquistato 63 miliardi di prodotti tipici italiani “falsificati” che non provengono dal nostro Paese. Questo significa che il valore dell’export food&beverage italiano sarebbe più che raddoppiato a 126 miliardi di euro sommati ai 62 miliardi di export agroalimentare di vero Made in Italy. “L’italian sounding è competitivo grazie a prezzi mediamente inferiori del 57% rispetto ai prodotti originali. Negli Stati Uniti, ad esempio, il prezzo del Parmigiano può essere ridotto fino al 38%, quello del mascarpone fino al 50% e della pasta secca fino al 54%” ha aggiunto Benedetta Brioschi, partner The European House – Ambrosetti.

C’è anche chi cerca il Made In Italy autentico
In Cina, Giappone e Canada mediamente 7 consumatori su 10 cercano prodotti italiani veri senza considerare gli aspetti legati al prezzo che risultano determinati per poco più del 20% degli acquirenti. Come evidenziato nel dettaglio da The European House – Ambrosetti, anche in Germania il 72% dei consumatori desidera prodotti veramente italiani (il 28% ha, invece, la priorità di spendere meno), o in Australia (70%) e Brasile (69,1%). Più contenuta la quota nei Paesi Bassi (66,0% vuole il “vero italiano”), negli Stati Uniti (63,0%), in Francia (62,6%) e nel Regno Unito dove non si supera il 55% di consumatori che ricercano prodotti veramente Made in Italy anche a fronte di una maggiore spesa.

Ragù, parmigiano e aceto balsamico sul podio delle imitazioni
Ragù (61,4% italian sounding vs 38,6% vero prodotto italiano), parmigiano (61,0% vs 39,0%) e aceto balsamico (60,5% vs 39,5%) sono i tre prodotti più presenti in versione “imitazione” sugli scaffali della grande distribuzione all’estero. Secondo i dati The European House-Ambrosetti, seguono pesto (59,8% italian sounding vs 40,2% vero prodotto italiano), pizza surgelata (59,3% vs), prosciutto (59,2% vs 40,8%), pasta di grano duro (59,2% vs 40,8%), ma anche prosecco (58,9% italian sounding vs 41,1% vero prodotto italiano), salame (58,5% vs 41,5%), gorgonzola (57,0% vs 43,0%) e olio extra vergine di oliva (56,8% vs 43,2%).

“L’italian sounding si può contrastare attraverso iniziative economiche e industriali in sinergia con un cambiamento culturale soprattutto nella consapevolezza del consumatore estero. Certamente è prioritario realizzare investimenti produttivi, ma anche comunicare con efficacia il “Made in Italy” con iniziative di educazione del consumatore. Da un lato la riduzione delle barriere doganali e l’internazionalizzazione della filiera italiana della distribuzione possono essere fattori determinanti così come una forte disincentivazione all’indicazione fallace in etichetta, ma anche la creazione di ambasciatori del Made in Italy e l’adozione di tecnologie che permettano una precisa tracciabilità del prodotto” conclude Valerio de Molli.

Giocattoli online: Subito svela le categorie più ricercate, dai Lego ai videogame

In occasione della Giornata Mondiale del Gioco tenutasi lo scorso 28 maggio, Subito ha offerto una panoramica delle ricerche e dei prodotti venduti e acquistati sulla propria piattaforma di e-commerce, sottolineando come il gioco influenzi positivamente la nostra società, promuovendo inclusione, innovazione e crescita personale.

Il gioco assume diverse sfaccettature nelle varie fasi della vita di una persona, evolvendosi con l’età e le esperienze e la second hand può accompagnare questa evoluzione, come dimostrato dalle oltre 37 mila ricerche per la keyword gioco effettuate su Subito tra il 2023 e i primi quattro mesi del 2024. Il gioco può essere essenziale per lo sviluppo cognitivo e sociale durante l’infanzia, nell’adolescenza evolve nei videogames e nelle attività all’aria aperta; mentre negli adulti, con i giochi da tavolo o con i Lego arriva a rappresentare una fuga dalla routine quotidiana. All’interno della piattaforma c’è un mondo che copre tutte le fasce d’età e tutti i desideri. Si alternano ricerche relative ai giochi da tavolo, che sono state oltre 15.000 solo nel periodo tra gennaio e aprile 2024, per riunirsi con gli amici di una vita; a quelle delle console e i videogiochi che sembrano essere punto d’incontro tra tutte le generazioni. I giochi da giardino invece, superano le 11 mila ricerche sulla piattaforma nei primi mesi del 2024, così come altalene, scivoli, biciclette con o senza le rotelle e perfino le macchinine elettriche per sfidarsi con i compagni dell’asilo. Su Subito si può trovare tutto ciò che serve per un momento di svago, grazie a un’abitudine sostenibile ed economica allo stesso tempo. E per i più esigenti… è possibile trovare tutti i Lego introvabili o i puzzle più particolari.

Il numero di utenti che utilizzano la second hand come scelta di vita è sempre crescente ed è proprio nella categoria Tutto per bambini che sono più di 270.000 gli annunci attualmente online, a rappresentare la forte domanda di giochi per i primi anni di vita. I famosi mattoncini colorati Lego si trovano al primo posto delle 10 parole più ricercate tra gennaio e aprile 2024 sia nella categoria Tutto per bambini che in quella Collezionismo a conferma che non esiste un’età per divertirsi. Dai giochi da tavolo ai videogiochi, passando per le action figures e i giochi di carte collezionabili, questo hobby affascina milioni di persone in tutto il mondo, creando una community appassionata e dinamica. Entrando maggiormente nel dettaglio delle categorie e dei prodotti più ricercati, vediamo che in Tutto per bambini nella Top 10 dei primi mesi del 2024 rientrano i giochi all’aria aperta, come ad esempio altalene e casette (rispettivamente la prima e la seconda parola più ricercata) e le miniature dei mezzi di trasporto, tra cui le bici alla quarta posizione, seguite dalle jeep elettriche (7°) per sfrecciare nel loro giardino e dai monopattini (10°). Non mancano tra le ricerche i giochi che possano stimolare la memoria ed essere allo stesso tempo educativi, come la torre montessoriana, peluche o pupazzetti con i quali arredare i letti e le camerette di figli, nipoti e amici.

I bambini crescono e diventano adolescenti e adulti, le passioni cambiano, ma la voglia di divertirsi e di avere con sé quei giochi o accessori che hanno segnato alcuni momenti della loro vita non passa. È qui che la categoria Collezionismo della piattaforma ha la meglio, un mondo vasto e variegato, dove il collezionismo dei giochi occupa un posto di rilievo. I giochi di carte collezionabili, al secondo posto della Top 10 delle parole più ricercate, sono un’area fiorente nel collezionismo, le carte rare delle prime edizioni o con errori di stampa, come quelle di “Yu-Gi-Oh!” e dei “Pokemon”, possono essere estremamente preziose. E per i più nostalgici non sembrano mancare le ricerche per i flipper, alla terza posizione della Top 10 delle keyword più cercate, seguiti dal subbuteo (4°), dal jukebox (5°) e dalle Barbie alla sesta posizione, fino alle actions figures e i personaggi di film e serie tv in miniatura che vanno a rappresentare una fetta significativa del collezionismo.

Inoltre, i veri amanti dei videogiochi non smettono mai di esserlo, la loro passione continua anche in età adulta che sia per motivo di gioco con gli amici o per conservare i cimeli d’infanzia, le consolle e i videogiochi segnano le ricerche in ogni fascia d’età e soprattutto in ogni categoria della piattaforma. La Play Station 5 occupa la prima posizione tra le 10 keyword dei primi mesi del 2024 all’interno della categoria Console e Videogiochi, seguita dalla PS4 (2°) e dal Nintendo switch (3°), alternativa per chi desidera giocare anche fuori casa. Nella classifica troviamo anche le console retrò come il Nintendo (4°) e il GameBoy (5°) tra gli oggetti più ricercati, così come i giochi che hanno segnato la storia di queste piattaforme. Titoli come “Call of Duty” e le diverse stagioni di “Fifa” sono particolarmente ambiti dai collezionisti e anche se non rientrano nella Top 10 delle keyword più cercate, occupano una parte significativa delle ricerche degli italiani sulla piattaforma.

La second hand è sempre più un’abitudine consolidata e non solo un trend di passaggio, riuscendo ad essere una costante nelle vite degli abitanti del Bel Paese e arrivando a rivoluzionare anche il settore dei giochi, offrendo ai consumatori un modo sostenibile ed economico per espandere le proprie collezioni. Acquistare giochi pre-loved non solo riduce gli sprechi, ma permette anche di trovare classici introvabili e scoprire titoli che potrebbero essere sfuggiti al radar. Un trend, in continua espansione, che dimostra come il passato possa influenzare positivamente il presente, a garanzia di quanto l’amore per i giochi sia da sempre al centro di uno scambio generazionale.

Omnichannel in crescita internazionale con lusso, elettronica e cosmetici

A livello globale, più della metà dei consumatori effettua acquisti omnichannel, ma alcuni mercati presentano tassi di utilizzo più elevati di altri, come mostrato dall’ultimo report Global Voices di ESW. Dato che i mercati internazionali con la maggiore propensione alla spesa sono anche quelli con l’indice più alto per quanto riguarda la domanda di esperienze omnichannel, il rapporto evidenzia la necessità per i brand e i retailer italiani di implementare infrastrutture commerciali unificate per soddisfare meglio le esigenze degli acquirenti transfrontalieri. La ricerca di ESW su oltre 18.000 consumatori in diciotto Paesi rivela che gli acquirenti omnichannel effettuano più acquisti e spendono il 15% in più all’anno rispetto ai consumatori che acquistano attraverso un solo canale. Inoltre, tra gli acquirenti globali che spendono online tra i 3.500 e i 4.999 dollari all’anno, due terzi (66%) sono acquirenti omnichannel.

“I consumatori internazionali passano da un canale di vendita all’altro di continuo, e i brand e i retailer di successo devono adeguarsi di conseguenza, al fine di soddisfare e superare le loro aspettative in ogni fase”, ha commentato Martim Avillez Oliveira, Chief Revenue Office di ESW. “Tuttavia, stabilire una presenza omnichannel nei mercati internazionali è più complesso del semplice lancio online: richiede una comprensione dei diversi clienti e la creazione di infrastrutture. I dati dimostrano che la mancata integrazione dell’omnichannel nell’espansione internazionale pone sin dall’inizio i brand in una posizione di svantaggio e lascia sul tavolo ricavi non goduti”.

L’omnichannel definisce sempre più non solo le preferenze di acquisto, ma riflette lo stile di vita condotto dai consumatori. La navigazione tra spazi digitali e fisici è parte integrante della nostra vita quotidiana, per cui non sorprende che gli intervistati che lavorano in modalità ibrida – a volte lavorano da casa e a volte da un ufficio – abbiano maggiori probabilità di essere acquirenti omnichannel. Implementare l’e-commerce omnichannel e quindi trovare e conquistare gli acquirenti omnichannel è cruciale per un’espansione internazionale redditizia. Dall’indagine di ESW è emerso che, nel complesso, il 52% degli acquirenti globali è orientato verso l’omnichannel. Inoltre l’indagine ha identificato due aspetti cruciali per attrarre un maggior numero di acquirenti omnichannel: la sostenibilità e la notorietà del brand. La sostenibilità, con processi responsabili dal punto di vista ambientale come la consegna a zero emissioni di anidride carbonica, attira significativamente gli acquirenti omnichannel. Parallelamente, i nomi dei brand sono considerati sinonimo di qualità e valore, giocando un ruolo fondamentale nel conquistare la fiducia e la fedeltà dei consumatori.

Non sorprende che i consumatori più giovani siano più propensi ad acquistare in modalità omnichannel, soprattutto i millennials. Il 58% dei millennials infatti utilizza più canali durante il percorso di acquisto, rispetto al 53% della Gen Z, e il 51% della Gen X e il 46% dei baby boomers optano per l’omnichannel. I millennials rappresentano la fascia demografica che guida la crescita complessiva dell’omnichannel, con un aumento del 22% rispetto all’anno precedente, seguiti dalla Gen X (con un aumento del 13% rispetto all’anno precedente). Anche gli acquisti omnichannel nelle varie categorie sono aumentati su base annua, evidenziando ulteriormente la necessità di dare priorità alle aspettative dei clienti cross-channel. Gli acquirenti internazionali sono stati più propensi a effettuare acquisti multicanale per l’elettronica di consumo (60%), seguiti da cosmetici (58%), hobby, giocattoli e giochi (58%), calzature (56%), abbigliamento (55%) e lusso (49%). Ogni categoria di prodotto ha registrato un aumento a due cifre rispetto allo scorso anno, con il lusso (+36%) che ha registrato i maggiori guadagni, seguito dall’elettronica di consumo (+30%), dai cosmetici (+26%), dalle calzature (+22%) e dall’abbigliamento (+19%).

Spesa al supermercato: per gli italiani conta più la qualità che il prezzo

Nonostante i rincari superiori al 10% in un anno percepiti da oltre 9 italiani su 10 (90,8%), per fare gli acquisiti alimentari si guarda anzitutto alla qualità (71,3%) e sempre meno al prezzo (58,6%, 7,6 punti in meno dell’anno scorso) con crescente attenzione verso provenienza e certificazioni dei prodotti, così come si compra di più nei mercati rionali e direttamente dai produttori. A dirlo è una ricerca sui cambiamenti nelle abitudini dei consumatori italiani realizzata da The European House – Ambrosetti, in preparazione dell’ottava edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” che si terrà a Bormio il prossimo 7 e 8 giugno.

“Le famiglie più numerose subiscono maggiormente la pressione dell’aumento dei prezzi: tra gli intervistati, il 30% di chi ha un nucleo familiare composto da 3 o 4 persone ritiene di impiegare per la spesa oltre il 25% in più rispetto a un anno fa” commenta Valerio De Molli – Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti. “Un contesto complesso per un Paese come l’Italia dove i consumi privati rappresentano il 60% del Pil, 7 punti percentuali oltre la media degli altri Paesi europei: un loro rilancio rappresenta oggi una priorità per l’intero tessuto economico del Paese”.

Nonostante la flessione di 5,8 punti percentuali rispetto al 2023, il supermercato rimane la prima scelta per la spesa di quasi il 60% dei consumatori, e i nati dopo il 1995 (generazione Z) preferiscono soprattutto quelli vicino a casa. La ricerca TEHA che verrà presentata in versione integrale al prossimo Forum Food&Beverage di Bormio, evidenzia come i discount (in calo di 1,2 p.p. rispetto a 2023) rappresentano il canale abituale per il 15% dei consumatori e tra loro sono sempre di più i nati tra il 1980 e il 1994 (+8,3 punti percentuali rispetto alla media). “Una generazione, la Y, che apprezza sempre più (+12,3 p.p. rispetto alla media) gli acquisti fatti direttamente dal produttore o nei mercati rionali: canali che insieme rappresentano il 17% delle preferenze degli italiani (in aumento rispetto al 2023) e utilizzati soprattutto per l’acquisto di olio e vino (produttori) e frutta e ortaggi (mercati rionali)” aggiunge Benedetta Brioschi, partner di The European House-Ambrosetti.

La generazione Z (nati dopo il ’95) è più attenta all’impatto del prodotto sull’ambiente rispetto alla media (23,9%), mentre il prezzo guida maggiormente le scelte dei nati tra l’80 e il ‘94 (generazione Y al 61,5%) rispetto ai Baby Boomers (55,8%).

Italiani fedeli ai surgelati: 9 su 10 li portano in tavola preferendoli ai freschi

Gli italiani amano i prodotti surgelati: il 99% dichiara di consumarli e il 53% lo fa abitualmente. I frozen food dimostrano di essere apprezzati su tutto il territorio nazionale, con percentuali leggermente più elevate al Nord-ovest (55%) e tra la Generazione X (57%). Positivo anche il trend di consumo dei surgelati negli ultimi cinque anni: è aumentato per 4 italiani su 10 (39,3%), in particolare uomini (43%), giovani (50% GenZ e 45% Millennials) e famiglie con figli piccoli (48%). Un consumo consapevole, avvalorato dall’elevato livello qualitativo riconosciuto oggi ai frozen food: al palato, oltre la metà degli italiani apprezza i prodotti surgelati per bontà, consistenza e percezione di freschezza. E i dati confermano anche la loro convenienza economica: se si considera il costo totale – che comprende prezzo del prodotto, tempi e costi di preparazione e valore del cibo sprecato – i surgelati consentono rispetto ai freschi un risparmio notevole (dal 12% delle patate fritte al 246% di differenza per preparazioni più complesse come la paella). Sono questi gli highlights dell’indagine condotta da AstraRicerche per IIAS (Istituto Italiano Alimenti Surgelati), che ha fotografato il rapporto tra italiani e surgelati, analizzando anche la reale percezione di questi prodotti in termini di gusto e calcolando per la prima volta il loro effettivo “valore economico”, non solo in termini di costi ma anche di tempo risparmiato e lotta allo spreco alimentare.

Surgelati: quali, quando e perché gli italiani li scelgono
Secondo i dati AstraRicerche, il 39,3% degli intervistati ha incrementato negli ultimi 5 anni l’acquisto di frozen food. Ma perché ne consumiamo sempre più? Per la loro comodità (lo dichiarano quasi 8 italiani su 10, soprattutto donne e baby boomers), cioè perché pratici da conservare (66,4%) o sempre disponibili in freezer (49,7%); ma anche per variare l’alimentazione (34%) e per la forte valenza antispreco (27,3%). Sono i prodotti ittici la tipologia di surgelati che gli italiani dichiarano di acquistare più spesso (30,2%), scelti soprattutto al sud e seguiti dai vegetali (27,4%), apprezzati dalle donne baby boomers; poi pizze e snack (15,4%) con un picco tra i giovani gen Z, e patate (13,6%). I pasti a casa, nella quotidianità familiare di pranzi e cene, restano la principale occasione di consumo di surgelati per la maggioranza degli italiani (68,7%), ma c’è chi li sceglie anche nel weekend o per il ‘pranzo della domenica’, per portare in tavola qualcosa di buono e diverso in poco tempo (14,7%).

I consumatori preferiscono “al buio” i surgelati
Sfatata anche una vecchia credenza che attribuiva ai surgelati un sapore meno gustoso rispetto a quello degli analoghi prodotti freschi: oggi, pure in termini di gusto, consistenza e percezione di freschezza, oltre la metà degli intervistati preferisce gli alimenti surgelati ai freschi. È quanto emerso dal “blind taste test”, condotto per IIAS da AstraRicerche su un campione di 180 comuni consumatori, ai quali è stato sottoposto l’assaggio “al buio” di tre prodotti: minestrone, filetti di merluzzo e fagiolini, nelle due versioni (fresco e surgelato), preparate in modo identico per renderle non distinguibili a livello visivo, e presentate in ordine casuale bilanciato, per non condizionarne il giudizio. In termini di gusto e piacevolezza al palato, il 61% degli intervistati ha preferito il minestrone surgelato rispetto al fresco; il 64% ha trovato più gustoso il merluzzo surgelato del fresco e il 66% ha ritenuto i fagiolini in versione frozen migliori dei freschi. In generale, tra il 48% e il 68% del campione ha espresso voti superiori per il surgelato rispetto all’analogo prodotto fresco assaggiato. A testimonianza del fatto che quasi due terzi degli intervistati – non sapendo cosa stessero consumando – hanno preferito il surgelato per qualità, gusto, freschezza o consistenza.

“Gli ottimi risultati emersi dal blind test a favore dei frozen food – sottolinea Giorgio Donegani, Presidente IIAS – stridono in modo eclatante anche con l’immotivata persistenza, nella legislazione italiana, dell’obbligo di apporre un asterisco accanto agli alimenti surgelati nei menù dei ristoranti. L’asterisco è di fatto un’informazione retaggio di un mondo passato che non esiste più, che poggiava sull’implicita convinzione che un alimento surgelato fosse un prodotto di qualità inferiore rispetto al fresco. Una concezione ormai palesemente superata e anacronistica che finisce solo per penalizzare questi prodotti, che invece i consumatori prediligono”.

Surgelati, campioni di convenienza… anche economica
AstraRicerche ha analizzato per IIAS anche l’effettivo “value for money” dei surgelati rispetto agli analoghi freschi, prendendo in esame 5 prodotti specifici rappresentativi delle principali categorie del comparto dei surgelati: i fagiolini, le patate fritte, i filetti di merluzzo, la pizza margherita e la paella. I risultati emersi confermano, in linea generale, la convenienza dei prodotti surgelati, considerata la somma del tempo e del cibo risparmiato nonché i costi per l’acquisto e la preparazione dei prodotti. I dati AstraRicerche mostrano che i filetti di merluzzo freschi “costano” il 49% in più dei surgelati, percentuale che tocca il 60% se si considera anche il valore dello spreco alimentare. Analogamente, i fagiolini – che nella versione fresca, necessitano di essere puliti e tagliati alle estremità – superano del 53% il “valore economico” del surgelato (se non tenessimo conto dello spreco, sarebbe comunque +44%). Per quanto riguarda le patate fritte, se è vero che il prodotto fresco ha un prezzo più basso di acquisto rispetto al surgelato, è altrettanto sicuro che richiede impegno e tempo per la pelatura e il taglio e un maggiore dispendio di energia per la cottura; ne deriva, a conti fatti, che il fresco costa l’8% in più del surgelato, che arriva al 12% se si considera lo spreco alimentare, piuttosto comune nel caso delle patate. Per la pizza margherita, si ottiene un sostanziale pareggio tra surgelata e “fatta in casa”, considerando tempi e costi complessivi di entrambe; il vantaggio è invece netto rispetto alla versione delivery. Infine, per preparazioni più complesse come la paella di pesce e verdure, la convenienza del surgelato vs. fresco è inequivocabile: tenuto conto del costo degli ingredienti e dell’impegno e del tempo richiesto per la preparazione, il fresco costa il 246% in più del surgelato (se non considerassimo il valore dello spreco, sarebbe comunque +229%).

Consumatori informati, ma non su tutto
Cresce, dunque, la consapevolezza dei consumatori sull’elevato valore qualitativo dei frozen food e sulla loro “convenience” anche economica, ma permangono ancora alcune credenze erronee sul comparto, su cui è necessario fare corretta informazione. Oggi la maggioranza degli italiani (68,4%) ha imparato che ‘congelato’ e ‘surgelato’ indicano due prodotti differenti, ma circa 2 italiani su 10 li considerano ancora la stessa cosa, in particolare i più giovani (26% GenZ e 28% Millennials). Circa 1 italiano su 2 non sa che non è possibile acquistare prodotti surgelati sfusi, perché devono sempre essere pre-confezionati e il 35,5% non sa che è a casa è possibile solo congelare, non surgelare. Quanto ai metodi migliori di scongelamento, circa 1 italiano su 3 – a torto – considera corretto lasciare scongelare il prodotto a temperatura ambiente e solo il 15% degli italiani sa che un prodotto scongelato può essere ricongelato solo a patto che prima venga cotto. Sul pesce surgelato ci sono più certezze: il 36% del campione sa che i prodotti ittici surgelati mantengono inalterate le caratteristiche nutrizionali dei freschi e sono addirittura più sicuri, perché accuratamente controllati; a questi si aggiunge un ulteriore 26,3% che sostiene non ci siano differenze tra pesce fresco e frozen in termini nutrizionali. Parlando, invece, di verdure surgelate, il 56,3% sa che hanno caratteristiche analoghe a quelle fresche; ma solo il 40,1% afferma che non contengono conservanti.

“In realtà in nessun alimento surgelato, per legge, è possibile aggiungere conservanti allo scopo di prolungarne la vita” precisa ancora Giorgio Donegani. È proprio il freddo a garantire la lunga conservazione di questi prodotti. Parlando di additivi aggiunti, altra fake news da sfatare riguarda la credenza per la quale le verdure surgelate avrebbero un colore brillante grazie all’uso di coloranti. Questo avviene solo perché, prima della surgelazione, gli ortaggi vengono sottoposti ad un adeguato trattamento termico (blanching) necessario per disattivare gli enzimi che ne potrebbero causare il deterioramento ed è così che si fissa il colore naturale, che risulta ancora più brillante. Su questo tema registriamo un dato davvero positivo: finalmente oggi circa la metà del campione che abbiamo intervistato dimostra di esserne a conoscenza”.

E-commerce: crescono arredamento, ricambi auto e food, recupera l’informatica

Nel 2024 gli acquisti online B2C (Business to Consumer) risultano in crescita per un valore di circa 38,6 miliardi di euro (+6% vs 2023): il settore arredamento e home living è il più performante (+12%), seguito da quello di auto e ricambi (+10%) che tocca quota di 3,1 miliardi di euro, e quello food&grocery (+8%) che torna a salire dopo il calo registrato nel 2023. A presentare questi dati è l’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, in occasione del convegno “L’eCommerce B2C in Italia: i principali comparti di prodotto”, che analizza il mercato eCommerce B2C di prodotto e approfondisce le linee di evoluzione dei comparti merceologici abbigliamento, arredamento e home living, auto e ricambi, beauty&pharma, food&grocery e informatica ed elettronica di consumo.

Tra i settori rappresentativi del Made in Italy, l’arredamento e home living (arredo da interno e da esterno, oggettistica e decorazioni, accessori per la cucina, tessile, illuminazione) registra una crescita (+12%) e tocca quota 4,4 miliardi di euro. I progetti più innovativi in via di sperimentazione si concentrano soprattutto sul miglioramento della customer experience grazie a strumenti basati sull’utilizzo dell’extended reality per progettare online i propri spazi e l’offerta di servizi logistici di valore aggiunto come servizi di consegna al piano. Segue auto e ricambi con +10% sul 2023 toccando quota 3,2 miliardi di euro per quanto riguarda la vendita di automobili e pezzi di ricambio online.

Il comparto del food&grocery nei tre i segmenti – food delivery (piatti a domicilio), grocery alimentare (spesa online da supermercato) ed enogastronomia (cibi e bevande di nicchia) – riscontra una crescita del +8% sul 2023 e vale 4,6 miliardi di euro. Anche nel 2024 cresce la percentuale di comuni italiani coperti da almeno un servizio di food delivery (+2% rispetto al 2023) permettendo così al servizio di raggiungere il 76% degli abitanti nel 2024. Inoltre prosegue l’attivazione del servizio di delivery, con una copertura del 30% nei piccoli comuni con meno di 20.000 abitanti. Nel 2024, continua il processo di razionalizzazione dell’offerta di servizi di food delivery: i ristoranti affidano il delivery, infatti, alle grandi piattaforme dedicate a questa tipologia di servizio, mentre gestiscono in-house il take-away con ordine ricevuto online e ritiro nel locale. Per quanto concerne il grocery alimentare la percentuale di abitanti potenzialmente coperti dal servizio di spesa online da supermercato rimane costante rispetto al 2023 (94%): nel 2024 tra le oltre 60 iniziative di spesa online da supermercato attive in Italia, la maggior parte (87%) sono iniziative lanciate da retailer della Gdo.

Il comparto beauty&pharma, che riunisce al suo interno sia i prodotti farmaceutici che quelli destinati alla cura e l’igiene della persona, raggiunge i 2,8 miliardi di euro, +8% rispetto al 2023. Entrambi i segmenti sono sempre di più impegnati a fornire ai clienti assistenza all’acquisto e consulenza personalizzata, anche in ottica di sostenibilità dell’esperienza stessa. L’informatica e elettronica di consumo registrano una crescita del +6% sul 2023 e vale 9 miliardi di euro, mentre chiude la classifica l’abbigliamento (capi di vestiario, scarpe e accessori) che cresce del +5% rispetto al 2023 e raggiunge un valore di 5,8 miliardi di euro. Le principali aree di lavoro per gli operatori del comparto riguardano in particolar modo l’ottimizzazione del second-hand market e il lancio di nuovi marketplace.

“Nel corso di questi primi mesi del 2024, l’eCommerce di prodotto mostra aspetti diversi. Da un lato proseguono gli investimenti nell’ottimizzazione di attività e processi per rimanere competitivi in un contesto altamente instabile. Dall’altro lato si sperimentano progetti più audaci e sofisticati: i retailer più innovativi osano con le innovazioni tecnologiche di frontiera e riscoprono il valore del negozio fisico al fianco dell’iniziativa eCommerce”, dichiara Valentina Pontiggia, Direttrice dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – Politecnico di Milano. “Da segnalare come particolarmente positiva la crescita del comparto food & grocery: un piccolo passo in un comparto così rilevante (principale voce di spesa delle famiglie italiane) e poco maturo (bassa penetrazione) come il food&grocery genera un grande contributo nell’eCommerce totale. Per concludere, dovrebbe crescere molto bene anche il settore auto e ricambi sotto la spinta degli incentivi attesi per l’acquisto di auto elettriche”.

Come cambieranno i consumi delle famiglie italiane nei prossimi anni?

Come cambieranno i consumi degli italiani nel prossimo decennio? Quali saranno le priorità? A queste (e altre) domande hanno cercato di rispondere Christian Centonze, Head of Consumer Advanced Analytics, NIQ, e Mara Galbiati, Head of I – Solution Sinottica, GfK, relatori di “Un viaggio nei consumatori del nostro tempo” andato in scena nell’ambito della 39esima edizione de Linkontro.

Guardando all’assetto familiare, sia per composizione sia per potere d’acquisto, tra un decennio le attuali 6 milioni di famiglie con figli a carico caleranno del 11% con il 75% che disporrà di un reddito sotto la media. Ad oggi, le famiglie senza figli in età centrale sono 7,5 milioni con un reddito oltre la media per il 54% dei casi, mentre le famiglie mature senza figli sono 12,2 milioni con un reddito sopra la media per il 60% che cresceranno del 17% nei prossimi dieci anni raggiungendo un’età media di 60-75 anni. L’impatto del contesto attuale nel Bel Paese si riflette anche sulle scelte di consumo degli italiani che si rivelano categoricamente opposte: da chi pone più attenzione al risparmio scegliendo tra i canali distributivi il discount (+1,9 p.p. nel 2024 vs 2021), a chi modifica radicalmente il carrello della spesa con una variazione del mix che nel 2024 ha impattato sul settore di -1 miliardo di euro (vs 2022), da chi opta per una maggiore frequenza di acquisto con un numero di prodotti medio che registra ora un -8% (vs 2021) a chi seleziona prodotti di qualità e salutari (+20% vs 2019) e di un budget maggiore.

Quattro approcci al futuro che dividono gli italiani
Con un’ormai evidente polarizzazione degli acquisti – tra italiani che cercano più risparmio e chi invece aspira a un maggior valore – per avere un’istantanea prospettica dei consumi e delle opportunità per il mercato, NIQ ha incrociato i dati di consumo con la ricerca sinottica GfK focalizzata sulla propensione aperta o chiusa al futuro e l’interesse verso il singolo o la collettività e individuato quattro diversi approcci: il futuro è ora oppure è un’opportunità da gestire, non esiste e non interessa o addirittura spaventa. Ogni classificazione presenta caratteristiche specifiche rispetto a vari temi attuali e ovviamente anche rispetto agli approcci ai consumi e soprattutto alle esigenze da soddisfare siano esse economiche, sociali e comunicative. Le famiglie con figli a carico ricadono prevalentemente nella sfera che percepisce negativamente il futuro a causa di preoccupazioni presenti a livello economico, al contrario delle famiglie giovani e mature, ovvero nuclei senza figli, che rientrano invece nell’approccio più positivo nei confronti del domani. Nel largo consumo questo si riflette anche negli acquisti: le famiglie con figli oggi rinunciano alla frutta e verdura a favore di un cibo consolatorio al contrario dell’altro gruppo di famiglie mature o senza figli. A seconda di priorità diverse, si analizzano due carrelli totalmente differenti.

Intelligenza artificiale, emergenza climatica e parità di genere
Relativamente all’intelligenza artificiale, gli italiani concentrati solo sul presente indicano questa evoluzione tecnologica come fondamentale per la propria affermazione economica, al contrario dei più timorosi i quali rifiutano l’impiego dell’IA. In merito alla questione dell’emergenza climatica, l’argomento è prioritario per coloro che pensano che il futuro sia un’opportunità da cogliere mentre per chi è centrato sull’oggi è un tema marginale. Caso diverso per la parità di genere in quanto tema sociale e anche aspirazionale che incontra trasversalmente il supporto degli italiani che approcciano al futuro in modo più positivo nonostante siano posizionati anagraficamente su piani differenti.

Leve sociali e comunicazione
Le modalità di ingaggio delle famiglie italiane, anche nel largo consumo, cambiano in base al rapporto col futuro. Per i consumatori più concentrati sull’oggi valgono modalità di stimolo e crescita personale per generare attenzione, per chi pensa che il futuro sia un’opportunità invece avranno più valore modalità incentrate sulla crescita collettiva. Contrariamente, per coloro che non sono interessati al futuro, occorrono modalità di consolazione e aiuto. Infine, a coloro che sono spaventati dal futuro si trasmette rassicurazione e vicinanza. Anche la comunicazione verso i consumatori cambia con il variare dell’anagrafica e al gruppo familiare di appartenenza: chi è più giovane e proiettato al domani predilige canali come il podcast, mentre quotidiani e radio sono i mezzi d’informazione prediletti dalle fasce più mature, coloro che credono nelle opportunità del futuro. Chi è concentrato sulle questioni del presente invece utilizza i canali digitali e i social media, mentre coloro che fruiscono della tv sono più legati ai valori della tradizione.

Coinvolgere ora le famiglie del futuro
Per gli operatori del settore del largo consumo, il target elettivo per l’innovazione di valore sono le famiglie in età centrale e senza figli, le quali – come le famiglie mature senza figli a carico – hanno più potere d’acquisto, una maggiore attenzione al benessere e apertura alla fruizione multicanale. A livello di spesa quotidiana, un punto vendita deve studiare nel dettaglio e analiticamente la propria clientela attuale e prospettica. Conoscere le proporzioni della propria clientela, rispetto ai due gruppi maggiori, offre un’enorme opportunità in termini di ottimizzazione dell’assortimento.

Largo consumo, l’inflazione frena ma non arresta il calo dei volumi

Nei primi mesi del 2024 l’inflazione è calata e il potere d’acquisto degli italiani è tornato a salire, ma non è ancora sufficiente per poter affermare di essere usciti dalla permacrisi. Inoltre le esigenze dei consumatori stanno mutando e impattano di conseguenza su prodotti e fatturati.

Come emerso dagli ultimi dati relativi a consumi e scelte di acquisto delle famiglie italiane raccolti da NIQ e diffusi in occasione dell’ultima edizione de Linkontro, è vero che nei primi tre mesi del 2024 la spesa per i prodotti FMCG (Fast Moving Consumer Goods) e per i beni tecnologici e durevoli (T&D) ha registrato un lieve incremento delle vendite dello 0,7% rispetto allo stesso periodo del 2023, raggiungendo un fatturato complessivo di 45,8 miliardi di euro, ma è altrettanto vero che l’incremento a valore delle vendite del +3% – rispetto allo stesso trimestre del 2023 – indica che il settore continua il percorso di crescita a una velocità inferiore rispetto all’anno precedente (+9,5%). Il rallentamento è determinato principalmente dalla discesa dei tassi di inflazione. In merito ai prodotti durevoli e tecnologici, dopo il calo registrato nel corso del 2023 (-1,1%), il mercato italiano ha iniziato l’anno con un ulteriore ribasso. Il primo trimestre del 2024 infatti ha chiuso con un fatturato complessivo di 14,7 miliardi di euro, segnando una flessione del -3,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. “Con il rallentamento dell’inflazione nel 2024 ed esaminando la spesa dei consumatori relativa al largo consumo, si evidenzia un improvviso cambio di passo della crescita delle vendite, mentre continua la contrazione della spesa per i beni tecnologici e durevoli rivelando priorità modificate nelle scelte di consumo degli italiani” ha detto Enzo Frasio, Amministratore Delegato di NIQ & GfK.

Stando alle rilevazioni di NIQ aggiornate ad aprile 2024, nei primi mesi dell’anno la spesa degli italiani ha rallentato il ritmo e i volumi hanno registrato nuovamente un segno negativo del -1,3%, mentre il trend a valore è pari al +0,4%. Nonostante l’inflazione in rapida discesa e tendente allo zero nell’ultimo bimestre quindi, si denota come alcuni segnali dell’offerta siano già in deflazione, come ad esempio il canale discount e la mdd che a causa dell’effetto prezzi zero, da un lato tutela il potere d’acquisto dei consumatori ma dall’altro registra una diminuzione dei ricavi del comparto (vs 2023). In merito ai canali distributivi, la crisi dei volumi si manifesta in particolare nei negozi di piccola superficie, in controtendenza sono gli specialisti drug con il +6,1% a volume, la forte tenuta dei negozi specializzati è probabilmente indice di una predilezione da parte dei consumatori strettamente legata all’offerta sugli scaffali. Tuttavia, la crisi dei volumi non riguarda tutte le realtà distributive poiché gli italiani stanno scegliendo con giudizio i negozi dove svolgere acquisti.

Secondo le analisi NIQ inoltre, la marca del distributore (+0,8% a confezione) si conferma il segmento più dinamico. La pressione promozionale applicata dalle grandi marche, resta evidente e delinea la difficoltà nonostante le strategie di business applicate. In questo scenario, la vera sfida per la mdd sarà cogliere le opportunità di crescita anche con le linee a più alto valore della stessa categoria (prodotti bio, eco-friendly e healthy), data l’attuale flessione delle vendite. Infatti, da gennaio ad aprile 2024 la mdd di primo prezzo registra un significativo +40,6% a valore e +29,4% a volume. Infine, parallelamente alla crescita delle promozioni, la domanda di prodotti premium non sembra rallentare evidenziando una crescente polarizzazione del carrello della spesa. Dall’osservatorio di NIQ si conferma che nel 2023 la crescita è stata determinata dalla variabile del prezzo. Oggi, invece, per gli operatori del settore intenzionati a crescere è necessario concentrarsi sugli assortimenti non solo in termini di referenze incrementali, ovvero numero di prodotti e variabilità sugli scaffali, ma anche in termini di maggiore efficienza complessiva e rotazione dei singoli beni.

“Oggi ci troviamo di fronte a due gruppi di consumatori: da un lato, le famiglie con figli, che rappresentano una fascia importante per il consumo di massa ma che dispongono di un reddito sempre più ridotto; dall’altro, le famiglie meno giovani senza figli, che desiderano condurre una vita più salutare. L’andamento demografico influenza direttamente il trend del largo consumo poiché le esigenze e le abitudini dei consumatori variano profondamente impattando su prodotti, canali e fatturati. Gli operatori di marca e insegna devono quindi rispondere al cambiamento puntando su assortimenti efficienti in grado di soddisfare sia le esigenze di risparmio degli italiani sia di alzare il livello di qualità degli acquisti, anche attraverso strategie multicanale” conclude Romolo De Camillis, Direttore Retail di NIQ.

Alimentari, boom di pagamenti cashless (+29,2%) e il 68% è sotto i 20 euro

In Italia la spesa si fa con la carta: tra gennaio e marzo 2024 sono cresciute del +29,2% le transazioni senza contanti nei supermercati e negozi di alimentari, una tendenza che riflette un cambio di abitudini nei consumi. Nonostante l’inflazione stia rallentando in molti settori – fra cui anche l’alimentare (scesa da +2,6% a +2,2% secondo l’Istat), i prezzi restano ancora elevati e portano i consumatori a spendere meno o a fare spese più piccole. Lo dimostra, ad esempio, il fatto che 7 pagamenti digitali su 10 riguardino spese inferiori a 20 euro e che tra le transazioni più in crescita ci siano quelle fino a 10 euro (+39,4%). A livello locale, l’aumento più elevato di transazioni senza contanti nei supermercati e negozi di alimentari si nota a Parma (+165,9%), Prato (+104,2%) e Pescara (+103,9%). Gli scontrini digitali più bassi si battono a Prato (€12,9), Trapani (€14,8) e Aosta (€15,7), mentre Brindisi è la provincia in cui il ticket medio cashless è sceso di più: -34,4% rispetto al 2023.

I dati emergono dall’Osservatorio Alimentari Cashless di SumUp, fintech attiva nel settore dei pagamenti digitali con soluzioni innovative per business di ogni dimensione, che ha analizzato l’evoluzione dei pagamenti digitali nella spesa alimentare degli italiani nel primo trimestre 2024, a livello nazionale e provinciale.

“Nel primo trimestre del 2024 abbiamo osservato come il trend del cashless nei negozi di alimentari accompagni le nuove esigenze e le nuove abitudini dei consumatori, con una diminuzione dello scontrino medio digitale e un’alta percentuale di pagamenti senza contanti per compere inferiori a 20 euro: dai dati dell’Osservatorio emerge quindi che la carta si usa non soltanto per la spesa nel carrello ma, soprattutto, per acquisti piccoli e quotidiani da pagare in cassa rapidamente o nei supermercati di prossimità e negozi di quartiere” commenta Umberto Zola, Growth Marketing Lead di SumUp. “D’altra parte, i merchant si dimostrano consapevoli dei vantaggi del digitale, in grado di offrire ai loro clienti un’alternativa efficiente ai contanti: lo racconta la crescita dei pagamenti digitali in tutta Italia, con transazioni aumentate nella maggior parte delle province”.

Boom delle piccole transazioni, quasi +40% sotto i 10 euro
Analizzando i carrelli degli italiani nel primo trimestre del 2024, si osserva la crescita dei pagamenti con carta soprattutto tra gli acquisti più piccoli: il 38,8% delle transazioni digitali ha valore inferiore a 10 euro, mentre il 29,7% sotto i 20 euro, il 14,5% è compreso tra 20 e 30 euro; al contrario, meno del 7% delle transazioni supera i 50 euro. Anche guardando all’aumento delle transazioni a crescere di più sono gli acquisti di valore inferiore a 10 euro (+39,4%) e sotto i 20 euro (+22,6%).

A che ora si fa la spesa senza contanti
Nonostante siano sempre più diffusi supermercati e negozi di alimentari aperti di sera o 24/24, gli italiani continuano a fare la spesa tra le 8.00 e le 14.00: in questa fascia oraria si concentrano, infatti, il 56,4% delle transazioni senza contanti durante la settimana e il 64,3% nel weekend. Pur rappresentando una quota marginale, i pagamenti nelle ore serali e notturne sono quelli con i tassi di crescita più interessanti: dal lunedì al venerdì tra le 22.00 e le 24.00 (+23,6%) e fino alle 06.00 (+24%); nel fine settimana tra le 22.00 e le 24.00 (+18,9%).

Dove la spesa è più cashless
Le province che nel primo trimestre 2024 registrano la crescita più alta di transazioni digitali sono Parma (+165,9%), Prato (+104,2), Pescara (+103,9%). Al quarto posto della classifica c’è Pisa (+103,4%), al quinto Macerata (+84,6%). Padova si colloca in sesta posizione (+76,4%), Ravenna in settima (+74,6%). A chiudere la Top 10 ci sono Fermo (+72,1%), Forlì-Cesena (+66,9%) e Viterbo (+64,5%).

Gli scontrini digitali più bassi
Nel primo trimestre dell’anno il valore dello scontrino medio cashless è sceso in tutta Italia del -6,7% rispetto allo stesso periodo del 2023, arrivando a 20,4 euro. Dopo Prato (€12,9), Trapani (€14,8) e Aosta (€15,7), gli scontrini digitali più bassi d’Italia si trovano nelle province di Modena e Bologna (€16,1). Seguono Milano e Livorno (€16,7), La Spezia e Roma (€17), mentre a chiudere la top 10 c’è Firenze (€17,2). In testa alla classifica delle province in cui lo scontrino medio digitale è sceso di più, invece, c’è Brindisi con una flessione del -34,4% rispetto al 2023: qui il ticket è passato da €28,6 a €18,8. Segue Isernia con una diminuzione del -28%, dove lo scontrino scende da €25,4 a €18,3. Sul podio anche il ticket digitale medio di Ferrara che, calando da €25,4 a €18,5, segna un -26,9%.

Italiani in cerca di caffè in promozione. Si fanno largo pure orzo e ginseng

L’aumento del costo del caffè registrato negli ultimi tre anni sta mettendo a dura prova il portafoglio dei consumatori italiani che, per far fronte al caro-prezzi, cercano di tutelare il proprio potere di acquisto. Secondo i dati dell’Osservatorio Shopping di DoveConviene, si è registrato un aumento delle ricerche di caffè in promozione del +140% nel 2024, rispetto allo scorso anno. Una tendenza che conferma come le offerte rappresentino uno strumento fondamentale per non rinunciare al piacere di questo rituale che quotidianamente, secondo DoveConviene, interessa il 95% degli italiani.

In merito ai formati, le cialde si posizionano tra quelli più ambiti, con un incremento delle ricerche di sconti del +165%, seguite dalle capsule, le cui ricerche sono cresciute del +114%. Ma non solo: dai risultati raccolti emerge che i consumatori sono sempre più aperti a sperimentare delle alternative al caffè tradizionale, andando alla ricerca di bevande calde analoghe. Basti pensare infatti che, nel 2024, la categoria dei prodotti sostitutivi del caffè ha registrato un aumento del +79% delle ricerche di sconti e promozioni.

In particolare, in prima posizione tra i prodotti sostitutivi più ricercati spicca l’orzo (+98%), seguito dal ginseng (+81%). Terzo posto invece per il tè, che nell’ultimo anno ha visto crescere le ricerche di sconti e promozioni del +75%.

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