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Piatti Pronti, un mercato ad alto tasso di innovazione. L’indagine di IRI

Quello dei Piatti Pronti refrigerati è uno dei segmenti più dinamici e variabili all’interno dei mercati del Largo Consumo Confezionato, caratterizzato da un alto tasso di innovazione.

Per  approfondire al meglio alcune delle dinamiche del settore abbiamo circoscritto questo studio ai prodotti ricettati, una categoria che  chiude il  2018 sfiorando i 380 milioni di Euro, mantenendo un tasso di crescita importante rispetto al 2017 (+8.3% in termini di fatturato). Il confronto con lo scorso anno, inoltre, conferma la tendenza polarizzatrice di questo mercato, con il Nord Ovest sempre più catalizzatore dei consumi (veicola il 45% delle vendite). Il Sud è ancora l’area di debolezza, fortemente sotto dimensionata rispetto alla media del comparto del Fresco (7.7% vs 15,5%).

E’ però anche giusto sottolineare come il segmento inizi a mostrare piccoli segnali di rallentamento e andamenti contrastanti all’interno dei diversi segmenti.

L’offerta a scaffale

Innanzitutto è bene precisare che le coordinate geografiche fanno la differenza, riflettendosi nettamente negli assortimenti: è infatti il Nord Ovest che traina lo sviluppo del mercato,  propone l’offerta più ampia  (quasi 3 volte quella del Sud) e mostra  le dinamiche migliori.

Limitatamente ai Primi Piatti, anche il Centro e la  Sardegna sostengono lo sviluppo degli assortimenti dei Pronti Freschi.

Altra osservazione da fare è che se inizialmente l’ampliamento assortimentale è stato il principale driver di sviluppo degli scorsi anni, oggi iniziamo ad assistere ai primi sintomi di saturazione di alcune tipologie.

Un esempio lo forniscono i  Secondi Piatti che presentano 1.8 referenze medie a scaffale in meno rispetto allo scorso anno, identificabili marcatamente all’interno di una specifica categoria di prodotti, le alternative vegetali, delle quali approfondiremo più avanti nello studio.

Primi piatti

Come indicato dal servizio informativo di IRI InfoScanCensus®,i Primi Piatti si confermano il segmento che si sta sviluppando più velocemente con un fatturato che ha superato i 190 milioni di euro e una crescita di oltre 20 milioni negli ultimi 12 mesi. Il principale driver restano le Zuppe che rappresentano oramai più della metà dell’assortimento di Primi Piatti Pronti all’interno dei punti di vendita della distribuzione moderna italiana. Queste ultime, che insieme alle Minestre appagano il desiderio dello shopper di seguire un’alimentazione semplice e sana, hanno visto incrementare il fatturato di più di 9 milioni di Euro nell’ultimo anno. In crescita importante anche le Paste al Forno e i Primi Piatti Etnici (per entrambi un incremento del fatturato di oltre 4 milioni) a conferma del fatto nella tavola degli italiani si alternano sempre più frequentemente piatti della tradizione e piatti provenienti da altre culture gastronomiche.

Uno sguardo ai Secondi

E’ il mondo più frammentato e variegato: al suo interno possiamo trovare prodotti come il Vitel Tonnè, che  vive di una tipicità intrinseca e con sole 2 referenze medie a scaffale continua a crescere a doppia cifra superando i 10 milioni di euro nell’anno terminante Febbraio 2019. Ottime performance anche per i prodotti a base di Prosciutto Cotto e di Carne Rossa, parzialmente sostenute da innovazione e aumento dei prezzi medi di vendita. Flette invece – e anche in modo importante – il mondo vegetale che, con un calo complessivo di oltre 10 punti percentuali pesa oggi il 38% del totale Secondi vegetali (era invece a quota 45% nel 2017). Le avvisaglie di saturazione della domanda erano già evidenti nel secondo semestre del 2017 e si sono consolidate nel 2018 con la logica conseguenza di una prima razionalizzazione degli assortimenti “veg” che precedentemente avevano letteralmente invaso i punti di vendita.

Il traino di questa contrazione è il segmento del Burger vegetale che perde quasi 10 milioni di euro. La motivazione alla base di questo calo sembra essere legata a due componenti: in minima parte ad un’inversione di rotta nelle diete degli italiani i quali, secondo il rapporto Eurispes 2018, si dichiarano Vegetariano o Vegani per il 7.1% in leggera flessione rispetto al 2017 (7.6%).

Si modificano però le motivazioni alla base della scelta vegetariana e vegana che sono sempre più legate al benessere della persona, alla salute e alla pura curiosità verso l’innovazione proposta.

Da queste premesse sembra emergere che “essere veg” non è più sufficiente; al contrario è necessario qualcosa in più per convincere lo shopper che, anche nelle alternative vegetali, non intende più rinunciare al gusto.

di

Italiani on line: sono le sneakers il prodotto più ricercato. Parola di idealo

Italiani on line, passioni, tendenze e abitudine: ritorna l’indagine annuale di idealo che comprende statistiche sulle categorie merceologiche più cercate online, indicazioni sui profili demografici degli utenti dati relativi alla rivoluzione mobile innescata da un sempre maggiore utilizzo dello smartphone.

I settori trainanti dell’e-commerce italiano

Secondo un sondaggio condotto a fine 2018 da idealo tramite Bilendi, elettronica, moda e calzature, le sneakers in particolare, sono le categorie merceologiche più desiderate online dagli Italiani (rispettivamente 46,6%, 41,7% e 40,3%). A seguire troviamo i videogiochi e i giocattoli (28,9%) e tutto quanto è necessario per i più piccoli (26,9%). Inoltre, grande rilevanza hanno i prodotti per la cura del corpo così come il design e l’arredamento.

Le abitudini di acquisto nel 2018

Sempre in base ai dati rilevati da Bilendi, il 76% degli acquirenti digitali italiani effettua in media almeno un acquisto online al mese. Il 19% dei consumatori digitali – i cosiddetti consumatori intensivi – acquistano online almeno una volta alla settimana; seguono i consumatori abituali (57%, ovvero coloro che acquistano online almeno una volta al mese) e infine vi sono i consumatori sporadici (24%) che praticano shopping online una volta a trimestre o meno.

Tale divisione mostra come il mercato digitale italiano sia dominato dagli acquirenti abituali: un e-consumer italiano su due acquista online almeno una volta al mese se non di più.  Interessante notare anche come il 35% del campione preso in esame consulti sempre un comparatore di prezzi prima di effettuare un acquisto. Un altro 35% se ne avvale invece spesso.

Il ritratto del consumatore digitale italiano

In tutti i paesi in cui è presente idealo (Germania, Austria, Regno Unito, Francia, Italia, Spagna) la maggior parte delle ricerche online è effettuata da uomini.. Per quanto riguarda l’Italia, il loro peso è pari al 59,2% mentre quello delle donne si attesta sul 40,8%.

Un altro aspetto interessante è quello relativo alle fasce d’età. Nel nostro paese, i consumatori digitali tra i 35 e i 44 anni sono quelli predominanti e rappresentano il 27,0% del totale, seguiti dai 25 – 34enni (22,4%) e dai 45 – 54enni (20,9%). In Germania, Francia e Austria la quota più alta è invece quella dei 25 – 34enni.

La rivoluzione mobile

Un consumatore italiano su due utilizza lo smartphone per lo shopping online e per la comparazione prezzi. In particolare, i dati ricavati dalle intenzioni di acquisto registrate sul portale italiano di idealo mostrano che il 38,9% degli utenti utilizza PC o laptop, il 52,5% predilige lo smartphone e solo l’8,6% il tablet.

Chi si connette in mobilità preferisce nel 74,6% dei casi un dispositivo Android mentre iOS si attesta sul 23,6%. In Germania e Francia la quota del traffico desktop è più alta di quella mobile, una tendenza diametralmente opposta a quanto accade nel nostro paese, ma anche in Spagna, Regno Unito e Austria.

Il potere delle recensioni

I consumatori digitali italiani sono particolarmente attenti alle recensioni online e alle possibilità di risparmio: il 93% legge spesso test o guide all‘acquisto, mentre il 90% legge spesso recensioni e opinioni di altri utenti.

 

La metodologia

L’indagine demografica di Bilendi ha coinvolto oltre 1000 consumatori digitali italiani. Il campione è rappresentativo unicamente della popolazione attiva sul web – gli italiani digitalizzati sono quasi 55 milioni, ovvero il 92% della popolazione secondo il report Digital in 2019 di We are social e Hootsuite – ed è stratificato in base alle variabili demografiche: età, genere, livello di istruzione e regione.

Oltre al sondaggio condotto da Bilendi per idealo, i dati del presente report derivano dall’analisi delle intenzioni di acquisto di circa 19 milioni di utenti mensili, registrate sui sei portali nazionali di idealo (Italia, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e Austria). Fonte: Google Analytics.

Papà con il carrello: dove, come e quando. L’indagine Adiconsum

Ma i papà sono anche consumatori coscienziosi?

Se lo è chiesto Adiconsum che, in occasione della festa del Papà, ha lanciato su Facebook il sondaggio: “Oltre ad essere un super papà  sei anche un super consumatore?”.

Interessanti i risultati. In primis in quanto è emerso che oggi i papà sono decisamente più sensibili sul tema della spesa.

Sembra infatti che il 57,3% dei papà controlla cosa manca in casa, redige una lista, va a fare la spesa e sceglie i prodotti leggendo le etichette. Da evidenziare anche il fatto che l’8% dei papà sceglie i prodotti con un occhio alla loro sostenibilità, prendendo, ad esempio, in considerazione il packaging riciclabile, ecc..

Le 5 domande
Cinque quesiti a risposta singola, vediamo cosa è emerso

1) Quanti anni hai?

·      un 57,3% ha un’età compresa tra i 55 e i 65 anni

·      un 25,3% tra i 45 e i 54

·      un 14,7% tra i 35 e 44

·      un 2,7% tra i 25 e i 34

 

2) Quando vai a fare la spesa?

·      Il 57,3% controlla cosa manca in casa, fa la lista e va a fare la spesa

·      Il 20% segue le indicazioni della moglie/compagna

·      Il 14,7% effettua gli acquisti basandosi sulle offerte disponibili

·      L’8% va a braccio e compra quello che trova

3) Dove preferisci fare la spesa?

·      Il 54,7% in compagnia della moglie/compagna

·      Il 38,7% da solo

·      Il 6,7% in compagnia

  4) Quale fattore conta quando devi scegliere un prodotto?

·      Il 42,7% l’etichetta

·      Il 33,3% il costo

·      Il 16% la marca

·      L’8% la sua sostenibilità

 
5)  Dove preferisci fare la spesa?

·      Il 77,3% al supermercato

·      Il 12% va al mercato

·      Il 10,7% al minimarket

 

Made in Italy: un brand che continua a crescere a doppia cifra

Made in Italy: continua la crescita  a doppia cifra anno dopo anno, grazie ad una solida presenza sulla scena mondiale.

È quanto emerge dalla classifica BrandZTM Top 30 Most Valuable Italian Brands 2019 stilata da WPP e Kantar, secondo cui i marchi italiani hanno aumentato il loro valore del 14% negli ultimi 12 mesi raggiungendo i 96,9 miliardi di dollari, nonostante il clima di incertezza economica e politica.

Gucci si distingue come il marchio italiano di maggior valore e in maggiore crescita, raggiungendo i 24,4 miliardi di dollari di brand value, valore in crescita del 50% rispetto allo scorso anno.

Tra i primi 5 marchi della classifica si trovano TIM, con 9,41 miliardi di dollari di valore complessivo, Enel (7,94 miliardi di dollari), Kinder (6,79 miliardi di dollari) e Ferrari (4,75 miliardi di dollari).

Altri quattro brand presenti nella Top 30 hanno visto crescere il valore del loro brand di oltre il 20%. Si tratta di Ferrari (+36%, 4,75 miliardi di dollari), Fiat (+23% con 1,39 miliardi di dollari), Campari (+23% con 591 milioni di dollari) e Fendi (+22% con 1,88 miliardi di dollari).

La novità della Top 30 italiana del 2019 è Fastweb (27° in classifica con un valore di 891 milioni di dollari), brand percepito dai consumatori come particolarmente innovativo nel settore delle telecomunicazioni grazie alle sue connessioni veloci e alle offerte trasparenti per i consumatori.

Il Brand Italia oltre confine

L’analisi di Kantar ha confermato la presenza eccezionalmente forte dei marchi italiani sulla scena mondiale, con dieci brand nella Top 30 che presentano un’esposizione oltre confine superiore al 90% (come combinazione di fatturato, volumi venduti e profittabilità).

BrandZ ha inoltre evidenziato che i brand con esposizione oltre confine superiore al 50% hanno aumentato il valore del marchio di circa il 20% anno su anno, mentre il valore di quelli con una  presenza  all’estero inferiore è rimasto invariato.

Nella nostra classifica vediamo molte “Industry Heroes”, aziende che rappresentano un modello di business tipicamente italiano che sta ottenendo risultati straordinari sulla scena mondiale” ha commentato Massimo Costa, Country Manager WPP Italia. “Dall’analisi emerge un gruppo di imprese agili e interconnesse, guidate da un forte spirito imprenditoriale, che dettano il ritmo di crescita e innovazione nel loro business “.

La Top 30 italiana di BrandZ evidenzia le straordinarie opportunità di crescita per le imprese italiane che vogliono investire nei propri brand” afferma David Roth, WPP. “Andare oltre i confini del mercato di riferimento di un marchio richiede ambizione e coraggio, e i marchi leader italiani si distinguono da quelli degli altri paesi per resilienza e innovazione, e per la capacità di saper offrire una straordinaria consumer experience“.

La creatività aiuta

L’Innovazione in Italia è il principale fattore di crescita per il brand. I marchi  percepiti come fortemente innovativi hanno aumentato il loro valore del 17% rispetto a una crescita dell’1% dei brand che lo sono meno.

 

Oltre ai settori come l’alimentare, l’automotive e la moda, dove l’Italia è universalmente riconosciuta come leader mondiale, il nostro studio dimostra come i marchi italiani raggiungano risultati eccezionali anche in settori come l’energia, l’oil & gas e le crociere, con grandi aziende come Enel, A2A, Eni, MSC e Costa Crociere” ha dichiarato Federico Capeci, CEO Insights Division, Kantar Italia. “L’innovazione potrebbe svolgere un ruolo chiave per generare ulteriore crescita. In questo senso, anche piccoli ma significativi cambiamenti potrebbero essere la soluzione per molti brand, a patto di supportarli con una comunicazione chiara e dirompente“.

La forza del lusso e del food

Il settore del lusso  porta il maggior contributo al valore del ranking (quasi il 40%), trainato da Gucci, Prada e Armani. Ed è anche la categoria che maggiormente opera oltre confine: i sette marchi in classifica hanno esposizioni all’estero mediamente superiori al 90% (Gucci, Prada, Armani, Fendi, Bottega Veneta, Salvatore Ferragamo, Bulgari).

Dopo il lusso, il settore alimentare occupa il secondo posto per  valore del brand. La presenza di Kinder (numero 4), Nutella (numero 8), Ferrero Rocher (numero 11) Barilla (numero 26), Lavazza (29) e Campari (30) dimostra l’efficacia degli imprenditori italiani che hanno saputo trasformare i propri marchi in giganti internazionali della categoria.

Il settore TLC,  terzo  nel ranking, è sempre più competitivo in Italia, con una crescita della industry del 12%, con marchi come TIM, Wind, e l’unico nuovo brand entrato nella Top 30 di quest’anno – Fastweb.

L’energia segue con due marchi, Enel e A2A, che rappresentano insieme il 9% del valore della Top 30.

Due marchi anche per l’automotive: rappresentano entrambi l’Italia nel mondo, anche se in modi diversi. Per i consumatori, Ferrari (numero 5) è sinonimo di audacia, passione, esclusività, energia e potere mentre Fiat (numero 20) è considerata il volto più accessibile e friendly dell’industria automobilistica italiana.

 

Pizza surgelata: oggi la mangiano più di 6 famiglie su 10

Image by Andreas Riedelmeier from Pixabay

Pizza: grande amore degli italiani. Anche surgelata. Come dimostrano i recenti dati IIAS (Istituto Italiano Alimenti Surgelati), infatti, nell’ultimo anno gli italiani hanno consumato in media 1,5 kg di pizza surgelata pro capite, mentre il comparto della pizza sottozero copre il 20% del mercato complessivo.

Consumi in dettaglio

Nel 2017, i consumi hanno toccato complessivamente quota 91.500 tonnellate, con una crescita del +2,1% rispetto all’anno precedente e un exploit di consumo delle “pizze grandi”, che hanno guadagnato oltre il +7% sull’anno precedente (scendendo nel dettaglio, sono state consumate nel canale retail circa 50.000 tonnellate di pizze surgelate – a cui si aggiungono poi gli snack salati – e oltre 14.500 tonnellate nel catering). In soli 11 anni, dal 2006 al 2017, il valore di mercato relativo a questo prodotto è quasi raddoppiato: da 130 a 254 milioni di euro.

Oggi, le mangiano più di 6 famiglie su 10 (63%) e la loro crescita traina quella dell’intero settore dei surgelati, al punto che le pizze hanno guadagnato negli anni una fetta sempre più significativa dei consumi complessivi dei surgelati nel nostro Paese. Una fetta che lo scorso anno è arrivata a superare il 12% del totale, complice anche la diversificazione dell’offerta, divenuta sempre più in linea con i trend alimentari emergenti (salutismo, ricerca del benessere, sensibilizzazione verso le intolleranze) e la rispondenza alle diversificate abitudini di consumo degli Italiani

L’evoluzione della pizza

Nel corso degli anni, l’offerta di spessori, impasti, dimensioni, farciture delle pizze surgelate è enormemente cresciuta (dalle pizze vegan a quelle gluten free e bio, fino ad arrivare agli impasti speciali con farine integrali o di kamut), alimentata dall’ottima accoglienza da parte di un consumatore che ha iniziato ad apprezzare questo prodotto oltre che per i suoi contenuti di convenienza, praticità e varietà, anche per la sua bontà,  giudicata oggi in tutto e per tutto simile a quella gustata in pizzeria.

Comunque, nonostante questa evoluzione, la Margherita rimane  ancora e sempre la più amata.

“Per quanto riguarda le tipologie di pizze più richiesteprecisa infatti Vittorio Gagliardi presidente di IIASabbiamo riscontrato che negli anni è aumentata la quota destinata alla tradizionale pizza Margherita (passata da meno di un terzo a quasi la metà del totale) che si conferma ancora come la ‘più amata nel Bel Paese’. A preferire la ‘margherita’ sono soprattutto le donne: la scelgono per la sua semplicità, il gusto piacevole, la leggerezza e la facilità nella digestione. Gli uomini optano più spesso per la pizza farcita, preferita per varietà e versatilità, per soddisfazione visiva e palatale e anche perché rappresenta un pasto completo. Per i bambini, invece, negli ultimi anni, sono nati formati ad hoc, di dimensioni più ridotte e con tanti gusti sfiziosi, in grado di conquistare le loro preferenze”.

 

H.T.S.T. (high temperature, short time): la ragione del successo

Alla base del successo italiano c’è stata, di fatto, una importantissima rivoluzione produttiva degli anni 90, quando si passò dal sistema di preparazione tipico dei panificatori (che prevedeva una temperatura del forno compresa tra i 250 e i 280° C e  un tempo di cottura di 20-25 minuti) a quello dei pizzaioli (che utilizzavano invece la temperatura del forno a 400° C e impiegavano 2-4 minuti di cottura). Un passaggio epocale dal cosiddetto metodo “LTLT” (Low Temperature, Long Time) alla tecnica “HTST” (High Temperature, Short Time).

Da allora, un’innovazione continua e costante, la selezione di ingredienti di qualità e la rispondenza alle esigenze e ai gusti dei consumatori hanno contribuito a rendere il mercato delle pizze surgelate sempre più vivace e in continua ascesa, nonostante la crisi imperversata negli scorsi anni nel settore alimentare.

“Fin dai suoi esordi negli anni ‘60 del secolo scorso – racconta infatti Gagliardi – in Italia la pizza surgelata ha dovuto scontrarsi con la concorrenza ingombrante del prodotto ‘fresco’. Sfida oggi superata, come dimostrano le 91.500 tonnellate consumate nel 2017, pari al 12% in volume di tutti gli alimenti surgelati”.

 

 

Trend digitali e smart home: cosa ne pensano gli italiani. L’analisi GFK

Qual è il rapporto degli italiani con la sfera digitale? Quanto le nuove tecnologie stanno cambiando il loro modo di vivere dentro e fuori casa? E soprattutto: il digitale rende felici? Se ne è parlato nel corso dell’evento “Trend digitali: fra empowerment ed entertainment, dentro e fuori casa”, organizzato da GFK e inserito nel programma della Milano Digital Week 2019.

A proposito di “felicità digitale” si è aperto un vero e proprio dibatito. Ne è emerso che il cambiamento digitale fa scaturire nuove domande e nuovi bisogni tra gli italiani, il cui obiettivo è la Smartness. Anche per i Golden Agers, la generazione degli over che – secondo quanto emerge dalle analisi GfK – stanno scoprendo il digitale come strumento per sentirsi più attivi, più competenti, più resilienti e in definitiva più felici.

La conferenza è stata un’occasione per presentare alcuni risultati dell’ultima edizione di GfK SmartHom²e (SmartHome al quadrato), la soluzione che integra i risultati delle ricerche sulle attitudini dei consumatori con i dati di vendita dei dispositivi connessi, rilevati su oltre 43mila punti vendita in Italia tramite la metodologia GfK POS Tracking.

La via italiana alla Smart Home

Dall’analisi sono emersi sei segmenti di italiani con conoscenze, atteggiamenti, desideri e aspettative diverse nei confronti della Smart Home.

  • Enjoy your Smartness (11%): definiti anche Leading Edge Consumer (LEC): sposano il progresso tecnologico in tutte le sue accezioni. Sono principalmente coppie giovani e senza figli. La loro casa deve essere moderna, efficiente e tecnologica, proprio come loro!
  • High-Tech Practicality (18%): soggetti che conoscono alla perfezione (anche meglio dei LEC), le caratteristiche di molti, se non tutti i prodotti Smart. È un target prevalente giovane e molto esigente. Dato che spesso non sono ancora economicamente indipendenti, per questo cluster il prezzo rappresenta la principale barriera all’acquisto di prodotti Smart. Sono sempre alla ricerca della promozione migliore.
  • Vital Connectivity (17%): principalmente famiglie dall’alto tenore economico e culturale. Credono fermamente nel progresso tecnologico e utilizzano i prodotti Smart, costantemente e in modo funzionale ai propri bisogni. Per loro la parola d’ordine è efficienza, le soluzioni Smart devono semplificare la vita e offrire intrattenimento.
  • Routinely Home (21%): chi non ama la tecnologia ma dimostra un certo grado di diffidenza, pur riconoscendone le potenzialità e il ruolo nella società odierna. Conoscono la Smart Home ma non la vivono come un bisogno. In questo cluster si collocano prevalentemente famiglie con figli grandi.
  • Do-Smart-Yourself (14%): chi accetta i prodotti Tech nella propria vita, ma ha con loro un rapporto controverso. Sa usare molto bene lo Smartphone, ma ignora l’esistenza di molti altri prodotti “intelligenti”.
  • Passive People (20%): non dimostrano affinità o interesse nei confronti della tecnologia in generale. Sono nati in un’altra epoca e per questo motivo sono completamente estranei al concetto di Smart Home.

 

*Nota metodologica: Indagine single source realizzata da GfK con 1.200 interviste online, su un campione rappresentativo della popolazione italiana di Internet User con più di 14 anni.

Retail Plaza: la rivoluzione digitale sotto i riflettori dell’Elfo Puccini

Le idee non vanno imposte. Al contrario bisogna discuterle: è, infatti, dal confronto tra posizioni diverse che il più delle volte nasce qualcosa di buono. E di nuovo.

Un laboratorio di idee, dunque, è l’auspicio di chi nel futuro ci crede. E ci spera. Per uscire  dal tran tran degli schemi imposti e (magari) andare oltre.

Ed è proprio con questo spirito (quello di avviare il cambiamento, partendo da un confronto dialettico) che è stato organizzato il terzo appuntamento di Retail Plaza by TUTTOFOOD, del prossimo 15 maggio al Teatro Elfo Puccini.

Davide Pellegrini

“Anche nei due precedenti appuntamenti di Retail Plaza il coinvolgimento dei consumatori è stato prioritario. Ma questa volta – ci spiega Davide Pellegrini che insieme a Claudia Maccarini ha contribuito a creare il format – si è deciso di andare ben oltre, ricorrendo alla perfomance teatrale, in un vero e proprio spettacolo delle idee il cui focus sarà la rivoluzione digitale nel retail.”

L’obiettivo?

Far capire al consumatore che la Distribuzione e il Largo Consumo hanno tante cose da raccontare: si continuerà a sviluppare  concetti già discussi nei mesi scorsi, ma con il supporto di un format più spettacolare.

 Ce ne racconta la genesi?

L’idea di iniziale è stata quella di fare qualcosa di diverso dal solito convegno. Il carattere poliedrico di TUTTOFOOD, che contiene in sé una doppia anima (quella B2B della manifestazione nel quartiere fieristico e quella B2C del fuori fiera), ha costituito un assist importante in quanto ha permesso a Retail Plaza di uscire dai confini del consueto per cimentarsi in una formula originale, alle luci della ribalta…

Parliamo quindi una performance teatrale a tutti gli effetti?

Infatti. Questa volta Retail Plaza ha scelto di parlare direttamente alla società civile, scegliendo una location inedita: il palco di un teatro e dando vita a uno spettacolo peculiare.

La performance prevede una partecipazione articolata, che metterà a confronto giovani attori emergenti e  manager della filiera che interverranno sia dal Palco che dalla platea, promossa – per l’occasione – al ruolo di Contropalco.

Gli attori vestiranno i panni di ipotetici consumatori e monologheranno su alcuni temi di attualità, spaziando dai nuovi sistemi di pagamento alle loyalty, dall’innovazione di servizio alla privacy fino all’engagement.

Alle loro performance faranno seguito i manager: i loro non saranno interventi aziendalisti, diciamo che il motivo ispiratore sarà piuttosto quello dei ted talks, caratterizzati da quel mood, un filino visionario, capace di coinvolgere il pubblico e stimolare il dibattito. Compreso quello del Contropalco.

Una bella scommessa. Senza dubbio, non facile. L’impresa più ostica?

Ottenere attenzione da parte dei manager e convincerli ad adottare una prospettiva più dialettica, più orientata al futuro e meno all’hinc et nunc. Però, alla fine, l’abbiamo spuntata.

Che lo spettacolo abbia inizio.

Vendite tax free: in Italia il comparto va a gonfie vele

Vendite tax free alla grande: almeno per quanto riguarda il nostro Paese che, solo nel mese di dicembre 2018, è riuscito ad attrarre il 5% in più di turisti internazionali rispetto all’anno precedente e ad incrementare il proprio volume di vendite esentasse e lo scontrino medio rispettivamente del 12% e dell’8%. Valori importantiche hanno permesso all’Italia di chiudere l’anno con un + 7% nelle vendite tax free, +4% nella transazione media e +6% negli arrivi.

Ma chi sono i principali shopping tourist?

Cinesi e americani, essenzialmente, che detengono rispettivamente il 32% e il 12% delle vendite tax free realizzate durante l’anno.

Il 2019 è iniziato invece con una lieve flessione a valore (-3% vs. 2018 è la media per ogni singola transazione), ma con volumi interessanti: +6%.

Vediamo adesso quali sono i distretti dello shopping più gettonati.

In pole position, senza se e senza ma c’è il Quadrilatero della Moda milanese, cha da solo detiene oltre il 34% di market share e dove la media degli acquisti  si attesta a 1490 euro; seguono poi con una quota del 9% i mall di alta gamma con uno scontrino medio di 490 euro.

Il Quadrilatero della Moda nel dettaglio

Stando ai dati di Planet per il 2018 emerge un aumento delle vendite del 3% rispetto al 2017, a fronte però di una flessione del 4% nello scontrino medio registrato. I volumi degli acquisti tax free per l’area sono suddivisi in particolare fra via Montenapoleone (37%) e via Sant’Andrea (29%) con uno scontrino medio rispettivamente di 1498 € e 2375 €.

 “Nonostante la leggera flessione del valore della transazione media, i dati relativi all’anno appena trascorso testimoniano il costante favore che Milano riscuote presso il pubblico internazionale, in quanto capitale indiscussa della moda nel mondo” commenta Sara Bernabè, General Manager di Planet in Italia, e continua: “Il 2019 rappresenterà per il capoluogo lombardo una grande opportunità migliorare le vendite, poiché continueranno ad aumentare gli arrivi dei viaggiatori internazionali, con potere di spesa sempre più alto. Gli introiti generati dai turisti in visita, in particolare da quelli extra-europei, sono vitali per numerose realtà del segmento lusso. Basti pensare che a livello europeo, gli acquirenti internazionali spendono in media 3,7 volte di più degli acquirenti nazionali, con alcuni rivenditori che registrano fino al 60% delle vendite da clienti non domestici”.

Turisti e spese nel dettaglio

Fra i turisti più sensibili al fascino dello shopping made in Milano, primeggiano fra tutti i cinesi (con una market share del 30,5%) e uno scontrino medio di 1542 €, seguono i russi con uno scontrino di 1410 € e una quota di mercato dell’11% e chiudono il podio i viaggiatori statunitensi che nel 2018 hanno inciso per l’8% sul marcato tax free del distretto della moda, con una aumento degli acquisti del 27% vs 2017 e uno scontrino medio di 1503 euro, mentre sugli outlet hanno pesato solo per il 4%.

Turisti digitali: chi più chi meno

Paese che vai usanza che trovi. E questo succede anche quando gli stranieri fanno i turisti. Prendiamo per esempio i sistemi di pagamento: non tutti gli stranieri hanno le stesse abitudini. Se, infatti, i turisti americani utilizzano le più note applicazioni social del mondo occidentale quali Instagram e Facebook per le ricerche e scelgono di pagare ancora con le carte di credito, i turisti cinesi sono fortemente digitalizzati e pagano tutto con lo Smartphone, utilizzando per le ricerche e le prenotazioni piattaforme come Ctrip e WeChat, due dei più grossi player digitali nel mercato cinese.

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Le strategie dei retailer

I retailer italiani non devono quindi sottovalutare questi aspetti, per non precludersi i margini di crescita che questo target garantisce alle boutique presenti sul territorio. E non è dunque un caso che per dialogare con i clienti in arrivo dalla Cina, sempre più digital e amanti dello shopping in Italia MonteNapoleone District, è l’unico distretto del lusso in Europa ad aver aperto, grazie all’accordo con Digital Retex, un account ufficiale WeChat, un canale strategico con oltre 1 miliardo di utenti attivi. L’official account consente di fidelizzare la clientela cinese e indirizzare campagne e messaggi ad hoc valorizzando l’attività e gli eventi organizzati a livello associativo e dai singoli brand.

Sviluppare iniziative volte a migliorare il sistema ricettivo del distretto nei confronti dei clienti extra europei e non solo è uno degli obiettivi di MonteNapoleone District. I diversi eventi quali La Vendemmia, MonteNapoleone Yacht Club, la Christmas Shopping Experience, il nuovo MonteNapoleone Chinese New Year e il prossimo Leonardo 500 rientrano tra gli scopi principali dell’associazione e sono destinati a quanti amano esperienze uniche ed esclusive” ha dichiarato Guglielmo Miani, Presidente di MonteNapoleone District. “E per comprendere le diverse tradizioni e culture di una clientela sempre più internazionale organizziamo una serie di appuntamenti dedicati alla formazione del personale delle boutique in modo da instaurare un rapporto di fiducia duraturo nel tempo, secondo i codici di comportamento delle varie nazionalità. In questo contesto si inseriscono anche l’attività di promozione della destinazione Milano in occasione di ILTM a Cannes, dove abbiamo organizzato per il secondo anno consecutivo l’evento “Unexpected Milan” in collaborazione con il Comune di Milano e alcuni dei più prestigiosi hotel 5 stelle della città che sono parte dell’associazione a cui si sono aggiunte quest’anno anche alcune strutture del lago di Como”.

Uno sguardo al futuro

Per quanto riguarda le previsioni per l’anno in corso, Il primo trimestre 2019 si chiuderà per la Penisola con un +2,2% vs. 2018 negli arrivi internazionali, un risultato nettamente superiore alla media europea del +1,1% e alle previsioni di arrivo dei singoli principali paesi dell’Unione come la Francia (-2,5% di arrivi nel Q1 2019), Gran Bretagna (+1,3% di arrivi nel Q1 2019) e Spagna (+1,3% di arrivi nel Q1 2019). In questo contesto, da osservare i turisti provenienti da Tailandia, Taiwan e Kuwait, che registreranno incrementi relativi negli arrivi rispettivamente del +46%, +10% e +9,7%.

 

Birra: serve gestire (l’altissima) pressione promozionale e curare la comunicazione

Il fattore promo è ormai un convitato di pietra nel LCC. E se la media nazionale si attesta intorno al 28%, esistono però categorie che superano di gran lunga questa quota.

La Birra, come emerge dalle analisi IRI, è una di queste.

Su questo mercato, infatti, il livello di pressione promozionale (uno dei più alti del Largo Consumo) è arrivato al 51,7% sul totale (+1,2pti rispetto al 2017). E non basta: sono stati anche incrementati gli investimenti per attività sui Punti Vendita mirati ad evidenziare il prodotto tramite isole dedicate, frigoriferi e floorstand «brandizzati». Il tutto accompagnato da un livello medio di sconto in crescita.

Nei segmenti Standard e Premium, dove si concentra la presenza di quasi tutte le grandi marche, la promozione ha superato di gran lunga la metà dei volumi venduti (57,3% per le Standard e 61,5% per le Premium).

Gestire le promo

Viste queste premesse, è chiaro come l’affollamento promozionale nel punto vendita, soprattutto nel periodo stagionale, abbia ormai raggiunto livelli di guardia. L’attenzione all’esecuzione nel punto vendita diventa quindi un fattore critico di successo per gli operatori del settore. Le soluzioni di IRI, quali Marketing Mix Modeling, che consentono di misurare l’efficacia delle attività promozionali possono orientare le scelte aziendali nella giusta direzione.

Nel 2018, l’Industria della Birra ha lavorato anche in un’altra direzione per fare in modo che i consumatori prendessero in considerazione il consumo di questa bevanda in diversi momenti della giornata (come le Birre Analcoliche) e raffinando il consumo di categoria con prodotti innovativi nel gusto (Birre Speciali/Artigianali).

E’ questo l’approccio migliore per incrementare il valore di una delle categorie più strategiche di tutto il Largo Consumo.

Il ruolo della comunicazione

In questo scenario la comunicazione può e deve avere un ruolo centrale: raggiungere il consumatore con appropriati messaggi è elemento essenziale e determinante per affermare valori e distintività delle marche.

La differenziazione dei mezzi di comunicazione utilizzati diventa importante per la variabilità dell’offerta ed il raggiungimento di target molto diversi.

Lo sviluppo dei nuovi media digitali costituisce in tal senso un’opportunità interessante per differenziare la strategia di comunicazione e personalizzare i messaggi su specifici target di consumatori.

Quest’anno, i produttori più importanti del mercato hanno mantenuto una massiccia attività sul punto di vendita al fine di proteggere la fedeltà alla marca e comunicare un nuovo approccio alla categoria. Si tratta per lo più di attività mirate a rendere più visibile il prodotto all’interno dei punti di vendita tramite teatralizzazioni con regalo annesso o Floorstand.

Altre attività come i frigoriferi all’interno dei punti di vendita hanno agito invece per allargare i momenti di consumo.

La cultura del prodotto

Prezzo e promozioni sono importanti, ma i consumatori guardano anche al valore del prodotto.

Conoscere i criteri di scelta che sottendono l’atto di acquisto del consumatore, attraverso gli studydi Shopper Insights di IRI può essere un supporto efficace per le aziende produttive.

E in termini di valore le «Birre Speciali» rappresentano la più grande opportunità di categoria perché coniugano una maggiore marginalità per tutta la filiera ad una disponibilità nei confronti del segmento da parte del consumatore.

Alcuni produttori di categoria stanno facendo crescere la cultura di prodotto tramite l’educazione ad una Birra di qualità, la degustazione e l’allargamento dei momenti di consumo.

Su questi fattori le grandi aziende operanti nel settore sono chiamate a fare ingenti sforzi in termini di innovazione di prodotto e di comunicazione al fine di trasferire consumatori dal segmento Mainstream al segmento Specialty.

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Iri racconta la Birra in GDO. Consumi sempre più polarizzati tra mainstream e premium

Il clima nel 2018 non è stato propizio. Ma nonostante le difficoltà  derivanti da una stagionalità “anomala”, la Birra (dopo anni di continua crescita) si conferma ancora tra le categorie più dinamiche dell’intero Largo Consumo Confezionato. Senza peraltro mai smettere di essere terreno fertile in termini di opportunità e sviluppo per le aziende visto che i consumi pro-capite sono ancora decisamente inferiori rispetto alla media Europea (anche rispetto a paesi di pari tradizione vinicola come la Francia).

Ecco in proposito alcuni insight di IRI, che raccontano di un andamento forse un po’ altalenante nel corso dell’anno, ma nel complesso positivo.

Come anticipato, anche il 2018, nonostante l’estate meno favorevole, mostra una positività dei volumi (+1,7% nel progressivo a Novembre; +2,7% a valore). La categoria conferma la graduale destagionalizzazione evidenziando trend negativi a Giugno, Luglio ed Agosto e positivi in tutti gli altri mesi dell’anno. Il dato di penetrazione in famiglia ha ancora margini di miglioramento e mostra una sostanziale stabilità rispetto al 2017 (93%) mentre, sul punto di vendita, aumentano i metri quadri dedicati alla categoria (soprattutto quelli a scaffale) e le campagne declinate sui Volantini.

La dinamica espressa dai segmenti mostra sempre maggiore allineamento di prezzo tra le Birre Premium e le Birre Standard, un fenomeno che si spiega facilmente con l’incremento della promozionalità sulle prime. Il risultato di queste manovre ha come conseguenza una crescita di interscambiabilità tra le marche ed una polarizzazione dei consumi: da una parte i consumatori mainstream (75% dei volumi e 64% del valore) e dall’altra i consumatori di Birre Speciali (15% dei volumi e 26% del fatturato).

Le conseguenze della promozionalità: formati e assortimenti

In una situazione di questo tipo  l’industria ha deciso di investire sui volumi tramite i marchi mainstream e  sul valore con la ricerca di nuovi momenti di consumo (e quindi nuovi pack size) e nuovi target (Birre speciali, Analcoliche).

Il risultato di queste strategie è una crescita delle bottiglie da 33 (o comunque dei formati più piccoli) e delle Birre Speciali (+17,1% a Volume e +12,6% a Valore).

Ovviamente anche l’offerta è molto sensibile alle dinamiche di mercato e favorisce l’ampliamento dell’assortimento di categoria (circa 5 referenze in più: da 128 a 133 concentrate sulle Birre Speciali).

Una novità è, invece, rappresentata dalla crescita delle Birre Analcoliche sulle quali si è concentrata parte dell’innovazione finalizzata all’allargamento dei target e dei momenti di consumo (Pranzo).

Il 2018 conferma inoltre il continuo ridimensionamento del segmento delle Birre aromatizzate (-11,9% a Volume) ma anche delle Birre Economy che mostrano trend fortemente negativi da molti anni.

 

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