CLOSE
Home Authors Posts by Carmela Ignaccolo

Carmela Ignaccolo

Carmela Ignaccolo
775 POSTS 0 COMMENTS

Debutta a Milano il primo BK Café

Burger King inaugura il primo BK Café a Milano nel ristorante di Viale Tibaldi 11. Il BK Café di Milano Tibaldi è il secondo in Europa, dopo quello aperto a Pogliano Milanese – primo punto vendita ad aver dato il via al format in tutta la rete Burger King.

“Il BK Café nasce dalla volontà di offrire un servizio in più ai nostri clienti e di presentarci con una nuova veste a chi ancora non ci conosce – dichiara Andrea Valota, Amministratore Delegato di Burger King Restaurants Italia –. L’apertura di Milano, in uno dei nostri punti vendita di maggior successo, segna certamente un punto di partenza per un’espansione che ci auguriamo diventi sempre più capillare e dedicata a diverse tipologie di consumatori, in particolar modo alle fasce più giovani, grazie alle offerte estremamente convenienti rispetto a un bar tradizionale”.

Al BK Café si potranno gustare specialità classiche della colazione all’italiana come caffè, cappuccino e brioches, e prodotti più tipicamente statunitensi come pancakes, donuts glassati, muffin, torte e piccola pasticceria, a cui si aggiungono aperitivi originali grazie alle snack box salate e alle quattro varietà di birra alla spina Heineken. L’obiettivo è di assecondare i gusti e le esigenze dei consumatori inserendo tra le proposte di hamburger e snack anche il segmento della colazione e degli aperitivi, offrendo un servizio aggiuntivo e orari che si estendono sin alla prima mattinata.

Il caffè in chicchi fornito da Lavazza è macinato al momento e preparato con una macchina professionale a marchio Cimbali. Made in Italy sono anche il latte e la pasticceria con torte e brioches fornite da Cupiello.

Lo stile del nuovo corner riprende i colori e i materiali del tipico format del ristorante, con tonalità calde e tanto legno per ricreare un ambiente confortevole e informale. 

Bayernland lancia il burro Gold chiarificato

Bayernland lancia il burro Gold chiarificato, presentato in anteprima alla fiera Marca 2020. Anche questo ultimo prodotto nato in casa Bayernland si avvale di materie prime di alto livello (il latte bavarese) ed è frutto del know how che l’azienda ha acquisito nei 50 anni di florida attività. Ciò che caratterizza il burro Gold chiarificato di Bayernland è la sua lavorazione come da tradizione ma ottenuta con moderne tecnologie. Dopo aver sciolto il burro lentamente, quest’ultimo viene centrifugato ad altissima velocità, filtrato e raffreddato; successivamente viene privato dell’acqua e delle proteine del latte.
Ne deriva un prodotto totalmente naturale, privo di conservanti, ricco di vitamine (A, D, E, K) e altamente digeribile; contiene meno dello 0,10% di lattosio, risultando ideale anche per chi ne è intollerante. Il burro Gold chiarificato di Bayernland contiene il 99,8% di grasso ha una consistenza liscia, compatta e un colore dorato; il sapore è pieno, delicato e gradevole. A differenza del burro tradizionale e di altri grassi, il burro Gold chiarificato di Bayernland non brucia ad alte temperature, rendendo i cibi saporiti e gustosi. Perfetto anche per realizzare fritture, salse e in pasticceria.

Carrello degli italiani sempre più verde, i dati dell’Osservatorio Immagino

Prodotti biologici o da filiera controllata, ottenuti nel rispetto degli animali e dei diritti dei lavoratori, con meno sprechi e riducendo l’impatto ambientale: gli italiani fanno scelte sempre più sostenibili.

Stando ai clamim privilegiati dai nostri connazionali, l’Osservatorio Immagino ha stilato un elenco di almeno 20 tinalità di green e che sottolineano un ampio ventaglio di caratteristiche ecologiche, a conferma del fatto che la sostenibilità è un tema ampio, complesso e sfaccettato.

«Nella nuova edizione dell’Osservatorio Immagino abbiamo dedicato un approfondito dossier alla “spesa verde” di tutti i giorni, rilevando ed elaborando i dati di vendita e di trend relativi a tutti i 106 mila prodotti del nostro paniere che presentano sulla confezione un claim dedicato alla sostenibilità» spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Abbiamo così scoperto che l’eco-carrello è composto da oltre 19 mila prodotti che, nell’anno finito a giugno 2019, hanno sfiorato i 7 miliardi di euro di vendite, in crescita di +3,4% rispetto ai 12 mesi precedenti».

Dall’analisi dell’Osservatorio Immagino emerge che il 18,0% dei prodotti a scaffale e il 19,4% del giro d’affari dei punti vendita rientra nel mondo “green”, perché presenta sul packaging almeno un claim che ne comunica e valorizza l’impegno sul fronte della sostenibilità.Fig. 1 – Fonte: Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, ed. 2, 2019

I claim rilevati dall’Osservatorio Immagino fanno riferimento a quattro macro-aree tematiche (Figura 1). La più affollata, in termini di numero di prodotti a scaffale, è quella dell’agricoltura e degli allevamenti sostenibili: accomuna il 9,7% dei prodotti rilevati con una quota sul sell-out del 6,3%. L’insieme di questi prodotti, accompagnati da claim come “100% naturale”, “filiera”, “senza antibiotici” o “biologico”, è anche il più performante nei 12 mesi analizzati, grazie a una crescita di +5,7% delle vendite, che sono arrivate a 2,2 miliardi di euro.

Il paniere più significativo per giro d’affari è quello dei prodotti ottenuti con una gestione sostenibile delle risorse, con oltre 2,8 miliardi di euro di sell-out nell’anno finito a giugno 2019. Questi prodotti generano l’8,0% delle vendite dei 106 mila prodotti monitorati dall’Osservatorio Immagino e nell’anno considerato hanno sfiorato il +4,0% di crescita. Numericamente rappresentano il 5,5% dell’offerta di supermercati e ipermercati e riportano in etichetta un ampio range di claim, come “meno sprechi” o “ridotto impatto ambientale”, “meno plastica” o “senza fosfati”, oppure sono dotati di certificazioni ecologiche come Ecolabel o il Sustainable Cleaning.

Il terzo eco-paniere rilevato dall’Osservatorio Immagino è quello dei prodotti realizzati nel rispetto dei valori della responsabilità sociale, attestati dalla presenza dei loghi di una delle principali certificazioni di questo settore (Fairtrade, UTZ e FSC Forest Stewardship Council). Rappresentano il 4,0% di tutti i prodotti dell’Osservatorio Immagino e generano il 6,0% delle vendite in supermercati e ipermercati. Tra giugno 2018 e giugno 2019 hanno guadagnato +1,4% a valore raggiungendo i 2,1 miliardi di euro di vendite.

L’ultimo “green basket” è quello dei prodotti realizzati nel rispetto degli animali, attestato da certificazioni come Friend of the sea o da claim come “cruelty free”: comprende lo 0,9% dei prodotti rilevati e vale 437 milioni di euro di vendite (1,2% di quota a valore). Nei 12 mesi rilevati è cresciuto di +2,3%.

Su ciascuno di questi quattro “carrelli della spesa” l’Osservatorio Immagino ha condotto un’analisi per misurare il trend di ogni claim e la sua penetrazione nelle singole categorie merceologiche del food e del non food (cura casa e cura persona).

Etichetta RF/RFID UNO: migliori prestazioni e sostenibilità

Debutta una nuova versione dell’etichetta RF/RFID UNO di Checkpoint Systems. 

Lanciata recentemente al NRF 2020, brevettata e completamente integrata, la nuova etichetta RF/RFID UNO  è compatibile con tutte le nuove versioni di chip RFID, tra cui il chip Impinj M750 lanciato di recente.

La nuova etichetta offre ai retailer ii vantaggi della protezione EAS all’uscita dello store e, allo stesso tempo, la gestione dell’inventario RFID se abbinata ad appositi hardware e software. Ciò fornisce ai retailer dell’abbigliamento una tecnologia dalla doppia utilità, in quanto da oggi sarà necessaria un’unica etichetta, con conseguente ulteriore riduzione di costi di manodopera e tempi.

Unendo le tecnologie RF e RFID, Checkpoint contribuisce anche a mitigare la schermatura del corpo e a ridurre l’attenuazione del segnale, fattori che possono influenzare le singole tecnologie.

Chip RFID RAIN Impinj M750: i vantaggi

Essendo uno dei più piccoli chip del suo genere sul mercato, il chip Impinj M750 è più piccolo del 40% rispetto alle versioni precedenti e ciò si traduce, lato Checkpoint, in una riduzione del consumo di materiale del 18%.

I nuovi Inlay abbinati ai chip Impinj M750 hanno una sensibilità di ricezione più alta (-24 dBm) di qualsiasi altro RAIN tag IC e ottimizzano le prestazioni per una vasta gamma di materiali e frequenze operative.

Pam local inaugura il suo secondo negozio a Pisa

Pam Panorama inaugura a Pisa il secondo punto vendita Pam local presente in città in via Santa Maria 80-84. Per l’insegna il 2020 vedrà un importante piano di sviluppo in Toscana, dove sono già programmate tre nuove aperture.

Il format Pam local ha continuato ad innovarsi nel tempo per crescere e rispondere alle esigenze dei propri Clienti che ne apprezzano convenienza, praticità e qualità, grazie al ricco assortimento e soluzioni su misura disponibili 7 giorni su 7 con orario continuato, dalle 8 alle 22 dal lunedì al sabato e dalle 9 alle 22 la domenica. Il nuovo punto vendita si trova nel cuore della città a 150 metri dall’Università degli Studi di Pisa, dalla piazza del Duomo e dalla “Torre Pendente” in una zona ricca di fermento e di passaggio anche grazie alla presenza di numerosi turisti attratti dalle meraviglie architettoniche della città alfea.

Nel convenience store sono a disposizione dei clienti una vasta gamma di prodotti studiati per soddisfare le esigenze di tutti. Per chi è di corsa c’è il Food to Go, pratiche soluzioni per pasti veloci ma gustosi e sfiziosi, mentre chi ha un occhio di riguardo non solo per il risparmio ma anche alla riduzione degli sprechi, può contare su numerose confezioni monoporzione e una vasta scelta di sfiziosi piatti pronti. Come da format Pam local non mancano i menu in abbinata per offrire, ogni 15 giorni, suggerimenti sempre nuovi per gustose ricette a prezzi competitivi e l’iniziativa “Prezzo Promessa” che garantisce prezzi bassi tutto l’anno su centinaia di prodotti di uso quotidiano.

Fattorie Garofalo, nel 2019 il fatturato di gruppo raggiunge i 100,7 milioni

Fattorie Garofalo nel 2019 consolida il processo di crescita. A parlare sono i numeri:  il fatturato lordo di gruppo 2019, infatti, si è chiuso a quota 100,7 milioni di euro, registrando una crescita del 10,65% sull’anno precedente. Nel 2018, con 91 milioni, il fatturato era cresciuto del 10,5% sul 2017. Sono queste le cifre salienti del mondo di aziende agrozootecniche, industriali e del retail che fanno capo al gruppo con base a Capua (Caserta) ed impegnate nella filiera bufalina, nella trasformazione delle materie prime in Mozzarella di bufala campana Dop, carni e salumi, e nella cessione sul mercato di energia da fonti rinnovabili.

Il fatturato della trasformazione e dei punti vendita, in particolare, cresce di oltre il 10% grazie al traino dell’export: il gruppo raggiunge con i propri prodotti oltre 40 Paesi, e ha teste di ponte per il retail in Gran Bretagna e Francia.

Nel 2019 crescono anche gli investimenti, che si attestano a oltre 6 milioni (+50% sull’anno precedente, quando si erano attestati a 4 milioni) e si preparano ad un ulteriore balzo in avanti nel 2020 in tutti i settori di interesse del gruppo: zootecnia, retail e trasformazione. Intanto cresce l’occupazione (+10% sul 2018), che raggiunte le 384 unità medie annue.

La rete e la produzione

Il gruppo  – forte oggi di numerosi punti vendita – punta nel 2020 a rilanciare gli investimenti nel retail, con la prossima apertura di due nuovi Mozzarella bar a Firenze e Pisa, dopo le aperture delle scorso anno a Parigi e Londra.

Sul piano della produzione industriale è confermata la scelta verso la diversificazione dell’offerta, volta ad intercettare nuovi segmenti di mercato ed il consolidamento dei nuovi prodotti lanciati negli scorsi anni, come la mozzarella biologica e il Dulce de Leche – latte di bufala caramellato. Ma il tema della diversificazione si declina agevolmente anche con prodotti tradizionali – come la stracciata e la burrata di bufala, il burro e la Ricotta di bufala campana Dop, prima sconosciute sui mercati esteri, e che stanno già riscuotendo un notevole successo. Ne è testimonianza il premio quale prodotto dell’anno 2020 ricevuto a fine 2019, proprio per la burrata di bufala, dai consumatori portoghesi, nel quadro di un’indagine promossa dal gruppo della grande distribuzione Sonaemc. Il successo all’estero dei prodotti Fattorie Garofalo è nei numeri della commercializzazione dei prodotti: il 50% della Mozzarella di bufala campana Dop è ceduta sui mercati esteri; ma per un prodotto che suona nuovo alle orecchie dei consumatori oltre frontiera – come la burrata di bufala – si arriva all’80%.

La sostenibilità

“Abbiamo fino ad oggi costruito solide basi per un futuro del gruppo che sia sostenibile sotto tutti i profili: sul piano ambientale ci confermiamo quale gruppo produttore netto di energia da fonti rinnovabili e rilanciamo il nostro impegno per un’economia circolare aderente al Green New Deal, su quello sociale continuiamo ad offrire ulteriori opportunità di lavoro e di crescita professionale in un territorio considerato difficile, conseguendo anche la certificazione etica dei nostri rapporti di lavoro, sul piano della gestione economica il rapporto tra investimenti e fatturato è tale da assicurare crescita nella stabilità e continueremo a farlo nella costante ricerca di nuovi mercati esteri, guardando con fiducia verso Oriente – dice Raffaele Garofalo, presidente di Fattorie Garofalo. “Nel 2020 sono previsti ulteriori importanti investimenti – annuncia – per integrare maggiormente la nostra filiera, volta a suscitare una ulteriore e significativa crescita del fatturato di gruppo.” Anche la direzione degli investimenti per il prossimo futuro è infine già tracciata: “Investiremo nell’allevamento bufalino, dove i nostri capi di razza mediterranea italiana sono tutti iscritti al Libro genealogico della specie bufalina, nella produzione di derivati del latte di bufala e nell’ampliamento della rete di retail diretto, che riteniamo strategica in quanto veicolo del marchio aziendale presso il consumatore  – aggiunge Garofalo.

“La politica di diversificazione del prodotto del gruppo – conclude – intende raggiungere la piena soddisfazione del consumatore portando il messaggio che intendiamo proporre: un grande gruppo di filiera dove presto saremo in grado di dare ancora maggiori certezze di qualità e rintracciabilità”.

Buoni pasto: tassa occulta del 30%. L’allarme delle imprese di categoria

Buoni pasto: troppo cari per gli esercenti che devono accollarsi commissioni verso le società emettitrici e oneri finanziari. Morale: pagano una tassa occulta pari al 30%. La causa?

Le gare bandite da Consip per la fornitura del servizio alla pubblica amministrazione, che hanno ormai spinto le commissioni al di sopra del 20%.

Quindi?

Quindi, se non ci sarà un’inversione di rotta immediata, quasi tre milioni di dipendenti pubblici e privati potrebbero vedersi negata la possibilità di pagare il pranzo o la spesa con i ticket. Nel nostro Paese, inftti, sono circa 2,8 milioni i lavoratori  dotati di buoni pasto e il 64,7% di loro  li utilizza come prima forma di pagamento ogni volta che esce dall’ufficio.

Ecco l’allarme lanciato dai rappresentanti delle sei associazioni di categoria che rappresentano le imprese della distribuzione e della ristorazione del nostro Paese: Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe- Confcommercio, Claudio Gradara, presidente Federdistribuzione, Luca Bernareggi, presidente ANCC Coop, Corrado Luca Bianca, Coordinatore Nazionale FIEPeT Confesercenti, Sergio Imolesi, segretario generale ANCD Conad e Donatella Prampolini, presidente FIDA-Confcommercio.

È evidente – sottolineano le associazioni – che lo Stato non può far pagare la propria spending review alle nostre imprese. Così facendo si mette a rischio un sistema che dà un servizio importante a 3 milioni di lavoratori ogni giorno e si mettono in ginocchio decine di migliaia di imprese, tra pubblici esercizi, piccola e grande distribuzione commerciale. Nessuno può dimenticare che il buono pasto è un servizio che già gode di agevolazioni importanti in termini di decontribuzione e defiscalizzazione ”.

Il tavolo, oltre a promuovere una campagna di comunicazione congiunta che interesserà tutti gli esercizi della ristorazione e della distribuzione commerciale, ha anche deciso di avviare un’azione di responsabilità nei confronti di Consip per aver ignorato i campanelli d’allarme in merito alla vicenda Qui!Group, azienda leader dei buoni pasto alla pubblica amministrazione che, dopo essere stata dichiarata fallita a settembre 2018, ha lasciato 325 milioni di euro di debiti, di cui circa 200 milioni nei confronti degli esercizi convenzionati.

La stazione appaltante

Consip, effettua le gare formalmente con il sistema dell’offerta maggiormente vantaggiosa ma, di fatto proprio per la natura del buono pasto, al massimo ribasso. Nel corso dell’ultima gara aggiudicata a fine 2018, i 15 lotti, dal valore complessivo di 1 miliardo di euro, sono stati assegnati con uno sconto medio del 20% e con picchi al di sopra del 22%. Uno schema identico a quello del 2016, quando il ribasso medio si è assestato attorno al 15%. Questo livello di sconti, una volta sdoganato dal pubblico, sta diventando di riferimento anche per le gare private.

Risultato: un esercente vende prodotti e servizi per valore di 8 euro ma ne incassa 6,18. Aggiungendo a queste commissioni altri oneri finanziari, su buoni pasto del valore di 10mila euro, gli esercizi si vedono decurtare 3mila euro.

Qui!Group

In seguito al fallimento della principale società fornitrice di buoni pasto alla pubblica amministrazione, la Qui!Group di Genova, migliaia di piccole e grandi aziende della ristorazione e della distribuzione commerciale si sono ritrovate con circa 200 milioni di euro di crediti che sarà molto difficile  riscuotere. I rimborsi previsti, trattandosi di creditori chirografari, difficilmente arriveranno a coprire il 10% del credito, praticamente il valore dell’iva che i titolari dei locali hanno già anticipato allo Stato. Eppure Consip era a conoscenza già agli inizi del 2017 delle difficoltà della società di rimborsare i buoni pasto. Per questo il tavolo delle associazioni  ha deciso di avviare un’azione di responsabilità nei confronti della Consip per omesso controllo.

IKEA presenta MUSSELBLOMMA, la linea di plastica “marina” riciclata

IKEA lancia MUSSELBLOMMA per compiere un ulteriore passo e diventare entro il 2030 un’azienda circolare in ogni suo aspetto, dallo sviluppo dei prodotti, progettati sin dall’inizio per essere riconvertiti, riparati, riutilizzati, rivenduti o riciclati, all’approvvigionamento dei materiali, lungo l’intera catena del valore. 

Il progetto di MUSSELBLOMMA, infatti, si inserisce in un modello di business incentrato sull’economia circolare grazie a  4 prodotti realizzati in poliestere da plastica riciclata, in parte recuperata dai pescatori spagnoli nel Mar Mediterraneo.

Per ogni chilo di rifiuti plastici in PET che possono essere utilizzati per fabbricare il tessuto in poliestere, altri nove chili di materie plastiche diverse, gomma, metallo, vetro, vengono ripescati dal mare e successivamente differenziati e riciclati o smaltiti in modo responsabile. Un progetto sviluppato in collaborazione con SEAQUAL, un’organizzazione che promuove e sostiene iniziative di pulizia di mari e oceani, e disponibile in anteprima in Italia a partire da febbraio.

IKEA vuole avere un impatto positivo sulle persone e sul pianeta, agendo concretamente per innescare un vero cambiamento nella società “, dichiara Alessandro Aquilio Country Communication & Sustainability Manager di IKEA Italia Siamo orgogliosi che sia l’Italia il primo Paese, insieme alla Spagna, a presentare con MUSSELBLOMMA prodotti progettati secondo i principi dell’economia circolare e renderli disponibili alla maggioranza delle persone, promuovendo così uno stile di vita che rispetti i limiti del Pianeta”.

La collezione porta la firma della designer spagnola Inma Bermúdez, che si è ispirata ai colori e alle forme del mare.

 

Debutta BUN, l’hamburgeria 3.0: a tu per tu con Danilo Gasparrini

“C’era ancora spazio. Un piccolo grande mondo inesplorato tra McDonald’s e il burger gourmet. E’ lì che siamo approdati con il nostro format – esordisce così Danilo Gasparrini, fondatopre e ad di BUN, l’hambugeria 3.0 che ha da poco aperto i battenti al Centro di Arese, grazie a un fundrising di 600 mila euro.

[Not a valid template]“L’hamburger è un prodotto standarizzato e quindi consente un business scalabile – spiega Danilo -.  Innestandoci su questo filone, abbiamo poi optato delle peculiarità, adottando la tecnica americana smash (quella della polpetta schiacciata in cottura, per internderci) e scegliendo un pane dolce realizzato con farina di patate. E poi non dimentichiamoci delle tre nostre salse, realizzate con ricetta esclusiva.”

E per i vegetariani?

“La possibilità di scegliere la versione beyond meat”.

Altre innovazioni?

“Burger vegani senza pane, sostituito da foglie d’insalata. E menù ad hoc anche per i cani, perché è giusto  che anche loro  se la spassino un po’. E poi la scelta di eliminare completamente la plastica: acqua rigorosamente in lattina e palette per il gelato tassativamente plastic free.”

Primi riscontri?

“Positivi, la proposta beyond meat sta raccogliando consensi, sviluppando tra il 15 e il 20% del totale vendite.”

Obiettivi di crescita?

“Raggiungere i 5 milioni e aprire nei prossimi mesi altri punti vendita”.

 

Millennials vs Generazione Z: consumi a confronto. L’analisi HYPE

Photo by Leah Kelley from Pexels

Le generazioni non sono tutte uguali, specialmente nel modo di gestire il proprio denaro o di vivere i propri consumi. Ed anche tra due generazioni apparentemente simili – come la Generazione Y e la Generazione Zeta – qualche differenza c’è.

Un’analisi in merito, che parte dai numeri e offre un interessante spaccato di tipo sociologico, è stata effettuata dall’Ufficio Studi di HYPE, la soluzione di banking digitale che funziona attraverso un’app mobile.

Gestione del denaro digitale

Primo dato significativo è la frequenza giornaliera di accesso all’app: 0,68 volte al giorno per i giovanissimi della Generazione Z e 0,57 volte per i Millennial: una differenza che pare infinitesimale, ma che in realtà rappresenta un chiaro indicatore di come i giovanissimi ricorrano con maggiore naturalezza alla propria mobile bank. Si tratta di un gesto sempre più frequente, anche se non ancora meccanico come, per esempio, il consultare Whatsapp, ma l’incremento nell’abitudine di utilizzo è netto.

I numeri evidenziano come HYPE sia ormai uno strumento utilizzato abitualmente per la gestione delle entrate tanto dalla Generazione Y, che lo utilizza anche per l’accredito dello stipendio (+214% il numero dei Clienti che ha accreditato il proprio stipendio su HYPE nel 2019 rispetto all’anno precedente), che dalla Generazione Z, i quali pur non avendo un’entrata fissa, presumibilmente ricorrono all’app per ricevere la «paghetta» dai propri genitori. Il 70% degli under 18 utilizza l’app per ricevere abitualmente denaro (l’8% delle transazioni totali di P2P ricevente di HYPE riguardano gli under 18).

Le principali voci di utilizzo di HYPE mostrano come entrambe le generazioni abbiano comportamenti simili (con una spiccata propensione all’utilizzo della soluzione come abituale strumento di pagamento) ma non identici. 

Gli acquisti

A far la parte del leone sono gli acquisti presso i negozi al dettaglio. Spicca l’importante peso specifico degli acquisti relativi ad abbigliamento ed accessori, che caratterizza maggiormente il cluster della Generazione Z (11,8% della spesa, rispetto a un più limitato 5,78% dei Millennials). Al secondo posto si posizionano gli acquisti relativi al food, che evidenziano una significativa differenza di comportamento tra generazioni: mentre i giovanissimi della Generazione Z mostrano una maggiore  propensione al consumo di cibo fuori casa (spendono l’8,71% in ristoranti, il 3,78% in fast food), la Generazione Y sceglie sì in maniera significativa la ristorazione (7,39% ristoranti), ma bilanciata da un 6% di spesa per alimentari presso la grande distribuzione (la Generazione Z si ferma a 3,43%), segno della propensione al consumo di pasti preparati in casa. 

Vedi alla voce risparmio

Una delle funzioni più utilizzate di HYPE, la cui analisi avvalora ancora di più le tendenze già evidenziate, è quella degli Obiettivi, il “salvadanaio virtuale” che consente l’accantonamento progressivo di cifre destinate ad una finalità preimpostata. 

Emergono come diametralmente opposte, tra i due target, le finalità legate agli accantonamenti a medio termine: per la Generazione Z, il principale obiettivo di risparmio riguarda l’acquisto di prodotti elettronici o software, quindi un investimento sul patrimonio tecnologico personale, mentre i Millennial sono più orientati verso il consumo “analogico”, presentando come principale voce di risparmio la categoria “Veicoli e trasporti”, con un peso relativamente significativo anche della voce “Viaggi e Vacanze”.

«Le giovanissime generazioni confermano – anche per quanto riguardo le scelte di utilizzo del denaro – quella tendenza ormai acquisita all’online», conferma Antonio Valitutti, General Manager di HYPE «ovvero al comprendere nella sfera del digitale anche le proprie passioni e relazioni quotidiane».  

Metodologia

L’analisi ha comparato i dati relativi all’utilizzo di HYPE nella gestione del denaro e negli acquisti di beni e servizi relativamente ai due cluster di clienti appartenenti all’oltre milione di clienti attivi: gli oltre 70mila clienti under 18 (HYPE dà infatti la possibilità di aprire un conto a partire dai 12 anni), e gli oltre 500mila appartenenti alla Generazione Y (o Millennial, i nati tra il 1981 e il 1996).

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare