Müller va oltre lo yogurt grazie alla linea proteica

È la tendenza alimentare del momento: l’aggiunta di proteine accomuna categorie assai disparate ed è premiata dai risultati di vendita. Di qui la pioggia di nuovi lanci, che si traduce anche in opportunità per chi intende “sconfinare” in mercarti contigui a quelli già presidiati. È il caso di Müller, brand consolidato nel mondo dello yogurt, che con Müller Proteine ha aggiunto un nuovo tassello alla sua presenza nei banchi frigo della distribuzione italiana. In vendita dall’autunno 2021, la linea conta ad oggi 13 referenze: cinque yogurt, tre budini, due mousse, due coppe con panna, una crema a base riso. Un’estensione assortimentale realizzata in maniera coerente con il posizionamento del marchio e quindi giocata sul piacere, concetto assai caro a Müller, connotato in maniera più salutista. “La gamma comprende prodotti abbastanza classici – racconta a Instoremag.it Sergio Cicerone, Direttore Commerciale di Müller Italia – come il budino al cacao o alla vaniglia, proposti poi nella versione coppa con top di panna, che dà una sensazione di doppia consistenza, un aspetto sviluppato storicamente da Müller nello yogurt. Inoltre, la panna è anch’essa magra e proteica, quindi rispettosa dei canoni del prodotto”.

Il momento magico degli alimenti proteici ha consentito all’azienda tedesca di riproporre un dessert a base riso, molto diffuso in Germania e già lanciato in Italia anni fa, ma poi dismesso perché non rispecchiava un’esigenza del nostro mercato. “Se guardiamo anche allo yogurt – continua Cicerone – permangono delle forti differenze tra l’Italia e altri paesi, a cominciare dal consumo pro capite, che seppur raddoppiato rispetto a una ventina di anni fa, rimane su livelli nettamente più bassi. Questo non vuol dire che manchino le opportunità di crescita, tanto è vero che anche nel proteico abbiamo dei programmi di sviluppo soprattutto sulla parte yogurt”.

Ma qual è stata l’accoglienza riservata dalla Gdo alla nuova linea? “La Gdo italiana non ha colto subito il trend del proteico – risponde il Direttore Commerciale – ma ora è molto attenta a selezionare i partner e inizia a introdurre la marca privata, che in Müller al momento non realizziamo. Ovviamente c’è un oggettivo problema di spazio disponibile nel banco frigo. Il nostro approccio parte da studi di category management che condividiamo con il distributore, in modo da lavorare insieme sulle logiche di clusterizzazione per inserire in ciascun formato le referenze che garantiscono la maggiore efficacia, eliminando quelle che non raggiungono più rotazioni sufficienti. L’assortimento a marchio Müller che proponiamo va dalle 75 referenze nel canale ipermercati alle 50 nei supermercati più grandi, fino alle 35 nei formati di prossimità. Nello yogurt la marca privata è leader con il 25% di quota di mercato, Müller ha circa il 17% e dunque miriamo ad avere nei punti vendita uno spazio commisurato a questa quota”.

In termini di distribuzione ponderata, la linea proteica non raggiunge i picchi dei best seller di Müller nello yogurt e oscilla tra i 35 e i 60 punti, a seconda della referenza. L’azienda ritiene comunque che i 50/55 punti rappresentino già un buon traguardo.

Ad avere una declinazione proteica potrebbe essere in futuro anche Müller Mini, l’innovazione più interessante lanciata in tempi recenti dall’azienda: “Si tratta di ‘pepite’ di yogurt ricoperte di cioccolato – spiega Cicerone – che per la prima volta danno la possibilità di consumare uno yogurt cremoso senza bisogno del cucchiaino. Il prodotto per ora è proposto in un vasetto di plastica contenente 10 pepite da 10 g ciascuna e stiamo studiando una confezione per un consumo individuale, quindi con un numero inferiore di pezzi, che ci consentirebbe di approcciare canali alternativi. Müller non è infatti presente nell’Horeca o nella distribuzione automatica, ma proprio con Mini siamo entrati nei bar delle aree di servizio e nelle caffetterie degli aeroporti di MyChef”.

Quanto al fatturato, Müller non fornisce dati puntuali relativi ai risultati raggiunti in Italia, ma un’indicazione di massima si può avere guardando alla quota di mercato del marchio, attestata intorno al 15% su un comparto che ha vale circa 1,5 miliardi di euro.