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Tag: uova

Despar Centro Sud, stop a uova di galline allevate in gabbia

Stop alla vendita delle uova in guscio provenienti da galline allevate in gabbia. Con questa importante decisione Maiora, concessionaria del marchio Despar per il Centro-Sud, ha adottato da gennaio 2022 una importante scelta che vede coinvolti tutti i punti vendita diretti della rete, all’interno dei quali sono disponibili sugli scaffali (sia per i prodotti a marchio che per tutte le altre marche in commercio) uova di galline allevate esclusivamente a terra, all’aperto e biologiche. Un ulteriore passo avanti è stato eliminare l’impiego di uova provenienti da galline allevate in gabbia come ingrediente dei prodotti a marchio Despar surgelati, dolciari e salati.

Con questo impegno etico Maiora ha adottato la politica di eliminazione delle gabbie dalla filiera di uova fresche 100% cage free garantendo il benessere animale, promuovendo condizioni di allevamento rispettose e sicure e riducendo la sofferenza di milioni di galline ovaiole in Italia e in tutto il mondo.

In questi anni le aziende del settore alimentare sono andate incontro a una vera e propria rivoluzione, che sta portando a una transizione verso il cage free. Infatti, il 60% degli oltre 50 milioni di galline e pollastre italiane si stima sia allevato in sistemi alternativi alle gabbie, ossia biologico (4%), all’aperto (3%) e a terra (53%).

«Salvaguardare la qualità di vita degli animali da allevamento – spiega Pippo Cannillo, Presidente e Amministratore Delegato di Despar Centro-Sud – serve anche a proteggere la salute dell’uomo e a promuovere una maggiore sostenibilità ambientale. Con questo contributo vogliamo sostenere attivamente la transizione ad un mondo senza gabbie nel futuro del settore agroalimentare».

Unaitalia approva la risoluzione sulla timbratura obbligatoria delle uova in allevamento

Unaitalia, Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova, è stata audita oggi alla Camera dei deputati, in XIII Commissione Agricoltura, nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni Cassese, Caretta, Gastaldi e Nevi su iniziative in materia di marchiatura delle uova. A rappresentare la posizione delle imprese produttrici di uova aderenti a UnaItalia è stato Ruggero Moretti, presidente del Comitato Uova di Unaitalia, nonché neoeletto presidente di EEPA, European Egg Processors Association, insieme a Lara Sanfrancesco, Direttore generale di Unaitalia.

“Unaitalia accoglie con favore le risoluzioni della Commissione Agricoltura ed in particolare quelle a firma degli onorevoli Cassese e Gastaldi, in quanto la timbratura obbligatoria delle uova in allevamento rappresenta un elemento fondamentale per tutelare le produzioni nazionali, ma soprattutto per garantire che i consumatori possano avere informazioni chiare circa l’origine delle uova e le modalità di allevamento” ha spiegato Ruggero Moretti in Commissione Agricoltura. “L’introduzione di questa misura, come evidenziato dallo stesso Ministro Sen. Gian Marco Centinaio, a seguito di una nostra specifica richiesta, garantirà un ulteriore miglioramento della tracciabilità e della trasparenza del prodotto e più attente garanzie al mercato e ai consumatori. La timbratura all’origine tutela infatti gli allevatori italiani dal rischio di commistioni con prodotti analoghi che potrebbero non avere tutte le necessarie garanzie in materia di sicurezza alimentare e sull’origine e veridicità delle informazioni stampigliate sul guscio”.

La situazione oggi

Attualmente la timbratura delle uova da consumo avviene sempre nei centri di imballaggio dove possono confluire uova provenienti da siti produttivi differenti con diverse tipologie di allevamento. All’interno della Comunità europea non vi è poi l’obbligo di indicare sull’imballaggio l’origine delle uova, ed è attualmente ammessa una deroga alla marchiatura delle uova destinate alla lavorazione industriale, quando queste vengano consegnate direttamente dal sito di produzione all’industria alimentare.

“Abbiamo ribadito la necessità di abolire questa deroga alla timbratura, per evitare che dai centri imballaggio possano essere erroneamente marchiate e messe in circolazione uova destinate invece alla catena industriale” ha spiegato Ruggero Moretti “di introdurre l’obbligo di indicazione sugli imballaggi del Paese di origine affinché i consumatori possano essere messi in condizione di scegliere consapevolmente.  Siamo fiduciosi nella volontà di Parlamento e Governo di agire a tutela dei consumatori e della filiera made in Italy delle uova e accogliamo con favore la possibilità di favorire incentivi o sostegni per l’acquisto dei macchinari necessari alla stampigliatura in allevamento, si tratta di investimenti a sostegno degli allevatori italiani di cui i primi a beneficiare saranno i consumatori”.

Addio alle uova da galline allevate in gabbia per Conad, da luglio 2019

Le galline ovaiole escono, finalmente, dalle gabbie: Conad si impegna e annuncia che entro il 1° luglio 2019 eliminerà da tutto il suo assortimento le uova da galline allevate in gabbia (categoria 3).

Il provvedimento riguarda i prodotti di tutte le marche ed è la prosecuzione di un percorso già iniziato nel 2018 con la rimozione delle uova da galline in gabbia dai prodotti a marchio Conad, in un’ottica di sempre maggiore attenzione al mondo naturale e animale.

Che questa sia anche una richiesta dei consumatori lo dicono i dati. Da settembre 2017 a settembre 2018 Conad ha venduto uova per un fatturato di 38.673.129 euro, con un trend in crescita del 2,8% sullo stesso periodo dell’anno precedente. A fronte di questo incremento, nello stesso periodo le vendite di uova da galline in gabbia hanno registrato una diminuzione in valore del 69%. Attualmente la categoria 3 rappresenta il 17% del comparto in valore, e il dato progressivo di settembre 2018 indica una percentuale del 12%.

Parallelamente, gli acquisti di uova da galline allevate a terra hanno segnato un aumento del 137,6%. La categoria detiene oggi una quota del 63% del mercato in valore. In crescita anche il fatturato delle uova da galline allevate all’aperto, per le quali si rileva un aumento del 23,6%, e che rappresentano il 20% del venduto in valore.

Md, dal primo dicembre solo uova da allevamenti a terra nelle private label

MD si impegna sul fronte dell’animal welfare e si impegna a offrire nei suoi punti vendita solo uova private label provenienti da allevamenti a terra, nel rispetto della salute e del benessere degli animali.

Dal 1 dicembre 2018 tutte le uova dei marchi di proprietà MD, come “Cà bianca” e “Bio” presenti nei 750 punti vendita del Gruppo in tutta Italia proverranno esclusivamente da allevamenti a terra, o biologici, nel caso delle uova “Bio”

 

Occhio al “3”

Un dato che sarà facilmente riscontrabile dagli stessi consumatori. La legislazione impone di apporre un codice su ogni singolo uovo da quale è possibile risalire all’intera filiera. In questo caso la cifra del primo numero sarà 0 per allevamenti Biologici, 1 per allevamenti all’aperto o 2 per allevamenti a terra anche al chiuso, ma mai, 3, numero che indica gli allevamenti in gabbia o in batteria.

L’impegno appare doveroso e necessario, e risponde alle esigenze di consumatori sempre più attenti e orientati verso politiche a sostegno del benessere animale.
“MD è sensibile alle tematiche sulla salute e rispetto degli animali. – dichiara l’azienda –. Il Gruppo ha sempre vigilato sul rispetto delle norme vigenti in materia di allevamento animale e la decisione di introdurre solo uova da allevamento a terra è la naturale evoluzione di questo impegno”.

Antibiotici? No grazie, Coop lancia uova, pollo e suini “puliti” con “Alleviamo la salute”

I danni dell’abuso di antibiotici e il conseguente rischio di antibiotico resistenza è stato più volte sottolineato dall’Oms, l’Organizzaione mondiale della Salute, e Coop si spende con il progetto “Alleviamo la salute” lanciata due mesi fa: e sugli scaffali sono già arrivati le uova senza antibiotici, prime in Italia, e i primi prodotti di suino. Mentre è già stato raggiunto il traguardo del 100% pollo allevato senza uso di antibiotici.

Nei punti vendita sono arrivate le uova a marchio Coop prodotte da galline allevate a terra senza uso di antibiotici, sin dalla nascita. Due le referenze disponibili, certificate da due enti indipendenti, ben riconoscibili dai consumatori grazie alle apposite etichette. In totale, a regime, saranno allevate senza antibiotici almeno 2 milioni di galline con una produzione di più di 1.800.000 uova. Un traguardo alla portata di Coop che già nel 2010 ha ricevuto il premio “Good Egg” assegnato dalla “Compassion in World Farming” per le sue uova da galline allevate a terra con animali nati e allevati in Italia. La scelta era già avvenuta nel 2003 per le proprie uova a marchio, poi estesa appunto nel 2010 a tutte le uova di qualsiasi marca presenti sugli scaffali Coop.

 

Coinvolta l’intera filiera avicola, dall’uovo al pollo

Intanto la campagna “Alleviamo la salute” presentata a fine aprile scorso sta dando i suoi primi significativi risultati e Coop, oltre le aspettative, ha coinvolto il 100% della filiera avicola nel processo di allevamento senza uso di antibiotici in anticipo rispetto alla scadenza che si era prefissata. Nei supermercati del gruppo, infatti, sono già presenti a scaffale 25 referenze della linea “Origine” con etichetta “Allevato senza uso di antibiotici”, per una stima di 240mila polli a settimana. E tra poco la linea si arricchirà di altri prodotti per arrivare a 32 referenze.

«Raggiungere un obiettivo così complesso addirittura in anticipo rispetto alla tabella di marcia è stato possibile -sottolinea Maura Latini direttore generale Coop Italia– grazie al fatto che la nostra politica è sempre stata quella di avere al nostro fianco fornitori consapevoli e coinvolti in processi produttivi e gestionali rigorosi: sono loro i nostri primi alleati».

La politica di riduzione nell’uso degli antibiotici è arrivata anche a interessare i primi prodotti suini che dalla prima settimana di luglio vanteranno l’etichetta “allevato senza uso di antibiotici negli ultimi 4 mesi”. «È un primo obiettivo di riduzione che ci siamo dati per questi animali arrivando a garantire il non uso di antibiotici negli ultimi 4 mesi – continua Latini -. Si tratta di un obiettivo comunque ambizioso e importante sempre nell’ottica della tutela della salute perché si tratta di una filiera particolarmente complessa».

Questi primi prodotti fanno parte della linea “Fior Fiore”, si tratta di animali allevati allo stato brado in due allevamenti toscani (sulle colline del Chianti e in Maremma). In tali condizioni gli animali impiegano molto più tempo per raggiungere il peso stabilito e questo ovviamente significa maggiore qualità delle carni e lavorazione artigianale dei prodotti. Attualmente nella linea sono coinvolti più di 3000 suini.

L’impegno complessivo di Coop è di lunga scadenza, imponente e tale da generare una vera e propria rivoluzione nei metodi di allevamento: complessivamente ne saranno interessati più di 14 milioni di animali ogni anno e oltre 1.600 allevamenti in Italia.

 

Pasqua, agnello su una tavola su due, uova più care del 7%, ma la spesa resta stabile

Al di là del folclore dato dalle adozioni di teneri agnellini da parte di personaggi di spicco della politica (e conseguente scatenamento di meme sul web), e alle immancabili polemiche sull’opportunità di rispettare la tradizione da parte degli attivisti animalisti, su più della metà delle tavole italiane (52%) quest’anno verrà servita carne d’agnello: nelle case, nei ristoranti e negli agriturismi. Lo segnala una analisi Coldiretti/Ixe’ che rivela come quasi la metà dei consumi di carne di agnello consumata dagli italiani durante tutto l’anno avviene in questo periodo. Quest’anno però portare la carne di agnello a tavola significa – sostiene la Coldiretti – salvare il lavoro dei circa 4mila pastori terremotati che non hanno ancora abbandonato le aree colpite dal sisma di Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria dove solo nei 131 comuni del cratere sono allevate 213mila pecore e capre. Sempre secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’ ben 1/3 degli italiani (34%) acquisterà carne d’agnello italiana e il 12% ha scelto di comperarla direttamente dal produttore mentre solo il restante 6% non è interessato alla provenienza. Sono 60mila gli allevamenti di pecore presenti in Italia, spesso concentrati nelle aree più marginali del Paese, per un patrimonio 7,2 milioni di animali, situati in maggioranza in Sardegna. 

Quanto agli altri simboli della festività, scoppia la polemica sui prezzi delle uova di Pasqua che secondo il Codacons stanno registrando sensibili rincari dei prezzi al dettaglio su tutto il territorio nazionale. “Mediamente quest’anno un uovo di cioccolato costa il 7% in più rispetto al 2016 – spiega il Codacons –. Ad alimentare la corsa al rialzo dei listini è prima di tutto la crisi internazionale che da mesi ha colpito i Paesi produttori, con Costa d’Avorio e Ghana. Ma i prezzi crescono anche per effetto del caro-benzina (oggi alla pompa un litro di verde costa l’11% in più rispetto ad aprile 2016) che incide non sono sui costi di trasporto, ma anche su quelli di produzione. Non a caso sensibili rincari dei listini si registrano anche per altri prodotti tipici della Pasqua, come la colomba (+6%), il salame corallina (+4%) o l’abbacchio (+3%)”. L’associazione di consumatori calcola che a causa delle tensioni dei prezzi, quest’anno la spesa degli italiani per uova di Pasqua, colombe e dolciumi vari raggiungerà la cifra di 430 milioni di euro.

Anche l’Osservatorio nazionale Federconsumatori registra una crescita dei prezzi più alta rispetto allo scorso anno, pari al +4,4%. Tali aumenti riguardano soprattutto la carne di coniglio (+21,9%, sempre più acquistato perché combina risparmio e qualità), le uova di cioccolato (tra il +7% e il +8%), la colomba farcita (+15%). Colomba, pizza pasquale, pastiera, dolci campanari e tutte le specialità della Pasqua, tenderanno ad essere preparati in casa, creando momenti di aggregazione familiare. Anche se secondo Coldiretti sono 350.000 gli italiani che hanno deciso invece di pranzare in un agriturismo.
Non a caso su internet spopolano ricette e tutorial. Anche quest’anno le famiglie tenderanno a contenere le spese per i consumi relativi ai prodotti pasquali, registrando un andamento pressoché invariato rispetto al 2016: +0,4%. 

Fonte: Osservatorio nazionale Federconsumatori.

Anche Auchan dice basta alle uova in gabbia, cinque anni per la exit strategy

Dopo il nord Europa, anche da noi iniziano a pesare le considerazioni sul benessere animale e Auchan Retail Italia dichiara in una nota la decisione di non vendere più uova da allevamenti in gabbia. L’insegna francese ha già da tempo avviato il processo di eliminazione delle uova provenienti da allevamenti in gabbia negli ipermercati Auchan e supermercati Simply, partendo dal prodotto a marchio.

Attualmente, infatti, tutte le uova a marchio Auchan provengono da allevamenti a terra o sono biologiche. Per quanto riguarda la linea di primo prezzo e le uova sfuse, è stato avviato nel 2017 il processo di passaggio da fornitori con allevamenti in gabbia ad allevamenti a terra.

Anche sui prodotti con i marchi dei fornitori, è stato già ridotto l’assortimento delle uova da allevamenti in gabbia a favore delle altre. La previsione per essere 100% cage free è di un quinquennio.

In Italia anche Carrefour (da marzo scorso) e Coop (dal 2010) hanno deciso di bandire dalla vendita le uova di allevamenti in gabbia.

Carrefour dice stop alle uova da allevamenti in gabbia

Il tema è caldo già da tempo in Nord Europa, ed ora anche Carrefour Italia ha deciso di vietare la vendita di tutte uova prodotte da galline allevate in gabbia, in tutte le sue insegne (Market, Express, Iper, DocksMarket e GrossIper). Il tema è quello del benessere animale, una preoccupazione che coinvolge fasce sempre più ampie di consumatori.

L’insegna francese ha già da tempo adattato la selezione dei fornitori ai più alti standard di sostenibilità e attenzione al benessere animale. Le uova a marchio Carrefour e le uova sfuse del settore PFT (Prodotti Freschi Tradizionali) infatti provengono già tutte da allevamenti a terra, all’aperto o biologici. Ora Carrefour Italia estende l’iniziativa anche ai prodotti a marchio nazionale del reparto PLS (Prodotti Libero Servizio), rendendo così l’offerta di uova completamente sostenibile e attenta alla qualità della vita degli animali.

L’utilizzo di gabbie nell’allevamento di galline ovaiole, seppur consentito dalla legge, non è ritenuto da Carrefour un sistema in linea con gli standard di qualità della vita animale in quanto spazi ridotti, costrizione fisica e strutture metalliche non permettono agli animali compiere movimenti e adottare comportamenti naturali.

Secondo Assoavi la produzione italiana di uova è di 850mila tonnellate l’anno generate da oltre 42 milioni di galline, presenti in 3.400 allevamenti, di cui circa 1000 con capacità superiore a 1000 capi. Il fatturato di vendite del prodotto finito di 1,5 miliardi di Euro. Il 45% delle uova prodotte è indirizzato all’industria alimentare.

Il consumo italiano pro-capite di uova è pari a 12,6 chili, contro i 14,2 chili nella UE a 25 Paesi.

La metà delle uova italiane proviene dal Nord Italia: 17% in Lombardia e 16% rispettivamente in Veneto e Romagna.

Leggo anche: Dansk Supermarked eliminerà le uova da allevamenti in batteria

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