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Robintur: il portafoglio turistico cresce del 23% grazie alle partenze estive

Bologna, 9/04/2019. Agenzia Robintur di Via Guerrazzi. Foto di Paolo Righi

Voglia i vacanza estiva. Senza dubbio. Come racconta il sondaggio “Le vacanze degli italiani” a cura di italiani.coop. E per fugare ogni dubbio in proposito, ecco anche una conferma sul campo che giunge dalle 300 agenzie di viaggio del Gruppo, presente in tutta Italia con le insegne Robintur e Viaggi Coop. Non è un caso, infatti, che il portafoglio turismo di Robintur per le partenze della prossima estate (da giugno a settembre) sia in crescita di quasi un quarto (+23%) sullo stesso periodo dello scorso anno, e il numero di passeggeri segni un incremento del 21%. Continua dunque il trend positivo del 2018, chiuso da Robintur Travel Group con un volume d’affari diretto di 265 milioni di euro, in crescita di 15 milioni sul 2017 e compreso il ramo business travel della controllata BTExpert, e di oltre 500 milioni di volume d’affari indiretto con la rete integrata. L’anno scorso, Robintur Travel Group ha generato una redditività di oltre un milione di euro, superiore agli obiettivi.

I NUMERI DELLE VACANZE 2019
Per i ponti di fine aprile, le destinazioni più gettonate da chi si è rivolto alle insegne Robintur e Viaggi Coop sono l’Italia, seguita da Egitto, Spagna, crociere nel Mediterraneo e nel Mar Rosso, e a sorpresa anche la Cina seguita da Usa, Maldive e Giappone.
Per l’estate la meta più prenotata in agenzia è ancora l’Italia, a partire dalle località marine tra cui Puglia e Sicilia. La destinazione che segna la crescita maggiore è la Basilicata (+167%), dove Matera capitale della cultura traina le prenotazioni. Per chi va all’estero – anche grazie alle forti campagne promozionali in corso nei primi mesi dell’anno nella rete Robintur – le mete più gettonate sono gli Stati Uniti, le crociere nel Mediterraneo e il Mar Rosso, la Grecia, la Spagna.

LOGICHE DA GDO
In un mercato polverizzato e fatto anche da tanti piccolissimi operatori “no logo”, Robintur Travel Group sta innovando con successo, portando nel turismo le logiche della grande distribuzione, in particolar modo cooperativa: restare indipendenti e con una forte riconoscibilità d’insegna, fare massa critica nella contrattazione ed attivare partnership con i fornitori, per offrire prodotti e prezzi migliori a soci e clienti. Nel 2018, Robintur è riuscita così a trasferire circa 2 milioni di euro di risparmi ai consumatori e ai soci Coop, grazie a promozioni, sconti, cataloghi e prodotti esclusivi a proprio marchio, ed erogando punti validi per le raccolte di Coop Alleanza 3.0 e Coop Reno. E’ proseguito anche lo sviluppo della rete: la prima Viaggi Coop della Lombardia ha aperto a Brescia lo scorso dicembre, e entro l’estate aprirà la nuova agenzia di Firenze Coverciano.
Nel nuovo Piano poliennale 2019-2022, in elaborazione, Robintur Travel Group punta a una collaborazione ancora più stretta con il mondo Coop ed all’ampliamento della rete soprattutto nel Nord Italia e nelle aree in cui la cooperazione dei consumatori è più radicata. Oltre che nel segmento leisure, il Gruppo è attivo con volumi importanti anche nel turismo organizzato e nel business travel tramite la società BTExpert, segmenti nei quali si prevedono importanti azioni di sviluppo.

Kids & Toys: sempre forti i negozi fisici. Ma tanti acquisti sono online

Foto di cocoparisienne da Pixabay

Kids & Toys: dove va il mercato oggi? E come si comportano i suoi vari attori (bambini, genitori, produttori e rivenditori?). Questa la domanda di partenza che jha informato la ricerca dell’Osservatorio Kids & Toys della School of Management del Politecnico di Milano*. Ne è emerso che in fase di ricerca il 44% dei genitori si fa ancora consigliare da amici e parenti, mentre il 34% cerca qualche dritta su forum e social network e il 22% si farebbe volentieri dare una mano da uno “smart shopping assistant” (un bisogno che ad oggi non ha ancora trovato una risposta reale).

Gli acquisti

Nella fase di acquisto vero e proprio, il 60% dei genitori acquista online con lo smartphone, il 27% in negozio, l’8% prenota online e compra in negozio e il 5% prenota in negozio e compra online.

Come rispondono le aziende

Dall’analisi degli store è stato rilevato che il 59% di questi consente solo di acquistare in store, per il 39% è possibile comprare online e ricevere a casa, per il 29% è possibile comprare online e ritirare in store, il 22% comprare in store e ricevere a casa e per il 12% la possibilità di vedere il prodotto in negozio e comprarlo online. Emerge inoltre che il 37% degli store ha fruizione libera, il 51% ha percorsi combinati a una gestione libera dell’esperienza e solo il 12% ha un percorso obbligato. All’interno degli store il 44% non prevede attività mentre per il 56% di quelle che le prevedono sono di vario tipo: testing di prodotto 28%, gioco 32%, workshop e laboratori 22%, lettura animata 26%, relax e svago 4%.

 

 

Le aziende sul web

 

 

Dall’analisi sulle imprese, si rileva che la grande maggioranza ha un sito web e almeno una pagina social che consente di cercare informazioni sui prodotti e sull’azienda (97%) o di consultare il catalogo (83%). Dall’analisi delle piattaforme eCommerce dedicate emerge che il 76% del campione ha descrizioni di prodotti non solo di tipo tecnico e il 71% presenta anche informazioni su contesti d’uso, sfera emozionale, soluzioni a problemi specifici ecc. Riguardo ai servizi offerti, il 29% ha blog di approfondimento tematico, il 47% ha pagine di approfondimento sui brand, il 53% ha sistemi di raccolta feedback e recensioni e l’82% ha showcase virtuali dedicati a promo e novità. L’88% delle piattaforme offre la possibilità di creare una sezione personale e il 6% obbliga l’utente a farlo. L’area personale offre servizi di realtà aumentata (6%), chat e chatbot (41%), notizie e informazioni aggiuntive (47%), banner personalizzati (53%) e una selezione di prodotti personalizzata (77%). Oltre a una ricerca tradizionale per categoria e per keyword, il 59% delle piattaforme offre la possibilità di una ricerca per interessi, stili di vita e trend. Dall’analisi dei 68 migliori retail shop e bookshop a livello internazionale focalizzati in ambito Kids & Toys, infine, emerge che i contenuti della comunicazione in store puntano su aspetti emozionali del prodotto (51%), su aspetti di marketing (25%) e solo in ultimo su aspetti tecnici (24%). Solo il 7% ha dispositivi digitali in store a supporto della comunicazione. Il 91% ha un sito web, solo il 69% ha social network dedicati, solo il 19% ha mailing list, il 6% ha un’App.

Lo store fisico

 

Le aziende del settore sono ancora molto polarizzate sull’utilizzo di canali di vendita di tipo fisico, con particolare riferimento ai retailer fisici specializzati (80% dei rispondenti), alla Grande Distribuzione Organizzata (nel 63% dei casi) e alla distribuzione indiretta mediante grossisti e distributori (63%). Emerge comunque che le aziende stanno utilizzando o cominciando a sperimentare anche l’eCommerce: il 67% del campione possiede una piattaforma di eCommerce proprietaria, mentre solo nel 27% dei casi non è ancora presente e non si prevede nemmeno uno sviluppo futuro. Le aziende si affidano sempre di più a piattaforme di terze parti quali marketplace (83%), siti di retailer specializzati (63%), siti delle GDO (40%); nel 33% dei casi ci si appoggia anche ai siti di vendite private, soprattutto per sfruttare la possibilità di vendere collezioni passate e/o stock di magazzino.

Il fatturato delle aziende del campione derivante dai canali digitali (siti eCommerce proprietari e di terze parti) è però ancora limitato. Nel 59% dei casi, l’incidenza è inferiore al 10% sul totale, mentre nel 41% è compresa tra il 10% e il 33%.

La comunicazione

In controtendenza con questa progressiva digitalizzazione degli acquirenti, si colloca invece il mondo delle aziende, come dimostra il fatto che solo il 10% delle aziende stanzia oltre il 50% dei suoi investimenti in advertising online, mentre in prevalenza  la pubblicità è ancora fortemente legata alla TV: nel 39% dei casi, gli investimenti pubblicitari riservati alla TV sono superiori all’80% della spesa complessiva in pubblicità.

Limitando il campo alla pubblicità on line, quali sono i canali privilegiati?

“Tra quelli più utilizzati- spiega Chiara Sgarbossa, Senior Advisor dell’Osservatorio Kids & Toys – il Social Advertising è quello più sperimentato (93%), seguito dal Display Advertising (63%), meno frequenti le Newsletter o le DEM (Direct Email Marketing) a contatti di terze parti (40%).  Nel 2018 il 60% delle aziende ha investito nella creazione di video o branded content; interessante in questo settore anche il ricorso ad attività con Influencer/YouTuber, sperimentati dall’82% del campione. Tra i principali obiettivi che hanno spinto le aziende del campione ad attivare una pagina social, troviamo la possibilità di contribuire alla maggior visibilità del proprio brand (73%), di creare una community online che possa confrontarsi sul brand (67%) e di generare contatti interessanti (63%)”.

L’offerta di giocattoli che combinano analogico e digitale

Negli store è presente un mix di prodotti con prevalenza di giocattoli (96%), libri ed editoria (81%), abbigliamento (37%), Hi-tech (25%), merchandising personalizzato (19%), alimentari (12%) e videogame (10%). Anche per le piattaforme eCommerce l’82% presenta diverse categorie di prodotti (arredo e complementi, abbigliamento, accessori, elettronica, libri ecc.) mentre solo il 18% è specializzato sul giocattolo.

 Ancora poco presenti in Italia gli elementi più innovativi quali la Realtà Aumentata (36%) e Realtà Virtuale (18%), mentre il QR Code risulta lo strumento più diffuso, già utilizzato nel 75% del campione. Nonostante sia difficile tracciarne l’utilizzo, il QR Code è spesso inserito sulle confezioni dei giocattoli per rimandare al sito, al catalogo, alle istruzioni dei giocattoli stessi o alle App. “Proprio sul tema delle App, è interessante notare che oltre l’80% delle aziende che hanno sviluppato una App (50% del campione) ha previsto la possibilità per l’utente di giocare”, afferma Jessica Pluchino, Direttore dell’Osservatorio Kids & Toys “Coerentemente, l’obiettivo principale per cui sono sviluppate le App è quello di coinvolgere maggiormente il cliente (73%), mentre risulta meno rilevante l’obiettivo legato alla maggiore fidelizzazione del cliente all’azienda o alla property (27%)”.

Cosa vogliono i bambini

Le tipologie di giocattoli progettate e desiderate sono state: robot 40%, Internet of Toy 18%, animali 16%, macchinine/treni 14%, animale fantastico 5%, peluche 4%, aeroplano – elicottero 4%. È stato anche chiesto ai bambini di definirne le qualità materico-emozionali e le funzionalità: il dato che emerge è quello di una dissonanza tra desiderata dei bambini e ciò che oggi le imprese stanno lanciando come prodotti innovativi.

 

*L’edizione 2018/2019 dell’Osservatorio Kids & Toys è stata realizzata in collaborazione con Italtrike, Gedis Group, The Walt Disney Company; Grandi Giochi, Grani & Partners; con il patrocinio di Assogiocattoli.

Beauty & Personal Care: USA, Cina, India ed Emirati trainano la crescita

Foto di Stefan Schweihofer da Pixabay

Beauty & personal care: un settore che oggi vale oltre €430 miliardi ma che potrebbe raggiungere circa i 550 miliardi nel 2022. Leader di mercato in termini di quota sono gli USA, che anche nei prossimi mesi si confermeranno leader e accelererranno la loro crescita. Ma anche India, Emirati e Cina registrano tassi di crescita di tutto rispetto tanto da venire annoverati insieme agli States come i Mercati del Futuro. Ecco alcune delle evidenze emerse in occasione del 3° Pambianco Beauty Summit dove Erika Andreetta, Consumer Markets Consulting Leader di PwC Italia, ha presentato l’analisi dei trend specifici per il settore beauty.
Nel corso dell’evento, sono stati inoltre presentati i risultati dalla 10° “Global Consumer Insight Survey” condotta da PwC su oltre 21.000 consumatori in 27 Paesi nel mondo che monitora i driver dei comportamenti d’acquisto dei consumatori e le nuove sfide che questi pongono ai player del Consumer Goods e del Retail.

I mercati del futuro
Gli Stati Uniti rappresentano il mercato più importante per valore assoluto, da €80 miliardi nel 2018 (di cui €36 miliardi il mercato premium), che si stima raggiungeranno circa €92 miliardi entro il 2022, rimanendo di fatto il principale mercato mondiale.
In Cina ed India, si registra un tasso annuo di crescita composto rispettivamente dell’8% nel mercato cinese che raggiungerà i €70,3 miliardi (€52 miliardi nel 2018), e dell’11% nel mercato indiano che toccherà i €20 miliardi (€13,2 miliardi nel 2018).
Gli Emirati Arabi saranno un mercato cruciale più che per crescita, si stima che raggiungano €2,2 miliardi nel 2022 (oggi €1,9 miliardi), per le tendenze che detteranno in ambito beauty. Le donne del Medio Oriente infatti tendono a sperimentare con i loro prodotti di bellezza molto di più di quanto non succeda altrove; a Dubai è un imperativo essere “glam” a qualsiasi ora del giorno.

Il Beauty visto dai Millennial
I Millennial sono,  insieme alla Gen Z, i principali interlocutori del settore beauty. Diventa quindi prioritario per le aziende comprendere e assecondare le  loro richieste.

Vediamo allora  quali sono i trend dominati per questo target:

  1. Sostenibilità:  un approccio “natural”, “green” e “clean” è per loro un’esigenza e non una semplice moda. Complessivamente si registra una maggiore attenzione del mercato alla sostenibilità dei prodotti beauty: il 37% dei consumatori ricerca prodotti con packaging eco-friendly, il 41% evita il più possibile l’uso della plastica, il 42% pagherebbe un premium price per prodotti ecosostenibili, il 44% è attento all’origine e vuole sapere se il bene è stato prodotto eticamente.
  2. Premiumization del prodotto: il segmento premium registra una crescita più rapida rispetto a quello mass (6,8% nel 2018 vs 5,3% del 2017). Millennial e Gen Z spendono molto più delle generazioni precedenti in make-up e skincare, privilegiando la qualità. Di conseguenza, aumenta il volume del mercato di prodotti premium: negli Emirati Arabi rappresenta oltre il 63% (€1,2 miliardi); in Cina il settore vale oltre il 31% del comparto e registra crescite superiori al mercato, con tassi superiori al 20% negli ultimi due anni.
  3. Digital Disruption: il digital ha avuto un effetto dirompente nel settore. È in rapido aumento l’utilizzo della diagnostica intelligente, ovvero servizi e device tech che guidano gli acquisti: in un futuro non troppo lontano realtà aumentata e intelligenza artificiale consentiranno assistenti personali nella scelta di skincare e makeup.
    Le iniziative di personalizzazione verranno implementate, le app e le piattaforme online consiglieranno i consumatori sia tramite affidabili algoritmi computerizzati che tramite comunità virtuali, blogger e vlogger.

Shopping online
Il panorama distributivo globale sta cambiando: sebbene, infatti, gli store rimangano un canale vitale per la bellezza (rappresentano l’80% del mercato), è pure vero che quasi il 60% dei consumatori nel mondo ha acquistato online prodotti di health & beauty almeno una volta negli ultimi 12 mesi.
In particolare, le vendite online sono quasi raddoppiate in valore assoluto dal 2013 al 2017 (da €17 miliardi a €33 miliardi) e presentano un tasso di crescita superiore alla crescita delle vendite in store. Dalla survey, su 22.000 consumatori emerge inoltre come gli Amazon o Alibaba shopper nel mondo siano circa il 65% del campione, con picchi del 95% in Cina per le piattaforme JD/Tmall. Inoltre, l’e-commerce si svilupperà ulteriormente con la diffusione di piattaforme social “ibride” come come nuovi canali di vendita.
La digital disruption ha influito anche sulla concezione del business stesso, infatti il panorama dei brand beauty online è completamente diverso rispetto al mondo off line. Nel mondo beauty online esistono nuovi modelli di business che semplicemente non esistono offline, ad esempio in USA i top 20 brand di cosmetica che catturano il 90% del mercato off line, valgono solo il 14% del mercato online.

Generazione Z: iperconnessa, ma – sorpresa! – amante dei negozi fisici

Foto di StockSnap da Pixabay

Rappresenta l’11% della popolazione italiana e sarà questa generazione a dar voce ai consumatori del futuro (e già anche un po’ del presente).

Si rivela digital, social, iperconnessa ma anche inclusiva, concreta e – alla faccia degli stereotipi – con una vita anche off-line.

Ecco alcune delle evidenze emerse dalla ricerca “Generazione Z: un futuro che guarda al passato” commissionata da BNP Paribas Cardif, e condotta dall’istituto di ricerca AstraRicerche. Un viaggio attraverso gli occhi dei 14-24enni, per indagare il loro rapporto con la sfera sociale, la tecnologia, l’informazione, le abitudini di consumo, la mobilità, il tempo libero, il lavoro e le aspettative sul futuro.

Valori

Una cosa è certa: non prevalgono le logiche virtuali. Sono piuttosto i valori autentici a contare veramente, quelli della famiglia e delle amicizie che, sorprendentemente, non sono quelle digitali, indicate solo dal 26%. Gli amici veri sono le persone che si frequentano durante il tempo libero (74%), i compagni di scuola o i colleghi di lavoro (58%) e solo in misura minore le persone conosciute sui social e poi frequentate nella vita reale (37%).

Le cose veramente importanti? Stare bene con se stessi (84%) e fisicamente (82%), e avere il supporto della famiglia (80%). Al contrario (e a sorpresa) la fama, il successo, l’essere leader o influencer contano davvero pochissimo. A conferma di questo dato, tra le priorità dei centellians risultano ancora una volta la famiglia (per il 56%), l’amore (47%) e la salute (42%), meno la scuola e il lavoro. I loro veri modelli di riferimento sono quelli tradizionali, come i genitori (55%) e gli amici (44%), mentre tra gli estranei, i personaggi dello spettacolo (35%) e gli sportivi (30%) superano di gran lunga i nuovi potenziali punti di riferimento come chef (19%), blogger (21%) e influencer (23%).

Pongono una grande attenzione verso la raccolta differenziata (66%) e sono attenti agli sprechi (60%), anche se mancano un po’ sul fronte della proattività, come nell’attività di volontariato (la pratica solo il 25%).

Device

In merito all’universo digitale i dati emersi confermano il pensiero diffuso, con gli smartphone che trionfano tra i device più utilizzati (93%) e irrinunciabili (87%), anche se non vengono sostituiti così di frequente, considerando che il 46% lo cambia solo se necessario. Unica vera alternativa allo smartphone è il laptop (per il 75%). Tra le app maggiormente utilizzate svettano quelle per vedere video (76%), ascoltare musica (67%) e fare acquisti (63%).

WhatsApp, in assoluto (89%), e Instagram (82%) sono, come previsto, i social più utilizzati e irrinunciabili, con Facebook che si ferma al 72% e Tik Tok che raggiunge il 10%.  Comunicano prevalentemente con le immagini (il 60% interagisce attraverso foto) che superano di gran lunga i video (6%).

Tempo libero

Nel tempo libero ascoltare musica è la prima grande passione dei giovanissimi (78%), che amano viverla anche in maniera esperienziale preferendo i concerti alla discoteca (solo il 31%). Seguono le serie e i film visti in tv o tramite altri devices (74%), e il tempo trascorso con gli amici, sia uscendo con loro (65%) sia chattando a distanza (65%). Il cinema resta un piacevole passatempo (49%), così come leggere un buon libro (45%).

Attività lavorativa

Il 32% già lavora, ma se più della metà si vede con un lavoro stabile e da dipendente, quasi tre su dieci si rivelano particolarmente intraprendenti, sognando un lavoro autonomo e dinamico (28%), come avviare una start-up o una carriera da freelance. Ma il dato “allarmante” è che solo il 57% pensa di restare nel Bel Paese, mentre il 30% si immagina in Europa e il 13% addirittura in un altro continente. Una vera fuga di cervelli.

Consumi

A sorpresa i negozi fisici (40%) vincono sugli acquisti on-line (34%), confermando l’importanza del fattore esperienziale anche negli acquisti. Ma in questo caso il genere conta, poiché le donne preferiscono in assoluto il negozio mentre gli uomini l’on-line. A livello generale si acquistano più beni fisici (79%) che servizi (54%).

Per gli acquisti si fanno consigliare da amici e familiari, forse perché i veri influencer del futuro sono loro anziché quelli della rete come probabilmente ci si sarebbe aspettati?

Curiosi di conoscere il mondo, viaggiare è per loro un’esperienza diffusa (per il 46%), mentre sul fronte mobilità, i giovani si spostano prevalentemente in auto (51%), a piedi (50%) e con i mezzi pubblici (37%), ma il mobility sharing è per il momento una realtà a cui sono poco interessati.

Isabella Fumagalli

“L’ascolto è il primo strumento che abbiamo per rispondere in maniera efficace ai cambiamenti sociali con soluzioni sempre più accessibili e orientate alle persone. Dopo Millenials e Over 65 ci interessava comprendere la Generazione Z che rappresenta il target del futuro – afferma Isabella Fumagalli, Head of Territory for Insurance in Italy di BNP Paribas Cardif – “Ci siamo trovati di fronte a dei giovanissimi nativi digitali concreti e con le idee chiare, dove il mondo virtuale è una ‘normalità’ che non soppianta i valori tradizionali, come la famiglia e gli amici, e quelli nuovi, come l’inclusione e la sostenibilità. La nostra sfida sarà di offrire loro prodotti innovativi e nuovi modelli di servizio in una logica digitale che tenga sempre conto della componente esperienziale e dell’impatto sociale positivo.”

Modalità della ricerca

“Generazione Z: un futuro che guarda al passato” è stata commissionata da BNP Paribas Cardif e condotta dall’istituto di ricerca AstraRicerche. La survey è stata realizzata nel mese di marzo 2019 e condotta su un campione della popolazione compresa tra 14 e 24 anni tramite 1.023 interviste con il metodo C.A.W.I. (Computer Aided Web Interviewing). Il campione è stato suddiviso per Genere – Donne (48%) e Uomini (52%), Età – 14-18 (45%) e 19-24 (55%) e Area geografica – Nord-Ovest (25%), Nord-Est (18%), Centro (23%), Sud (34%).

 

Carbonara regina anche del food delivery con 6000 kg. L’analisi Just Eat

Foto di Wow Phochiangrak da Pixabay

La carbonara non molla: anche nel Food Delivery è la più amata dagli italiani (nel 2018 le ordinazioni ammontano a 6000 kg pari al +110% vs 2017). La versione preferita è quella “spaghetti”, ma vanno alla grande anche innovazioni regionali, strettamente legate al territorio, come arancini alla carbonara, gnocchi, panzerotti e supplì. Bene pure le varianti fantasia: carbonara burger, polpette, pollo e chips e anche pizza. A dirlo è l’Osservatorio* di Just Eat, che in occasione del Carbonara Day 2019 svela i gusti degli Italiani proprio in fatto di carbonara.

Ovviamente è a Roma che la Carbonara fa la parte del leone: qui in un anno il consumo a domicilio è stato di quasi 3.000 kg, in versione spaghetti, mezze maniche rigatoni e supplì al gusto carbonara. Bologna, arriva a 642 kg in versione spaghetti (e propone pure la finta carbonara, senza uova). Milano chiude il podio con 418 kg e sceglie soprattutto le pennette e le linguine. Seguono Torino con 182 kg tra spaghettoni e rigatoni che sono i preferiti, poi Palermo con 163 kg e una predilezione per gli spaghetti. Genova è a quota 134 kg di spaghetti alla carbonara a domicilio, Padova a 124 kg, soprattutto spaghetti, segue Catania con 110 kg, tra rigatoni alla carbonara e arancino ovviamente alla carbonara. Più in basso, Trieste: 105 kg, di composizione varia: mezze penne, ma anche  hamburger e gnocchi alla carbonara. E poi c’è Verona con 101 kg tra bigoli e bucatini.

Questo in termini di volumi. Se poi invece diamo un’occhiata al trend di crescita delle ordinazioni, è catania a guidare la classifica Catania, con +364% di ordini tramite food delivery, seguomo Palermo con +190%, Genova con +172%, Torino con +110%, Trieste con +80%, Milano con 78%, Bologna e Padova, rispettivamente con +58% e +40%.

A chi piace la carbonara

Gli appassionati sono sicuramente gli uomini rispetto alle donne, e soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 36 anni, ancor di più se impiegati, seguiti dai giovanissimi e dagli studenti (18-25), che si sbizzarriscono di più anche in fatto di fantasia e innovazione rispetto alla ricetta tradizionale.

Chiudono la classifica i liberi professionisti che ne ordinano di meno di tutti. Preferiti ancora una volta gli spaghetti, seguiti da più linguine per gli uomini e da rigatoni soprattutto per le donne.

I piatti più ordinati alla carbonara

  1. Spaghetti alla carbonara
  2. Supplì alla carbonara
  3. Mezze maniche alla carbonara
  4. Rigatoni alla carbonara
  5. Spaghettoni alla carbonara
  6. Tonnarelli alla Carbonara
  7. Bucatini alla carbonara
  8. Bigoli alla Carbonara
  9. Arancino alla carbonara
  10. Linguine alla Carbonara

 

*Survey realizzata da Just Eat su un campione di 10.000 utenti in 10 città italiane.

 

 

 

 

Carbonara über alles, parola di Deliveroo

Agli italiani piace. Anche a domicilio. Per questo cresce il consumo di carbonara anche in modalità delivery. A rivelarlo Deliveroo che racconta come non solo spaghetti e tonnarelli siano i beniamini del pubblico. La carbonara, infatti, è amata a 360 gradi e nascono ogni giorno nuove interpretazioni (compresi ravioli, girasoli e incursioni nell’interpretazione asiatica dei dim sum alla carbonara). E non è un caso che all’interno della piattaforma Deliveroo siano disponibili oltre 1.840 piatti a base di Carbonara e si registri una crescita continua nell’apprezzamento con un incremento medio mensile del 12%.

 

Nella speciale classifica di gradimento, secondo i dati registrati da Deliveroo, Milano batte Roma. Il capoluogo lombardo infatti, che offre su Deliveroo la più ampia scelta di ristoranti che offrono carbonara da cui ordinare, si posiziona davanti alla Capitale circa il consumo a domicilio.  Seguono Firenze, Cagliari e Bologna, che chiudono la speciale top 5 delle città che in assoluto amano più di ogni altra questa specialità

 Le 5 Carbonara più ordinate su Deliveroo:

  1. Spaghetti alla carbonara – Pasta a Gogò – MILANO
  2. Tonnarelli alla carbonara –  Ristorante da Massi – ROMA
  3. Spaghetti alla carbonara – Osteria del gatto e la volpe – FIRENZE
  4. Tonnarello alla carbonara – Tira e molla – ROMA  
  5. Spaghetti alla carbonara – 140 grammi – CAGLIARI

 

Vino: crescono DOC e DOCG, benissimo i biologici, successo per la MDD

Vino: in attesa di parlarne al prossimo Vinitaly, diamo un’occhiata all’andamento del comparto. Ciò che merge dalle analisi di IRI (dati 2018 a volume, ricerca IRI per Vinitaly 2019, iper+super+libero servizio piccolo) è che i vini Doc e Docg in bottiglia registrano il +5,3% nel primo bimestre 2019 (dopo una sostanziale tenuta nel 2018); gli spumanti il + 2,1%, i vini biologici il +18% (+ 11,8% gli spumanti bio); i vini a marca privata o marchio del distributore (MDD) in bottiglia il + 7%. La quota di mercato del vino MDD è arrivata al 14% di tutto il vino venduto nella Grande Distribuzione per un valore di 156 milioni di euro. I soli vini Doc e Docg a marca del distributore sono cresciuti dell’8%.

Un’insegna come Conad, per esempio, mette a scaffale ben 85 referenze MDD, che vendono a valore oltre 47 milioni di euro l’anno. Carrefour, con “Trancio Antico” e “Terre d’Italia” registra un costante aumento, soprattutto nella fascia medio-alta. La Coop propone i marchi “Assieme”, vini quotidiani provenienti da cantine del mondo cooperativo e  “Fior Fiore”, di fascia medio alta, con 17 referenze prodotte da note cantine, in collaborazione con l’Associazione Italiana Sommelier (entrambe spuntano una performance positiva nel 2018). Iper La Grande J ha lanciato già 13 anni fa il marchio “Grandi Vigne” che dispone di circa 80 etichette grazie alla collaborazione con 35 cantine vocate sul territorio e detentrici dell’intera filiera. Penny Market, convinta che i vini MDD trovino nel formato discount una opportunità vincente, propone tre brand: i vini di pregio D’Alleramo; gli spumanti Rocca Merlata; i vini in tetrapak Archetto.

A fronte della crescita dei vini MDD, il 2018 ha fatto segnare una contrazione delle vendite a volume di varie tipologie di vino, su cui ha influito la scarsa vendemmia del 2017 e l’aumento dei prezzi del vino.

“I prezzi dei vini si sono confermati in aumento per tutto il 2018 – spiega Luca Bacciocchi, Category Manager Vini di Carrefour –  fino alla nuova vendemmia che, grazie ai risultati positivi, ha portato un effetto deflattivo che si dovrebbe esprimere nel corso dell’anno corrente.

Analisi condivisa da Federico Scarcelli, buyer vino di Coop: “La pessima vendemmia del 2017 e il conseguente aumento delle quotazioni del vino ha portato aumenti di prezzo importanti: Coop ha limitato l’inflazione a scaffale dei vini tipici e degli spumanti al 2% mentre l’aumento dei vini tavola è stato intorno al 7%”.

 Va sottolineata anche la flessione, seppur modesta, delle promozioni, come riferisce Alessandro Chiapparoli buyer vino di Iper La Grande I: “Altro elemento che ha determinato l’aumento dei prezzi è stato una politica promozionale meno aggressiva rispetto al 2017, con un calo di 5% punti promo”.

“I prezzi nel 2018 sono mediamente aumentati del 4% circa anche nella nostra insegna – riferisce Valerio Frascaroli, buyer vino di Conad con un incremento in percentuale più marcato sui tavola/igt ed anche spumanti (punte anche del 10%) e meno importante nei Doc e Docg”.

Ha risentito meno dell’aumento dei prezzi del vino, grazie alla formula discount, come conferma Zoran Mihovski, buyer vino di Penny Market: “I prezzi dei vini, legati fisiologicamente alla qualità delle vendemmie hanno subito un leggero rialzo, con un dato medio di inflazione del 4,5%”.

Riso Scotti lancia Dietidea, “La Dieta del Riso”, ipocalorica e bilanciata

Riso Scotti, in collaborazione con FiloBlu, e grazie alla ricerca del dietologo e idrologo Nicola Sorrentino, ha lanciato Dietidea, “La Dieta del Riso”, che permette di osservare una dieta ipocalorica bilanciata, a base di proteine del riso e di alimenti gradevoli e gustosi.

Dietidea nasce proprio dal fatto che salute e alimentazione sono indissolubilmente legate da un rapporto di causa ed effetto: ciò che mangiamo influisce sul nostro benessere. È anche per questo che l’Organizzazione Mondiale per la Sanità insiste sulla necessità di considerare una nutrizione equilibrata come un diritto imprescindibile per ogni essere umano. Secondo uno studio dell’OMS, la frequenza dell’obesità in Europa è triplicata negli ultimi vent’anni e circa il 41% della popolazione del continente non svolge alcuna regolare attività fisica, innalzando il rischio di malattie croniche.

FiloBlu, digital partner del progetto, ha affiancato Riso Scotti nello sviluppo di Dietidea a partire dalla definizione della strategia per la vendita e la promozione del prodotto, disponibile in esclusiva online. In particolare, il raggio d’azione di FiloBlu comprende: canale e-commerce, canali di comunicazione social, strategia e attività di digital marketing, e-mail marketing e gestione della community online.

Per quanto riguarda le campagne marketing saranno utilizzati i principali canali di comunicazione digitale, dai motori di ricerca fino ai social network. L’investimento di marketing, previsto per i primi tre mesi di attività, porterà al raggiungimento di una copertura utenti di oltre 25.000.000 nel solo mercato italiano. Tutti i potenziali utenti online in target saranno raggiungiti tramite un messaggio dedicato e appositamente studiato su di loro, in relazione al canale di comunicazione utilizzato.

Inoltre, su dietidea.com è stata inserita un’apposita sezione Blog alimentata con contenuti che variano dai “consigli del nutrizionista” scritti direttamente dal Prof. Sorrentino, alle “ricette per mangiare sano”. Grazie al servizio di Sales Assistance di FiloBlu l’utente potrà interagire via telefono e/o e-mail con un esperto in grado di rispondere immediatamente alle sue domande e accompagnarlo con successo in tutto il percorso d’acquisto.

Christian Nucibella, CEO di FiloBlu, ha commentato: “Siamo orgogliosi di aver contribuito allo sviluppo e al lancio di Dietidea con un partner di eccezione come Riso Scotti. Nel panorama digitale è importante differenziarsi per i servizi offerti e grazie all’expertise di FiloBlu abbiamo creato un progetto in grado di rispondere alle necessità degli utenti e garantire assistenza al cliente in tutta la sua customer journey. Dietidea è più di un semplice progetto online, vuole essere un punto di riferimento del mangiar sano, collettore di buone pratiche e consigli che ti aiutino a seguirle.”

Brexit: un’uscita hard metterebbe a rischio 32.000 posti di lavoro

Foto di DANIEL DIAZ da Pixabay

Brexit: quali scenari si apriranno?

Al di là degli aspetti prettamente politici, infatti, un evento epocale come quello incombente, innescherà inevitabilmente  pesanti conseguenze economiche un po’ in tutti settori. Non ultimo in quello agroalimentare. Non dimentichimo, infatti, che il comparto agricolo britannico esporta 2/3 della sua produzione nel vecchio continente, importando dallo stesso quasi il 70% tra frutta, verdura, carne e altri generi alimentari.

Proprio questi temi sono stati al centro della conferenza ‘Brexit, what’s next?’ organizzata da AHDB Beef&Lamb, la divisione di Agriculture and Horticulture Development Board, Ente britannico non governativo per il sostegno e lo sviluppo dell’industria agroalimentare, che rappresenta 110.000 allevamenti bovini e ovini nella sola Inghilterra.

“Da quando il 51,8% dei cittadini britannici si è espresso per il leave il 23 giugno 2016, ci siamo interrogati molto sul potenziale impatto che il commercio di prodotti agricoli avrebbe potuto subire a breve e a lungo termine”, ha commentato Jeff Martin, responsabile AHDB Beef&Lamb per il mercato italiano. “Il comparto bovino e ovino, che noi rappresentiamo insieme a quello dell’orticoltura, sono in particolare i settori che potenzialmente potrebbero essere più colpiti da una Brexit senza accordo”. 

Le carni hanno sempre rappresentato una parte importante del commercio fra l’Europa e i Paesi d’Oltremanica in entrambe le ‘direzioni’: l’UK è un mercato di sbocco importante per gli allevatori europei, così come un grande allevatore di bestiame. Basti pensare che nel 2015 il Regno Unito è stato il terzo più grande produttore bovino e il primo produttore ovino di tutta Europa.

Carne bovina

Tra il 2013 e il 2017 l’Inghilterra ha esportato una media di oltre 84.000 tonnellate all’anno di carne bovina fresca, pari a un valore medio di 373 milioni di sterline. Durante questo periodo l’export verso l’UE ha rappresentato in media l’82% del totale. Irlanda, Olanda, Francia e Germania sono i principali paesi che hanno acquistato manzo britannico.

Carne ovina

Sul fronte ovino, nello stesso quinquennio, la media delle esportazioni è stata di quasi 100 mila tonnellate annue, pari a un valore medio di 392 milioni di sterline. Ancora una volta l’Europa è stata la principale destinazione con una media dell’89% delle esportazioni britanniche complessive. Francia e Germania sono stati i principali destinatari dei prodotti provenienti dall’UK.

“Dati i numeri così importanti per le esportazioni di manzo e ovino britannici verso l’EU, la prospettiva del no-deal non è mai stata ignorata in Ahdb”, prosegue Martin. “Da subito abbiamo lavorato per aumentare la consapevolezza del potenziale impatto che lo scenario peggiore potrebbe avere sui nostri comparti di beef e lamb”.

Se sulle carni di provenienza britannica venissero applicati i dazi doganali di un paese terzo, infatti, le esportazioni subirebbero una battuta d’arresto. Le tariffe applicate potrebbero essere molto alte, tanto quanto il costo del prodotto stesso, se non addirittura di più. Inoltre, aumenterebbero anche i controlli veterinari, alle dogane e i costi di trasporto. Questo ridurrebbe la competitività delle carni Made in UK. Non da ultimo, una hard Brexit porterebbe alla perdita di 32.000 posti di lavoro. 

E le importazioni?

Anche sul fronte delle importazioni gli scenari cambierebbero radicalmente, impattando in modo significativo su tutti i mercati europei, sia in volume che in valore. La Gran Bretagna è un grande mercato per i 27: l’Irlanda, principalmente per le carni di manzo, e la Danimarca, per la carne suina, sarebbero i paesi più penalizzati. Anche l’Italia figura fra i 5 top esportatori di carne bovina in UK.

“Il risultato più auspicabile per tutti gli operatori del settore, britannici ed europei, – conclude Martin – è sicuramente quello di un accordo che garantisca un commercio fra i due blocchi alle stesse condizioni esistenti ora. Non ci resta che seguire gli ultimi sviluppi che verranno comunicati in questi giorni”.

Vini Coraggiosi: a chi piace “bere strano”? La ricerca di Tannico

Foto di gusaap da Pixabay

Nella vita ci vuole coraggio.Anche nel mondo dell’enologia. E alcuni vini ne hanno. Da vendere. Parliamo appunto di Vini Coraggiosi, cioè di quelle tipologie naturali, in anfora, biodinamiche e da viticoltura eroica che Tannico, l’enoteca online di vini italiani più grande del mondo, ha analizzato nel periodo 2015-2018 per comprenderne l’appeal sui suoi  oltre 100.000 consumatori.  Cosa è emerso? Che stanno andando alla grande, come dimostra la quota di mercato, quasi raddoppiata nel triennio 2015/2018 e passata dall’8% al 15% sul totale del venduto di Tannico.

All’interno del gruppo dei coraggiosi spiccano i vini vegani (65%), seguiti dai naturali e dai vini “eroici” (entrambi pari al 14,3% ciascuno) e infine i vini macerati che rappresentano ancora una nicchia scelta da meno del 2,5% dei consumatori analizzati.

A conferma della ricercatezza e consapevolezza crescente dei consumatori, tra le denominazioni che non hanno ancora cavalcato l’onda dei vini coraggiosi si evidenzia il Morellino (-98%), il Ripasso della Valpolicella e il Bolgheri (rispettivamente -90% e -89%), a favore invece di denominazioni meno note come Timorasso (+300%), Etna (+290%) e Inzolia (+281%) dove le vendite per i vini coraggiosi sono anche di tre volte superiori. Per quanto riguarda la provenienza geografica dei vini acquistati, vengono dall’Italia il 66% dei vini biodinamici venduti e il 60% dei vini derivati da viticoltura eroica. Sul fronte vegan, i clienti Tannico scelgono invece etichette straniere: dall’estero arriva infatti il 67% dei vini vegani acquistati, mentre sostanziale parità per l’origine dei vini naturali (50,4% dall’Italia e 49,6% dall’estero) e macerati (45%-55%).

Come li bevono i Millennial

Ma chi è il principale consumatore di Vino coraggioso? I risultati di Tannico confermano che le donne si dimostrano più “coraggiose” e disposte a sperimentare degli uomini, con le scelte d’acquisto che superano quantitativamente quelle maschili per quanto riguarda i vini naturali ed eroici (+12% rispetto al sesso opposto), biodinamici (+7,1%) e vegani (+7,5%). I Millennial invece, per definizione attenti alle ultime tendenze e al consumo consapevole, non seguono tanto il filone vegano (-20% di acquisti rispetto agli altri consumatori), quanto invece rivelano una predilezione per i vini macerati (+35%) e naturali (+17%). Per quanto riguarda invece le fasce di reddito, sono contemporaneamente i clienti con reddito basso (<12k euro) e molto alto (>42k euro) ad avere aumentato i consumi dei vini coraggiosi, con gli acquisti dei primi saliti del +3,2% e quelli dei secondi a +6,35% rispetto a 4 anni fa, dimostrando come su Tannico qualità e accessibilità di prodotti ricercati non siano appannaggio del solo cliente alto spendente.

E lo Zodiaco?

In ultimo, per gli appassionati di astrologia, Tannico ha analizzato anche il trend di consumo dei segni zodiacali, confermando e talvolta smentendo i caratteri attribuiti dallo zodiaco. L’Ariete rimane convinto delle sue scelte anche in tema vino, ed è il segno che maggiormente segue il trend “coraggioso” (+10,24%), seguito dal Leone (+9,52%), altro segno fieramente deciso, e dai Pesci (+5,5%), equilibrati, altruisti e attenti all’ambiente. L’Acquario, nonostante la vena anticonformista, risulta il segno con meno consumo di questa tipologia di vini (-10,5%), e risulta insieme al Cancro (-5,2%)  e allo Scorpione (-4,69%) tra i più refrattari all’acquisto dei ‘coraggiosi di Tannico’.

Vini coraggiosi: le tipologie

Vini biodinamici: certificati da enti privati e prodotti da aziende vinicole completamente autonome dal punto di vista energetico, in sintonia con l’ambiente e le fasi lunari;

Vini naturali, tutti quei vini che si legano a un processo spontaneo di evoluzione senza l’uso di fertilizzanti, diserbanti o concimi e con un contenuto di solfiti molto basso o uguale a zero;

Vini vegani, ottenuti senza l’utilizzo di ingredienti, additivi o coadiuvanti di origine animale;

Vini macerati, che nascono da uve bianche ma tenendo, come per i rossi, le bucce a contatto con il mosto per periodi variabili:

Viticoltura eroica, produce vini frutto di un vero e proprio lavoro visionario in luoghi remoti o dove clima, pendenza e altitudine rendono ancora più difficile il raggiungimento dell’obiettivo finale.

La metodologia della ricerca

La ricerca, resa nota in concomitanza con il lancio di VINI CORAGGIOSI, la nuova sezione del sito Tannico dedicata appunto ai vini spesso fuori dagli schemi tradizionali, si basa su  un Osservatorio privilegiato costituito da un network di 2.500 cantine e più di 100.000 clienti. Su questa base, Tannico è stato in grado di condurre la ricerca e analizzare le ultime tendenze attraverso Tannico Intelligence, il servizio di market analysis che l’enoteca online leader in Italia fornisce gratuitamente ai propri fornitori e ai consorzi.

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