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Lidl, 1.200 prodotti a “inflazione zero” da un anno

Prezzi senza rincari per 12 mesi su oltre 1.200 prodotti. È questa la mossa di Lidl Italia per contrastare il ritorno dell’inflazione. E la cosa interessante è che non si tratta di un impegno per il futuro, ma il bilancio di quanto già fatto, certificato da NielsenIQ. La premessa indispensabile è data dalle stime preliminari dell’Istat: a maggio l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra una variazione nulla su base mensile e un incremento del +1,7% su base annua. Si tratta di una frenata rispetto al +1,9% registrato ad aprile, ma con un dato in controtendenza: i beni alimentari accelerano nettamente, salendo dal +2,2% al +3,2% e trainano l’inflazione del cosiddetto “carrello della spesa”, che tocca un +3,1% contro il +2,6% di aprile. La tendenza è confermata anche da NielsenIQ, che ha rilevato, sempre a maggio, un balzo dell’inflazione tendenziale al 2,3% (rispetto allo 0,8% di aprile).

In questo scenario, Lidl Italia sottolinea il suo impegno contro il caro-vita con oltre 1.200 articoli a “inflazione zero” sulle oltre 3.500 referenze proposte a scaffale nei circa 780 punti vendita dell’insegna. Come certificato da NielsenIQ, nel periodo dall’1.06.2024 al 31.05.2025, il prezzo di vendita di oltre 1.200 prodotti non ha mai superato il prezzo di inizio monitoraggio. Articoli del paniere base come spaghetti, fusilli, biscotti, farina, baguette, prosciutto cotto vengono offerti a scaffale senza rincari da 12 mesi. “Tutelare il potere di acquisto dei nostri clienti è da sempre uno dei nostri obiettivi – dichiara Massimiliano Silvestri, Presidente Lidl Italia –. Abbiamo già intrapreso azioni simili in passato, in periodi in cui il tema dell’inflazione era molto più sentito, ma non intendiamo abbassare la guardia. I dati purtroppo mostrano come l’inflazione sia tornata ad alzare la testa soprattutto sul carrello della spesa. Questa è la nostra risposta concreta”.

Coop, il 2024 si è chiuso con un giro d’affari di 16,6 miliardi di euro

Performance allineata all’inflazione nel 2024 per Coop. Il giro d’affari complessivo delle 72 cooperative associate ha raggiunto i 16,6 miliardi di euro, +1,2% rispetto all’anno precedente, ma la sola parte retail si è attestata a 14,9 miliardi di euro, in crescita dell’1%, in linea con l’incremento medio dei prezzi al consumo calcolato dall’Istat sull’intero anno. La quota di mercato è pari all’11,1%, scesa dello 0,3% rispetto all’anno precedente, ma tale da confermare il terzo posto tra le insegne della grande distribuzione italiana. Pressoché completato nel corso del 2024 il progetto sul prodotto a marchio, arricchito di ulteriori proposte. Ad esempio, la nuova offerta nel segmento pet food, lanciata con l’obiettivo di confrontarsi alla pari con le grandi catene specializzate nei prodotti per gli animali di casa. Complessivamente sono stati oltre 1.000 i prodotti oggetto di restyling o all’esordio in varie categorie, tra le quali igiene ambienti, salumi e formaggi. L’incidenza sul totale delle vendite ha superato il 40% e a fine 2023 il fatturato generato dal prodotto a marchio Coop ha toccato i 3,5 miliardi di euro.

BENE GLI SPESOTTI E LA TELEFONIA
Coop sottolinea il successo della nuova linea Gli Spesotti, focalizzata sulla convenienza ed entrata a regime nel corso del 2024: quasi 10 milioni di pezzi venduti ogni mese e 4 milioni di acquirenti in un anno tra i soci Coop. Altro aspetto evidenziato è relativo a Coop Voce, la telefonia a marchio Coop, che nel 2024 ha superato i 2,2 milioni di utenti (413.000 i nuovi utenti del 2024) sviluppando un giro d’affari pari a circa 157 milioni di euro (+3% rispetto al 2023).

I DATI SULL’OCCUPAZIONE
Nell’anno che ha visto il rinnovo del contratto di lavoro nella distribuzione cooperativa al termine di una lunga e complessa trattativa – ma che, precisa Coop, ha portato ad adeguamenti retributivi e a un potenziamento di clausole di welfare e di risorse investite in percorsi formativi – l’occupazione generata è di poco inferiore ai 58.000 dipendenti. Oltre il 70% dei dipendenti è donna e contemporaneamente è aumentata la percentuale di donne in ruoli direttivi, che supera il 40% Un dato da anni in crescita che testimonia l’impegno di Coop sui temi dell’inclusione e della parità di genere.
A febbraio 2023 Coop, prima nella grande distribuzione organizzata, ha ottenuto la Certificazione della Parità di Genere secondo la UNI PdR 125 e l’attestato è stato riconfermato nel 2024 a un anno di distanza e affiancato da altre Certificazioni della Parità di Genere raggiunte dalla maggior parte delle cooperative associate. Immutato il dato della base sociale; sono circa 6,2 milioni i soci (oltre un quarto delle famiglie italiane). La presenza femminile è forte anche nei Cda delle cooperative (40,8%) ed è confermato il dato della predominanza femminile fra i soci eletti nei vari organismi rappresentativi dei territori (54,4%).

Effetto dazi sul vino: export negli Usa calato del 7,5% a volume in aprile

L’export di aprile del vino italiano verso gli Stati Uniti ha registrato un calo del 7,5% a volume e del 9,2% a valore (a quasi 154 milioni di euro), con un decremento del prezzo medio del 2%. Lo rileva l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), che ha elaborato i dati export relativi al primo mese soggetto ai dazi dell’amministrazione Trump (dal 2 all’8 aprile al 20%, in seguito al 10%). La caduta di aprile fa contestualmente scendere il consuntivo delle spedizioni nel quadrimestre verso gli Usa in linea di galleggiamento (+0,9% a volume) dopo l’exploit dell’ultimo semestre caratterizzato da una corsa alle scorte pre-dazi. Nel periodo si dimezza anche la performance a valore (+6,7%, 666 milioni di euro: appena un mese prima il saldo era +12,5%). Un crollo annunciato, rileva Uiv, che rende ancor più problematica la situazione complessiva nei mercati extra-Ue: -9% i volumi e -2,4% i valori.

Da tempo – commenta Lamberto Frescobaldi, Presidente di Unione italiana vini – insistiamo nel guardare agli effettivi consumi e non solo ai dati sulle spedizioni, che solo ora si stanno allineando dopo le evidenti corse alle scorte. Uiv ritiene che si debbano affrontare con estrema urgenza – e sarà il tema chiave della prossima assemblea nazionale del 3 luglio – gli squilibri di mercato sempre più evidenti, anche in vista della prossima vendemmia”. Secondo l’Osservatorio, senza il traino statunitense, il saldo nel quadrimestre della domanda extraeuropea a volume scenderebbe da -9% a -15% (-10% il valore), con decrementi in doppia cifra nell’area asiatica (Giappone e Cina, in crescita la Corea del Sud) e in Russia (-65%). Peggiora anche il terzo mercato al mondo, il Regno Unito che cede 5 punti a volume e oltre 6 a valore, mentre sono stabili il quarto e quinto buyer del made in Italy (Svizzera e Canada, che però cresce in volume di oltre l’8%).

Surgelati protagonisti nella lotta allo spreco alimentare

Il problema è noto, ma ancora lontano dal trovare una soluzione. Anzi, secondo uno studio dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher-Campagna Spreco Zero, condotto per l’Istituto Italiano Alimenti Surgelati (IIAS), è in deciso peggioramento, a dispetto delle iniziative per sensibilizzare i consumatori. In Italia ogni settimana gettiamo, in media, 667,4 grammi di cibo pro capite, con una crescita del +17,9% rispetto allo scorso anno (a gennaio 2024, erano 566,3 g). In cinque anni il quantitativo di prodotti alimentari buttati via sarebbe cresciuto di quasi 140 g settimanali, posizionando l’Italia al pari della maggior parte dei paesi europei. In questo quadro non proprio confortante, risalta la ridotta quantità di alimenti surgelati gettati: 14,9 g sul totale pro capite settimanale, il 2,23% rispetto allo spreco individuale complessivo. L’indagine ha coinvolto lo scorso aprile un campione di 1.000 intervistati dai 18 anni in su, rappresentativo della popolazione italiana. “Lo spreco alimentare – dichiara Andrea Segrè, Direttore Scientifico dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher – non deve essere letto esclusivamente come un comportamento individuale scorretto. Piuttosto è un indicatore di fragilità socio-culturale e di marginalità educativa e se vogliamo contrastarlo in modo sistemico, è necessario rafforzare le politiche di educazione alimentare, prestare maggiore attenzione alle informazioni in etichetta, ma anche promuovere l’accesso a elettrodomestici efficienti e soluzioni smart per la gestione del cibo in casa, affinché le famiglie italiane possano trasformare i loro freezer in ‘centri di riserva alimentare’ intelligenti e sostenibili. La nostra indagine, infatti, ha rivelato chiaramente che i surgelati sono un valido alleato contro lo spreco”.

I PIÙ SPRECATI? FRUTTA, VERDURA E PANE
Frutta e verdura fresche, insalate, pane, cipolla, aglio e tuberi, latte e yogurt occupano i primi posti in classifica tra i cibi più sprecati, con picchi di 26,82 g e 23,89 g settimanali rispettivamente per frutta e verdure fresche. Nella top 10 dei meno sprecati, invece, trovano posto i surgelati, che con i già citati 14,9 g gettati via a settimana, registrano uno spreco inferiore del -37,6% rispetto a quello delle verdure fresche e del -17,4% rispetto a verdura e frutta non fresche (in vasetto o in barattolo). L’indagine WWI ha mostrato, inoltre, differenze molto significative su base geografica. I consumatori del Nord Italia si distinguono per comportamenti più responsabili, con soli 12,5 g di surgelati sprecati a settimana, (-16% rispetto alla media nazionale). Le abitudini alimentari variano anche in base alla composizione familiare e al livello socioeconomico. Le famiglie con figli sprecano l’11% in meno di surgelati rispetto alla media e il ceto medio e medio-basso dimostrano maggiore attenzione, con percentuali che oscillano tra -7% e -8% vs. la media nazionale. Analoga sensibilità si riscontra in chi vive in piccoli centri, sprecando un 8% in meno di surgelati rispetto alla media o in chi abita in grandi città (-5%).
Premesso che oltre 1 intervistato su 3 (34%) dichiara di non gettare mai via surgelati, tra le ragioni per cui anche questi prodotti finiscono in pattumiera ci sono principalmente fattori organizzativi, logistici o imprevedibili: la dimenticanza delle scadenze (22%), la cattiva conservazione (21%) la mancanza di spazio nel freezer/una cattiva organizzazione domestica (20%) e le interruzioni della catena del freddo (16%). Non si tratta, quindi, di motivi legati alla deperibilità del prodotto ma, piuttosto, a una gestione poco efficiente della sua conservazione. Quanto alla frequenza di spreco, circa 1 su 10 (14%) si trova a buttar via surgelati ogni 3-4 mesi, a fronte di un 59% che li spreca molto meno spesso.

L’IDENTIKIT DEI CONSUMATORI
La ricerca WWI ha individuato quattro principali tipologie di consumatori, classificandoli in base ai comportamenti legati allo spreco di prodotti surgelati. Eccoli di seguito.
Distratti Organizzati (16,6% del campione): sono prevalentemente giovani coppie under 35, che vivono al Sud, spesso con figli e laureati. La loro gestione poco attenta del freezer e la scarsa consapevolezza delle scadenze causano sprechi leggermente superiori alla media.
Custodi del Freezer (34,1%): sono per lo più over 60, vivono principalmente al Nord, sono single o in coppia, ma senza figli. Sono i più virtuosi: il loro rapporto con il cibo è fatto di rigore e attenzione e lo spreco, per loro, è quasi un’eccezione.
Congelatori Cronici (36,3%): adulti tra i 35 e i 54 anni, spesso con figli e un buon livello di istruzione. Conservano tutto, a lungo. Anche troppo. Il loro spreco non è eclatante, ma diffuso e costante, frutto di dimenticanze e scarsa programmazione. Sono “campioni” della scorta eterna, che però rischia spesso di trasformarsi in scarto.
Spreconi Inconsapevoli (13%): sono giovani, spesso con basso livello di istruzione, appartenenti a fasce sociali fragili. Consumano tanto, ma buttano ancora di più, spesso consapevoli dei propri errori ma privi della volontà e degli strumenti per migliorare.

LA CONVENIENZA ECONOMICA DEL SOTTOZERO
C’è poi l’aspetto economico: un’indagine condotta da AstraRicerche per IIAS ad aprile dello scorso anno ha calcolato l’effettivo “value for money” dei prodotti sottozero rispetto agli analoghi freschi, prendendo in esame cinque frozen food rappresentativi delle principali categorie del comparto (fagiolini, patate fritte, filetti di merluzzo, paella). I dati mostrano che i filetti di merluzzo freschi “costano” il 49% in più dei surgelati, percentuale che tocca il 60% se si considera anche il valore dello spreco alimentare. Analogamente, i fagiolini – che nella versione fresca, necessitano di essere puliti e tagliati alle estremità – superano del 53% il “valore economico” del surgelato e per preparazioni più complesse, come la paella di pesce e verdure, la convenienza del surgelato è inequivocabile: il fresco costa il 246% in più del surgelato.

“ANACRONISTICO INDICARE GLI INGREDIENTI SURGELATI NEI MENU”
I surgelati non sono solo pratici: sono una scelta intelligente, moderna e sostenibile – afferma Giorgio Donegani, Presidente di IIAS –. Dal punto di vista ambientale il loro vantaggio è doppio: meno sprechi alimentari, ma anche minore impatto energetico. I prodotti sono infatti già lavati e questo riduce il consumo domestico di acqua, e i tempi di cottura più brevi consentono un minore dispendio energetico. La loro lunga conservabilità fa inoltre sì che il prodotto non deperisca prima del consumo. Grazie alla loro forte valenza antispreco, i surgelati rappresentano una risorsa importante per ridurre e contrastare gli sprechi alimentari non solo a livello domestico, ma anche di ristorazione. Parlando di ristorazione pubblica, questi dati dovrebbero far riflettere anche sull’opportunità di rivedere i limiti attualmente imposti alle forniture di prodotti surgelati nei contratti di appalto per la ristorazione collettiva (Decreto 10 marzo 2020 sui Criteri Ambientali Minimi). Ma non solo. Sarebbe anche sensato ridiscutere dell’opportunità di continuare a richiedere la presenza dell’asterisco all’interno dei menu della ristorazione per indicare l’uso di ingredienti surgelati: un obbligo anacronistico, su cui sarebbe auspicabile che il legislatore italiano facesse chiarezza, al fine di superare questa datata prassi che origina dalla giurisprudenza”.

Aldi rilancia il suo impegno nella prossimità

Una nuova fase strategica di consolidamento e rafforzamento della presenza in Italia: è così che Aldi vede il suo futuro, dopo aver tagliato il traguardo dei sette anni dalla prima apertura. Arrivata quasi alla soglia dei 200 negozi, la catena fa parte del Gruppo Aldi Süd, realtà di riferimento della grande distribuzione organizzata a livello internazionale, con oltre 7.500 punti vendita in 11 Paesi e 4 continenti. Aldi afferma di essersi impegnata sin dal 2018 ad offrire ai clienti il meglio del Made in Italy all’insegna della convenienza, in sinergia con la costante valorizzazione dei collaboratori e il sostegno continuativo alla comunità locale, con una sempre crescente attenzione alla sostenibilità. In questa nuova fase Aldi vuole attestarsi come motore di supporto alla società, in grado di dare nuovo respiro alle piccole comunità e realtà del territorio e contribuire allo sviluppo. Un approccio sintetizzato nella filosofia “Spendi meno, vivi meglio”, espressione concreta di un format di vendita che è stato adattato all’Italia. Circa l’80% dei prodotti alimentari nasce, infatti, dalla collaborazione con fornitori italiani.

“In un contesto che vede l’Italia affrontare grandi sfide economiche e sociali, Aldi riafferma oggi la sua presenza e vicinanza, non solo in termini di prossimità e crescente distribuzione dei nostri negozi – dichiara Michael Gscheidlinger, Country Managing Director Aldi Italia – ma soprattutto in termini di impatto valoriale. Dopo 7 anni di presenza in Italia, oggi Aldi è pronta ad iniziare una nuova fase strategica che punta al consolidamento. Questi anni sono serviti per porre le fondamenta e le giuste condizioni per la nostra presenza nel Belpaese. I clienti ed il mercato hanno dato grandi risposte alle nostre proposte. Ora, guardiamo al futuro con maggiore consapevolezza, responsabilità e chiarezza attraverso un cambio di passo che presuppone un’integrazione maggiore con le strategie internazionali”.

La presenza in Italia è stata costruita su uno store concept appositamente studiato e l’azienda si impegna a continuare a realizzare punti vendita in grado di esprimere al meglio la qualità e lo stile italiano. Quanto al personale, ad oggi nei quasi 200 punti vendita in 6 regioni del Nord (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige) Aldi conta oltre 3.800 collaboratori; l’età media del management è inferiore a 36 anni, con più del 50% di donne in posizioni manageriali. Inoltre, a riprova dell’attenzione ai temi legati alla Diversity& Inclusion, Aldi sottolinea di avere un organico composto da 64 nazionalità differenti, Italia esclusa. Nell’ultimo anno è stata rinnovata anche la strategia di comunicazione, con l’obiettivo di presentare la propria offerta e aprirsi maggiormente all’ascolto attivo delle esigenze della comunità locale. In tutti i touchpoint di riferimento, Aldi sostiene di parlare direttamente al consumatore, mettendo al centro l’italianità e raccontando un’identità aziendale focalizzata attorno ai concetti di freschezza, territorialità e convenienza.

Gruppo Felsineo presenta il quinto Bilancio di Sostenibilità

Prosegue con forza l’impegno ESG di Gruppo Felsineo, leader nella produzione di mortadella e affettati vegetali, che ha chiuso il 2024 con un fatturato di 56 milioni di euro e un organico di 150 persone. La realtà alimentare bolognese ha presentato il quinto Bilancio di Sostenibilità che rendiconta l’impegno sostenibile e le azioni messe in campo per il raggiungimento degli obiettivi di beneficio comune sviluppate dalle Società Benefit del gruppo, Felsineo e FelsineoVeg. Nella strategia di responsabilità sociale di Gruppo Felsineo sono stati identificati 13 temi materiali, riconducibili a 9 SDGs e sono stati divisi in 4 aree di lavoro, delineando così 4 percorsi: la Via dei Consumatori, la Via della Filiera, la Via della Vicinanza e la Via dell’Ambiente. Lungo queste vie si organizzano le attività relative a “Qualità, benessere e sicurezza alimentare”, “Filiera responsabile”, “Tutela dei dipendenti e impegno verso la comunità” e “Tutela dell’ambiente”.
Nonostante uno scenario complesso, abbiamo chiuso il 2024 con ottimismo, rinnovando il nostro impegno quotidiano nella sostenibilità economica, sociale e ambientale, con un’attenzione particolare alle nuove generazioni – afferma Emanuela Raimondi, Amministratore Delegato di Gruppo Felsineo –. Non c’è dubbio che le aziende abbiano un ruolo sociale di grande importanza nel cammino verso un mondo migliore e nella creazione di valore condiviso. Ogni traguardo raggiunto rappresenta per noi uno stimolo a proseguire con azioni che coniugano etica, trasparenza, inclusione e valorizzazione delle diversità, elementi essenziali per promuovere il progresso e stimolare l’innovazione”.
Seguendo i requisiti dello standard di rendicontazione GRI (Global Reporting Initiative), il bilancio di sostenibilità e relazione di impatto 2024 ha rendicontato i principali highlight ed evidenziato gli obiettivi futuri più significativi.

Qualità e sicurezza alimentare: il gruppo ha ottenuto la Catena di Custodia per una mortadella certificata secondo il protocollo Kiwa, che specifica i requisiti per la gestione del benessere animale e l’uso responsabile degli antibiotici. Sono state poi estese le certificazioni Brc, Ifs e Kosher agli affettati vegetali, si sono definiti gli standard produttivi e di conformità per il nuovo processo di impasto a cutter ed è stata implementata la tecnologia blockchain sulle referenze Good&Green Mopur linea cereali e legumi. Al centro degli obiettivi futuri, l’incremento delle certificazioni di più alto valore e la digitalizzazione del processo di tracciabilità del “cubetto bianco”, materia prima tipica nella produzione della mortadella.

Benessere e nutrizione: l’attenzione si è concentrata sull’ampliamento della gamma di prodotti, con l’introduzione di nuove mortadelle in cotenna naturale e l’espansione della linea Good&Green Mopur, con la riformulazione di alcune ricette volta alla riduzione del contenuto di sale. Nel corso dell’anno è stato presentato il progetto “Gruppo Felsineo Open Food Factory”, dedicato alla promozione della cultura di una sana e corretta nutrizione, che passa dal bilanciamento tra proteine animali e vegetali. Al centro dei prossimi step lo sviluppo di nuovi prodotti e il miglioramento di quelli esistenti, sempre con un focus su salute e benessere, coinvolgendo le nuove generazioni attraverso un piano educativo veicolato attraverso lo sport.

Filiera sostenibile: l’attività si è concentrata sullo sviluppo di filiere sempre più responsabili in termini di tracciabilità, trasparenza e provenienza delle materie prime, con attenzione al benessere animale. Il 2024 ha visto il lancio del prodotto “alfiere della sostenibilità” di FelsineoVeg: KmVerde. Si tratta di un prodotto biologico, con il 30% di proteine, fonte di fibre e di iodio, il cui ingrediente più importante, la lenticchia rossa, vanta la caratteristica di vicinanza territoriale, così da ridurre le emissioni legate al trasporto. Gruppo Felsineo è consapevole che l’approvvigionamento responsabile e trasparente, dal flusso delle materie prime fino alla logistica distributiva, rappresenti un tema fondamentale per garantire la qualità e la salubrità dei prodotti, tutelare i propri consumatori e consolidare i rapporti con tutti gli stakeholder. Pertanto, è stata redatta una politica generale degli acquisti che mira a integrare i criteri di sostenibilità nel processo di selezione, valutazione e monitoraggio dei fornitori. Per il futuro si cercherà sempre maggior sinergia a monte per lavorare in piena collaborazione sulle tematiche di sostenibilità.

Innovazione: tra le principali novità si colloca la realizzazione della nuova linea di prodotto MopurOne, all’interno della categoria medaglioni, nonché il lancio sul mercato della Mortadella Bologna Igp in cotenna. Per il futuro continuerà l’attività di ricerca volta a nuovi formati, nuove ricette e nuovi prodotti, sempre nell’ottica di pronta risposta alle esigenze del consumatore moderno.

Tutela dei dipendenti e impegno verso la comunità: il gruppo ha continuato a investire nella formazione dei dipendenti, erogando 4.693 ore di formazione, con un incremento del 25% rispetto al 2023. Di particolare importanza sono stati i programmi formativi “Academy Design our Future” e “Sviluppo competenze manageriali”, ideati per valorizzare e allenare i talenti dei collaboratori e favorirne lo sviluppo delle competenze. Sono state avviate numerose iniziative per promuovere diversità, equità e inclusione, e prossimamente sarà lanciato il progetto “Etica e Sostenibilità: Valore per le Persone e per l’Azienda”, insieme al proseguimento dell’iniziativa “Academy Design our Future” e alla nuova fase del progetto “Analisi sensoriale”. Continueranno anche le attività di sensibilizzazione su diversità, equità e inclusione, con l’avvio del percorso per ottenere la certificazione “Parità di genere”.

Welfare e sicurezza sul luogo di lavoro: in linea con l’obiettivo di beneficio comune concernente la “Tutela e Valorizzazione dei Dipendenti”, Gruppo Felsineo ha scelto di proteggere la salute dei propri dipendenti attraverso visite e accertamenti gratuiti, in collaborazione con la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT). Nel 2024 è stata offerta, a chi lo desiderasse, una visita oncologica di diagnosi precoce dei melanomi della pelle; l’impegno continuerà anche per il futuro. Saranno poi potenziate le attività di ascolto e coinvolgimento a tutti i livelli, con particolare attenzione alla conciliazione tra vita privata e lavoro.

Impegno verso la comunità: il sostegno a comunità e territorio si è concentrato sulle nuove generazioni e sull’inclusione. Sono stati rinnovati i protocolli d’intesa con l’Istituto comprensivo di Zola Predosa e con l’Istituto Veronelli di Casalecchio di Reno, per integrare formazione e inclusione sociale; a questi si è aggiunto il nuovo protocollo d’intesa firmato con il Consorzio SIR di Milano. L’attività laboratoriale “Fantasia e buona cucina” è stata coronata con la pubblicazione del libro “Bontà chiama bontà”, che raccoglie tutte le ricette elaborate nei due anni di attività portata avanti con il Centro Modiano di Sasso Marconi e la collaborazione degli studenti del Veronelli. Per il futuro, si prevede il consolidamento della sinergia con le scuole, con attività di sensibilizzazione alla sostenibilità e di integrazione tra formazione e attività aziendali. Si prevede, infine, un’evoluzione del progetto “Fantasia e buona cucina” attraverso un laboratorio itinerante che condivida il modello con altre realtà del territorio nazionale.

Tutela dell’ambiente: è stata ottenuta la certificazione ISO 50001 per la gestione dell’energia e il miglioramento delle performance energetiche; è stata inoltre internalizzata la funzione dell’Energy Specialist. Tra gli obiettivi futuri il mantenimento della certificazione ISO 50001, il miglioramento dell’efficienza energetica e l’inizio del percorso di decarbonizzazione, con l’impegno a testare nuovi materiali di packaging per la ricerca di valide soluzioni più ecosostenibili.
Un’ultima annotazione: anche quest’anno la copertina del Bilancio di Sostenibilità e Relazione di Impatto è stata realizzata da uno studente dell’Istituto Comprensivo di Zola Predosa, vincitore dello specifico premio del contest scolastico 2023-2024, avente come focus il tema “La diversità come risorsa”.

Gruppo Selex crea la sua concessionaria per il retail media

Se ne parla da anni: la Gdo come media, che dà all’industria di marca la possibilità di parlare con i consumatori. E di qui la pratica – già diffusa – di monetizzare questa opportunità di contatto con il cliente finale, attraverso strategie e tecnologie di comunicazione vere e proprie. La novità sta nella decisione di Selex Gruppo Commerciale di mettersi in proprio con Selex Media, una concessionaria che ambisce a diventare fondamentale nei piani di investimento media dei brand, grazie ad un ecosistema di canali proprietari instore (digital signage, radio) e digitali (siti e app), che permetterà di dialogare con 15,5 milioni di famiglie italiane nei luoghi fisici e digitali del gruppo (fonte Panel Consumer Nielsen IQ 2024). Selex Media si presenta come una soluzione end-to-end proprietaria e indipendente, progettata con la partnership strategica e tecnologica di Accenture. L’idea è creare un ecosistema tecnologico sviluppato in house, che si avvale delle soluzioni più avanzate per la vendita e la gestione di inventari pubblicitari multicanale.
Il retail media negli USA e nel Nord-Europa è prossimo a divenire il canale media più importante nel panorama degli investimenti pubblicitari – dichiara Massimo Baggi, Direttore Marketing di Gruppo Selex –. Con Selex Media puntiamo a unire negozi fisici e touchpoint digitali in un’unica strategia di relazione con i nostri clienti, volta alla comprensione delle loro preferenze ed alla personalizzazione della comunicazione, grazie al valore delle informazioni sui comportamenti d’acquisto che possediamo; il nostro obiettivo è amplificare la visibilità e le performance dei brand italiani sui nostri canali di vendita e comunicazione, posizionati davvero a pochi metri dalla decisione d’acquisto”. Per raggiungere questi obiettivi, Selex Media ha acquisito dal mercato competenze verticali tecnologiche e commerciali: gestirà direttamente i processi di vendita, analisi e misurazione delle campagne, attraverso strumenti innovativi di pianificazione media e business intelligence, per offrire semplicità di lettura e massima utilità in termini di efficacia agli investitori.

UN NETWORK NAZIONALE
I numeri del progetto garantiscono una copertura nazionale fin da subito, ma dovrebbero crescere nel tempo. A fine 2025 sono previsti 350 punti vendita attivi per il digital signage con più di 5.000 schermi attivi; nel 2027 si punta a raggiungere i 1.200 punti vendita, con una rete di quasi 20.000 schermi attivi e un palinsesto audio-radio instore dedicato sul medesimo numero di negozi. Una crescita che porterà Selex Media a gestire un’audience di 565 milioni di visite annuali instore e ad offrire digitalmente ulteriori 80 milioni di visite digitali profilabili su tutti i siti e le app del gruppo. L’intento è diventare una reach di riferimento sul mercato pubblicitario paragonabile ai più importanti editori nazionali, ma con una caratteristica specifica: raggiungere il proprio target di riferimento nel luogo e nel momento in cui avviene l’acquisto. “Per le imprese socie del gruppo – afferma Maniele Tasca, Direttore Generale di Gruppo Selex – il retail media è da una parte, un impegno economico rilevante per gli investimenti in strumenti tecnologici e touch point che stiamo facendo, dall’altra, una grande opportunità per innovare le modalità di collaborazione con i nostri partner fornitori, per i quali oltre che un canale di vendita, saremo sempre di più un canale di contatto e conoscenza dei clienti”.

I CINQUE ASSET MEDIA OFFERTI
Selex Media si articola su cinque asset media che coprono da subito l’intero customer journey del cliente:
Instore: digital signage con schermi posizionati in punti strategici per alta visibilità e impatto diretto sulle vendite, che intercettano 5,4 milioni di consumatori ogni 15 giorni nel 2025. La radio instore assicura inoltre alta copertura su tutto il traffico, raggiungendo circa 18 milioni di individui ogni 15 giorni, con una audience comparabile alle principali radio nazionali;
Digital onsite: formati pubblicitari su 18 canali digitali proprietari (piattaforma e-commerce CosìComodo.it, siti insegne, volantino digitale e mobile app) definiti da Gruppo Selex altamente rilevanti durante il processo d’acquisto online e che generano 10 milioni di impression ogni 15 giorni;
Crm: sarà possibile affiancare alle campagne media delle azioni personalizzate di Crm, profilando segmenti potenziali all’interno dei 9 milioni di clienti loyalty attivi del gruppo, contattandoli attraverso i tipici canali di Crm (Dem, Sms, Push, Coupon In-App ecc.);
Data insight: analisi delle performance media e di vendita dei prodotti oggetto delle campagne Selex Media, ma anche dei risultati ottenuti sulle audience coinvolte, con la possibilità di definire approfondimenti ad-hoc sui comportamenti d’acquisto generati;
Off-site (dal 2026): pubblicità su canali esterni (social media, siti terzi, DOOH-CTV) indirizzata ai target di clienti Selex per ampliare significativamente la visibilità del brand.

LA PARTNERSHIP CON ACCENTURE
Selex Media nasce da una visione condivisa tra Gruppo Selex e Accenture sull’evoluzione e sulle potenzialità del retail media in Italia, che ha portato ad una partnership di business di lungo periodo. Accenture ha affiancato fin da subito il Gruppo Selex nella definizione della strategia, nella selezione tecnologica dell’infrastruttura e nell’implementazione di una piattaforma sviluppata interamente in-house e nel disegno dei processi organizzativi, commerciali e operativi della nuova divisione Selex Media. Il piano di sviluppo prevede un’attivazione graduale: fase Test&Learn (maggio-agosto 2025) con brand selezionati, seguita dal roll-out commerciale completo da settembre 2025.

Dealcolati, Uiv plaude al decreto-legge fiscale: “Sbloccato lo stallo normativo”

L’approvazione del decreto-legge fiscale del 12 giugno ha sbloccato lo stallo sui vini dealcolati, che rischiava di protrarsi sino al 2026. Ora i ministeri dell’Economia e dell’Agricoltura potranno lavorare già da subito al decreto interministeriale che definirà le condizioni e le autorizzazioni fiscali relative alla produzione di dealcolati anche in Italia. Nell’apprezzare quanto stabilito, Uiv auspica una pronta risposta da parte dei due dicasteri preposti al fine di rendere attuativo un decreto che il settore attende da tempo”. Lo ha detto Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione italiana vini (Uiv), nel commentare lo schema di Dl fiscale del 12 giugno che ha anticipato il termine entro il quale deve essere adottato il decreto interministeriale Masaf e Mef.

Quello fiscale rimane infatti l’ultimo nodo da sciogliere per consentire alle imprese italiane di dealcolare in Italia. Alla fine di marzo il decreto-legge n.43 ha infatti modificato il Testo Unico delle Accise inserendo l’articolo 33-ter per disciplinare il processo di dealcolazione in ambito fiscale, rinviando a un decreto interministeriale dei ministeri dell’Economia e dell’Agricoltura la definizione delle condizioni relative all’assetto del deposito fiscale e le modalità semplificate di accertamento e di contabilizzazione dell’accisa per questi prodotti. L’entrata in vigore tardiva della norma – fissata al 1° gennaio 2026 – ha spinto Uiv a sollecitare negli scorsi mesi un intervento transitorio per colmare il vuoto normativo e non ritardare ulteriormente la produzione.

Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, quello dei vini No-low è un mercato che in Italia vale oggi solo 3,3 milioni di euro, ma dovrebbe raggiungere i 15 milioni nei prossimi quattro anni. Sul fronte globale, la stima del mercato attuale è fissata a 2,4 miliardi di dollari, con prospettive di crescita fino a 3,3 miliardi di dollari entro il 2028.

L’attenzione alla salute cambia i comportamenti d’acquisto

Oggi è in atto un cambiamento che riguarda le abitudini di acquisto dei consumatori italiani, e non solo, all’insegna di salute e benessere: il 68% dichiara di assumere un approccio proattivo al mantenimento della propria condizione di salute (+4 pp rispetto alla media europea) e, in aggiunta, il 35% è alla ricerca attiva delle novità sul mercato per raggiungere i propri scopi salutari. Il budget destinato a queste spese è considerevole: quasi la metà degli italiani, infatti, è disposto a spendere dagli 88 ai 400 euro al mese per assicurarsi uno stile di vita volto al benessere.
Capofila tra le priorità dei cittadini del Bel Paese, rispetto a 5 anni fa, è dormire bene, come indicato dal 59% del campione. Un orientamento a lungo termine viene invece preferito dal 58% degli italiani scegliendo l’opzione “invecchiare bene”. Ad emergere un altro aspetto chiave: con la salute non si scherza e, infatti, i consigli sono ben accetti solo se provenienti dagli specialisti del campo; una dinamica valida soprattutto nella penisola (63%) a differenza della media rilevata in Europa (44%). Di contro, solo il 12% dei cittadini si lascia influenzare da pareri provenienti dalle piattaforme social.
Sono queste le evidenze dedicate all’Italia che provengono dallo studio globale di NielsenIQ dal titolo “Global State of Health & Wellness 2025: Navigating the shift from health trends to lifestyle choices”. Il report ha esaminato i nuovi comportamenti dei consumatori in ambito salute e benessere, includendo approfondimenti regionali in 19 Paesi con un focus su temi chiave quali fiducia e influenza, nutrizione, benessere mentale, tecnologia per la salute e acquisti consapevoli.

IL COSTO È IL PRINCIPALE OSTACOLO
Nonostante, dunque, la centralità e l’attenzione sulla tematica, non mancano gli ostacoli e, in primis, è quello economico a spiccare: la metà dei consumatori tricolore (51% vs 53% la media europea) afferma che è il costo delle alternative più salutari rispetto alle opzioni standard a giocare da deterrente nella scelta. In aggiunta, anche la complessità delle etichette viene indicata come barriera dal 16%. Una questione, quella delle etichette trasparenti e di facile ed immediata comprensione, che emerge come un bisogno dei consumatori: il 41% degli intervistati ritiene che le scelte orientate alla salute e al benessere debbano iniziare proprio da qui. Non solamente le etichette assumono un ruolo nella salvaguardia della salute, ma anche aziende e governi sono chiamati in causa a giocare la loro parte. Alle prime si chiede di garantire che i prodotti salutistici siano accessibili e facilmente reperibili come quelli non salutari (40%), ai secondi invece di regolamentare più da vicino le aziende (ad esempio, standardizzando l’etichettatura sanitaria) per aiutare i consumatori a fare scelte più orientate alla salute (31%).
Quando si tratta di scelte nella sfera di salute e benessere, emerge chiaramente una ricerca di informazioni affidabili. Oggi, quindi, i brand operanti nel settore devono andare oltre l’innovazione di prodotto e offrire chiarezza, accessibilità economica e ispirare fiducia – osserva Alessandra Gaudino, Senior Consultant – FMCG Customer Success Italy di NielsenIQ – I consumatori sono pronti a investire nel proprio benessere ma hanno bisogno di essere orientati. E per le aziende è possibile conquistare la lealtà dei consumatori, anche nei segmenti premium, assicurandosi che l’intero portafoglio prodotti abbia un focus sul benessere, sia eticamente realizzato, sostenibile e socialmente responsabile”.

A VIVERE BENE SI COMINCIA A TAVOLA
Per comprendere non solo le preferenze e le priorità in evoluzione ma anche cosa significhi “vivere bene”, produttori e retailer devono connettersi con consumatori sempre più informati e con una visione olistica del benessere, che passa anche e soprattutto da ciò che viene messo in tavola. In Italia – in linea con i trend globali –, il 41% ha indicato di voler incrementare nel prossimo anno l’acquisto di alimenti ad alto contenuto di fibre, come, ad esempio, frutta, verdura, cereali integrali, fagioli, noci e semi. Sembra, inoltre, crescere l’attenzione alle diete vegetali con alto contenuto proteico: è il 32% che è intenzionato a consumare più quinoa, lenticchie, tofu e ceci.
Se aumenta, dunque, l’impegno verso un’alimentazione sana, ad essere eliminati dalla dieta sono i cibi ultra processati, ovvero quelli contenenti ingredienti o additivi lavorati industrialmente. Infatti, non solo non rientreranno nel carrello degli italiani nei prossimi 12 mesi – solo il 2% dichiara di volerne acquistare di più – ma godono anche di una cattiva reputazione secondo il 51% degli intervistati.

CRESCE LA DOMANDA DI PRODOTTI SOCIALMENTE RESPONSABILI
Oggi, il concetto di benessere assume molteplici sfaccettature abbracciando anche quelle di sostenibilità e responsabilità sociale, che diventano sempre più interconnesse nella visione dei consumatori. In linea con i trend globali, il 61% degli intervistati in Italia sarebbe disposto a pagare di più sia per articoli eticamente prodotti (es. commercio equo, cruelty-free, maggiore benessere animale) sia per prodotti considerati responsabili dal punto di vista sociale (a sostegno di comunità, popolazioni vulnerabili ecc.).

TECNOLOGIA ALLEATA DEL BENESSERE
Stando alle rilevazioni di NielsenIQ e GfK, il 74% degli italiani preferirebbe un prodotto tech con funzionalità aggiuntive per la salute e il benessere. Nell’ultimo anno, gli acquisti di questi prodotti si sono concentrati su articoli per cucinare come le friggitrici ad aria, indicati dal 19% del campione. Viene evidenziata anche la propensione ad utilizzare dispositivi digitali o un’applicazione che monitora automaticamente la salute quotidiana; un’opzione scelta da oltre la metà (52%) dei consumatori tricolore raggiunti. Inoltre, se per il 68% ad orientare la scelta di acquisto è in primo luogo il prezzo (67%), il 57% degli italiani stanzia un budget annuo per questa categoria di prodotti che si attesta tra gli 88 e i 400 euro.

Epta, il banco frigo al tempo dell’economia circolare

Il settore della refrigerazione commerciale è a un bivio: da un lato, il modello lineare – produzione, utilizzo, smaltimento – mostra evidenti limiti in termini di sostenibilità ambientale e, dall’altro, quello circolare si sta sempre più imponendo come concreta alternativa per ottimizzare le prestazioni ambientali delle soluzioni immesse sul mercato e prolungarne la vita utile, all’insegna dell’efficienza. In questo contesto, Epta – azienda specializzata nella refrigerazione commerciale – presenta UNIT, il primo banco frigorifero a marchio Iarp completamente progettato e industrializzato secondo i principi della circolarità.
Per decenni i produttori di arredi refrigerati si sono concentrati nel potenziare l’attrattività dell’offerta dei retailer e, di conseguenza, la customer experience – afferma Francesco Mastrapasqua, Institutional Affairs Manager di Epta (nella foto a sinistra) –; ora però il comparto si trova ad affrontare un radicale cambio di paradigma. Epta ha scelto di agire in anticipo, adottando una visione industriale ispirata all’economia circolare, che traduce già oggi i futuri requisiti europei di circolarità in soluzioni reali”.

USE BETTER, USE LONGER, USE AGAIN
Vero e proprio manifesto circolare di Epta, UNIT è il banco frigorifero dove la fine si trasforma in un nuovo inizio, superando una logica produttiva e di consumo ormai datata. Tre le linee guida: Use Better significa potenziare l’efficienza delle soluzioni attraverso tecnologie evolute, come la telesorveglianza e la gestione energetica da remoto, tramite sensori e IoT, al fine di garantire prestazioni elevate e costanti nel tempo; Use Longer punta a massimizzare la longevità delle attrezzature attraverso un’accurata selezione dei materiali e una progettazione orientata alla riparabilità e alla sostituzione modulare dei componenti; Use Again valorizza il fine vita delle soluzione Epta con il recupero e rigenerazione delle singole unità per un nuovo utilizzo o per essere reimmesse in cicli produttivi successivi.

UNIT, industrializzato per la prima volta, incarna l’approccio ‘from cradle to grave’, dalla culla alla tomba – dice Norman Sarabelli, Product Marketing Manager del brand Iarp (nella foto a destra) – dove modularità, riciclabilità dei materiali ed efficienza energetica si combinano, all’insegna delle 4R: Reuse, Repair, Recondition, Recycle. Ogni sua caratteristica è infatti studiata per far sì che la soluzione possa evolvere nel tempo, rinnovarsi e continuare a creare valore lungo tutto il suo ciclo di vita, virtualmente all’infinito”.

UN PROGETTO MODULARE
Questo counter refrigerato per il segmento Food&Beverage è il risultato di una strategia di progettazione modulare, basata sul principio del Design for Disassembly. Ogni componente, compreso il compressore, è concepito per essere facilmente accessibile e sostituibile, grazie a un sistema a cassette e maniglie che semplificano l’estrazione delle unità e lo smontaggio e montaggio. Queste operazioni sono rese più agevoli anche da una riduzione significativa del numero degli elementi. Ne è un chiaro esempio l’utilizzo di un unico componente con doppia funzione strutturale, impiegato sia come coperchio sia come base, perfettamente intercambiabili. Tale configurazione consente in caso di guasti o obsolescenza di singole parti di ripristinarle, riducendo tempi di fermo e costi operativi.

UNIT si distingue anche per l’impiego di materiali sostenibili e ad alta riciclabilità, scelti per minimizzare l’impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita. Il suo rivestimento isolante, ad esempio, non utilizza schiume sintetiche, ma sughero naturale e biodegradabile al 100%. A questo si affianca l’utilizzo di plastiche di origine riciclata, a garanzia di resistenza, durabilità e facilità di lavorazione a fine vita. Infine, UNIT si caratterizza per una refrigerazione completamente naturale, basata sull’isobutano R600a, un idrocarburo che combina elevate performance frigorifere con un impatto ambientale minimo, grazie a valori ODP e GWP rispettivamente pari a zero e a tre. Epta definisce UNIT un primo, concreto traguardo nella realizzazione di soluzioni sempre più allineate ai principi dell’economia circolare, che pone le basi per un ecosistema industriale capace di coniugare sostenibilità, efficienza e innovazione. Una visione che non si limita a un singolo prodotto, ma che si estende all’intero portfolio del gruppo, comprese le soluzioni destinate al mondo retail.

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