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fabrizio.gomarasca

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Continua il rinnovamento dei punti vendita Simply di Cooperativa Etruria

È un giugno intenso quello di Cooperatiova Etruria che ogni settimana riapre un punto vendita Simply rinnovato, con predilezione per le aree a maggiore vocazione turistica, in vista della stagione che sta per partire.

Dopo quello “ecoattento” di Capalbio, sono stato riaperti i due punti vendita Simply Market di Porto Santo Stefano e, a distanza di qualche giorno, di Orbetello Scalo.

In entrambi cresce l’offerta di prodotti biologici, salutistici e del territorio, così come la possibilità di trovare in assortimento una ricca selezione di prodotti del territorio, dal vino all’olio, passando per la carne, la frutta e la verdura, i salumi, i formaggi e i prodotti da forno – segnalati dal logo “Sapori&Valori”.

L’assortimento, inoltre, si completa con una ricca selezione di prodotti biologici, salutistici e senza glutine. sia al Market di Orbetello Scalo sia in quello di Porto Santo Stefano sono stati installati anche i distributori self- service di cereali che permettono di ridurre la quantità di rifiuti (imballaggi primari e secondari) e le emissioni di Co2 in atmosfera.

 

#Obbligo_prodotto_dove, la Gdo entra in azione: raccolta firme per l’obbligo del luogo di produzione

Da sinistra: Beniamino Casillo, Vito Gulli, Raffaele Brogna, Mario Gasbarrino, Domenico Canzoniero, Eleonora Graffione, Francesco Pugliese, Giorgio Santambrogio

Un passo avanti nella battaglia per ripristinare l’obbligo di indicazione del luogo di produzione sulle etichette dei prodotti alimentari è stato compiuto nel corso del tavolo di lavoro durante il Green Retail Forum a Milano.

L’amministratore delegato di Unes Mario Gasbarrino, di Végé Giorgio Santambrogio ed Eleonora Graffione, presidente di Coralis si sono dichiarati d’accordo ad appoggiare la proposta espressa dall’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese sul dar luogo a una raccolta di firme, coinvolgendo i cittadini-consumatori nella abolizione di una «legge scellerata».

Ecco nelle parole di Pugliese la proposta, alla quale hanno aderito anche i due rappresentanti dell’industria presenti: Vito Gulli, amministratore delegato di Generale Conserve, che da tempo si batte – uno dei pochi, se non il solo, nel mondo industriale – contro questa stortura e Beniamino Casillo di Casillo Group.

Nel corso dell’incontro sono stati affrontati i temi chiave che stanno dietro a questa battaglia che, ricordiamolo, nasce dall’entrata in vigore a metà dicembre scorso del Regolamento europeo 1169/11 riguardante l’etichettatura dei prodotti alimentari che ha introdotto l’indicazione degli allergeni, la esatta composizione degli ingredienti (il caso dell’olio di palma è deflagrato proprio per questo motivo) con l’obiettivo di una maggiore informazione dei consumatori, ma ha reso facoltativa l’indicazione del luogo di produzione.

«Si tratta di una vera istigazione alla delocalizzazione – puntualizza Vito Gulli – e sul tema l’industria si è dimostrata miope. Inoltre ha generato una confusione che non fa bene a nessuno, perché la questione dell’etichetta si è sovrapposta al dibattito sull’origine della materia prima. Sgombriamo il campo da questa confusione. Sono due cose completamente diverse. Non nego però che la battaglia per la trasparenza porti con sé un rischio di nazionalismo, leghismo, salvaguardia dell’italianità: quel che conta è la trasparenza. Non solo. Qualcuno potrà dire che l’obbligo dell’indicazione dello stabilimento di produzione (peraltro condensato in una stringa di sei cifre) è salvo, ma non è la stessa cosa del luogo di produzione».

La battaglia della distribuzione, che peraltro indica il luogo di produzione sui prodotti a marchio, guarda avanti. Spiega infatti Mario Gasbarrino «Il motivo per cui dobbiamo intervenire non riguarda l’oggi, ma può succedere, e dobbiamo aspettarcelo, che qualsiasi nuovo proprietario straniero di un’azienda italiana possa decidere di lasciare la sede legale in Italia e produrre all’estero un prodotto connotato con un marchio italiano, che è sempre stato prodotto in Italia e come tale è conosciuto dai consumatori. Noi vogliamo che sia salvaguardata la trasparenza nei confronti dei cittadini consumatori. Poi saranno loro a decidere di acquistare un prodotto perché è fatto in Italia o un altro anche se non viene prodotto in Italia. Ma la trasparenza è fondamentale».

Non mancano le iniziative dei singoli distributori, come la stessa Unes che visualizza sull’etichetta a scaffale l’origine di produzione dei prodotti a marchio («ma stiamo pensando di estenderlo anche all’industria di marca», chiosa Gasbarrino) o Coralis, che con Etichètto segnala una selezione di prodotti di marca nati e prodotti in Italia.

Assordante il silenzio al riguardo delle associazioni di categoria dell’industria ma anche della distribuzione. Ne rende conto Raffaele Brogna che con Io Leggo l’etichetta ha dato vita prima che scoppiasse il caso a una raccolta di firme online e ha sollecitato la firma la distribuzione che ha aderito in gran numero a livello di insegna, mentre «ci sono stati tanti silenzi da parte delle associazioni e delle singole imprese industriali». In realtà la posizione dominante tra le imprese industriali, in qualche modo recepita dal Mise e dal Mipaaf, è che occorre lavorare in modo che l’obbligo di indicazione valga per tutti i paesi europei. Che è un tipico atteggiamento italiano per non affrontare un problema aprendo un’altra questione che darà origine a altri tavoli di discussione.

Sulle rappresentanze della distribuzione il pressing è forte, ma per ora non c’è una presa di posizione. La determinazione dei quattro retailer presenti all’incontro però è forte così come la consapevolezza di rappresentare, in quel contesto, la gdo italiana. Poi, quando partirà la raccolta di firme, probabilmente la compagine crescerà.

Sipo valorizza l’agricoltura locale con le Verdure di Romagna

FIORI-DI-ZUCCA-OKCon il logo Verdure di Romagna, Sipo (azienda di produzione, lavorazione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli freschi di I e IV gamma) lancia nei supermercati eipermercati italiani una linea di ortaggi coltivati nelle Province di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna. L’assortimento iniziale, che verrà ampliato alla prossima stagione produttiva, è formato da cuori di sedano, carote, cardo, fiori di zucca, cavolo riccio, cavolo nero e coste di sedano verde.

I nuovi prodotti sono contraddistinti da un packaging distintivo con un’etichetta che riporta l’immagine della Regione Emilia Romagna e sono disponibili sia in vassoio che in busta (in formati che vanno da 80 grammi per i fiori di zucchina a 600 grammi per le carote). La commercializzazione nei punti vendita avviene solamente nella stagione vocata, secondo il calendario produttivo, preservando l’ecosistema e la filiera agricola.

«Siamo convinti – sottolinea Massimiliano Ceccarini, General Manager SIPO Group – che le Verdure di Romagna saranno apprezzate dai consumatori delle nostre zone e di altre Regioni, proprio per la peculiare storia agricola delle terre di Romagna. Il nostro obiettivo è di valorizzare non solo gli ortaggi freschi del territorio ma anche la sua cultura e la grande tradizione eno-gastronomica».

Arca Spa (Unicomm-Selex) apre un nuovo Famila a Cesenatico

Un’offerta focalizzata sui freschi e sui prodotti locali e molta attenzione al risparmio energetico caratterizzano il novo supermercato Famila inaugurato oggi a Cesenatico  da Arca Spa, società romagnola che fa capo a Unicomm (associato Selex). Arca è una realtà articolata presente in Emilia Romagna e nelle Marche con una rete commerciale formata da 122 punti di vendita che presidiano i diversi canali distributivi.

Il nuovo supermercato Famila, sulla statale che da Cesenatico conduce a Cervia-Milano Marittima, si estende su una superficie di 1.500 metri quadrati, ospita 12.500 referenze e dà lavoro a 44 persone ed è dotato di un parcheggio per 150 auto.

Particolare attenzione viene data ai prodotti freschi, in gran parte locali, a testimonianza della profonda vicinanza al territorio che caratterizza Arca e le altre Imprese del circuito Selex. Presenti tutti i reparti, sia a vendita assistita sia self-service. Di rilievo sono la pescheria, dove la scelta spazia tra oltre 100 referenze e la rosticceria e cibi pronti (nel supermercato è presente anche la cucina).

In tutti i comparti giocano un ruolo di punta i prodotti a marchio Selex, con un’offerta incentrata sulla convenienza.

Nel nuovo Famila di Cesenatico sono molteplici le soluzioni adottate per favorire il risparmio energetico, come l’utilizzo di sole lampade a led e i frigoriferi per la vendita al pubblico tutti chiusi. Ciò permette di conservare meglio i cibi, di consumare meno energia e di emettere meno CO2 nell’ambiente, con minori spese per il riscaldamento in inverno. Oltre a migliorare il comfort per i client. Un ulteriore recupero energetico viene portato dall’impianto di refrigerazione alimentare. Lo stesso impianto infatti genera sia l’aria condizionata (caldo e freddo) per gli ambienti sia il freddo per i comparti alimentari freschi.

Il successo dell’industria alimentare italiana è fatto di tante storie

L’industria alimentare è in buono stato di salute, anzi nei difficili anni dal 2007 al 2013 ha registrato una crescita media del Cagr del 3,87% e un aumento della redditività media dell’8,51%. Ma questo non vale per tutti i comparti.

Sono le evidenze emerse dalla ricerca condotta in collaborazione con Federalimentare e Fiere di Parma dall’Università Cattolica del sacro Cuore di Milano, con l’obiettivo di individuare le performance economiche, competitive e sociali delle aziende del sistema alimentare italiano e i fattori che hanno consentito di raggiungere risultati eccellenti.

Nel periodo considerato, ha ricordato il presidente dei giovani imprenditori di Federalimentare Francesco Divella, la produzione complessiva dell’industria alimentare è si diminuita del 3%, ma quella dell’industria manifatturiera lo è stata del  -24% e l’export è crescito del 50% contro il 10% dell’insieme dell’industria.

Basta quindi a dire che l’industria alimentare gode di ottima salute? Di certo il discorso vale per quella che è stata definita l’élite dell’industria alimentare su cui si è concentrata la ricerca, vale a dire 448 aziende sulle 58 mila che compongono il settore (ma va ricordato che solo 13.300  sono società di capitali e solo 6250 sono imprese industriali con più di 9 addetti), il cui fatturato è di 57 miliardi sui complessivi 133 dell’intero settore alimentare. Ecco spiegato, quindi il concetto di élite.

Campione e ricavi ind alimentare

Ornaghi
Prof Lorenzo Ornaghi, Presidente dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni internazionali (ASERI) – Università Cattolica del Sacro Cuore

Sono tre, però, secondo il professor Lorenzo Ornaghi, Presidente dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni internazionali (ASERI) gli elementi costitutivi di questa avanguardia: «Il rapporto intergenerazionale negli imprenditori  che fa sì che i giovani abbiano attenzione e passione per il loro lavoro, il rapporto stretto che si è generato dall’appartenenza a una base territoriale in cui operano queste imprese e un campo d’azione globale. Infine un comune sentire delle imprese. Da questi tre elementi nasce l’importanza economica dell’industria alimentare prima ancora che dal legame associativo».

Dalla ricerca emergono però, insieme ai dati positivi che hanno permesso al settore di navigare con relativa tranquillità in questi anni difficili, le diverse situazioni dei singoli comparti. «Storie differenti emergono dalla crescita dei ricavi – spiega Fabio Antoldi (foto in apertura), Direttore del Centro di Ricerca per lo Sviluppo imprenditoriale (CERSI) – perché se la media ponderata è intorno al 4%, ve ne sono alcuni che sono stati più penalizzati (la birra, l’olio, l’acqua e le bevande) e altri che hanno perforato meglio della media, come le carni, la gastronomia, le conserve. Lo stesso vale per un altro indicatore, l’Ebitda che mediamente è positivo con un valore di +8,5%. Ma anche in questo caso vi sono comparti che hanno una redditività superiore della media (gli snack, i coloniali, la birra) e altri che sono sotto media: i salumi, le carni, l’olio, la gastronomia.

Cagr alimentare

Ebitda Alimentare«Vi sono alcuni segnali di sofferenza – aggiunge Antoldi – come il lattiero-caseario che ha avuto una crescita di fatturato per i rincari e ha avuto importanti performance nell’export,  ma il Mol si sta erodendo a casusa del costo della materia prima in ascesa dopo la fine dell sistema delle quote. Altro settore critico è quello dei salumi, dove molti piccoli salumifici territoriali, che non hanno la dimensione per trarre benefici dal driver internazionale, sono in forte difficoltà».

Esiste quindi una relazione statisticamente significativa tra crescita dei ricavi, redditività aziendale e dimensione aziendale, si chiedono i ricercatori?

“Sotto questo aspetto – si legge nella sintesi della ricerca – l’analisi delle correlazioni mostra alcuni elementi interessanti (che saranno oggetto di ulteriore approfondimento nel rapporto finale della ricerca). Tali elementi sono sintetizzabili nel modo seguente:

  • c’è una correlazione positiva tra dimensione e redditività, riscontrata in particolare nei settori Pasta, Dairy, Snack e Acqua/bevande: questo dato induce a ritenere che, soprattutto in questi settori, il maggior potere di mercato delle grandi imprese “faccia la differenza”;
  • non vi è, invece, una correlazione significativa tra dimensione e crescita. In altri termini, non può affermarsi in maniera statisticamente fondata che siano le grandi o le piccole imprese ad avere tassi di crescita superiori. Fanno eccezione a questo dato i comparti Olio e Conserve, nei quali sono state le imprese di minori dimensioni a crescere maggiormente nel periodo in esame;
  • la crescita è correlata negativamente alla redditività (soprattutto nei comparti Dairy e Snack). Esiste in altri termini un trade-off: l’aumento dei ricavi tende ad accompagnarsi ad una “contropartita”, in termini di minore redditività. Fa eccezione il comparto dei salumi, nei quali invece si riscontra nei sette anni analizzati una relazione positiva tra crescita e redditività;
  • la crescita è correlata positivamente alla posizione finanziaria netta (soprattutto nel comparto Snack): questo dato indica che, in generale, la crescita passa anche attraverso il reperimento di risorse attraverso l’indebitamento.

La seconda fase della ricerca, ancora in corso, è funzionale a tale obiettivo e si basa sulla somministrazione di un questionario alle 120 imprese caratterizzate da maggiore competitività (“top champions”) e rappresentative dei diversi comparti. . L’identificazione di tali imprese si è basata sulla costruzione di un indice sintetico di competitività, che ponderasse crescita (misurata dal tasso di crescita medio dei ricavi nel periodo in esame), redditività (misurata da ROA ed EBITDA/Vendite) e posizione finanziaria netta (rapporto PFN/Vendite).

indicatori alimentare

Il questionario, sottoposto ai top manager delle imprese, è volto ad analizzare le strategie e il posizionamento competitivo delle imprese attraverso la rilevazione non solo di dati quantitativi, ma anche di opinioni, attese, percezioni dei rispondenti.

IMG_1753«Oltre che nella ricerca di opportunità di sviluppo internazionale – sottolinea Daniele Cerrato, Docente di Economia Aziendale riguardo alle prime anticipazioni – le risposte strategiche alla crisi si sono concentrate principalmente nei seguenti ambiti: investimento nell’innovazione dei processi produttivi (93% dei rispondenti), sviluppo nuovi prodotti (78%).

Accanto all’innovazione di prodotto/processo, gli investimenti per sostenere/accrescere la qualità del prodotto e per aumentare la capacità produttiva dell’impresa sono indicati tra le priorità strategiche per il futuro, mentre si registra un minore interesse per iniziative di diversificazione rispetto al core business. Questo dato rappresenta un segnale di fiducia da parte degli imprenditori ed appare particolarmente incoraggiante per le prospettive del settore».

Sebbene frutto di un’analisi ancora parziale, queste prime evidenze empiriche suggeriscono una “sintesi” dei risultati dell’indagine in corso nei seguenti elementi: il settore alimentare conserva un ruolo centrale nel sistema industriale italiano, nonostante la crisi economica; la crescita aziendale è stata trainata negli ultimi anni soprattutto dai mercati esteri; “Innovazione di prodotto/processo” e “qualità” rappresentano due pilastri della competitività aziendale; resta forte il focus delle imprese sul core business.

Convegno Popai: Innovazione e tecnologie nel retail foodservice

Dopo il successo della prima edizione, torna il convegno Popai dedicato al Retail Food Service, un settore in ascesa grazie allo sviluppo ormai parallelo della ristorazione moderna e degli specialty food stores.

Il settore italiano della ristorazione, così come già avvenuto all’estero, deve mettere in atto nuove strategie che migliorino la propria capacità di comunicare, interagire e sollecitare la clientela, aumentando la qualità delle risorse umane.

L’evento, in programma il 9 luglio presso l’Urbana Center Milano, sarà l’occasione di analizzare le best practice italiane a confronto con quelle internazionali, discutendone i presupposti del loro successo grazie all’unione tra innovazione e realismo applicativo.

Il programma prevede interventi di Massimo Innocenti (Titolare Spontini), Dino Maldera (Food Manager Ikea Italia), Alessandro Ravecca (Presidente Cibiamo), Roberto Simonetto (Direttore Vendite Supermercati Diretti Carrefour Italia),  Nicola Vandi (Responsabile Marketing America Graffiti Franchising).

Per iscrizioni convegni@popai.it

Maniele Tasca è il nuovo Presidente di ESD Italia

L’assemblea generale di ESD Italia ha eletto Maniele Tasca di Selex Gruppo Commerciale insieme ai due Vice Presidenti Sergio Reale di Acqua & Sapone e Mauro Carbonetti di Sun. Sostituisce Marcello Poli, Presidente nell’ultimo biennio.

Rinnovate anche le cariche del Consiglio di Amministrazione in rappresentanza dei cinque Soci che compongono la Centrale: per Selex Gruppo Commerciale sono stati eletti Dario Brendolan, Marcello Cestaro, Giovanni Pomarico e Maniele Tasca; per Sun Mauro Carbonetti; Sergio Reale per Acqua & Sapone; Paolo Orrigoni per Agorà Network e Harald Antley per Aspiag Service, società entrata a far parte della compagine sociale dal primo gennaio di quest’anno.

Con una quota di mercato del 19,8% nei canali di presenza (Iper+Super+Spt+C&C+Drug a genn.’15; fonte IRI), ESD Italia è la prima Centrale d’acquisto italiana. I soci totalizzano una rete distributiva formata da 4.915 punti di vendita presenti capillarmente in tutta Italia, per oltre 3,7 milioni di mq. Nel 2014 il fatturato complessivo realizzato dalle imprese associate a ESD ha raggiunto 16,36 miliardi di euro.

Maniele Tasca, 46 anni, dal 2009 Direttore Generale di Selex Gruppo Commerciale e recentemente entrato nel Consiglio di Amministrazione della Centrale europea EMD, ha partecipato negli ultimi 7 anni all’attività di ESD Italia con diversi ruoli.

«Prendo il testimone della guida di ESD Italia in un momento in cui un miglioramento dell’andamento dei consumi sembra consolidarsi, dopo anni molto difficili. Le dinamiche competitive, però, richiedono sempre maggiore scala dimensionale, anche internazionale, e grande efficienza. ESD Italia, grazie all’affidabilità commerciale e finanziaria dei suoi Soci, rappresenta oggi per l’industria del largo consumo italiano la migliore opportunità d’investimento per crescere e sviluppare il proprio business».

L’incremento delle vendite dei soci ESD Italia nei primi mesi del 2015, pari al +5,6%, ne è una ulteriore testimonianza.

Marcello Poli, Presidente della capogruppo F.lli Poli SpA e Presidente di Agorà Network Scarl, ha guidato la Centrale contribuendo al forte sviluppo degli ultimi anni: «È stato per me un onore guidare ESD Italia nell’ultimo biennio. Per la GDO è stato forse il periodo più buio della sua storia ma, nonostante questo, la coesione tra i Soci, le performance e la qualità delle imprese mandanti hanno consentito il consolidamento del ruolo della Centrale e la sua crescita fino a raggiungere la leadership in Italia, con una quota pari a circa un quinto del mercato».

A Milano e Napoli Casa San Benedetto dialoga con i consumatori

san Benedetto temporary 2

Puntuale con l’arrivo dell’estate, San Benedetto si ripresenta con il suo temporary store. Anzi con i suoi temporary. Perché quest’anno accanto a quello di Milano Stazione Centrale ce n’è un secondo a Napoli sempre alla Stazione Centrale, dove far entrare in contatto i viaggiatori con i brand e con l’ampa gamma di prodotti di San Benedetto. Se il primo coglie l’opportunità di Expo per dialogare con milioni di viaggiatori, il secondo intende ribadire la leadership del gruppo veneto e il presidio sul territorio nazionale.

Spazi acoglienti e funzionali, i punti vendita offrono un’atmosfera green e familiare, veicolando con maggiore forza la scelta eco sostenibile dell’Azienda, rafforzata nel temporay di Milano dall’installazione di un albero tridimensionale. L’attività è stata svolta in collaborazione con NextMaterials, spin-off del Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali (INSTM).

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VincenzoTundo, direttore Marketing Acqua San Benedetto

«Questa iniziativa conferma la vocazione alla multicanalità del nostro Gruppo – dichiara Vincenzo Tundo, Direttore Marketing di Acqua Minerale San Benedetto – e si pone l’obiettivo di verificare un approccio diretto al mercato che consenta di trasmettere al consumatore un’idea di Casa San Benedetto i cui valori di qualità, accessibilità e sostenibilità sono veicolati attraverso un portafoglio prodotti ampio e variegato, da vera Total Beverage Company italiana».

 All’interno di Casa San Benedetto è possibile acquistare tutti i prodotti di prestigio con i quali l’Azienda Veneta firma la gamma completa dei prodotti: dall’acqua minerale al Thè San Benedetto, da Aquavitamin alle bibite gassate San Benedetto e Schweppes fino alle bevande a base succo Batik Succoso. Tra le novità T-Surf, Prima Spremitura e le nuove lattine sleek Special Edition NABA del Thè San Benedetto.

Allarme da Greenpeace: nei meleti europei un cocktail di pesticidi

Greenpeace ha pubblicato il rapporto sulla presenza di pesticidi nei meleti europei dal titolo Il gusto amaro della produzione intensiva di mele. E le notizie non sono propriamente buone per i consumatori.

Il rapporto presenta i risultati delle analisi di 85 campioni di acqua e suolo prelevati in dodici Paesi europei, tra cui l’Italia (in Val di Non e in Valtellina, due tra le zone di maggiore produzione di mele) ed esempi di pratiche agricole ecologiche per effettuare una produzione sostenibile senza contaminare il suolo e l’acqua.

36 campioni di acqua e 49 di suolo sono stati raccolti durante i mesi di marzo e aprile 2015 in meleti a gestione convenzionale e analizzati per verificare la presenza di residui di pesticidi. I campioni rappresentano una “fotografia” della situazione all’inizio del periodo della fioritura.

Su 85 campioni, sono stati rilevati 53 pesticidi differenti. Il 78 per cento dei campioni di suolo e il 72 per cento dei campioni di acqua contenevano residui di almeno un pesticida.

Il pesticida riscontrato con maggior frequenza nel suolo e nelle acque è il fungicida boscalid (presente nel 38 per cento dei campioni di suolo e nel 40 per cento dei campioni di acqua). Addirittura sette dei pesticidi trovati non sono attualmente approvati nell’Ue, ma possono essere utilizzati solo per eccezionali deroghe temporanee. La presenza di questi residui potrebbe essere il risultato di applicazioni pregresse, mentre in un caso potrebbe trattarsi di un fenomeno di degradazione.

Due terzi dei campioni di suolo e acqua prelevati nei meleti europei inoltre contengono residui di pesticidi e il 70% dei pesticidi identificati hanno livelli di tossicità molto elevati per gli esseri umani e per l’ambiente. In un singolo campione di suolo raccolto in Italia sono state rilevate fino a tredici sostanze chimiche diverse, e dieci in un campione di acqua, un vero e proprio cocktail di pesticidi.

Nella seconda parte del documento viene illustrata una selezione di soluzioni sostenibili per la produzione di mele e la loro possibile applicazione senza contaminare il suolo e le acque.

“L’Italia è uno dei maggiori produttori di mele a livello europeo – dichiara Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia –. Abbandonare un modello agricolo fortemente dipendente dai prodotti chimici è fondamentale, anche per proteggere i nostri agricoltori e le loro famiglie, che sono i primi a essere direttamente esposti  L’imponente uso di queste sostanze nella produzione intensiva di mele è un altro fallimento dell’agricoltura industriale”.

Due le richieste di Greenpeace ai Paesi europei. L’eliminazione graduale dell’uso dei pesticidi chimici di sintesi in agricoltura, a partire da quelli che hanno effetti cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, che interferiscono con il sistema ormonale (EDC) o che hanno proprietà neurotossiche. Un maggior impegno nel promuovere e investire nella ricerca e nello sviluppo di pratiche ecologiche per la gestione e il controllo dei parassiti che non dipendano dall’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.

“Esistono già soluzioni ecologiche adottate da migliaia di agricoltori in tutta Europa. Per lo sviluppo di queste buone pratiche, è necessario che anche la grande distribuzione faccia la sua parte incentivando il passaggio a pratiche sostenibili” conclude Ferrario.

 

 

Alarm from Greenpeace: European apple orchards contain a cocktail of pesticides

Greenpeace has published a report on the presence of pesticides in apple orchards in Europe entitled “The bitter taste of intensive apple production”. And the news is not exactly good for consumers.

The report presents the results of the analysis of 85 samples of water and soil taken in twelve European countries, including Italy (in Val di Non and in Valtellina, two of the areas of greatest apple production) and examples of environmentally friendly farming practices for sustainable production without contaminating soil and water.

36 water samples and 49 soil samples were collected during the months of March and April 2015 in conventionally managed apple orchards and analysed to check the presence of pesticide residues. The samples represent a “snapshot” of the situation at the beginning of the flowering period.

On the 85 samples, 53 different pesticides were found. 78% of soil samples and 72% of water samples contained residues of at least one pesticide.

The pesticide most often found in soil and water is the fungicide boscalid (present in 38% of soil samples and 40% of water samples). As many as seven of the pesticides found are not currently approved in the EU, but can only be used with exceptional temporary waivers. The presence of these residues could be the result of previous applications, while in one case it could be a phenomenon of degradation.

Two thirds of soil and water samples taken in European apple orchards also contain residues of pesticides and 70% of the pesticides identified have very high levels of toxicity for humans and the environment. In a single soil sample collected in Italy, as many as thirteen different chemicals were found, and ten in a water sample, a veritable pesticide cocktail.

In the second part of the document, a selection of sustainable solutions for apple production and their possible application without contaminating soil and water are illustrated.

“Italy is one of the largest apple producers in Europe – said Federica Ferrario, responsible for the Greenpeace Italia Sustainable Agriculture Campaign –. Abandoning an agriculture model heavily reliant on chemicals is essential, also to protect our farmers and their families, who are the first to be directly exposed. The massive use of these substances in intensive apple production is another failure of industrial agriculture”.

Two are the requests of Greenpeace to European countries. Phasing out of the use of synthetic chemical pesticides in agriculture, starting from those that have carcinogenic, mutagenic or toxic effects for reproduction, which interfere with the hormonal system (EDC) or which have neurotoxic properties. Greater commitment in promoting and investing in the research and development of environmentally sound practices for pest management and control that are not dependent on the use of synthetic chemicals.

“There are already environmentally sound solutions adopted by thousands of farmers throughout Europe. In order to develop these good practices, it is also necessary that large-scale distribution plays its part by encouraging the transition to sustainable practices” concluded Ferrario.

 

 

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