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Aurora, il robot per la gestione digitale dei magazzini

È alta meno di un metro, dal design compatto e leggero. Si chiama Aurora ed è il robot progettato nei laboratori del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, una innovazione che mira a rivoluzionare la gestione dei magazzini. Aurora è in grado di mappare gli ambienti con il laser rilevando gli eventuali ostacoli, grazie a radiofrequenze trasmesse da etichette intelligenti (RFID) identifica la posizione di tutti gli oggetti presenti e la trasmette a un database, costruendo una mappa continuamente aggiornata del magazzino e delle scorte ad ogni scansione.
Il robot Aurora – spiega Andrea Motroni, Ricercatore in Ingegneria delle Telecomunicazioni all’Università di Pisa (a destra nella foto accanto) – è in realtà un sistema di telecomunicazioni avanzato che sfrutta dei segnali elettromagnetici per identificare e trovare la posizione di tutti gli oggetti presenti nell’ambiente. Dopodiché, trasmette queste informazioni ad un database, costruendo così la mappa completa del magazzino o di un grande negozio. La particolarità inoltre è che le etichette non hanno batteria, non necessitano di manutenzione, sono sottilissime e si integrano facilmente nei vari materiali, dai tessuti alla carta”.
Il risultato è che industrie, grandi negozi ed e-commerce possono avere in tempo reale la situazione delle scorte, anche in casi molto delicati come per esempio le forniture di farmaci, e sapere quali prodotti vengono venduti di più – e quindi devono essere riordinati più di frequente – e quali invece risultano più difficili da vendere.
Aurora è una delle tecnologie progettate nel Centro 5.0 del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione – dice Giovanni Stea, Docente di Ingegneria Informatica all’Università di Pisa (a sinistra nella foto in alto) –. Il Centro supporta aziende e pubbliche amministrazioni nell’adozione di nuove tecnologie per l’Industria 5.0. Sostenere la sovranità digitale del nostro Paese e aumentare la resilienza del sistema produttivo in modo sostenibile e centrato sulle persone è ciò che ci può consentire di mantenere competitivo e moderno il nostro sistema industriale e il nostro territorio”.

Il pane più sano? È viola, lo possono mangiare tutti ed è nato in università

È viola e può essere consumato da tutti. Si chiama “Well Bred” ma è tutto italiano ed è un pane a lievitazione naturale a prolungata conservabilità e adatto a consumatori con esigenze particolari (intolleranti al glutine, vegani, ipertesi, eccetera). Un miracolo possibile grazie a tre “super ingredienti”: il lievito madre, gli antiossidanti naturali e le pectine.

Il primo è il più antico metodo di lievitazione al mondo: permette di migliorare sapore, valore nutrizionale e conservabilità del pane apportando composti probiotici e sali minerali. Tra le sue virtù quella di diminuire la quantità di sale aggiunta nell’impasto e quella di ritardare il processo di raffermamento, proteggendo il pane dalle muffe e dal deterioramento organolettico. Gli antiossidanti sono forniti dalle patate liofilizzate Vitelotte, che producono una farina che sostituisce parte di quella tradizionale, fornendo peraltro lo scioccante colore viola. Infine le pectine, sostanze naturali contenute nella buccia della frutta, che assorbendo l’acqua garantiscono migliore struttura, sofficità e serbevolezza del prodotto finale. Composti che possono essere ricavati da altre filiere alimentari, come ad esempio quella dei succhi di frutta, contribuendo a ridurre e valorizzare gli scarti di produzione.

Il prodotto è frutto degli studi del gruppo di Tecnologie alimentari, in collaborazione con la laureanda Anna Valentina Luparelli e la dottoranda Isabella Taglieri dell’istituto di Biochimica agraria dell’università di Pisa, coordinate dalla professoressa Angela Zinnai. Il progetto ha partecipato alla finale di PhD+, il corso dell’Università di Pisa che insegna a pensare innovativo e a trasformare le idee in impresa.

«“Well-Bred” – spiegano le ricercatrici – rappresenta un prodotto in grado di sintetizzare una serie di aspetti positivi per un alimento, quali l’elevato valore nutraceutico, le migliorate caratteristiche tecnologiche e sensoriali, nonché la maggiore sostenibilità ambientale. Il prodotto può rappresentare un modello per l’intero comparto dei prodotti da forno, che prevedrebbe la rivisitazione delle ricette sia di merende o snack, per uno spuntino nutrizionalmente bilanciato, sia di quei dolci che fanno parte a pieno titolo della grande tradizione dolciaria italiana (panettone, pandoro, colomba eccetera). Abbiamo scelto il nome “Well-Bred” (cresciuto bene), giocando sull’assonanza con il termine bread (pane), per valorizzare allo stesso tempo le sue caratteristiche altamente salutari». Un prodotto nuovo, in grado di soddisfare le esigenze di un segmento di consumatori in continua crescita, non solo in Italia, ma anche nei Paesi che amano la filiera agro-alimentare italiana, come gli Stati Uniti o la Germania. “Inoltre – aggiungono le ricercatrici – questo tipo di prodotto, che ancora è in fase di studio, potrebbe rappresentare una risorsa economica per tutti gli operatori della filiera, in particolare per i produttori primari, perché potrebbe diventare uno strumento di valorizzazione del territorio di produzione, analogamente a quanto accade spesso nel settore vitivinicolo. Un’adeguata retribuzione dei produttori di varietà di grano tradizionali (grani antichi) costituirebbe un valido aiuto per arginare la continua perdita crescente di superficie agricola utilizzabile».

 

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