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L’eCommerce B2C supera i 16 miliardi di vendite grazie a servizio e convenienza

L’e-commerce continua il suo cammino e nel 2015 i 17,7 milioni di e-shopper italiani hanno fatto acquisti per 16,6 miliardi di euro (più di 2,2 miliardi sul 2014). Sebbene i servizi siano ancora maggioritari gli acquisti di servizi con 9,89 miliardi, quelli di prodotti crescono in misura maggiore: +21% contro +12% dei servizi. Le buone notizie per le vendite online arrivano dall’annuale Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano in collaborazione con Netcomm, presentato al convegno “Social? Mobile? Multicanalità? Sì, ma sono servizio e convenienza la linfa dell’eCommercein Italia”.

la dinamica_ ecommerceLa fotografia dello stato di salute dello shopping online si completa con altri dati: il 30% degli acquisti si effettua da siti stranieri (prevalentemente nel turismo), il 10% con lo smartphone, in crescita del 64% e l’11% con il tablet (anche se quest’ultimo è più che altro un sostituto del Pc), il 95% viene pagato direttamente online tra carta di credito e PayPal (il 29%). E i web shopper abituali sono ormai il 64% dei 17,7 milioni complessivi, in crescita dell’11%.

L’Osservatorio analizza anche il versante dell’offerta, vale a dire il valore espresso dagli operatori italiani con clienti italiani e stranieri. In questo caso le vendite ammontano a 14,939 miliardi di euro, in crescita del 15%, di cui il 21% da siti italiani a clienti esteri e vi è un riaggiustamento tra prodotti e servizi, praticamente al 50%, ma i primi crescono del 24% contro l’8% dei servizi.

Alessandro Perego
Alessandro Perego

«La penetrazione dell’eCommerce –afferma Alessandro Perego Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – raggiunge il 4% delle vendite retail, ma siamo ancora lontani dai principali mercati occidentali (Francia, Germania, UK e USA) dove l’eCommerce ha raggiunto livelli di diffusione fino a quattro volte più elevati. La strada per trasformare il commercio elettronico in una reale consuetudine di acquisto è tracciata dai principali player :occorre migliorare le prestazioni dei cosiddetti basics, ossia gamma, prezzo e servizio».

Quanto ai settori, il Turismo, con 7.762 milioni di euro, arriva a valere il 47% del mercato eCommerce B2c italiano, le Assicurazioni, con 1.235 milioni di euro, il 7,5%, e gli altri servizi (ticketing per eventi, ricariche telefoniche, ecc.), con 893 milioni di euro, il 5,5%.

prodotti o servizi

Tra i comparti di prodotto spiccano l’Informatica ed elettronica, che, con 2.212 milioni, vale il 13% del mercato e l’Abbigliamento che, con 1.512 milioni di euro, pesa per il 9%. Troviamo poi l’Editoria (4% del mercato, pari a 593 milioni di euro), il Food&Grocery (2% del mercato, pari a 377 milioni di euro), l’Arredamento e home living (2% del mercato, pari a 370 milioni di euro) e il Beauty (1% del mercato, pari a 190 milioni di euro). Le altre categorie di prodotto e il c2c (consumer to consumer) pesano per il 9%.

La crescita dell’eCommerce è trainata, nel Turismo (+14%), dall’acquisto di biglietti per i trasporti e dalla prenotazione di camere d’albergo; nell’Informatica ed elettronica (+21%) l’apporto arriva dagli acquisti di tv, telefonia, tablet e pc, ma anche di elettrodomestici bianchi. Nell’Abbigliamento (+19%) continuano a essere determinanti gli acquisti high fashion. Nell’Editoria (+31%), il fenomeno di maggiore rilevanza sono i libri scolastici.

riccardo Mangiaracina
Riccardo Mangiaracina

«Nel 2015 è importante anche l’apporto di Food&Grocery, Arredamento e Home living e Beauty che insieme contribuiscono alla crescita complessiva per quasi 200 milioni di euro. Gli acquirenti italiani acquistano online anche quelle categorie merceologiche, come alimentari o oggetti d’arredamento, fino a qualche tempo fa quasi assenti sul web. L’acquisto di cibi e bevande (vino compreso) rappresenta oggi il 3% circa delle vendite da siti italiani ed è uno dei settori più dinamici nel panorama dell’eCommerce B2citaliano”, spiega Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c.

Tradizionali o dotcom

Secondo l’Osservatorio sono sempre più numerose le imprese che attivano strategie multicanale sia in maniera diretta, sia appoggiandosi ad agregatori o a marketplace, che costituiscono, è stato detto come una nave scuola dai retailer, ma più per un gap tecnologico di questi ultimi.

Molti retailer o produttori tradizionali, infatti, vanno online attraverso i marketplace(Amazon, eBay ma anche erpice) per affiancare un ulteriore canale al sito di eCommerce.

I marketplace inoltre sono utilizzati da chi vuole approcciare il canale online senza velleità di leadership e/o dai piccoli operatori che non hanno i mezzi per investire adeguatamente nello sviluppo di un sito proprio. Un altro vantaggio degli aggregatori è che favoriscono il cross-border eCommerce. Ad esempio per una PMI italiana che vuole vendere in USA è ragionevolmente semplice utilizzare eBay o il marketplace di Amazon piuttosto che attivarsi con un’iniziativa sviluppata in casa.

tradizionali e doto com

Secondo Marino Casucci, Director Key Account/Business Development, FACT-Finder, richiamandosi al fatto che nel Regno Unito tra i primi dieci player otto sono retailer, «alla lunga i retailer faranno la parte del leone anche in Italia. Il motivo è che nell’evoluzione della multicanalità il retailer può contare su diversi touch point che fanno la differenza rispetto ai pure player». Di diverso avviso al riguardo è Michele Raballo, Accenture Interactive eCommerce Lead, Accenture Digital: «I retailer tradizionali soffriranno sempre di più la competizione delle dotcom e degli aggregatori. L’eCommerce è più una sfida che un’opportunità, al momento». Forse la gdo nazionale è proprio ferma a questa fase, visto che la penetrazione dellle vendite online nel totale delle vendite food& grocery è ancora quasi nulla, lo 0,25%.

Le barriere allo sviluppo dell’eCommerce, non solo per il Food & Grocery, sono quelle note: velocità e semplificazione dei pagamenti, sistema di consegna più flessibile, anche se oggi il modello dei lockers e dei punti di ritiro (leggi anche L’irresistibile avanzata dei Lockers) sembra quello verso il quale ci si indirizza in misura maggiore, semplificazione delle procedure di reso del prodotto. Insomma una customer experience più semplice e attrattiva per i consumatori.

Per Riccardo Mangiaracine le sfide per l’eCommerce, sono almeno due: attrarre un maggior numero di web shopper (e in questo la messa in atto di sistemi basati sullo smartphone possono costituire la svolta) e fare diventare l’eComemrce una consuetudine: one click check out, spese di spedizione gratuite (o in abbonamento), modalità di consegna innovative e gestione snella dei resi sono le direzioni seguite dai migliori sono le innovazioni nell’esperienza d’acquisto da mettere in atto, secondo Mangiaracina.

Terzo trimestre “eccellente” per Carrefour. Anche in Italia

Carrefour ha diffuso oggi i dati di vendita consolidati del terzo trimestre e dei primi nove mesi del 2015, che la nota del retailer definisce eccellente, con una crescita organica del 4,2% nel terzo trimestre. Ci soffermiamo però sul periodo più lungo.

Il gruppo ha registrato vendite nei primi nove mesi pari a 63.864 milioni di euro, di cui 33.926 all’internazionale, che cresce più della Francia (a variazione organica: +4,5% contro 1,7%). Nel complesso la crescita delle vendite del gruppo nei nove mesi si assesta su +3,4%. Sfavorevole è l’impatto dell’evoluzione del prezzo dei carburanti: le vendite dei punti vendita con distributore, infatti, registrano risultati inferiori al resto della rete.

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In particolare la Francia nei nove mesi consolida la crescita già positiva nel 2012 e 2013 in tutti i formati (ipermercati compresi): +1,7% la variazione organica e +1,6 a rete confrontabile. Consistenti le performance dei punti vendita di prossimità, anche se, ovviamente, pesano meno del 20% del giro d’affari totale.

Con 33.926 milioni di vedite, l’internazionale fa segnare una crescita organica nei nove mesi del 4,5% e a rete confrontabile del 3,2%, più rallentata in Europa, che vale circa il 50% delle vendita (+1,4 e +1,6 rispettivamente), in forte crescita in America Latina (+15,7% quella organica e +11,6% a rete confrontabile). In asia le vendite in organica sono in discesa dell’8,8%, ma quelle totali rescono dell’8,6% grazie all’impatti favorevole dei cambi.

In Italia si torna a crescere

Per quanto riguarda l’Italia, il terzo trimestre segna una svolta e una forte accelerazione delle vendite: +5,9% a rete confrontabile: 5,6% coprendendo anche la vendita di benzina. Ma le vendite totali crescono del +11,4%. Nei nove mesi il trend è sempre positivo per quanto riguarda le vendite totali (+6%), ma a rete confrontabile hanno ancora il segno meno davanti: -0,2%. La ripresa dei consumi nel terzo trimestre si fa quindi sentire sui conti del colosso d’oltralpe, dopo gli ultimi anni difficili.

Qui potete scaricare il comunicato originale

Packaging e spreco alimentare: confezioni piccole e più informazioni per agevolare i consumatori

Illustrazione: Guido Scarabottolo dal 20° Rapporto Comieco

Qual è il rapporto tra i cittadini e l’utilizzo di imballaggi e qali relazioni intercorono tra imballaggi e spreco alimentare? È questo il focus dell’indagine condotta da Swg e Last Minute Market presentata nel corso di un incontro organizzato da Comieco dal titolo Consumatori in carta e cartone: uniti contro lo spreco.

Dalla ricerca di Swg (condotta su un campione di 1000 famiglie) emerge che le modalità di acquisto dei generi alimentari ha una diretta correlazione con il confezionamento. Poiché la maggior parte dei consumatori tende a fare la spesa con una frequenza elevata (il 37% 2-3 volte la settimana, il 15% ogni due giorni e il 17% ogni giorno), si cquistano per il 64% dei casi confezioni piccole per motivi diversi: perché si è soli o in due in famiglia, perché si vuole avere cibo sempre fresco o perché si spreca di meno. Il restante 36% che acquista confezioni più grandi lo fa essenzialmente per convenienza. Tuttavia il 63% butta via confezioni già aperte e parzialmente consumate e il 10% confezioni intere giunte a scadenza.

confezioni acquistate

Quanto all’utilizzo dell’imballaggio, la stragrande maggioranza lascia nell’imballaggio i prodotti acquistati (pasta fresca l’86%, latticini l’82%, 68% formaggi). Vengono invece “riconfezonati” o lasciati sfusi frutta e verdura.

I consumatori preferiscono poi contenitori di cartone e sacchetti di carta soprattutto per la loro riciclabilità (49 e 58% rispettivamente).

Le etichette e le informazioni

La quasi totalità degli italiani legge le etichette prima dell’acquisto, con una maggiore attenzione sulla provenienza (88% sempre+qualche volta), la data di scadenza (98%) e gli ingredienti compresi i conservanti (87%). Frutta, verdura e salumi presentano però informazioni meno leggibili.

Confezioni e spreco

Da questo particolare angolo visuale si registra la consapevolezza che vi è stato un cambiamento negli ultimi anni. Infatti il 32% degli italiani prima di andare a fare la spesa controlla nel frigorifero o nella dispensa le date di scadenza dei prodotti. Il 28% lo fa quando li ripone in frigo o dispensa dopo l’acquisto e il 40% quando li utilizza per cucinare.

Quando poi il cibo è scaduto o è andato a male, il 51% adotta un comportamnto responsabile e butta il cibo nell’umido e il pack nella differenziata, ma ben un quarto degli italiani (il 27%) gtta tutto nell’indifferenziata. Il 13% butta il cibo nell’indifferenziata e l’imballaggio nella differenziata e il 9% il cibo nell’umido e l’imballaggio nell’indifferenziata.

Vi è comunque una generale consapevolezza sul ruolo dell’imballaggio, visto che il 67% ritiene che le prestazioni degli imballi sono cambiate negli ultimi dieci anni e il 68% è al corrente che molte soluzioni di imballaggio sono studiate per preservare i cibi. Anzi il 51% vorrebbe che tali funzioni fossero sempre comunicate sulla confezione.

Proprio a questo riguardo Emilio Albertini di Gifasp (l’associazione dei fabbricanti di astucci e scatole in cartoncino e cartone) sottolinea che da tempo esistono imballaggi attivi, che rilasciano sostanze antimuffa per aumentare la durata dei prodotti confezionati, e imballaggi intelligenti, con inchiostri che cambiano colore in presenza di cattiva conservazione o scadenza. Ma, è emerso dalla discussione, che il fattore critico è nel costo di tali imballaggi che non li fanno preferire dalla Gdo. Anche il tema dell’allungamento della shelf life, è stato evidenziato, non ha alcun riflesso con le pratiche antispreco. Anzi, è molto più collegato con le necessità logistiche della distribuzione più che da motivazioni antispreco per i consumatori.

Dal canto suo Comico (nel 2014 sono stati raccolti 3,1 milioni di tonnellate di carta e cartone) sta operando con diverse modalità per favorire il dialogo tra gli attori della filiera del packaging e migliorare la comunicazione nei confronti del pubblico. Un esempio è costituito dal Clud Carta e Cartoni, progetto che conta più di 200 aziende iscritte, nato per promuovere le best practice e le ultime innovazioni in fatto di packaging sostenibile nei confronti di quelle realtà che utilizzano imballaggi in carta e cartone per confezionare e movimentare i loro prodotti.

Grupp VéGé dai bollini delle origini ai beacon con Check Bonus

Sono già cento in pochi mesi, dall’avvio del progetto a maggio, i punti vendita del Gruppo Végé che hanno resa operativa la tecnologia beacon grazie alla piattaforma Check Bonus. Si tratta della prima e più significativa iniziativa basata sulle promozioni personalizzate nella grande distribuzione alimentare italiana.

I dispositivi beacon, infatti, sono sensori Bluetooth che rilevano a distanza la presenza e la posizione degli smartphone, attivando con essi uno scambio di dati. In questo modo, il punto vendita è in grado di interagire con il cliente sin dal suo ingresso e di seguirlo mentre si sposta tra le corsie, fornendogli informazioni sui prodotti e segnalandogli novità e promozioni con un livello più o meno accentuato di personalizzazione.

«Questo progetto – afferma Giorgio Santambrogio, Amministratore Delegato di Gruppo VéGé – è un passo importante nel processo di modificazione del paradigma del punto vendita, collocando realmente e definitivamente al centro di tutto la relazione con l’individuo e i suoi bisogni. Intendiamo fare di ognuno dei nostri 1800 punti vendita un supermercato personalizzato che faccia vivere al cliente una shopping experience ‘tailor made’, calata nell’ambito territoriale ma anche aperta a collaborazioni e sinergie innovative».

Per inciso, l’App Check Bonus, già utilizzata da catene come Coin, Mondadori Store, Brico Sport, Salmoiraghi & Viganò, è già stata scaricata da 110 mila persone.

Unione consumatori: consumo futuro nel segno di personalizzazione, omnicanalità e assistenza personalizzata

Massimiliano Dona, segretario Unione nazionale consumatori

Il futuro dei consumi è già qui, con la personalizzazione dei prodotti, nuove esperienze di consumo e assistenza postvendita personalizzata.

Così scrive nel suo blog pubblicato su Today Massimiliano Dona, segretario nazionale dell’Unione Consumatori, all’indomandi del workshop “Consumo futuro, retail engagement e customer care”, svolto ieri a Roma, in occasione dei sessant’anni dalla fondazione dell’associazione.

«Il mondo dei consumi – osserva Dona – è in una fase di rapido cambiamento spinto dalla digitalizzazione: se negli ultimi anni la diffusione di internet e dei nuovi device come smatphone e tablet aveva cambiato soprattutto le nostre abitudini personali, d’ora in avanti cambierà radicalmente il nostro modo di fare acquisti!»

Alcuni segnali di questo cambiamento si stanno già affacciando al nostro quotidiano.

«Penso alla personalizzazione di beni e servizi: può sembrare paradossale che nella società di massa sia possibile una così accentuata customizzazione eppure -solo per fare un esempio- si può persino costruire il proprio gelato industriale su misura, come proposto da Algida nei suoi Magnum store».

Un’altra tendenza riguarda il desiderio del pubblico dei consumatori di fare shopping in modo esperienzale. «Secondo una recente indagine del Centro studi Unioncamere in collaborazione con Swg – segnala Dona – ciò che ancora convince il 51% di italiani a preferire il “negozio tradizionale” al web è la possibilità di vivere l’esperienza diretta della merce, il contatto umano e la fiducia che ne deriva, la consegna immediata. Ecco perchè ormai il 60% di chi compra sia in negozio, sia online tende a fondere questi due ambiti nel processo di acquisto: ricerca del prodotto in rete, visita nel negozio per provarlo, ricerca dell’offerta migliore sul web e solo poi si decide se acquistarlo in store o online. Magari sullo stesso sito della catena visitata anche fisicamente. A patto che l’offerta sia vantaggiosa».

Vi è poi una terza chiave di lettura per leggere i nuovi trend di consumo, ed è l’aspirazione ad avere il meglio dal servizio di assistenza. «È finita l’epoca di una generica customer satisfaction (perché a pensarci bene la soddisfazione dipende dalle aspettative e queste sono diverse da persona a persona) e lancio di una digital care sempre più ad personam (come ci ha spiegato Vodafone durante il workshop raccontando il progetto Care». Si tratta di un programma partito il 12 ottobre che punta “a consolidare e valorizzare il rapporto di fiducia con i clienti, attraverso una serie di azioni concrete, negli ambiti della connettività, della trasparenza, del riconoscimento della fedeltà del cliente, e della accessibilità ed efficacia del servizio”.

«Insomma il futuro dei consumi – conclude Dona – è adesso: senza dimenticare, ovviamente, di verificare ogni giorno se è il caso di fidarsi di tutta questa attenzione al cliente!».

A margine, un giudizio sul decreto liberalizzazioni da poco varato dal Governo che proprio i consumatori ha deciso di tutelare poco. «Una pessima legge – commenta Dona – dannosa per i consumatori. La concorrenza è solo nelle parole del titolo. Per il resto, non solo non vi è traccia di libero mercato nel provvedimento, ma si fanno addirittura passi indietro, difendendo i privilegi delle lobby esistenti che già controllano il loro rispettivo settore. Speriamo che il Senato la stravolga».

Censis: i Millenials, giovani che non ti aspetti

Com’è nella sua lunga tradizione di osservatore della società italiana, il Censis nella ricerca «Vita da Millennials: web, new media, startup e molto altro. Nuovi soggetti della ripresa italiana alla prova» realizzata per il Padiglione Italia di Expo 2015 offre una lettura dei giovani assai diversa da quella stereotipata della rappresentazione mediatica che va per la maggiore. I giovani, dice il Censis non nono quelli pigri e apatici così spesso rappresentati. Viceversa sono vitali, pieni di energia, con tanta voglia di fare. Una generazione che a Expo ha partecipato attivamente. Ma siamo distanti dalla “meglio gioventù” degli anni Sessanta e Settanta, perché è forte il senso dell’io, della soggettività nei Millenials, quanto forte era il senso della collettività nei Baby boomers.

Voglia di impresa

Il Censis traccia un profilo dei Millennials contraddistinto da una grande voglia di imprenditorialità. Quasi 32.000 nuove imprese nate nel secondo trimestre del 2015 fanno capo a un under 35, cioè sono nate più di 300 imprese al giorno guidate da giovani, con una crescita del 3,6% rispetto al trimestre prec: edente a fronte del +0,6% riferito al sistema d’impresa complessivo. Un terzo delle imprese avviate nel trimestre è stato fondato da un giovane. Alle barriere di accesso al mercato del lavoro e ai rischi di incaglio nella precarietà, i Millennials italiani hanno opposto una forza vitale partendo da una potenza italiana consolidata: l’imprenditorialità.

Contemporaneamente, sempre riferendosi al rapporto con il lavoro, per il Censis sono 2,3 milioni i Millennials (i giovani di 18-34 anni) che svolgono un lavoro di livello più basso rispetto alla propria qualifica (sono il 46,7% di quelli che lavorano, rispetto al 21,3% dei Baby Boomers di 35-64 anni),

“Pur di entrare nel mondo del lavoro, pur di «stare in partita», tanti Millennials si accontentano di impieghi lontani dal loro percorso di formazione, anche in nero”. E una volta chlavorano, non si tirano indietro: lavorano oltre l’orario (3,8 milioni), spesso senza compenso per gli straordinari (1,1 milioni), spesso anche di notte (1,1 milioni) o in remoto (11,8 milioni).

La frontiera dell’innovazione

Ovviamente riguardo alla tecnologia, i Millennials sono per il 94% utenti di internet, per l’87% attivi sui social network e sono loro ad aver fatto decollare l’e-commerce: il 64% nell’ultimo anno ha acquistato almeno un prodotto o un servizio in rete nell’ultimo anno. Sobrietà e sharing economy vanno a braccetto nella loro quotidianità. Il 31,7% acquista prodotti usati (contro il 14,7% dei Baby Boomers), il 21,9% si sposta regolarmente in bicicletta (fa altrettanto solo il 10,3% dei 35-64enni) e l’8,4% (il 4,1% dei 35-64enni) utilizza il car sharing e il bike sharing.

Sul fronte dei valori espressi e condivisi, sono allo stesso tempo individualisti, solidali e global e sono decisamente proiettati verso il futuro. Il 42,1% di loro contro un dato medio del 20,9% pensa che i gironi moigliori per l’Italia devono ancora arrivare e che il futuro vada costruito con una spinta al cambiamento nel quotidiano.

Cambiare passo per crescere

Qualche perplessità l’analisi del Censis l’ha sollevata, non per la impeccabilità dei numeri, ma per la loro lettura. La voglia di far impresa dei Millenials non è forse frutto proprio di una prospettiva di precarietà tipico di questa generazione alla quale vengono offerti solo lavori camuffati da stage sottopagati, a meno che non si trasformino in micro impresa o lavoratori autonomi? Certo, vivendo in una società più aperta, viaggiano di più, hanno un sistema di valori contraddistinto da un soggettivismo etico, consumano con maggiore sobrietà (ma lo stanno facendo anche milioni di famiglie). Ma riguardo al quadro celebrativo della flessibilità sul lavoro, dello stacanovismo come lo definisce il Censis e dell’imprenditorialità giovanile, come replica naturale del capitalismo molecolare che distingue l’economia italaiana, qualche perplessità resta.

«I dati del Censis sono importanti – afferma una Millennial impegnata in una startup, Barbara Labate, amministratore delegato di Risparmiosuper – perché dà il quadro di un forte ecosistema che sta crescendo in Italia, ma non basta. Stiamo cercando di copiare il modello americano, ma siamo distanti, perché pochi fondi investono nelle startup. Per gran parte di queste nuove aziende un finanziamento di 50 mila euro significa vivere sei mesi, con il risultato che si trasforma in un lavoro a tempo determinato per chi vi è impegnato. Se non si cambia passo, creiamo solo delle nanoaziende che non riescono ad avere una prospettiva di sviluppo internazionale».

Amazon avvia l’operazione Natale. Per Fresh c’è tempo

Si chiama Natale a casa Amazon la presentazione organizzata per la stampa che lancia ufficialmente la campagna natalizia del leader dell’e-commerce. Qust’anno la novità sono le 7.000 referenze di alimentari confezonati che da luglio sono in vendita sul portale italiano.

Per i freschi, dicono in azienda, c’è ancora da attendere, anche se rientrano negli obiettivi. Ma per il momento Fresh è attivo solo in alcune città degli Stati Uniti. Una smentita, quindi, alle reiterate voci di una prossima vendita anche in Italia di alimentari freschi. Tuttavia, proprio per la riservatezza che contraddistingue Amazon, nulla è può essere dato per scontato., visto che la mission di Amazon è quella di vendere tutto quanto si può vendere.

Soddisfazione, invece per l’apertura al pubblico del magazzino centrale di Castel San Giovanni: sono già più di 1200 i visitatori che a gruppi di 30 toccano con mano l’efficienza logistica di Amazon. E i prossimi mesi sono già sold out.

Tornando al Natale, il sito di e-commerce ha pensato anche ai ritardatari: c’è tempo per effettuare ordini fino al 23 dicembre per consegne in 24 ore, con la Spedizione Mattino, oppure fino al 19 dicembre per consegne 2-3 giorni e fino al 18 per consegne 3-5 giorni. Tra decorazioni natalizie, novità in campo hi-tech con il nuovissimo tablet Fire e un’ampia selezione di droni, libri, DVD, videogiochi, prodotti outdoor, make-up, le ultime novità di Amazon Moda, per la festa di capodanno e tutto l’inverno, e giochi per bambini, da quest’anno sono disponibili anche i prodotti degli artigiani del negozio Made in Italy, dedicato alle eccellenze del territorio italiano, in particolare di quello toscano, tra prodotti per la casa, ceramiche, creazioni artistiche, gioielli, pezzi di oreficeria e cristalleria. (leggi….)

Diverse le soluzioni per ricevere il prodotto in tempo per ogni necessità: da Amazon Prime per la consegna gratuita in due-tre giorni, con possibilità di accedere alle offerte in anteprima di Buy Vip, a Spedizione Sera, disponibile nell’area milanese, che consente di ordinare i prodotti fino alle 13,15 e di riceverli la sera stessa entro le 21:00.

La digital disruption migliora i risultati delle imprese. Ma quelle italiane sono indietro

La strada verso la digital disruption è lunga e in salita per le imprese italiane. Secondo l’Indice di efficienza digitale messo a punto da Ca Technologies in collaborazione di Freeform Dynamics sulla base di una ricerca globale presso 1500 imprese (di cui 85 tricolori) con fatturati superiori ai 500 milioni di euro (realizzata da Freeform Dynamics) , quelle italiane risultano all’ultimo posto.

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La ricerca suddivide nel complesso le aziende intervistate in tre gruppi: i digital disrupter, che stanno conseguendo importanti risultati (14%), le achiever, imprese che hano già attivato iniziative di trasformazione digitale (il32%) e le mainstream, che non stanno investendo in questa direzione (il 50%). Ebbene le percentuali in Italia passano rispettivamente a un modesto 4%, al 39% e al 58%. Anche il confronto con l’Europa è impietoso, dove il 12% sono imprese disrupter, il 33%  achiever e il 55% mainstream. Quanto ai settori,  banking e retail sono ai primi posti, mentre la PA è indietro.

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Da un punto di vista metodologico, l’indice è la sommatoria del contributo del processo di trasformazione digitale al miglioramento della competitività e del suo impatto sugli indicatori di performance.

Così, sebbene, il 58% delle imprese italiane dichiari di avere attivato un processo di trasformazione digitale che ha assunto la forma di programma strategico coordinato, in realtà solo il 15% – la percentuale più bassa di tutta Europa – ritiene che le applicazioni e i servizi web-based siano cruciali per rafforzare il legame con i clienti e sviluppare il mercato. E soltanto il 20% considera la tecnologia mobile essenziale per creare “engagement” dei clienti e incrementare il business — distinguendosi anche in questo caso come percentuale più bassa di tutta Europa.

Lo studio evidenzia inoltre il legame tra attività digitali e risultati economici e che, fra le fila dei digital disrupter, la crescita del fatturato è il doppio di quella registrata fra le organizzazioni tradizionali, mentre la crescita dei profitti è superiore di ben due volte e mezzo.

«La trasformazione digitale è oggi indispensabile per guadagnare un vantaggio competitivo nella cosiddetta Application Economy», ha dichiarato Vittorio Carosone, Sales & Partner Director, CA Technologies (nella foto). «Questo studio ha evidenziato disparità significative nei livelli di maturità complessiva delle iniziative digitali messe in atto dalle aziende italiane – riscontrando tra le più innovative una crescita consistente del fatturato e della fidelizzazione dei clienti, nonché  un positivo impatto sugli utili e sul bilancio aziendale. Intimamente legato al concetto di trasformazione digitale è un impiego efficace del software che diviene in tal modo fattore di efficienza, competitività e successo»

Un ruolo chiave nel processo di trasformazione digitale riguarda l’organizzazione aziendale, vale a dire la crossfunzioalità, come ha testimoniato Alberto Maldino, Group Digital & Business Technology Italia di Barilla: «Oggi l’azienda opera su cinque linee di sviluppo e tutte, tranne una dedicata all’IT coinvolgono tutte le funzioni, tanto che la crossfunzionalità in azienda è ormai strutturale. Abbiamo lanciato Business Academy, nella quale sono coinvolte tutte le aree di business e tutti i livelli aziendali con l’obiettivo di affrontare e risolvere un problema in tre mesi. Con risultati immediati».

Più complessa, secondo Gabriele Tubertini, Cio di Coop Italia, è la trasformazione digitale nel retail («ma il retail alimentare è diverso da altri») perché oltre alla crossfunzionalità bisogna considerare anche una crossterritorialità. «Nel nostro caso – afferma Tudertini – le 150 cooperative che fanno riferimentoo a Coop hanno diverse esigenze in funzione della maturità digitale delle organizzazioni e dei clienti. La lezione che ci ha trasferito il Supermercato del futuro in Expo riguarda l’utilizzo della digital transformation per migliorare l’efficienza di processo: nel retail alimentare è questa la sfida più importante».

Fiorfood è il nome del nuovo concept di supermercato Coop. Aprirà a Torino il 2 dicembre

Si chiamerà Fiorfood, Cibo ed emozioni il nuovo concept store che Nova Coop inaugurerà a Torino il 2 dicembre in Galleria San Federico.

Un nome e un brand innovativo – si legge in una nota di Coop – che nasce dalla tradizione Coop e ne conferma i valori, che si sposano con le nuove tendenze sull’acquisto e il consumo del cibo.

Il concept store riprende alcuni temi sviluppati dal Supermercato del futuro di Coop in Expo. «Non intendiamo aprire un supermercato come quelli che conosciamo – spiega il presidente di Nova Coop Ernesto Dalle Rive – e che abbiamo modo di frequentare tutti i giorni. La nostra idea, e la nostra sfida, è quella di inaugurare il primo di una serie di negozi, insediati nei centri delle grandi città della nostra regione, che, nel rapporto fra consumatore e consumo, si propongano come centri di innovazione. Un nuovo modello di negozio inteso come luogo da frequentare, da vivere, nel quale far crescere la socialità, la condivisione di temi, assistere a presentazione di libri e conferenze, fare la spesa a prezzi convenienti e poter anche degustare cibi sapientemente preparati».

Un luogo , dove spesa per il cibo si coniughi con innovazione ed emozione, favorendo – prosegue la nota – la conoscenza di cosa c’è dietro al prodotto, di quali siano le tendenze e i nuovi stili di consumo, per cambiare l’approccio al cibo, conoscere la cooperazione e i suoi valori, acquistando cibi di qualità, sicuri, etici e risparmiando e trovando, inoltre occasioni di intrattenimento e socialità cooperativa, in uno spazio in sintonia e nel rispetto del luogo che lo ospita.

«È un atto di amore verso una città che tanto ha dato e dà alla cooperazione. A pochi metri da lì nasceva nel 1854 – sottolinea Dalle Rive – la prima Cooperativa di Consumatori. Nova Coop è ormai una delle principali cooperative del paese e una delle primissime imprese della nostra regione. Siamo diventati grandi, capaci di associare oltre 800.000 piemontesi e di fatturare più di un miliardo di euro realizzando, anche negli anni più difficili della crisi, buone performance di bilancio senza rinunciare a essere coerenti con i nostri valori. Dunque è giusto che questa prima sperimentazione la si realizzi qui, a Torino, la città che vide muovere i suoi primi passi alla cooperazione di consumatori e che oggi assiste alla moderna evoluzione di quel modello a partire da un logo, un nome e un payoff indimenticabili: Fiorfood, Cibo ed emozioni».

Il logo è stato studiato da Expansion Group: il none esplicita il legame con la linea di prodotti fiorfiore Coop, il pay-off Cibo ed emozioni richiama le sensazioni e le esperienze legate al cibo e al suo consumo (desiderio, piacere, attesa, soddisfazione). Il logo Coop è infine inserito in basso a destra con i suoi colori istituzionali, a firma e garanzia del progetto.

Gruppo Alì sostiene i Medici con l’Africa Cuamm e Avis

Gruppo Alì consegna un assegno di 63.856€, raccolti grazie alla generosità dei clienti Alì, Alìper e Profumerie Unix (nell’ambito del Catalogo Premi 2014/2015 che hanno donato 1 euro ogni cento punti raccolti, valore raddoppiato da Gruppo Alì), ad Avis e Medici con l’Africa Cuamm per un progetto volto a garantire la disponibilità di sangue per la cura dei bambini e delle donne in gravidanza in 4 ospedali di Angola, Etiopia, Tanzania e Uganda.

La collaborazione tra i Supermercati Alì e Cuamm non è nuova: sono state infatti diverse le iniziative svolte durante tutto l’anno (dagli oltre 14.000€ raccolti per la lotta contro l’Ebola a dicembre scorso, alla vendita dei biglietti della marcia ancora in corso in 32 punti vendita della rete Alì Alìper).

«Anche quest’anno il nostro Gruppo non ha voluto far mancare il proprio sostegno ad un progetto così importante», afferma Marco Canella, Responsabile Finanziario di Alì S.p.A. «Siamo contenti di aiutare due realtà riconosciute e radicate come Cuamm e Avis e vogliamo innanzitutto ringraziare i nostri clienti che continuano a credere a questa missione devolvendo i punti della loro Carta Fedeltà. Convinti che insieme si possa fare molto anche per la donazione di sangue sicuro in Africa, ii Gruppo Alì non farà mancare il suo contributo, certo che iniziative come questa possano migliorare la vita di tante persone che hanno bisogno. Anche nel Catalogo PremiAlì  2015-2016 i nostri clienti hanno la possibilità di aiutare diverse realtà benefiche e tra queste ci sarà ancora Cuamm».

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