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Lavoro è tattoo: binomio (im)perfetto

Non facciamoci ingannare: anche se un italiano su due è tatuato, la gente diffida ancora dei tatuaggi. E in ambito lavorativo il clima si fa ancora più pesante. Ecco quanto emerge da un’indagine effettuata su 1000 lavoratori da Viking Italia. Pare infatti che il 70% dei lavoratori con tatuaggi ha vissuto un’esperienza negativa sul lavoro: il 22% ha ricevuto lamentele da parte di colleghi o clienti, un altro 22% invece è stato rimproverato dai superiori, mentre l’11% ha ricevuto insulti.

Pentimento d’obbligo, allora?

Per nulla: l’85% degli intervistati con tatuaggi ha dichiarato di non essersi pentito di averli fatti, anche se è vero pure che il 14% ha deciso di nasconderli, mentre il 9% si è sentito escluso e non appartenente al gruppo. In aggiuntasi deve registrare che è piuttosto ampia la platea dei “dissuasi a monte”: il 20% ha infatti ammesso di non essersi mai tatuato per paura di ostacolare la propria crescita professionale.  

Tatuaggi e quote rosa?

Non proprio, o almeno non secondo gli schemi tradizionali. Diciamo piuttosto che nel mondo del tattoo la situazione è invertita: i più penalizzati sono gli uomini: 1 su 2 ha infatti subito una brutta esperienza sul luogo di lavoro per colpa degli stessi, aspetto che ha invece interessato soltanto 1 donna su 3. Gli uomini sono però anche i più ottimisti: 1 su 2 pensa infatti che i propri tatuaggi siano visti in maniera positiva rispetto a solo 2 donne su 5. 

Il tattoo non è per vecchi?

Beh, in effetti non tanto. Tra le persone con più di 55 anni, per intenderci i baby boomers, 1 su 4 ha infatti una percezione negativa dei tatuaggi sul lavoro rispetto a soltanto 1 su 10 dei giovanissimi (18-24 anni) che anzi, sembrano accogliere questa moda a braccia aperte. E per quanto riguarda le esperienze negative sul lavoro? Sono i giovani a soffrirne di più: 1 su 2 dichiara di aver dovuto affrontare una situazione ostile sul posto di lavoro per colpa dei propri tatuaggi rispetto a 1 su 4 dei baby boomers.  

 

 

Avocado come il burro, ma più sano: Tesco lancia la versione spalmabile “green”

È green in tutti i sensi, per colore e appartenenza al regno vegetale, e negli ultimi tempi sta vivendo una stagione di assoluto revival, anzi è più popolare che mai: stiamo parlando dell’avocado, che ora Tesco, insegna inglese sempre attenta ai nuovi trend, propone per la prima volta nel Regno Unito sotto forma di crema spalmabile.

Ingrediente simbolo di quella ondata salutistica e vegetariana che ha investito il mondo occidentale, è incredibilmente popolare nei Paesi anglosassoni, questo frutto tropicale ha visto nell’ultimo anno un aumento delle vendite del 40% nel Regno Unito arrivando a 150 milioni di sterline (190 milioni di euro) di vendite e superando le arance, tra i frutti più richiesti. Anche da noi si sta diffondendo: basta fare una ricerca su Google e vedere la pletora di ricette e consigli per utilizzarlo, mentre su Pinterest è in cima agli argomenti più trattati, e sempre più spesso si trova sugli scaffali della Gdo.

Più sano di burro e margarina, ha tra i vantaggi, oltre al contenuto in acidi grassi Omega 3 e vitamina A e D, il fatto di essere senza lattosio, da molti non tollerato e presente in molte creme spalmabili. Prima dell’avocado spalmabile Tesco aveva introdotto sue altre innovazioni: l’avocado surgelato e l’Avozilla, un tipo di avocado cinque volte più grande dell’originale, ma anche una serie di ricette a base di avocado come il Guacamole e il Chipotle.

Come ha commentato Dean Rawlinson, responsabile acquisti Tesco: «I clienti non ne hanno mai abbastanza di avocado, un frutto che è sempre più popolare grazie al gusto, alla versatilità in cucina e ai benefici nutrizionali».

Le 5 ragioni che portano gli italiani a curare il proprio aspetto

Agli italiani la palma di “pavoni vanitosi”. Ecco quanto emerge da una ricerca online GfK che evidenzia come il nostro Paese sia al primo posto per tempo dedicato alla cura della persona. In media, ogni italiano impiega oltre 5 ore e mezza a settimana in attività finalizzate a migliorare il proprio look (6,2 ore nel caso delle donne, 5 ore gli uomini).

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Ma quali sono le ragioni principali che alimentano questo interesse?

In primis il voler “sentirsi bene con se stessi”, motivazione addotta dal 69% degli intervistati. Secondo posto, poi, alla volontà di avere il controllo della situazione (39%). Seguono infine: il desiderio di dare il buon esempio ai propri figli, compiacere il partner, stare bene con se stessi.

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Mentre le due prime motivazioni sono un must per tutte le fasce d’età, il terzo posto sul podio è invece un po’ ballerino e varia in base alla situazione anagrafica. Se infatti gli italiani maturi (oltre i 40) guardano essenzialmete all’esempio genitoriale, gli intervistati tra i 15 e i 19 anni citano al terzo posto la volontà di esprimere la propria personalità e i giovani tra i 20 e i 40 si fanno guidare essenzialmente dal desiderio di compiacere il partner.

La fascia di età che dedica più tempo alla cura della persona è quella compresa tra i 50 e i 59 anni, seguita da quella tra i 20 e i 29 anni.

Schermata 2016-01-26 a 15.01.20Tra uomini e donne…

Il genere dell’intervisto influisce sull’esito dell’indagine. Vediamo in che misura. Nel caso degli uomini, al quarto e quinto posto si trovano spiegazioni legate alla sfera dei sentimenti e della seduzione. Infatti, essi vogliono apparire al meglio per compiacere il coniuge o il partner (37%) oppure per fare una buona impressione sulle persone che trovano attraenti (36%).
Al contrario, le donne sono più motivate dal desiderio di esprimere la propria personalità e dall’idea di avere il controllo della situazione (entrambe queste ragioni vengono citate dal 40% delle intervistate).
Andando a vedere il tempo riservato alla cura personale, le donne intervistate dichiarano di impiegare quasi cinque ore a settimana, mentre gli uomini dedicano al proprio look poco più di tre ore.

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