Brexit, chi vince e chi perde nel retail: discount su, ipermercati giù

I discount come Lidl, che già hanno eroso negli ultimi anni quote di mercato alle insegne tradizionali, secondo gli analisti otterranno un ulteriore vantaggio dall'uscita della Grand Bretagna dall'Ue.

Planet Retail ha stilato un report che individua le opportunità e i rischi della Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea decisa con il referendum del 23 giugno, nell’ambito del commercio.

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Un costo aggiuntivo: le etichette “Made in UE” andranno sostituite con etichette “nazionali”

Un impatto a breve e lungo termine che colpirà l’intero vecchio continente, con l’Ue che perderà in un colpo solo il 12,9% della popolazione, il 16,6% del Pil, 18,7% della spesa dei consumatori, il 18,3% delle vendite retail e il 15,2% delle vendite di alimentari. Non solo: i partiti populisti di Danimarca, Olanda e Francia pensano già al loro referendum per l’uscita, con rischi di ulteriore disgregazione.

Di seguito lo scenario con le possibili conseguenze nel Regno Unito (ma non solo):

1. Rallentamento della crescita UK con probabile recessione

Opportunità per:

  • I Discount con la loro forte reputazione per un buon rapporto prezzi qualità
  • I supermercati con tanti punti vendita di prossimità, mentre perderanno le grandi superfici fuori città (si tenderà a risparmiare benzina ed evitare la “tentazione” di comprare il superfluo)
  • I produttori di prodotti Private label specialmente se di livello economico
  • Le insegne con programmi di loyalty forti, in grado di offrire benefici, sconti addizionali o premi
  • I produttori di oggetti di lusso abbordabili, perché i consumatori cercheranno di premarsi con piccole cose
  • I prodotti che costituiscono un’alternativa conveniente ai consumi fuoricasa, come le capsule per caffè

Rischi per:

  • Gli ipermercati con maggiore esposizione verso articoli non alimentari
  • La ristorazione, per la tendenza a cucinare a casa
  • I commercianti Non-food che si specializzano in prodotti non essenziali e il cui acquisto è rimandabile

2. Sterlina più debole

Opportunità per:

  • I fornitori di prodotti locali, regionali e prodotti in Gran Bretagna beneficeranno dell’aumento di competitività
  • I fornitori di prodotti britannici che esportano all’estero
  • I discounter con categorie di prodotto limitate che possono passare la gran parte delle vendite a prodotti locali sostituendo un numero limitato di prodotti
  • Chi è in grado di acquistare dai Paesi a bassi salari sullo scenario globale (ad es. Asda che fa parte di Walmart)
  • Le insegne che hanno operazioni internazionali che vedranno le vendite sui mercati esteri aumentare a causa del cambio con la sterlina bassa (ad es. Tesco)

Rischi per:

  • I retailer che trattano categorie che si basano molto sulle importazioni come gli alimentari (il 39% degli alimentari venduti in UK è importato, e in particolare lo è il fresco come frutta, verdura e latticini)
  • Gli ipermercati che vendono prodotti non alimentari fatturati in moneta esetra (con i rischi maggiori per le transazioni verso il dollaro)
  • La divisione UK degli operatori di e-commerce internazionali, perché i consumatori arriveranno da altri mercati europei per fare acquisti in sterline
  • I negozi che si appoggiano a una scelta di prodotti internazionali come leva di differenziazione (negli ipermercati potrebbero diminuire le categorie di cibi esteri o etnici)
  • Insegne internazionali con operazione in UK (Walmart, Costco, Whole Foods) perché potrebbero diminuire le vendite sul fronte britanico
  • I retailer UK con operazioni internazionali in perdita, perché le perdite saranno aumentate dal cambio sfavorevole

3. Aumento dei tassi di interesse per alleviare la pressione verso il basso della sterlina

Opportunità per:

  • Distributori e fornitori con una forte dipendenza verso le supplì chain internazionali che eviteranno una pressione inflazionistica ancora più alta

Rischi per:

  • Distributori e fornitori di fai-da-te, arredamento, e forniture elettriche per la casa perché è plausibile che il mercato immobiliare sarà duramente colpito

4. Maggiori regolamentazioni e limitazioni nel libero movimento di merci e persone

Opportunità per:

  • I Retailer che dipendono poco delle supply chains estere
  • I Retailer con supply chain intrenazionali capaci di riorganizzare il flusso di merci velocemente
  • I Retailer che beneficiano della condivisione di negoziazioni e best practice a livello regionale europeo (ad es. Asda arte del gruppo d’acquisto EMD di cui fanno parte tra gli altri in Italia Selex e Sun)

Rischi per:

  •  I retailer britannici che dipendono molto da supply chain internazionali con un debole prospettiva di sostituirli con fornitori nazionali (abbigliamento, elettronica di consumo, fai da te)
  • I retailer americani che hanno investito nel Regno Unito come “ponte” per entrare in Europa (Whole Foods, Costco)
  • Le aziende di E-commerce che potrebbero soffrire dalle aspettative fallite dei clienti che non riescono ad ottenere consegne in giornata
  • Fornitori e distributori britannici che si avvalgono di manopdopera europea a basso costo

 

5. Ulteriore frammentazione dell’UE

  • Distributori e fornitori in tutta Europa soffriranno per l’impatto negativo sulle supply chains con tempi di attesa aggiuntivi alle frontiere e maggiori rischi per il cambio delle valute

 

 

 

Brexit: le opinioni nel retail:

Lidl UK: “Apprezziamo e rispettiamo la decisione del Leave fatta dal pubblico britannico. […] Abbiamo lavorato duramente nelle retrovie per prepararci a questa possibilità, così ora siamo pronti. […] Continueremo a investire nei nostri piani di espansione nel Regno Unito con nuovi punti vendita, nuovi magazzini e nuovi posti di lavoro.“

Stefano Pessina, Walgreens Alliance Boots. «Si sceglie di investire nel Regno Unito perché da lì si può facilmente accedere a tutta l’Unione Europea. Ora che il Regno Unito non sarà più parte della Ue, cambierà tutto».

RichardPennycook,TheCo-OperativeGroup: “Il nostro messaggio è positivo: siamo passati per un periodo di incertezza e ora consociamo l’esito. Ora dobbiamo guardare avanti e cogliere le opportunità.”

Alessandro De Felice, Presidente di ANRA, Associazione Nazionale di Risk Manager e Responsabili di Assicurazioni Aziendali. “Se la Gran Bretagna avesse deciso di rimanere nell’Unione Europea, ad esempio secondo le previsioni di Sace, l’export italiano avrebbe messo a segno una crescita media annua del 5,5% nel periodo 2017 – 2019 . Concretizzata la Brexit queste stime potrebbero essere riviste al ribasso di circa 1-2 punti percentuali nel 2016 (fino a 500 milioni € in meno).

Stephen Springham, Knight Frank: “Come ha provato la scorsa recessione i trend di spesa non seguono religiosamente le prestazioni del Pil. I consumatori potrebbero chiudere i cordoni delle borse e ripensare le priorità di spesa, ma non smetteranno di spendere. Le vendite nel retail rimarranno incostanti,. Ma il retail potrebbe beneficiare da investitori esteri a “caccia dell’affare”  pronti ad approfittare di ogni perdita di valore della sterlina.”

Tim Worsall, Forbes: “La causa principale della diminuzione delle vendite nei negozi britannici [a giugno, ndr] non ha a che fare con l’incertezza causata dalla Brexit ma con Amazon”.