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Con l’ingresso di Asta tra i soci, Gruppo VéGé si espande in Lombardia

Continua il rafforzamento del Gruppo VéGé. Dal primo gennaio entra a far parte della compagine societaria Asta spa, con sede a Bagnolo San Vito (MN) attiva da oltre 40 anni nella provincia di Mantova.

L’accordo porterà sotto l’insegna nazionale Sidis la rete distributiva di Asta S.p.A, attualmente articolata in 2 CE.DI. di proprietà per una superficie totale di 22.000 mq, un punto vendita di proprietà a Sabbioneta (MN) e 12 punti vendita somministrati, di cui undici in provincia di Mantova e uno in provincia di Brescia, tutti sinora non legati a un’insegna comune.

Asta S.p.A nasce ufficialmente nel 2005 a seguito della trasformazione di CEAM (Consorzio Esercenti Alimentaristi Mantovani), realtà consortile costituita nel 1973 per iniziativa di un gruppo di commercianti ai fini di ottimizzare gli approvvigionamenti e di acquisire più forza contrattuale nei confronti del comparto industriale.

L’Azienda ha custodito gelosamente il marchio CEAM perché ben conosciuto e stimato presso i commercianti del territorio, modificando statuto e ragione sociale unicamente per perseguire con strumenti adeguati ai tempi la propria missione originaria.

Dopo un percorso di collaborazione con un altro gruppo distributivo, Asta S.p.A entra ora a fare parte di Gruppo VéGé, allo scopo di rafforzare ulteriormente la propria presenza sul territorio e incrementare il volume d’affari, portando il fatturato annuo sviluppato in provincia di Mantova e in quelle limitrofe ben oltre i 50 milioni di euro.

Determinanti in questa strategia espansiva saranno l’accesso ai servizi avanzati di marketing e al piano promozionale nazionale di Gruppo VéGé, il valore aggiunto di immagine e di autorevolezza dell’insegna Sidis e, non ultimo, l’ampliamento degli assortimenti grazie anche alla disponibilità dei prodotti a marchio Delizie VéGé.

«Siamo convinti di aver intrapreso un proficuo percorso di collaborazione che, grazie alla forza di un marchio storico e importante, ci consentirà di rispettare gli obiettivi di crescita che ci siamo prefissati», ha dichiarato Giovanni Scutteri, Amministratore Delegato di Asta S.p.A.

A 40 milioni di italiani il Prosecco piace

Il 92% di chi beve vino (cioè l’87% degli italiani), ama il Prosecco. In numeri assoluti questo vuol dire che è conosciuto, apprezzato e bevuto (ovviamente in modi e con intensità differenti) da circa 40 milioni di italiani.

È quanto emerge dall’indagine realizzata da SWG spa di Trieste, su un campione di 1200 italiani, maggiorenni. Ricerca che segna l’avvio di un nuovo osservatorio sul Prosecco, voluto dal Consorzio di tutela Prosecco e affidato ad SWG con l’obiettivo di analizzare la relazione tra il consumatore contemporaneo e il Prosecco. L’indagine demoscopica ha portato alla luce un’intensa relazione di gusto e piacere tra il Prosecco e il consumatore nostrano.

Per il 41% delle persone la scelta del Prosecco è un fattore di gusto: perché gli piace. Un altro 31% lo ritiene semplicemente buono. Altri importanti driver di consumo, sono la sua versatilità e il fatto che si abbina a qualunque momento della giornata. Il Prosecco ha conquistato, quindi, il gusto e il cuore degli italiani. È un vino fresco, piacevole, spiritoso, eclettico, adatto ai tanti palati differenti. Una proposta giovane e al contempo tradizionale, di qualità e con un prezzo accessibile e soprattutto che favorisce il buon vivere e lo stare insieme agli altri. Non a caso, il Prosecco appare un vino ottimo per cerimonie, ricorrenze e festeggiamenti, ma è anche ritenuto una buona proposta per la pausa o il break quotidiano. Un vino che serve a fare bella figura, rendere l’aria della festa, ma anche un vino che ti fa evadere regalando un momento di piacevole relax.

«Non nascondo una certa soddisfazione nel leggere questi primi dati emersi dal sondaggio – dichiara il Presidente del Consorzio Prosecco Doc Stefano Zanette – In particolare mi compiaccio nel riscontrare che la prima ragione per la quale il Prosecco viene utilizzato, è il fatto che il Prosecco piace perché a buono. Non perché è economicamente vantaggioso rispetto ad altri vini come spesso mi capita di sentire. Questo dato è una conferma a quanto sostenevo anche senza il suffragio dei dati». «Insieme ai molti dati positivi – precisa il presidente Zanette – emergono anche altri segnali dai quali si evince che c’e ancora un certo lavoro da svolgere sia sul piano della formazione sia sul piano della promozione, per meglio far conoscere questo prodotto e il territorio che lo esprime. Noi siamo pronti».

Cncc Christmas Meeting: i centri commerciali si confrontano con le istituzioni e premiano i retailer

Una giornata tutta dedicata ai centri commerciali, quale settore strategico per l’economia italiana, quella in programma il 16 dicembre a Milano e organizzato dal Consiglio nazionale dei centri commerciali.

Il Christmas Meeeting si aprirà infatti con il convegno Due miliardi di visitatori verso: Terzo settore, Cultura, Istituzioni aperto dal punto sullo stato del settore e sull’evoluzione del ruolo del “mall” in uno scenario di trend e cambiamenti a cura del presidente del Cncc e Head of Retail Beni Stabili SIIQ Massimo Moretti e con l’intervento di Giuseppe Roma, senior advisor CENSIS e Segretario Generale RUR. Il confronto sarà poi con personaggi politici e istituzionali (Linda Lanzillotta, Vicepresidente del Senato, Claudia Mannino, Parlamentare, Francesco Paolo Sisto, Parlamentare e Presidente di Commissione, Trifone Altieri, Parlamentare), rappresentanti del terzo settore (Massimo Maria Molla, Presidente AVIS Milano) e giornalisti (Roberto Giacobbo, vice direttore RAI 2).

Incontri e tavole rotonde saranno poi dedicati ad approfondire alcuni temi come temporaryshops, tourism retail, progettazione integrata dei centri commerciali, sostenibilità, food experience, omnicanalità & e-commerce, retail mix, con la presenza e il coinvolgimento attivo dei principali player del settore.

Il Christmas Meeting sarà anche l’occasione per la proclamazione dei vincitori del Cncc Marketing & Reatailer Awards, l’iniziativa alla prima edizione organizzato con lo scopo di coinvolgere tutti gli attori della filiera, e quindi anche le insegne che hanno scelto il canale di vendita dei centri commerciali, e di creare un dialogo aperto e una contaminazione potenziante tra i vari settori dell’industria dei centri commerciali, che hanno come punto di riferimento il Cncc, stimolando la crescita e la qualità dell’offerta nelle shopping gallery e promuovendo una cultura dell’eccellenza e dell’innovazione.

Perché è necessario liberalizzare i farmaci di fascia C

Secondo i dati Federfarma, il giro d’affari delle farmacie è composto per il 49 per cento dai farmaci di fascia A, per il 12 per cento dai farmaci di fascia C, per il 9 per cento dall’autocura (Sop e Otc) e per il restante 30 per cento da prodotti non farmaceutici (parafarmaco, omeopatici, prodotti per l’infanzia, igiene e bellezza etc.), la liberalizzazione della fascia C riguarderebbe solo il 12 per cento del fatturato delle farmacie. Oggi le farmacie raccolgono dal libero mercato il 40 per cento del proprio fatturato (prodotti non farmaceutici più farmaci senza obbligo di ricetta), riuscendo a farlo senza sminuire la propria professionalità e con buoni risultati, visto che nei primi sei mesi del 2015 è stato proprio il mercato commerciale – quello liberalizzato – a far registrare il migliore trend di crescita, +4,8 per cento rispetto al primo semestre del 2014.

Liberalizzare la vendita dei farmaci a carico dei cittadini non sarebbe altro che la prosecuzione di un percorso che sta dando buoni risultati, secondo una ricerca dell’Istituto Bruno Leoni illustrata ieri nel corso del convegno organizzato da Ancd insieme con la Federazione Nazionale Parafarmacie Italia sul tema Monopolio e diritti: il caso dei farmaci di fascia C.

«I farmaci di fascia C senza obbligo di ricetta possono essere venduti fuori dalle farmacie, mentre sono ancora di esclusiva vendita delle farmacie, paradossalmente, quelli con obbligo di ricetta», ha puntualizzato il vice direttore dell’Istituto Bruno Leoni Serena Sileoni. «La condizione di una ricetta firmata dal medico curante, oltre alla presenza obbligatoria di un farmacista anche in spazi di vendita estranei alle farmacie, rendono davvero incomprensibile questo limite, dal punto di vista della sicurezza terapeutica. La strenua opposizione alla completa liberalizzazione dei farmaci di fascia C deriva soltanto dalla difesa di posizioni acquisite di mercato e da resistenze culturali che non hanno nulla a che vedere con la salute delle persone né con l’accessibilità di prezzo dei medicinali».

L’Antitrust si è più volte espresso per la liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C, “una misura che consentirebbe un incremento delle dinamiche concorrenziali nella fase distributiva di tali prodotti, con indubbi benefici per i consumatori anche in termini di ampliamento della ‘copertura distributiva’, non più rappresentata dalle sole farmacie, ma arricchita dai punti vendita della grande distribuzione o dalle parafarmacie presenti nel territorio”. Una liberalizzazione che potrebbe tradursi in un risparmio annuo per i cittadini compreso tra 450 e 890 milioni di euro (applicando uno sconto tra il 15 e il 30 per cento), considerando che i farmaci di fascia C – con obbligo di ricetta medica (bianca) e non rimborsabili dal SSN – hanno un prezzo medio di 11,8 euro, 3,7 euro più elevato rispetto a quello dei farmaci senza obbligo di ricetta.

Leggi anche Dalle liberalizzazioni dei farmaci di fascia C 600 milioni per le famiglie

«Le liberalizzazioni sono fondamentali per aiutare la ripresa economica del Paese e dei consumi interni promuovendo lo sviluppo di nuova imprenditoria», ha sottolineato l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese. «Sono una misura che consentirebbe un incremento delle dinamiche concorrenziali nella fase distributiva dei prodotti, con indubbi benefici per i consumatori. Inoltre non “pesano” sul bilancio dello Stato, abbattono i costi attraverso lo sviluppo della concorrenza e producono una riduzione dei costi dei servizi e dei prodotti stessi. Impedire l’ammodernamento del Paese equivale a voler mantenere anacronistiche rendite di posizione perdendo di vista altri, ben più gravi pericoli che si profilano all’orizzonte». Pugliese ha anche anticipato che un primo blocco di centomila firme per la sottoscrizione della petizione lanciata da Conad sarà consegnato in tempi brevi alla presidenza del Consiglio prima dell’avvio della discussione in Senato

E il presidente della Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane Davide Giuseppe Gullotta ha aggiunto: «Un tema, questo, che ci sta molto a cuore, sia in termini di nuova occupazione sia di riconoscimento del ruolo professionale del farmacista nella parafarmacia: stessa laurea, stesso Albo professionale, stessa competenza. Perché trattarlo come un professionista di serie B?».

Nielsen: innovazione di successo solo nell’1% dei casi

Solo l’1% dei lanci di nuovi prodotti è riuscito a consolidarsi sul mercato nel 2015 secondo il Breakthrough Innovation Report di Nielsen. Si tratta di un’analisi di 8.650 lanci di prodotto nell’Europa Occidentale. In valori assoluti significa che solo 86 prodotti hanno raggiunto il successo. In tutta Europa. In particolare, Italia e Spagna sono i mercati che si sono maggiormente distinti per il lancio di nuovi prodotti.

Birra, Caffè e Cibo Per Animali sono le categorie con il più alto tasso di innovatività, facendo rilevare un incremento del 20% su base annua di nuovi marchi nel triennio 2011-2014. A livello europeo, le vendite annuali di nuovi prodotti nello stesso periodo hanno fatto registrare un incremento di un punto percentuale.

Schermata 2015-12-09 alle 11.48.37Tuttavia le vendite per prodotto, se nel 2012 generavano un giro d’affari pari a 323 mila euro, nel 2014 lo stesso valore era pari a 262 mila euro. In questo senso, si legge nel report, si assiste a una crescita dei nuovi tentativi di lancio, ma a una perdita di efficacia degli stessi. L’87% delle vendite di nuovi prodotti, infatti, deriva solamente dal 20% dei marchi lanciati.

Che cosa definisce un prodotto “di successo”

Sono tre i criteri in base ai quali vengono classificati come “di successo” i lanci dei nuovi prodotti all’interno dello studio:

  • alto grado di innovazione (non un semplice remake);
  • fatturato generato di almeno 10 milioni di euro nel primo anno di commercializzazione;
  • produzione del 90% delle vendite nel secondo anno, rispetto a quelle registrate nel primo.

I vincitori del Breakthrough Innovation Report per l’anno in corso sono i seguenti prodotti:
–  Ariel 3 in 1 (detergenti)
– Cadbury: Dairy Milk Marvellous Creations (cioccolato)
– Die Limo: Von Granini (bevande)
– Dompé: (analgesici)
– Garnier: Fructis Schadenloscher (cura capelli)
– Garnier: Ultimate Blends (Nuova Formula-cura capelli)
– Nivea: Cellular Anti-Age (Cellule anti rughe-creme viso)
– L’Oréal Paris: Elvive Fibrology (cura capelli)
– Lay’s: Xtra (snack salati)
– Robinsons: Squash’d (bevande)
– Scholl: Velvet Smooth Express Pedi (cura dei piedi)
– Strongbow: Dark Fruit (bevande)
– Sure: Compressed (deodoranti)
– Tchibo: Barista (caffè)
– Tropicana: in Turchia (bevande)
– Vanish: Gold Oxi Action (detergenti)
– Volvic: Juicy (bevande)
– Yatecomo: (cibo)

«Tre su quattro dei nuovi lanci non riescono a raggiungere la soglia dei 140.000 Euro (100mila sterline) di fatturato nel corso dei primi dodici mesi di commercializzazione e spesso vengono esclusi dai distributori» spiega Marcin Penconek, Vice Presidente dell’Area Innovazione di Nielsen Europa e co-autore del report. «Il successo di prodotti innovativi è estremamente raro ma, nonostante ciò che generalmente si pensa, non avviene né per caso, né per fortuna, né per magia. Alla base delle scelte dei consumatori di acquistare un nuovo prodotto ci sono modelli di comportamento individuabili all’interno di uno schema predefinito e determinato».

Fattore chiave di innovazione, l’empatia con il consumatore

Per spiegare le ragioni di successo o meno dei lanci, il report utilizza l’approccio chiamato “Jobs Theory”, vale a dire parte dall’idea che le ragioni dell’acquisto non sono legate a specifiche variabili – come quelle demografiche, né agli attributi del prodotto, bensì al processo delle attività pianificate  per implementare i requisiti innovativi.

In merito alla Jobs Theory dichiara Penconek: «Si presuppone che il consumatore sia più che altro interessato a ‘testare’ i prodotti per verificare se questi sono in grado di apportare miglioramenti alla qualità della vita. I casi di innovazioni riusciti dimostrano che l’empatia è il fattore chiave, ovvero la capacità di intercettare quei bisogni e quelle esigenze del consumatore lasciate inevase dal mercato. Le innovazioni di successo agiscono in maniera precisa ed efficace a tale livello. Al cliente si deve comunicare secondo modalità che trovano nella semplicità la propria cifra distintiva, mettendolo in grado di individuare nel prodotto una risposta al proprio bisogno. In altre parole, occorre trasmettere i contenuti innovativi in modo tale che li capisca anche un bimbo di otto anni».

Schermata 2015-12-09 alle 11.57.54Squash’d di Robinson ha identificato un’area di successo introducendo un cambiamento all’interno della categoria Squash, producendo un formato nuovo e trasportabile così da potere essere utilizzato anche fuori casa. Il prodotto ha generato un giro d’affari superiore a 15 milioni di euro.

 

 

Scholl’s Velvet Smooth Express Pedi è stato concepito dopo avere ascoltato Schermata 2015-12-09 alle 11.57.37le esigenze delle donne in merito alla cura del piede. La soluzione alla pelle secca è cambiata in 100 anni e ha condotto alla individuazione di quelli che si sono rivelati trattamenti nocivi. Scholl ha scoperto degli strumenti elettronici per ammorbidire la pelle del piede e ha implementato linee di produzione degli stessi in piccoli quantitativi che, dopo test che sono risultati positivi, ha lanciato in 48 Paesi.


Sure
ha prodotto confezioni di deodorante “compresso” utilizzando una nuova tecnologia. Il risultato è stata l’offerta sul mercato del prodotto più sostenibile all’interno della categoria Spray.
Schermata 2015-12-09 alle 11.58.13Il Vice Presidente di Unilever Mariano Sampietro ha dichiarato: «Abbiamo deciso di individuare le aree merceologiche (brand e categorie di prodotto) che da sempre hanno avuto un impatto negativo sull’ambiente e sulla società. Si è scoperto che il materiale più inquinante è l’alluminio delle confezioni, difficile da smaltire». Il nuovo prodotto contiene il 50% in meno di gas ed è stata applicata una riduzione di alluminio pari al 25%. La formula tecnologica è stata applicata a tutti i marchi di deodorante Unilever con l’obiettivo di condividere tra le aziende produttrici la scoperta, piuttosto che tenerla nascosta.

Schermata 2015-12-09 alle 11.59.49Mark Schulzig, responsabile per l’innovazione di Beiersdorf e artefice del lancio del marchio vincitore Nivea, si è espresso in questi termini: «L’elemento ‘magico’ che sta dietro ogni singola innovazione risiede prima di tutto nel bagaglio di informazioni che vengono reperite in merito al settore che si vuole esplorare. In secondo luogo la novità che viene immessa sul mercato deve comportare benefici facilmente percepibili e non semplicemente una nuova formula comunicativa. Terzo, occorre focalizzarsi su poche innovazioni per un lungo periodo, così da consolidarne le posizioni di mercato finchè non diventino un prodotto di successo. Nessun nuovo prodotto raccoglie buone posizioni nell’immediato, occorre un processo di attività a supporto distribuite nel tempo.  Infine, ciò che fa la differenza sono le persone che acquisteranno il prodotto: l’innovazione deve iniziare e finire sempre tenendo presente le esigenze del consumatore».

La passione per il food in un’infografica, da una ricerca Gfk-Mastercard

 

Secondo una ricerca di Gfk Consumer Life condotta nell’ambito dl programma Mastercard Priceless Cities, il 59% dei cittadini europei si considera fortemente appassionato a cibo e cucina r tre quarti degli europei (73%) ritiene che sia importante rilassarsi e godersi il cibo. Non solo, i cittadini europei sono avventurosi, il 46% sostiene che la passione per il cibo è guidata dal desiderio di provare qualcosa di nuovo. In generale, gli abitanti delle città europee guidano le nuove tendenze e le esperienze legate a cibo e ai ristoranti.

Sebbene la ricerca abbia come focus le esperienze di consumo fuori casa, il dato che emerge con chiarezza è che la passione della persone per il cibo è legata ad un chiaro trend di massimizzazione delle esperienze e di risparmio del tempo libero. Un dato che può fornire utili indicazioni anche al retail alimentare in due direzioni: un’accelerazione dell’attività di selezione di prodotti gourmet e di specialità gastronomiche e,in seconda battuta, fare dei punti vendita dei luoghi di esperienza a 360 gradi sul cibo (Eataly, da questo punto di vista è un esempio illuminante).

La ricerca ha poi evidenziato che le food experiences sono classificate tra i primi cinque interessi dei cittadini europei in 8 paesi: Germania, Russia, Regno Unito, Italia, Spagna, Francia, Turchia e Svezia. L’interesse per il cibo è in aumento principalmente in Italia, Spagna e Turchia.

I cittadini europei poi, sono sempre più interessati a mangiare fuori, con l’Italia e la Spagna alla guida di questa tendenza: il 69% degli italiani consuma un pasto seduto al ristorante o in altri luoghi di ristorazione, almeno una volta alla settimana, seguono Spagna (62%) e Francia (55%).

Un nuovo trend nelle città europee è poi l’interesse per le esperienze gastronomiche innovative: il 47% dei cittadini europei ama provare nuove food experiences e nuovi metodi di cottura (superiore al totale in Europa, 38%). La crescente passione per cibo e novità è guidata da Turchia (61%), Italia (57%) e Spagna (36%).

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Partita la campagna del Mipaaf a sostegno dei prodotti Dop e Igp nella Gdo

È partita la campagna istituzionale del Ministero delle Politiche agricole di promozione per aumentare la conoscenza e sostenere il consumo dei prodotti Dop e Igp. L’iniziativa, che coinvolge anche i punti vendita della Grande distribuzione organizzata che hanno aderito all’iniziativa, rientra nel quadro di azioni che il Mipaaf ha messo in campo per i prodotti di qualità certificata DOP IGP, protagonisti anche nell’ambito di Expo Milano 2015. Proprio a Expo è stato firmato un accordo con la Gdo (nello specifico con Federdistribuzione, Ancc-Coop, Ancd-Conad) con lo scopo di rilanciare i consumi dei prodotti a denominazione. Il protocollo di intesa garantisce, tra l’altro, una migliore informazione dei consumatori e favorisce una più facile individuazione dei prodotti Dop e Igp presso i punti vendita.

«Con 839 prodotti certificati dall’Unione europea – commenta il ministro Maurizio Martina – siamo leader assoluti nel campo della qualità. Un patrimonio che vogliamo continuare a valorizzare al meglio, attraverso azioni coordinate e strategiche per far crescere ancora un settore che vale già oggi più di 13,5 miliardi e coinvolge circa 150.000 imprese. La campagna di informazione, frutto anche del lavoro del Tavolo permanente istituito per la prima volta dal Ministero tra le associazioni della grande distribuzione organizzata e le associazioni dei Consorzi, ha l’obiettivo di rafforzare il comparto dei prodotti a indicazione geografica anche nel mercato interno. In questi 20 mesi abbiamo lavorato molto su 3 fronti cruciali come quello delle relazioni diplomatiche, della promozione dei prodotti e della lotta al falso Made in Italy agroalimentare.
Nella promozione – spiega ancora Martina – per la prima volta parte un’azione coordinata con la Gdo per mettere in evidenza i prodotti di qualità certificata nei punti vendita, in coordinamento proprio con il nostro spot istituzionale».

https://youtu.be/DRnghOjW8V4

Sul fronte della lotta alla contraffazione sono state superate 700 operazioni a contrasto dei falsi Dop e Igp, tanto nel territorio comunitario quanto sulla rete, e sono stati stipulati anche accordi con player mondiali del web come Alibaba ed eBay per dare al ‘brand geografico’ lo stesso livello di tutela dei più grandi marchi commerciali. «Tradotto in numeri – ha spiegato il ministro – significa ad esempio aver bloccato flussi di commercio di falso Parmigiano per 99.000 tonnellate al mese, ovvero 11 volte la produzione mensile di quello autentico».

I nuovi punti vendita trainano le vendite nella distribuzione moderna

Un insight di Iri analizza che cosa sta dietro la crescita delle vendite del Largo Consumo nella distribuzione moderna (ad inclusione dei discount) che nel periodo gennaio-ottobre di quest’anno è stata del +2,7% del giro d’affari, grazie ad un aumento del volume degli acquisti del +1,9%.

Si tratta sicuramente di un buon risultato che dimostra la ripresa di tonicità della domanda, dopo la stagnazione che ha caratterizzato gli anni precedenti.

Tuttavia una cosa suscita interesse: la crescita è interamente trainata dai nuovi punti di vendita aperti nel corso dell’anno. Se focalizziamo l’attenzione sul “core” della distribuzione moderna, ovvero sull’insieme di Ipermercati, Supermercati e Superette, scopriamo infatti che i distributori hanno rinnovato (ovvero aperto, chiuso o ristrutturato) circa il 5% degli oltre 15600 negozi operanti sul territorio nazionale.

Questi nuovi punti di vendita hanno da soli attratto un giro d’affari annuo LCC superiore di circa 560 milioni di € rispetto ai “vecchi esercizi chiusi definitivamente o per ristrutturazione”, fornendo un contributo alla crescita del canale vicino ai 2 punti percentuali.

I nuovi negozi sviluppano, infatti, una produttività (misurata come fatturato complessivo per metro quadrato di superficie di vendita) maggiore del 29% rispetto ai vecchi. I consumatori sembrano perciò rispondere molto positivamente alle nuove modalità di offerta proposte dal mercato, dimostrando ancora una volta che l’innovazione è una leva fondamentale per reagire alle difficoltà del mercato. Così a fronte dei modesti risultati della rete distributiva preesistente (invariati gli acquisti a volume in questi punti di vendita, nel progressivo ad ottobre), le nuove proposte accolgono il gradimento delle famiglie consumatrici.

Schermata 2015-12-06 alle 09.55.29

Ma quali sono le principali caratteristiche dei nuovi punti di vendita rispetto a quelli chiusi? Gli Ipermercati di nuova apertura oltre i 5500mq hanno dimensioni medie più piccole di quelli disattivati nella medesima fascia. Inoltre sono stati attivati solo 3 nuovi punti di vendita a fronte della cessazione di 5. Al contrario i Supermercati e le Superette aperti sono più grandi di quelli chiusi, questo indipendentemente dalla fascia di superficie di appartenenza. In altre parole si assiste alla tendenza a ridurre le situazioni estreme: non troppo grande e non troppo piccolo.

Da questi numeri possiamo trarre alcune indicazioni fondamentali. Lo svecchiamento della rete è necessario per riconciliare l’offerta con il significativo cambiamento del consumatore avvenuto negli anni della crisi: esso ha imparato ad adottare un atteggiamento all’acquisto più critico ed è disposto a sperimentare e frequentare più punti di vendita per soddisfare i propri bisogni. L’obsolescenza di alcuni formati distributivi diventa più che mai un fattore critico perché pesantemente punito dal consumatore. Il proliferare dell’offerta a scaffale richiede spazi adeguati: questo vale soprattutto per i negozi di vicinato che non possono più permettersi di sacrificare l’ampiezza dell’offerta nelle categorie senza avere pesanti ripercussioni sui loro affari.

La necessità di svecchiamento della rete porta una nuova sfida per i gruppi distributori, perché il ciclo di vita di un punto di vendita rischia di accorciarsi e ciò costringerebbe a ridurre i tempi necessari per portare in attivo i singoli punti di distribuzione.

Dalle liberalizzazioni dei farmaci di fascia C 600 milioni per le famiglie

Durante il forum di Osserva Italia-la Repubblica, svoltosi ieri all’Università Cattolica a Piacenza, dal titolo esplicito, Libero consumo, Libero Paese, l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese ha spiegato le ragioni per le quali la liberalizzazione del mercato dei farmaci, per la quale Conad si è impegnato nella raccolta di firme (80mila in tre settimane) per una petizione popolare per convincere governo e politici a modificare il testo del ddl Liberalizzazioni, rappresenta un vantaggio concreto per le famiglie.

Nello stesso giorno anche Federfarma, l’associazione delle farmacie, nella persona del suo presidente Anna Rosa Racca, ha un po’ sprezzantemente ribattuto alle argomentazioni di Pugliese. Secondo quanto riportato da Farmacista 33 ha affermato che “È evidente che la Gdo sta investendo una notevole quantità di capitali per raggiungere l’obiettivo di portare la ricetta fuori dalla farmacia ma noi ci sentiamo forti della testimonianza politica che emerge dal testo del Ddl concorrenza uscito dalla Camera che riconosce alla farmacia il ruolo di primo presidio sanitario del territorio”.

«Figuriamoci se per Conad, che sviluppa oltre 11 miliardi di euro di fatturato, i 50 milioni che derivano dalle vendite nelle parafarmacie sono un elemento così vitale», risponde Pugliese. «La verità è che liberalizzare lavadita dei farmaci di fascia C è un concreto aiuto alle famiglie italiane».

Le reazioni di Federfarma, peraltro, si ripetono a ogni paventato attacco al monopolio dei farmaci e fanno ormai parte di un rituale già visto ai tempi delle lenzuolate di Bersani e alla timida liberalizzazione di Monti. Fascia C come linea Maginot dei farmacisti?

Tre domande ai farmacisti

La realtà è che sulla questione siamo di fronte a una asimmetria totale. Perché se l’associazione dei farmacisti accusa la gdo di fare promozione sui farmaci, non si capirebbe come mai nelle farmacie si vendono alimenti, calzature, abbigliamento per bambini, creme di bellezza, eccetera, con ricarichi spropositati. O per quale motivo i farmacisti non prendano posizioni chiare sul loro ruolo di dispensatori del farmaco e si facciano parte attiva perché vi sia congruenza tra cicli terapeutici e numero di medicinali nelle confezioni (negli Stati Uniti, come è noto, è il farmacista che prepara i medicinali per il ciclo di terapia stabilito dal medico). E infine, perché su questa questione l’Ordine dei farmacisti non riconosce ai farmacisti laureati che lavorano nelle parafarmacie lo stesso ruolo e la medesima liceità a dispensare famaci di fascia C che hanno i loro colleghi delle farmacie?

Per approfondire questo argomento Ancd-Conad organizza un incontro a Roma il 10 dicembre sul tema #ddlconcorrenza. Monopolio e diritti: il caso dei farmaci di fascia C, in collaborazione con la Federazione nazionale delle prafarmacie. Previsto l’intervento di Serena Sileoni vicepresidente dell’Istituto Bruno Leoni.

La liberalizzazione delle pompe di benzina

Ma le liberalizzazioni non riguardano solo i farmaci. L’altro capitolo importante è quello relativo alla distribuzione dei carburanti. Ecco ancora Pugliese.

Su questi temi l’Istituto Bruno Leoni ha da poco pubblicato l’Indice delle liberalizzazioni, un confronto con tutti i Paesi dell’Unione europea, che prende in esame il diverso grado di apertura in vari settori dell’economia. Il Regno Unito, che ottiene un punteggio del 95% (100 è il massimo punteggio), risulta l’economia più liberalizzata, seguita dai Paesi Bassi (79%) e da Spagna e Svezia, entrambe al 77%. I paesi meno aperti sono Cipro (49%), Lettonia e Croazia (entrambe al 56%) e Grecia (57%). L’Italia, col 67%, si colloca a metà classifica, a pari merito con Repubblica Ceca e Romania.

Proprio nella distribuzione in rete dei carburanti si riscontra un peggioramento, che però oltre agli aumenti delle accise nel 2014 sconta un adeguamento metodologico, che lo rende non confrontabile con gli anni precedenti.Schermata 2015-12-04 alle 12.42.47

«Per quanto riguarda l’Italia – commenta il vicedirettore generale dell’Istituto Bruno Leoni – sono positivi alcuni timidi miglioramenti, e anche i tentativi in corso col Ddl Concorrenza, ma per ora si tratta ancora di iniziative troppo poco sistematiche e non sempre abbastanza coraggiose. Le liberalizzazioni sono l’unico vero strumento di cui il Governo dispone per rilanciare l’economia e contemporaneamente alleviare le condizioni delle fasce sociali più basse: è incomprensibile che non siano in testa all’agenda dell’esecutivo e che, anzi, per ogni passo avanti se ne compiano due indietro su altri fronti».

Gulliver entra nel Consorzio Sun, che si rafforza al Nord

Con l’ingresso di Alfi srl (supermercati Gulliver) di Casalnoceto cambia la fisionomia del Consorzio Sun (Supermercati uniti nazionali) che conta ora cinque soci: Magazzini Gabrielli di Ascoli Piceno, Cadoro di Venezia, Italmark (Italbrix) di Brescia, Gros Gruppo Romano Supermercati di Roma e quindi Alfi.

Il fatturato del consorzio, in costante crescita negli ultimi anni, grazie all’ingresso di Alfi raggiungerà i 2,51 miliardi di euro (stima di chiusura 2015). L’operazione permette a SUN di rendere ancor più capillare la propria presenza sul territorio, con 558 punti vendita per una superficie commerciale di 557 mila mq, in particolare nel nord Italia e di incrementare la quota di mercato a livello nazionale a oltre il 3%. Infatti il brand Gulliver è presente in quattro regioni, Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna, e in sei province, Alessandria, Asti, Genova, Savona, Pavia, Piacenza. Ad avvantaggiarsi sarà anch il brand Consilia, che caratterizza i prodotti a marchio del Consorzio.

Alfi srl opera nel settore della moderna distribuzione organizzata da oltre cinquant’anni. Risale infatti al 1964 l’anno di costituzione dell’azienda che attualmente dispone di una serie di piattaforme, dislocate a Casalnoceto (Alessandria) dove è presente una piattaforma logistica di 29.700 mq mentre a Rivalta Scrivia è stata realizzata una piattaforma costituita da magazzini frigorifero per i surgelati che si sviluppano su una superficie di 1.200 mq. I cinquant’anni di storia sono stati caratterizzati da una costante espansione ed oggi la catena conta 1.137 collaboratori per un giro d’affari di 277 milioni di euro.

«Il Gruppo Sun – ha detto il presidente Marco Odolini – ha portato a termine un’operazione estremamente importante. Innanzitutto l’ingresso di Alfi ci permette di consolidare la nostra presenza nel nord Italia. Inoltre ci permette di migliorare ulteriormente la penetrazione commerciale del brand Consilia che è ormai un importante riferimento nelle scelte di acquisto dei nostri clienti e al contempo un “interlocutore” sempre più privilegiato per l’industria. Alfi ha sposato in pieno le nostre strategie e rappresenta un nuovo capitolo nella storia del Sun che vivrà sicuramente di altri importanti fasi di sviluppo sempre con partner che saranno in grado di condividere le nostre strategie e i nostri obiettivi».

La nuova compagine sociale del Gruppo Sun permette anche di rafforzare ulteriormente il ruolo della centrale di acquisto Esd Italia della quale fanno parte, oltre a SUN, anche Selex, Acqua e Sapone, Agorà e Aspiag.

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