Tre retailer su 4 investiranno in tecnologia nel 2015

La presentazione della ricerca: tra gli intervenuti Monica Gagliardi di OVS, Marco Titi di Unieuro, Luca Sorichetti di Esselunga e Lorenzo Tazzi di Patrizia Pepe.

Tecnologia e retail: un binomio vincente, ma non sempre facile da affrontare. A che punto siamo in Italia? Il tema è scottante, e non a caso è stato colto dalla School of Management del Politecnico di Milano che ha presentato il primo Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, risultato di una survey sui 250 retailer top nel Bel Paese. La ricerca ha analizzato, in particolare, il livello di adozione delle innovazioni nel 2014 o in precedenza e il potenziale interesse per il 2015. La fotografia che ne è risultata tra luci e ombre conferma il grande interesse e la consapevolezza della necessità di innovare: 3 retailer su 4 dichiarano di voler implementare ben 3 progetti nel 2015. Rimane però ancora confuso il processo di innovazione digitale in Italia: tanti progetti, ma strategie poco chiare.

Finora pochi investimenti, soprattutto nel back-end

back-end Va detto subito che l’investimento in innovazione digitale in Italia è ancora limitato, pari a pochi decimi di punto percentuale del valore del venduto e circa il 15% del totale degli investimenti annuali. Ma l’interesse cresce: nel 2014 si registra un incremento medio dell’investimento del 25%.

Su che cosa si è investito finora? I retailer italiani fino a oggi si sono concentrati sulle innovazioni digitali nel back-end, per la maggiore certezza che possono assicurare in termini di riduzione dei costi e/o miglioramento delle performance.

Un ritardo che si può spiegare anche con la struttura tutta particolare del commercio italiano, estremamente frammentato e fatto di tante piccole realtà con scarse capacità di investire e ancora meno competenze nell’hi-tech. A Giugno 2014 in Italia erano presenti circa 950.000 esercizi commerciali (esclusi ristoranti e bar), di cui l’80% a sede fissa (770.000 negozi, in calo dello 0,1% circa rispetto al 2013). Questi esercizi sono riconducibili a circa 650.000 imprese di vendita al dettaglio, pari al 18% di quelle di tutta Europa (EU 27): una volta e mezza le imprese presenti in Francia, il doppio di quelle in Germania e il triplo di quelle in UK. Di conseguenza, il fatturato medio delle imprese italiane vale la metà di quelle francesi, un terzo di quelle tedesche e un quarto di quelle inglesi.

Tecnologia nel PDV prossima tappa

quali tecnologieI casi esteri lo confermano: la shopping experience è la chiave per battere le Dot Com e passa giocoforza per una adozione “intelligente” della tecnologia nel punto vendita.

Il cliente è sempre più connesso, anche quello italiano. Nel 2014, gli internet user italiani sono 37 milioni e i web shopper 16 milioni, in crescita del 14% rispetto al 2013. E poi c’è il boom del Mobile: 45 milioni di smartphone e 11 milioni di tablet, con il 90% degli utenti smartphone che utilizza il device all’interno del punto vendita: il 42% per confrontare prezzi, il 30% per inviare messaggi o foto relative agli acquisti e il 25% per cercare informazioni aggiuntive sui prodotti appena visti. È chiaro che in un tale contesto le potenzialità della tecnologia all’interno dello store per agganciare e ingaggiare il cliente sono altissime, in un’ottica multicanale. Ad esempio, per acquistare online una referenza non presente in negozio e farsela consegnare a casa o andarla a ritirare in un altro negozio della catena, come consente di fare l’App di OVS. Si va dai camerini smart ai chioschi per richiedere uno sconto personalizzato sul prodotto preferito (molto utilizzato secondo Esselunga), dal digital signage con vetrine intelligenti (per contare chi entra in negozio e chi no, e individuare le aree “fredde” del punto vendita) al grande capitolo dei pagamenti contactless, anche in mobilità effettuati dal commesso in vari punti del negozio. I retailer intervenuti lo hanno dimostrato: qualcosa è già stato fatto, molto resta ancora da fare.

[segue]

Anna Muzio