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Spot della Nutella: il Codacons si rivolge all’Antitrust

Olio di Palma: la polemica che da tempo aveva dato la stura al contrapporsi di  due agguerrite fazioni (pro e contro, fautori e detrattori), sembrava essere un po’ sottotraccia.

Ma si trattava solo di una tregua: è bastato uno spot (quello della Nutella, per intenderci) per infiammare di nuovo gli animi.

Perchè il Codacons ha trovato gli estremi per portare la pubblicità  sul tavolo dell’Antitrust, presentando un esposto all’Autorità per la concorrenza in cui si chiede la sospensione immediata della campagna pubblicitaria della Ferrero. L’associazione dei consumatori, infatti, lamenta il fatto che nello spot si esalta in modo eccessivo l’utilizzo dell’olio di palma per la realizzazione della Nutella.

Presentiamo uno stralcio del ricorso del Codacons:

“tale campagna pubblicitaria tesa a veicolare il messaggio che l’olio di palma sia una materia prima “assolutamente sicura” e “priva di rischi” per la salute dei consumatori, è assolutamente scorretta ed ingannevole. L’Istituto Superiore di Sanità nel valutare gli effetti sulla salute umana del consumo di olio di palma, evidenzia “Una vasta letteratura scientifica ha messo in evidenza l’associazione tra consumo in eccesso di questa classe di grassi (gli acidi grassi saturi) e aumento del rischio di malattie cardiovascolari, di infarto e di malattia coronarica”. Tali studi evidenziano che il consumo di olio di palma aumenta il colesterolo totale, il colesterolo LDL ed il colesterolo HDL, rispetto all’uso di altri oli vegetali, e sottolineano come gli effetti sul colesterolo totale e colesterolo LDL, indotte dal consumo di olio di palma, diventano significativi con l’aumentare dell’età.

Conclude l’ISS: “ L’olio di palma….rappresenta una rilevante fonte di acidi grassi saturi, cui le evidenze scientifiche attribuiscono – quando in eccesso nella dieta – effetti negativi sulla salute, in particolare rispetto al rischio di patologie cardiovascolari….fasce di popolazione quali bambini, anziani, dislipidemici, obesi, pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, ipertesi possano presentare una maggiore vulnerabilità rispetto alla popolazione generale”.

Il problema, sottolinea l’associazione, è che non vengono indicati i limiti entro cui l’assunzione dell’olio di palma possa considerarsi innocua. Su questo assunto, prosegue così il testo dell’esposto:

“E’ evidente che con l’analizzato claim il professionista vuole far credere ai consumatori che l’olio di palma sia in assoluto esente da pericoli, quando cio’ non e’ vero, e li porta cosi’ a trascurare quelle normali regole di prudenza che debbono sempre adottarsi nei confronti di prodotti a potenziale effetto dannoso sulla salute. La sicurezza dell’alimento, alla luce di quanto indicato, non deve essere espressa in termini assoluti perché, come ricorda anche l’AGCM, è in grado di ridurre e sviare la consapevolezza del consumatore.

Inoltre il Codacons, non convinto della correttezza delle informazioni nutrizionali presenti sull’etichetta del prodotto ha anche inviato, in merito, una istanza urgente al Comando Generale dei Nas.

Al fine di verificare se le confezioni dello storico prodotto della Ferrero, al pari di altri alimenti contenenti olio di palma, riportino correttamente in etichetta i valori nutrizionali dell’olio di palma e le quantità massime assimilabili dai consumatori, in special modo i bambini, onde evitare possibili rischi per la salute e, in caso di assenza di informazioni essenziali ai fini sanitari, valutare il ritiro dal commercio dei prodotti con etichette omissive, ingannevoli o fuorvianti.

Questo il primo atto. E questi attualmente i fatti. Restiamo in attesa di conoscere la posizione della Ferrero.

 

 

 

Istat, dall’inizio dell’anno vendite ferme e il +1% di maggio non fa cambiare rotta

Possiamo parlare di stagnazione delle vendite a questo punto: i dati Istat sul commercio al dettaglio relativi al mese di maggio 2017 registrano un aumento del +1,0% rispetto a maggio 2016 nelle vendite a valore, con l’alimentare a +1,1% e il non alimentare a +0,9%. Dall’inizio dell’anno però l’Istat evidenzia una variazione pari al +0,1% a valore e al -0,9% a volume.

«Il 2017 non si manifesta come un periodo di ripresa delle vendite al dettaglio – è il commento di Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione –. Nei primi cinque mesi dell’anno i volumi sono in calo (-0,9% a livello complessivo) e la lievissima ripresa a valore (+0,1%) è frutto esclusivamente dell’aumento dei prezzi del settore alimentare. Le famiglie mantengono un atteggiamento prudente nei consumi. Preoccupate dalle incertezze del quadro politico, economico e sociale direzionano l’accresciuto potere d’acquisto degli ultimi anni verso un recupero dello stock di risparmio e un consumo di beni e servizi (auto, cultura e intrattenimento, ristorazione) alternativi ai prodotti di più generale e largo consumo. Un quadro non favorevole per le imprese del commercio, costrette ad affrontare un ulteriore periodo di domanda stagnante e una ripresa che continua ad allontanarsi nel tempo».

Secondo Federalimentare, è il mondo food che continua a destare preoccupazione, visto che la crescita (esigua) del mese (+1,0%) è attribuibile “a un “effetto trascinamento” dovuto all’aumento dei prezzi che, sebbene in riduzione, hanno avuto una forte impennata nei primi mesi dell’anno”. Il dato a volume segna infatti un calo del -1,0%. Questa tendenza si evidenzia in modo ancor più chiaro nei dati cumulati dei primi 5 mesi del 2017, che indicano una crescita del +0,6% a valore ma un calo a volume del -1,9%”. E se a maggio è andato meglio il non food, con una crescita sia a valore (+0,9%) sia a volume (+0,8%), nel periodo gennaio-maggio complessivamente abbiamo un calo, sia a valore sia a volume del -0,2%.

Il Codacons parla di un maggio “freddo” per le vendite aò dettaglio. «In realtà le vendite non stanno affatto crescendo, e rimangono stazionarie rispetto allo scorso anno – spiega il presidente Carlo Rienzi – È evidente come tali dati siano del tutto insufficienti ai fini di una ripresa dei consumi. Nonostante i numeri positivi registrati a maggio, le vendite in Italia sono sostanzialmente ferme, confermando i tanti allarmi lanciati dal Codacons e la mancanza di misure per sostenere il commercio interno».

 

Avanzano ancora i discount, soffrono i piccoli esercizi

“Un dato poco rassicurante” anche se si tratta a volume della prima variazione tendenziale positiva dell’anno emerge dalle rilevazioni Istat  secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, visto che l’indice destagionalizzato si posiziona sui livelli più bassi degli ultimi anni. “Dalla debolezza della ripresa – fanno sapere dall’Ufficio Studi – restano più colpiti i negozi con meno di cinque addetti, che registrano una riduzione delle vendite in valore del 2,5%, mentre appare meno difficile la congiuntura delle imprese più grandi. La fiducia delle famiglie continua ad essere precaria, comprimendo la propensione al consumo”. 

Se le vendite di alimentari salgono a maggio 2017 rispetto a un anno prima in ipermercati (+0,2%) piccole botteghe alimentari (+0,3%) e supermercati (+0,4%) sono ancora i discount che fanno registrare l’incremento di gran lunga più significativo, del 3,2%.

Coldiretti evidenzia come sia proprio il settore alimentare a far registrare i risultati migliori con una media del +1,1%. “L’aumento della spesa alimentare su base annua è un segnale positivo poiché si tratta della seconda voce del budget familiare dopo l’abitazione. L’auspicio è che ora gli aumenti di spesa nella distribuzione alimentare si trasferiscano anche al settore agricolo dove – commenta Coldiretti –i compensi riconosciuti per molti prodotti non coprono neanche i costi di produzione”.

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