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Con Mygiftcard il biglietto per Expo mentre si fa la spesa

Grazie alla capillare presenza nelle principali catene della gdo – oltre 1.500 punti vendita in Italia: Auchan, Aspiag – Despar Nord Est, Carrefour, Conad, Esselunga, Il Gigante, Iper La Grande i, la Feltrinelli, Pam, Panorama, SMA Simply, Supermedia, Trony DML. – Epipoli, proprietaria del marchio Mygiftcard, mette a disposizione un modo più comodo e diretto per acquistare i biglietti per Expo.

«Abbiamo pensato fosse indispensabile avvicinare il più possibile il consumatore a ciò che EXPO Milano 2015 rappresenta per l’Italia e per gli italiani. Il prodotto Mygiftcard EXPO 2015 è frutto di un percorso che permette di acquistare comodamente un biglietto singolo o per tutta la famiglia mentre si fa la spesa al supermercato”. dichiara Gaetano Giannetto, CEO di Epipoli.

Rispetto ai biglietti acquistabili nei canali ufficiali, le Mygiftcard EXPO Milano 2015 consentono di saltare la coda all’entrata utilizzando i tornelli privilegiati di Alessandro Rosso Group; contengono inoltre la Mobile App K2Milan, una pratica guida della città di Milano e un voucher del valore di € 20 da spendere sul sito eDreams, l’agenzia di viaggi online leader in Europa.

L’operazione è infatti realizzata in collaborazione con alessandro Rosso Group, particolarmente impegnato nell’attività di prmozione dell’Esposizione universale.  «Il nostro Gruppo sta gestendo trattative per tre milioni di biglietti e centinaia di eventi corporate legati a Expo. Siamo certi di poter offrire alle aziende Italiane un posto in prima fila ad Expo 2015, affinché possano essere tutte protagoniste di questo evento di rilancio della nostra economia».

La Mygiftcard Espo consente inoltre di saltare la coda all’entrata utilizzando i tornelli privilegiati di Alessandro Rosso Group, contiene la Mobile App K2Milan e un voucher di 20 euro da spendere sul sito eDreams.

Conad programma 950 milioni di investimenti in tre anni

Nel 2014 il sistema Conad ha sviluppato un fatturato di rete pari a 11,7 miliardi di euro e prevede di continuare a crescere fino al 2017 in controtendenza, con un tasso medio annuo del 3,9%, a fronte di un piano di investimenti che assegna uno stanziamento di 366 milioni all’anno in corso, di 308 milioni al 2016 e di 276 milioni al 2017.  Oltre a nuove aperture di punti vendita, il piano prevede di destinare quote rilevanti alle ristrutturazioni (di superfici e format commerciali) e alle opportunità di crescita per linee esterne. Nel mirino delle acquisizioni: gli esercizi commerciali indipendenti, le catene locali e quelle di proprietà di gruppi internazionali che potrebbero lasciare il paese.

Un piano di sviluppo ambizioso, che impegna tutte le 8 cooperative territoriali che compongono il sistema Conad (Nordiconad, Conad Centro Nord, Commercianti Indipendenti Associati, Pac200A, Conad del Tirreno, Conad Adriatico, Conad Sicilia e Sicilconad) e che, insieme, nel 2014 hanno espresso una redditività del 4% sul valore della produzione (Ebitda del conto economico aggregato dei bilanci consolidati delle cooperative) contro una media del settore dello 0,1% , e un utile di esercizio di 140,4 milioni di euro (utile del conto economico aggregato dei bilanci consolidati delle cooperative). Un sistema dinamico sul versante del mercato, ma anche solido su quello patrimoniale, con ben 1,9 miliardi di euro di patrimonio netto aggregato.

«Sono risultati eccellenti – ha commentato l’amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese – che appaiono ancor più significativi se si considera che sono stati ottenuti in netta controtendenza e nel pieno rispetto dei tempi di pagamento dei fornitori. Se tutte le catene osservassero come noi puntualmente il limite dei 60 gg previsti dalla legge – ha aggiunto – si svilupperebbe un valore di 1,3 miliardi a favore della filiera agricola italiana. Una filiera – ha concluso – a cui Conad affida il 90% della produzione della propria marca commerciale, che da sola vale il 27% dell’intero fatturato della rete»..

Il Cash Mob Etico a Milano, Genova e Lipari

Il 27 giugno è la prima Giornata nazionale del Cash Mob Etico.

Milano si mobilita per tutta la giornata, dalle 11 alle 19, coinvolgendo due quartieri molto attivi: Zona5-Vigentina e Quarto Oggiaro e coinvolgendo una decina di aziende, tra le quali  Altromercato, il Panificio Doppio Zero, che acquista le farine dal gruppo Filiera del Grano del Parco Agricolo Sud di Milano, Ipercoop, con la vendita dei prodotti sostenibili a marchio Fairtrade, Libera Terra, Vivi Verde Coop, Terre di Pace e Banca Etica.

Genova realizzerà un Cash Mob Etico particolare: un tour delle aziende sostenibili produttrici di vino, olio e generi agroalimentari ma non solo che continuerà nelle settimane a seguire.

Lipari organizza invece un Ristomob sulla spiaggia, durante il quale saranno valorizzati i produttori locali e i loro prodotti organizzando un pranzo sostenibile.

Il cash mob è una forma di mobilitazione organizzata dai cittadini a sostegno di esercizi e attività commerciali in forte difficoltà economica, ma che in qualche modo siano significativi per il proprio quartiere. I partecipanti a questa forma di flash mob sono coinvolti nell’acquisto di prodotti presso l’azienda/impresa protagonista, come segnale di un riconoscimento sociale assegnato a quella realtà locale.

NeXt ha “rieditato” il cash mob, realizzando un format che aggiunga l’etica sociale, economica e ambientale a queste mobilitazioni dal basso. Il Cash Mob Etico è diventato in Italia uno strumento molto potente per avvicinare cittadini e imprese ad un nuovo concetto di economia, che veda come protagonista il consum-attore responsabile e informato. Fulcro di questo strumento è il “voto col portafoglio”, il momento dell’acquisto di un bene o servizio dichiarato sostenibile dall’azienda, che viene premiata da chi lo acquista. In Italia, negli ultimi due anni, NeXt ha organizzato insieme ai suoi partner circa 9 Cash Mob e più di 100 Slotmob insieme a più di 140 organizzazioni.

«Fino ad ora – afferma Luca Raffaele, project manager di NeXt – abbiamo lavorato principalmente su Roma, Napoli e Milano e in alcuni dei loro quartieri e comuni più problematici, esercitando il voto con il portafoglio dei cittadini in supermercati, ristoranti e bar, per dare un forte e concreto segnale: che la Nuova Economia dal basso è già reale e può crescere fino a diventare un sistema applicabile su larga scala, nel rispetto degli scambi economici, della società e dell’ambiente che ci circondano».

Numerose le organizzazioni coinvolte nella Giornata nazionale: Acli, Adiconsum, BCC, Cittadinanzattiva, Centro San Fedele, Circolo Acli Lambrate, Convoi Onlus, Economia:)Felicità, Fiba/Cisl, Funmob, Sodalitas, UCID, Vita, Plef.

Rinnovati i Frollini Bauli con zucchero a velo nell’impasto e pack riciclabile

I sacchetti di frollini Bauli, ultimi nati tra i prodotti continuativi del brand che in pochi mesi hanno conquistato una buona fetta di consumatori, si presentano migliorati grazie a una selezione ancor più accurata delle materie prime e al vero grande ingrediente speciale: lo zucchero a velo nell’impasto. Lo zucchero a velo, infatti, dà all’impasto una consistenza fine e levigata per un’ideale resistenza all’inzuppo che prosegue la scelta di una accurata selezione degli ingredienti  e delle materie prime che caratterizza i frollini Bauli, come le uova da galline allevate a terra, yogurt dell’Alto Adige, nocciole e panna fresca italiane, latte fresco alta qualità.

Ma i frollini Bauli nella loro confezione lilla si caratterizzano anche perché l’incarto non deve essere più smaltito tra i rifiuti indifferenziati ma è riciclabile tra quelli di carta: una confezione eco-compatibile senza perdere la funzionalità nella conservazione del prodotto.

Assobirra, il settore bloccato dalle accise: calano vendite e investimenti. E l’occupazione non cresce

L’aumento delle accise rischia di mettere in seria difficoltà gli oltre 600 produttori dislocati sulla penisola e di conseguenza tutti gli operatori della filiera. È quanto emerge da una ricerca di Format Research per Assobirra, che ha fotografato l’impatto – importante – che le tasse, in crescita del +30% tra ottobre 2013 e gennaio 2015, stanno avendo sul business di tutti: agricoltori, produttori (aziende di grandi dimensioni e micro birrifici), esercenti di bar e ristoranti, imprese della distribuzione e dei servizi.

Si parte da un punto: quella italiana è una vera e propria “anomalia” rispetto al resto d’Europa visto che, nel nostro Paese (uno di quelli col più basso potere d’acquisto in UE), le tasse sulla birra sono tra le più alte.

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Metà dei produttori di birra intervistati (50,6%) dichiara un fatturato fermo o in diminuzione, a seguito dell’aumento delle accise. E il 42,9% di chi dichiara una riduzione del fatturato ne attribuisce la responsabilità agli aumenti delle accise (il primo scattato il 10 ottobre 2013, il secondo il 1° gennaio 2014 e l’ultimo il 1° gennaio 2015). Il 46,9% delle imprese birrarie non è riuscita ad assorbire gli aumenti di ottobre 2013 e gennaio 2014, mentre il 43,2% dichiara che non riuscirà ad assorbire l’ultimo aumento intervenuto a gennaio 2015.

«Su una birra da 66cl  – commenta il presidente di assorbire Alberto Frausin – gli italiani pagano 46 centesimi di tasse (tra accisa e IVA), gli spagnoli 21,3 e i tedeschi 19,5. In pratica 1 sorso su 2 lo beve il fisco. Il settore viene da 10 anni di mancata crescita del mercato e i dati dei primi 10 mesi del 2014 parlano di una lieve flessione (-0,6%). E nei primi 5 mesi del 2015 abbiamo avuto un ulteriore diminuzione dei consumi pari al -3%. Lo avevamo preannunciato anche al Governo che l’ennesimo rialzo delle tasse di gennaio avrebbe avuto conseguenze. Ora non possiamo non sottolineare il rischio per la tenuta dell’export ma anche per l’occupazione di una situazione del genere. Le accise non solo non vanno più toccate al rialzo ma ora è necessario ridurle per far ripartire il settore».

Ma come sono stati assorbiti gli aumenti? Solo in parte sono ricaduti sui prezzi (50%), mentre un terzo delle aziende ha ridotto i margini di profitto (31,6) o nel 18,5% dei casi ha ridotto investimenti e occupazione.

«Oggi la pressione promozionale è in aumento. La birra – spiega il direttore dell’associazione dei produttori di birra Filippo Terzaghi – ha superato, nel 2014, il 44% di pressione promozionale, mentre sui prodotti di largo consumo ci si ferma in media al 28,5%. Questo vuol dire che quasi 1 birra su 2 è venduta in promozione (fonte IRI 2015). L’aumento delle tasse che noi riteniamo iniquo e ingiusto, penalizza eccessivamente un prodotto simbolo del nostro Made in Italy ed è evidente che, dove a pagare non è il produttore, sono i 30 milioni di italiani che scelgono la birra. Non a caso nel 2014 c’è stato un calo del consumo pro-capite, sceso a 29,2litri (il più basso d’Europa), sono saliti i consumi casalinghi a scapito del “fuori casa” e sono stati premiati i prodotti a costo basso».

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La ricerca rileva anche alcune conseguenze importanti. La prima: l’aumento delle accise è un ostacolo a nuove assunzioni per i produttor.Il 44% delle imprese sarebbe pronto a creare fino a tremila nuovi posti di lavoro (che potrebbero crescere a 11 mila se si attestassero sui livelli di Germania e Spagna, dove valgono rispettivamente lo 0,09 e lo 0,10%). La seconda: si è verificato uno stop alla crescita dimensionale dei microbirrifici, non più in grado di fare investimenti. Le accise sono un ostacolo alla ripresa degli investimenti per il 76,5% delle imprese.

«A fronte di una riduzione delle accise – sostiene con forza Frausin -siamo pronti, come filiera, a fare la nostra parte: generare nuova occupazione, far nascere nuove imprese, ritornare a investire nel Paese e tornare a far crescere l’export e la vocazione internazionale delle nostre imprese».

The Kantar top 50 global retailers: first three confirmed, Tesco loses ground. Amazon grows the most

According to the Kantar Retail ranking of the top 50 global retailers, Walmart, Carrefour (despite a reduction in the CAGR – compound annual growth rate – of 3% for the period 2009-2014) and Costco are reconfirmed at the top, while Tesco exits the select group of the top five. The distance between Walmart, which recorded sales of over 512 billion, and the other two leaders whose sales amounted to just over 115 billion dollars, is significant.

Kantar sticks its neck out by providing an annual growth forecast for the period 2014-2019: while for Carrefour it is of the order of 3%, for Costco it is 7%. An exchange of positions, therefore, could be imminent.

As for the other highlights, the Russian Magnit and Canada’s Loblaw’s record the highest increase in position in the ranking, while Sears, Morrisons and Safeway are the retailers who fall most significantly.

Analysing the data, rather striking is the presence of Amazon which, with more than 87 billion in turnover, recorded an annual growth of 30% between 2009 and 2014, destined, according to the Kantar forecasts, to fall to 13%.

To stay in Europe, Tesco is feeling the pinch and exits the select group of the big five, replaced by the German Schwarz Group (Lidl), along with the Metro Group which, during the five years in question, suffered a decrease CAGR of 1%, and the Dutch Ahold with an annual decrease of 4% per year and which is in negotiations with Delhaize for a possible merger.

(click on the image to enlarge)

Kantar_Retail_Top_50_Global_Retailers_2015

I top 50 retailer globali di Kantar: confermati i primi tre, scende Tesco. Amazon cresce di più

Secondo la classifica dei top 50 retailer globali di Kantar Retail, Walmart, Carrefour (nonostante una riduzione del Cagr – tasso di crescita annuale composto – del 3% per il periodo 2009-2014)  e Costo si riconfermano ai vertici, mentre Tesco esce dal ristretto gruppo dei primi cinque. Significativa la distanza tra Walmart che ha registrato vendite per oltre 512 miliardi e i due comprimari le cui vendite sono attestate  di poco sopra ai 115 miliardi di dollari.

Kantar si sbilancia fornendo una previsione di crescita annua per il periodo 2014-2019: se  per Carrefour è nell’ordine del 3%, per Costco è del 7%. Il sorpasso, quindi, potrebbe essere imminente.

Per quanto riguarda le altre evidenze, la russa Magnit e la canadese Loblaw’s registrano la maggiore scalata di posizioni in classifica, mentre Sears, Morrisons e Safeway sono i retailer che scendono più precipitosamente.

Scorrendo i dati, balza agli occhi con evidenza la presenza di Amazon che con più di 87 miliardi di fatturato ha registrato una crescita annua del 30% dal 2009 al 2014, destinata, secondo le previsioni di Kantar a scendere al 13%.

Per restare all’Europa, le difficoltà si fanno sentire per Tesco che esce dal ristretto gruppo dei big five, dove entra il tedesco Gruppo Schwarz (Lidl), il Gruppo Metro che nei cinque anni considerati ha subito una diminuzione del Cagr del’1% e l’olandese Ahold con una diminuzione del 4% annuo e che ha aperto un tavolo di confronto con Delhaize per un’ipotesi di fusione.

(cliccare sopra l’immagine per ingrandire)

Kantar_Retail_Top_50_Global_Retailers_2015

La sostenibilità dei prodotti a marchio crea reputazione per il retail alimentare

Quanto pesa la sostenibilità sulla reputazione delle marche e del retail alimentare? Una risposta significativa è arrivata da Gian Marco Stefanini di Web Research che, nel corso di Green Retail Forum, ha presentato i risultati di una ricerca effettuata sulle conversazioni nella rete, analizzando per un periodo di 36 mesi con un complesso sistema di algoritmi 670 milioni di pareri generici sulle marche industriali (MI), di cui 59 milioni riguardanti la sostenibilità, 172 milioni pareri sulle marche del distributore (MP), di cui 80 milioni riguardanti la sostenibilità. Sono state menzionate 157 linee di marche private riguardanti 16 insegne selezionate.

Da questa grande massa di dati, l’8,5% dei pareri lasciati in rete sulle marche industriali è riconducibile alla sostenibilità, mentre lo è il 46,6% di quelli sulle marche private. Solo questa prima rilevazione mostra la distanza tra i due ambiti, nonostante la quota di mercato delle marche private in Italia sia inferiore al 20%.

I netsurfer che esprimono pareri sono peraltro sufficientemente informati. Il 91% ha un’elevatissima consapevolezza del fatto che la marca privata indica il distributore ma non il produttore; il 90% sa che i produttori di marche private sono spesso leader di mercato e vendono referenze analoghe con etichetta propria presso le stesse insegne e l’88% riconosce l’appartenenza di marche private alla catena anche quando il nome non coincide.

«Tutto questo – afferma Stefanini – genera una reciprocità tra l’accrescimento dell’immagine che le marche private porta all’insegna proprietaria e quella che la stessa insegna della Gdo porta alla propria marca privata».

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Le oscillazioni del giudizio sulla sostenibilità.
Confrontando le categorie dei prodotti a marchio del distributore con quelle delle MI, senza “pesarle”, possiamo individuare quali categorie di prodotto connotano la sostenibilità e quali la erodono.

Primo risultato di una certa evidenza: «Possiamo dire – sottolinea Stefanini – che la reputazione sostenibile delle MP è il triplo della reputazione sostenibile delle MI, stando al popolo del Web».

giudizio sostenibilità

Approfondendo l’analisi e pesando il giudizio di ogni categoria di prodotto delle MP e delle MI per il volume dei pareri stessi, se ne ricava il valore di reputazione globale ponderata (MP/MI) per ciascuna delle insegne selezionate.

In questo caso i dati mostrano quali sono le categorie di prodotti che, pesate per popolarità, presidiano o no l’immagine di sostenibilità.

Se ne ricava che la reputazione sulla sostenibilità della MI è sostanzialmente neutra mentre quella delle MP ha un saldo decisamente positivo.

giudizio sostenibilità ponderata

«Tuttavia – annota ancora Stefanini – per quanto riguarda i prodotti alimentari a MI rispetto alla medesima rilevazione fatta l’anno scorso, i giudizi positivi (55,3%) sono calati del 2,5% e quelli negativi (42%) sono aumentati del 2,7%. Possiamo quindi ipotizzare che la sensibilità dei consumatori nei confronti della sostenibilità, almeno per quanto riguarda i prodotti alimentari a MI, sia consistente ma che la MI non stia sufficientemente tenendo il passo».

Come si muovono invece le marche del distributore?
«Sebbene i consumatori scrivano in rete molti più pareri riguardo ai prodotti a MI rispetto a quelli appartenenti alle MP, quando scrivono di sostenibilità, i pareri più numerosi sono, non solo in percentuale rispetto al proprio totale ma anche in termini assoluti, quelli riguardanti le MP. In buona sostanza, la sostenibilità è uno dei principali elementi caratterizzanti le MP.

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Peraltro non va sottovalutato il caso che chi scrive in rete di sostenibilità lo fa con maggiore competenza e in ambienti maggiormente specializzati quando giudica le MP più che le MI. Di sostenibilità delle MP parlano soprattutto gli esperti, intesi comunque non come addetti ai lavori, (che abbiamo escluso per scelta metodologica), ma come bene informati/appassionati».

Qual è il profilo di questi netsurfer?
I naviganti che nel web domestico scrivono sul rispetto della sostenibilità da parte delle MP sono prevalentemente donne, di fascia di età giovane media, digitano in prevalenza dal Nord, dalle aree metropolitane e urbane. Il concetto di sostenibilità delle MP non è uniformemente diffuso a livello socio demografico.

Tuttavia, anche limitatamente alle sole MP, la sostenibilità è il primo driver di acquisto solo per le linee dedicate.

Il Green Retail Forum 2015 rilancia sui temi della sostenibilità e della centralità dei cittadini

Due giorni ricchi di spunti, di idee e di iniziative quelli della quinta edizione di Green Retail Forum ed Expo appena concluso a Milano. Al centro del dibattito l’evoluzione della distribuzione verso la sostenibilità sociale, ambientale, economica. Un’evoluzione che, per la centralità del mondo distributivo nella filiera del consumo deve essere forte, chiara e coerente.

È stato un tema ricorrente nelle tavole rotonde e nei workshop dove è apparso chiaro che la reputazione della distribuzione  rispetto ai valori della sostenibilità è superiore a quella dell’industria. Ma, come sottolinea, citando un dato Enea, Emanuele Plata, presidente di Plef (Planet life economy foundation che con  NDB ha organizzato il Forum) è un patrimonio da valorizzare ancora di più poiché ben l’85% dell’impronta ambientale del retail dipende dai prodotti che vengono venduti e solo il 15% dai processi. diventa quindi evidente che i retailer possono giocare un ruolo importante attraverso una identificazione del portafoglio prodotti.

Altro tema emerso è quello del coinvolgimento dei cittadini consumatori, da qualcuno definiti sostenitori, per procedere verso una maggiore diffusione dei valori della sostenibilità nella sua accezione ampia. E il gran finale con l’annuncio di una raccolta di firme fatta da Conad e sposata da altri retailer presenti (Unes, Végé, Coralia) per una legge di iniziativa popolare che obblighi il ripristino sulle confezioni del luogo di produzione è stato il suggello al rilancio della cittadinanza come vero ago della bilancia in grado di spostare le cose.

 

 

Il 2014 di Coop Liguria: vendite in calo e rafforzata la convenienza selettiva

Nonostante la mancata ripresa economica e la caduta dei consumi, Coop Liguria ha chiuso il 2014 con un utile di 24,311 milioni di euro.

Anche nel 2014 – si legge in una nota sul sito di Legacoop Liguria – Coop Liguria ha nuovamente registrato risultati soddisfacenti, grazie al costante impegno nel ricercare maggiore convenienza a favore dei 554 mila soci e dei consumatori e all’azione di contenimento dei costi aziendali, volta a rendere la gestione più snella ed efficiente a tutti i livelli.

I ricavi delle vendite, pari a 742,442 milioni di euro, sono diminuiti del -2,26%, rispetto al 2013, un risultato negativo, che va però inquadrato in un contesto di crisi aggravata e di ulteriore caduta dei consumi alimentari. I minori incassi sono anche conseguenza della scelta di garantire ancora più convenienza ai Soci e ai consumatori con prezzi più bassi.

Proprio per tutelare il loro potere d’acquisto, infatti, Coop Liguria ha continuato a rafforzare la convenienza selettiva, cioè la politica commerciale che concentra lo sforzo di contenimento dei prezzi sui prodotti più importanti e ricorrenti nella spesa quotidiana dei consumatori e ha ulteriormente intensificato le promozioni, con iniziative dedicate sia alle marche, sia al Prodotto Coop. Particolarmente apprezzata è stata la nuova modalità promozionale ‘Scegli tu lo sconto’, che permette a chi acquista di decidere con parziale autonomia su quali prodotti applicare la riduzione di prezzo.

Grazie a queste azioni, i Soci e i consumatori di Coop Liguria hanno ottenuto complessivamente quasi 88 milioni di euro di sconti, un dato cresciuto del 6,39% rispetto al 2013.

I vantaggi destinati ai Soci, tra sconti esclusivi, erogazione di punti-spesa immediatamente convertibili in sconti e sconti usufruiti dai Soci su quelli riconosciuti a tutti i consumatori, sono stati pari a 74,607 milioni di euro (+6,7% sul 2013).

La quota di prevalenza, che individua la connotazione di Cooperativa a mutualità prevalente ed è costituita dalla percentuale degli acquisti effettuati dai Soci di Coop Liguria, nel 2014, sul totale delle vendite realizzate nello stesso anno, è leggermente diminuita rispetto all’anno precedente: 65,83% contro 66,77%.

Con un ulteriore incremento dello 0,7%, il prodotto Coop ha raggiunto, a fine 2014, la quota del 26,3% delle vendite di Coop in ambito nazionale nel largo consumo confezionato e del 26,2% in Liguria. Attualmente rappresenta il 22% dei prodotti a marchio privato venduti dalla grande distribuzione in Italia. L’assortimento è ulteriormente cresciuto: oggi conta 3.957 articoli, compresi 1.212 prodotti freschissimi (carne, pesce, ortofrutta) e 897 non alimentari.

Tra le linee tematiche del prodotto a marchio Coop, quelle che continuano a far registrare gli incrementi più significativi sono Fior Fiore, cioè il meglio della cultura gastronomica italiana e non solo, con vendite a valore che hanno superato i 250 milioni di euro (+9% sul 2013) e Vivi Verde, la linea composta dai prodotti biologici, ecologici e rispettosi dell’ambiente, le cui vendite sono cresciute del 17% nel grocery e del 27% nei freschissimi.

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