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Web Window by Kasanova+, per uno shopping h24

Web Window: il negozio si affaccia sulla strada per regalare ai potenziali clienti un’esperienza d’acquisto “a tempo pieno”. Ecco l’ultimo nuovo progetto firmato Kasanova+, che ha deciso di stare “dalla parte di chi compra”.

Ad offrire questo nuovo servizio è il punto vendita in questione Kasanova + di Varese in Piazza XX Settembre 6 Angolo Via Mazzini 14,  uno dei più hi-tech e all’avanguardia in Italia grazie a quei contenuti emozionali pensati per uno shopping tour suggestivo nei tre piani d’esposizione su una superficie di poco meno di mille metri quadrati.

Vetrine interattive

La proposta innovativa di Casanova+ si concretizza nelle vetrine  esterne dove ci sono due monitor da 42 pollici che invitano il cliente, con immagini in movimento, a interagire.  Al tocco del monitor da parte del cliente, si apre una schermata con tutti gli ambienti della casa e, con la funzionalità scroll si  scorrono i prodotti presenti in negozio, le loro caratteristiche e il prezzo. Una scritta “approfittane subito” avvisa che confermando l’ordine si potrà usufruire del 10 % di sconto alla cassa.

Ordine espresso

Una volta terminata la spesa l’ordine verrà inviato direttamente alla cassa del negozio dove il cliente potrà “riscattare” la sua promozione.

“Con la Web Window vogliamo uscire dal negozio per mostrare, a chi passeggia in prossimità dello store, ventiquattr’ore su ventiquattro, il work in progress delle idee d’acquisto che proponiamo e accoglierlo con un ‘benvenuto’ nella nostra grande famiglia” spiega Maurizio Ghidelli, Amministratore Delegato di Kasanova S.P.A.

Cresce l’export per l’Italia, toccando nel 2017 la quota record di 40 mld

Come si dice? Da cosa nasce cosa. E dalla crisi dei consumi che per un decennio ha imperversato nel nostro Paese, è nata (o meglio si è fortemente rafforzata) una diversa strategia commerciale basata sull’export.

Non è un caso, infatti che dal 2007 (anno d’esordio della crisi) al 2017 il valore delle esportazioni agroalimentari italiane è passato da 22 ad oltre 40 miliardi di euro, record storico, sebbene ancora lontano dall’ambizioso traguardo che il Paese si è dato dei 50 miliardi al 2020.

Ecco una delle evidenze principali della relazione di Nomisma presentata in occasione del convegno “L’agroalimentare italiano alla prova dell’internazionalizzazione”, evento organizzato presso il Savoia Hotel di Bologna dallo studio legale LS Lexjus Sinacta e che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Ioanna Stavropoulou (Granarolo spa), Giordano Emo Capodilista (Confagricoltura), Massimiliano Montalti (Assologistica), Andrea Villani (A.G.E.R.), Damiano Frosi (Politecnico di Milano).

Nonostante questo l’Italia non è ancora sul podio dei paesi esportaori, ma in Europa detiene il 5° posto dietro Olanda, Germania, Francia e Spagna. Evidentemente la reputazione da sola non è in grado di sancire il successo. Servono anche organizzazione, competenza e conoscenza, caratteristiche appannaggio delle imprese più strutturate.

Il nostro Paese, ancora, sconta un po’ il vezzo del piccolo è bello: basti pensare che in Italia solamente l’1,7% delle imprese alimentari ha più di 50 addetti – contro il 10,5% della Germania o il 4,1% della Spagna – ed è in grado di esportare circa il 30% della propria produzione.

Questa peculiarità spiega anche la nostra ridotta presenza sui mercati lontani:  i due terzi dell’export agroalimentare italiano, infatti, sono ancora destinati a mercati “di prossimità”, cioè Paesi dell’Unione Europea, mentre la restante quota si distribuisce tra America (13,5%), Asia (9%), altri Paesi Europei (7,6%), Africa (2,4%), sebbene – e da qui si comprendono le ulteriori potenzialità inespresse del food&beverage italiano – nell’ultimo decennio il nostro export agroalimentare sia cresciuto del 229% verso il Medio Oriente, del 197% in Asia centrale, del 163% in Asia Orientale e del 123% nei paesi del centro-sud America.

A proposito di queste criticità, Denis Pantini, Responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisma ha commentato: “Affinché l’export dei prodotti agroalimentari italiani aumenti, è indispensabile che si allarghi la base delle imprese esportatrici, in larga parte riconducibili ad aziende medio-grandi e rappresentanti una quota ancora ridotta del totale, meno del 20% del settore”.

Le criticità

Sul mercato internazionale, le opportunità di crescitanon mancano: nei prossimi 5 anni, infatti, ci si attende i corrispondenza a un incremento del reddito pro capite, una ulteriore crescita dei consumi alimentari in molti dei principali mercati mondiali: Stati Uniti (+24%), Cina (+44%), India (+85%), Russia (+45%), Corea del Sud (+22%), Canada (+35%).

Il problema dell’Italia è quello della concorrenza di altri paesi agguerriti, specializzati e con condizioni fiscali ben diverse. Non dimentichiamo, infatti, che tra le difficoltà che rendono la vita difficile alle PMI italiane in questa corsa all’export, figurano dazi e barriere non tariffarie che rappresentano spesso ostacoli insormontabili. Tra il 2012 e il 2016 il numero di misure sanitarie e fitosanitarie e barriere tecniche e commerciali è aumentato rispettivamente del 43% e 99%, per non parlare dei dazi medi all’import che in alcuni casi sono superiori al 30% ad valorem. In quest’ottica, gli accordi commerciali giocano certamente un ruolo di primo piano; ne è una dimostrazione quanto sta accadendo sul mercato del vino in Cina, dove Australia e Cile, grazie ad accordi bilaterali che hanno azzerato i dazi all’importazione, insieme hanno eroso più del 10% del mercato a Francia, Italia e Spagna (che all’opposto non godono di queste agevolazioni).

 

Fonte: Nomisma Agrifood Monitor

Molecola celebra il Made in Italy e guarda al mercato internazionale

Dalla prima lattina alla bottiglia in vetro, dalla grande distribuzione al mondo dell’Horeca: Molecola, la prima cola interamente italiana, compie un nuovo e significativo passo avanti. La presentazione ufficiale, dal titolo Molecola: dal sogno alla realizzazione di una cola italiana  ha avuto luogo a Bologna presso FICO Eataly World. Nel corso dell’evento sono stati presentati la nuova bottiglia in vetro “90.60.90” – ideata da Curve Creative Studio e realizzata da Verallia per il canale della ristorazione – e la nuova Molecola Bio & Fair Trade.

L’incontro, presentato da Gianluca e Nicola Vitello di Radio Deejay, ha visto tra i relatori Francesco Bianco, Fondatore e Partner Molecola, Marco Gallo, Fondatore e Direttore Creativo Curve Studio Torino, Laura Miotto, Responsabile Marketing e Clienti Internazionali Verallia Italia, Luigi Rivaroli, Ingegnere di processo e sviluppo prodotto Verallia Italia, Stefano Dozio, Direttore Generale Gruppo Co.Pro.B. Italia Zuccheri, Marco Masselli, Direttore Generale e Vicepresidente Italian Identity e Antonio Biella, Direttore Generale San Bernardo.

Il progetto Molecola
Ispirata ad un’antica ricetta piemontese di fine Ottocento riscoperta da Francesco Bianco e Graziano Scaglia, Molecola nasce all’inizio del 2013 per soddisfare l’esigenza del mercato italiano di avere un prodotto che fosse massima espressione del Made in Italy, realizzato con ingredienti nazionali e preparato con saperi codificati della nostra tradizione. Una motivazione forte che ha contribuito a costruire l’identità di Molecola, frutto della collaborazione con importanti attori del panorama italiano, permettendole di ottenere la certificazione Italcheck da Italian Identity come prodotto 100% Made in Italy con l’Audit Partner Agroqualità.

Tra i protagonisti del progetto Molecola, Italia Zuccheri, cooperativa bolognese capace di garantire all’Italia una riserva strategica di zucchero grazie ai suoi 5.700 bieticoltori associati che, coltivando barbabietole nei campi dell’Emilia Romagna e del Veneto, consentono un completo controllo della filiera dal campo al cliente. Italia Zuccheri è così in grado di fornire uno zucchero totalmente italiano per la realizzazione della bevanda.

Tutto italiano anche l’imbottigliamento di Molecola: a Fidenza (Parma) prendono vita le lattine, primo confezionamento della bevanda, mentre a Ormea (Cuneo) vengono riempite le bottiglie in PET, destinate alla grande distribuzione. Recente è, invece, la collaborazione con Verallia Italia, tra i leader mondiali negli imballaggi in vetro per l’industria alimentare, con cui è stata realizzata la nuova bottiglia per il mondo Horeca nello stabilimento di Gazzo Veronese (Verona).

La nuova bottiglia per il canale Horeca
Concepita e realizzata dall’agenzia torinese Curve Creative Studio e realizzata da Verallia, la nuova bottiglia in vetro “90.60.90”, lavorata come la trama di un tessuto sartoriale, gioca con le linee sinuose ed accattivanti che ricordano la silhouette delle dive italiane degli anni Cinquanta, periodo d’oro del cinema italiano, in cui sono riconoscibili il vitino da vespa e i fianchi prosperosi delle attrici che hanno contribuito a creare in tutto il mondo il mito dell’italianità. Questa bottiglia esclusiva, che apre la distribuzione di Molecola ai canali dell’Horeca, è stata pensata per esaltare le particolarità del prodotto nel contesto della ristorazione e risulta anche vantaggiosa da un punto di vista della user experience, facilitandone la presa con una lavorazione ergonomica e antiscivolo che abbina estetica e funzione. Un’ulteriore attenzione all’usabilità è data dall’utilizzo, nella parte inferiore della bottiglia, del testo in braille che riporta il nome della bevanda e della bottiglia, garantendone un’elevata accessibilità.

La Nuova Molecola Bio & Fair Trade
Accanto alla nuova bottiglia in vetro, Molecola lancia inoltre sul mercato la versione Bio & Fair Trade: insieme al consorzio Altromercato, principale realtà di Commercio Equo e Solidale in Italia, è stato infatti creato un prodotto realizzato con ingredienti selezionati, provenienti esclusivamente da coltivazioni biologiche e produzioni fairtrade, come lo zucchero di canna, che va a sostituire lo zucchero bianco della barbabietola, ed il guaranà, che prende il posto della caffeina.

«La nostra forza è stata di riuscire ad aggregare intorno a questo progetto grandi realtà italiane, che condividessero con noi idee, esperienza e passione – dichiara Francesco Bianco, Fondatore e Partner Molecola. – La ricetta è nata a Torino, dove abbiamo sperimentato le prime produzioni, e da qui siamo partiti alla ricerca di partner in tutta Italia per rendere Molecola un prodotto unico “nel gusto e nel cuore”. Abbiamo cercato di unire le eccellenze del nostro Paese, piccole e grandi molecole, che insieme hanno dato vita a una bevanda in grado di rappresentare il Made in Italy in tutto il mondo. Grazie al supporto di Eataly, siamo riusciti a portare Molecola a New York, a Chicago, in Russia, in Brasile e a Stoccolma. Oggi ci ritroviamo con una gamma completa di prodotti e siamo pronti ad affrontare il mercato italiano e quello internazionale».

La parola a Verallia

La vera missione affidata a Verallia nell’ambito del progetto Molecola 90-60-90 è stata quella di tradurre e applicare al vetro un progetto di stile che puntava a creare una nuova icona dell’italianità, esaltando l’eleganza della bottiglia, sia attraverso la sinuosità delle forme, modellate secondo le proporzioni delle dive del cinema italiano del dopoguerra (che danno il nome al formato: Molecola 90-60-90), sia mediante una particolare trama su vetro, concepita per sottolineare la natura “sartoriale” del prodotto, quasi che la bottiglia fosse un corpo femminile fasciato da un elegante abito tagliato su misura.

Inizialmente abbiamo affrontato il progetto in modo tradizionale, adeguando forme e dettagli dell’agenzia grafica alle esigenze produttive” – ricorda Luigi Rivaroli, Ingegnere di processo e sviluppo Verallia Italia. “L’ostacolo più grande da superare è stato realizzare la trama su vetro. La soluzione ha comportato ore di lavoro, prove, confronti, lavorazioni molto particolari che hanno richiesto tutta l’abilità di stampisti specializzati. Nonostante l’estrema complessità realizzativa, questa trama è diventata uno dei principali elementi distintivi della bottiglia.

Siamo orgogliosi di aver dato il nostro contributo a un progetto italiano coraggioso e innovativo come Molecola” – afferma Laura Miotto, Responsabile marketing e clienti internazionali Verallia Italia. “Da diversi anni facciamo dell’innovazione tecnologica e di design la strada per diffondere il vetro come il materiale più bello, sano e sostenibile per il packaging di alimenti e bevande, favorendo la creazione di nuove professionalità con iniziative come il Verallia Design Award, un concorso internazionale dedicato si giovani aspiranti designer chiamati ad esprimere il loro talento, ideando e progettando nuovi contenitori in vetro”. 

L’omnicanalità non passa per i beni di lusso, ma il futuro è tra pop up e mobile app

Sembra paradossale ma la digitalizzazione dei processi di acquisto procede molto a rilento per i prodotti e i beni di lusso, malgrado una clientela che risulta tecnologizzata e connessa come, se non più, rispetto alla media. E allora qual è il problema? Fondamentalmente uno: le case produttrici diffidano dai processi di acquisto digitale perché temono che essi possano essere percepiti dal cliente come deludenti rispetto all’esperienza sartoriale che si vive nei negozi che vendono prodotti di alta gamma. La paura di perdere il controllo sull’immagine del marchio e la difficoltà a gestire contemporaneamente i circuiti online e fisici spiegano la riluttanza di alcuni marchi di lusso a offrire percorsi in parallelo alla clientela.

 

Digitale raddoppierà in cinque anni

Esiste quindi una questione aperta. Il cambiamento dell’approccio e dei comportamenti della clientela è inarrestabile, l’omnichannel sta diventando un fattore essenziale di crescita e presenza sul mercato, e anche le aziende del lusso devono adeguarsi, scendendo dalla torre d’avorio di una fruizione tradizionale, affascinante ma limitata. Quindi i marchi del lusso e i loro rivenditori devono ripensare il loro approccio al digitale, studiando e adottando nuove soluzioni tecnologiche. Anche perché si calcola che nel 2025 il commercio elettronico varrà 70 miliardi di Euro nel settore del lusso, pari al 18% delle vendite totali, il triplo del 2015. Secondo il rapporto The New Luxury World of 2020 redatto da ContactLab e Exane BNP Paribas, le vendite generate dal digitale raddoppieranno entro 5 anni e i clienti online saranno in grado di generare fino alla metà delle vendite di un’azienda. Il successo di un brand dipenderà quindi sempre più dalla sua capacità di tenere conto dei profili digitali dei clienti e di sviluppare iniziative per ogni canale di vendita. I clienti con identità digitale rappresenteranno circa il 90% della base di contatti tra potenziali clienti (45%) e clienti contattabili sia tramite e-mail che tramite notifica push (41%).

 

Pop up e app di pagamento tra le soluzioni

E quindi come soddisfare questa clientela sempre più esigente e tecnologica? Una soluzione certamente non esaustiva ma interessante è data dai cosiddetti pop-up store, che consentono ai brand di estendere al punto vendita fisico l’offerta disponibile su Internet e di lanciare con successo un prodotto attraverso una comunicazione efficace sui social network, trasformandolo in evento. In questo modo i brand possono testare un mercato specifico, soddisfare la voglia del pubblico di sentirsi parte di qualcosa di speciale e catturare un maggior numero di consumatori, fidelizzandoli come fossero parte di un club esclusivo.

Un’altra modalità innovativa ci viene offerta dall’esperienza cinese. Secondo una ricerca di Bain&Company l’80% dei consumatori cinesi acquista prodotti di lusso all’estero, e questo ha incoraggiato i brand del lusso a sviluppare una strategia omnicanale in grado di offrire un’esperienza di acquisto confortevole, sicura e veloce. La più diffusa modalità di pagamento dei consumatori cinesi si chiama Alipay, che conta su 520 milioni di utenti attivi e 175 milioni di transazioni giornaliere, e che è stata adottata anche dai negozi Printemps in Francia e dai punti vendita Lacoste negli Stati Uniti d’America. Altri brand di lusso dei gruppi LVMH, Richmond e Kering stanno lavorando a questo progetto. Interessante anche il caso di WeChat Pay, sistema di pagamento dell’App di messaggistica WeChat che conta ben 900 milioni di utenti. Diversi brand del lusso hanno già realizzato alcune campagne di vendita ad hoc per questo supporto. Tra i primi Christian Dior, che con una campagna di personalizzazione online per la sua borsa Lady Dior, ha permesso ai clienti di scegliere il colore, il design e gli accessori ed acquistarli direttamente tramite l’applicazione WeChat e ha venduto in 24 ore tutte le borse a un prezzo di 3500 euro l’una. Particolarmente interessanti per questo sviluppo dell’eCommerce del lusso sono i millennial cinesi, sempre molto informati sulle tendenze e le mode e influenzati dai social network WeChat e Weibo e dai cosiddetti Kol (key opinion leader).

E l’Italia? La multicanalità da noi sta crescendo grazie al supporto di innovative soluzioni di mobile payment. Per sfruttare i molteplici canali di vendita, l’azienda dovrà lasciare la scelta del canale al cliente e personalizzare l’esperienza in base a ciascun tipo di consumatore.

 

 

Le donne cambiano la spesa, tra tech e salute: l’indagine Eurispes

Riprendono i consumi dopo la grande crisi ma la spesa è cambiata profondamente, e al centro dei nuovi stili di vita e di acquisti ci sono, sorpresa sorpresa, le donne: così Eurispes in occasione del fatidico 8 marzo ha voluto realizzare un’indagine declinata al femminile. Che ci mostra una donna motore dell’economia e della speranza, moderna, tecnologica, connessa alla Rete e appassionata di social, attenta al proprio aspetto fisico tanto da ricorrere al bisturi.

La nuova spesa rosa

Secondo l’indagine Eurispes, rispetto agli anni passati è il carrello della spesa del supermercato a pesare di più sul bilancio familiare. I prodotti alimentari sono al primo posto nella classifica degli articoli per il cui acquisto si è registrato il maggiore incremento: il 45%; ad aver speso di più sono le cittadine del Nord-Ovest e delle Isole. Non solo: il cibo di qualità è in vetta alla classifica dei prodotti e servizi di cui le donne non sono disposte a fare a meno: la salute in tavola rappresenta quindi un fatto di primaria importanza.


Un’altra voce rilevante riguarda le spese mediche: in controtendenza rispetto ai dati degli ultimi anni, oltre il 38% delle donne ha dedicato alle cure per la salute maggiori risorse, con una percentuale più alta, e non sorprende, tra le over 65 e le 45-64enni.
Donne al volante: più di tre su dieci hanno dichiarato di aver usato maggiormente l’automobile, sebbene gli spostamenti in auto o in moto risultino all’ultimo posto tra le spese a cui non si vuole rinunciare.
Più tempo per sé di qualità: il 27,8% delle donne nell’ultimo anno ha assaporato più spesso del buon cibo fuori casa, il 25,7% ha dedicato più risorse finanziarie al tempo libero, il 22,3% si è concessa più viaggi e vacanze. A trainare questo tipo di spesa sono soprattutto le fasce giovani tra i 18 e i 24 anni e tra i 25 e i 34 anni.
Oltre un quarto delle italiane ha poi confessato di aver investito di più nella bellezza e nella cura, tra estetista, parrucchiere, profumeria. Uno sguardo nelle tasche (o nelle borse) rivela una interessante correlazione tra cura di sé ed entrate economiche: solo il 16% delle donne che lavorano con partita Iva si è concesso questo tipo di investimento, rispetto al 35,3% di chi ha un contratto a tempo determinato e al 34,3% delle donne che hanno un contratto di lavoro atipico.
Rimane la passione per i vestiti: una donna su quattro ha speso di più per l’outfit rispetto agli scorsi anni; la classe delle 18-24enni è quella che più delle altre ha incrementato il budget da destinare a questo tipo di shopping.
Gli amici a quattro zampe sono considerati sempre di più parte integrante della famiglia: una donna su cinque ha incrementato la spesa per il proprio pet.
C’è poi il capitolo dedicato ai figli: oltre tre donne su dieci hanno scelto di spendere di più per l’istruzione privata scolastica e universitaria dei figli, mentre solo il 15% ha aumentato il budget per le baby sitter. Salta agli occhi il dato che riguarda le donne che lavorano con partita Iva: il 100% di loro non ha speso neanche un euro in più per affidare le cure dei figli ad altri.
È invece molto alta la percentuale di chi ha dovuto sostenere maggiori costi per la badante (30%), segno anche questo di una popolazione che invecchia.

 

Tecnologia grande passione
La ricerca Eurispes sfata un vecchio mito polveroso ma duro a morire: non esiste alcun gap tra maschi e femmine in tema di tecnologia legata alle abitudini quotidiane.
L’88,7% delle donne italiane possiede un cellulare, la percentuale raggiunge la quasi totalità nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 44 anni. Oltre sette donne su dieci cambiano apparecchio solo quando quello vecchio non funziona più, il 12,6% quando il modello e le funzionalità sono superati, solo una su dieci lo sostituisce quando ne esce uno che le piace di più e il 6,9% appena ne ha la possibilità. I numeri cambiano se si considera solo la fascia delle giovanissime: in questo caso, sono il 15% confessa di cambiarlo appena può, e il 19% a dichiarare di acquistarne uno nuovo quando adocchiano un modello più bello.
Il telefono è ormai un onnipresente compagno di vita: il 64,6% delle donne lo consulta mentre guarda la televisione, il 63,4% lo controlla prima di andare a dormire e appena apre gli occhi, il 55% parla e scrive mentre cammina, poco meno della metà non ne fa a meno nemmeno quando va in bagno (44,7%). Più di una donna su cinque lo tiene sott’occhio persino mentre sta guidando.
I risultati variano verso l’alto se si prendono in considerazione le giovanissime tra i 18 e i 24 anni: per il 92,5% di loro il cellulare diventa un oggetto indispensabile prima di addormentarsi e appena sveglie, e per oltre nove su dieci un strumento da consultare davanti alla tv; inoltre il 75,5% non ci rinuncia quando è in bagno.
Fondamentale il rapporto con i social: il 78,5% crede che siano un aiuto per restare in contatto con i propri amici, il 71,8% che consentano di essere informate sull’attualità; per il 63,4% aiutano a fare nuove conoscenze mentre per il 62,5% sono un strumento utile di lavoro. La grande maggioranza è comunque cosciente anche degli aspetti negativi: il 64,8% ritiene che attraverso l’anonimato i Social favoriscano comportamenti aggressivi e offensivi, il 63,9% che siano pericolosi perché mettono a rischio la privacy.  A far valere i pareri più positivi sono le donne laureate e, in generale, le maggiori sostenitrici sono anche quelle più consapevoli dei rischi.
L’indagine Eurispes ha indagato anche sulle abitudini di utilizzo prevalenti fra le donne che frequentano i Social Network: l’attività più comune è quella di guardare le attività e le foto degli amici (88,3%), l’86,2% usa le chat, il 78,8% ascolta e guarda video, il 77,7% li usa per tenersi informate. Scrive che cosa fa e pensa il 58,5% delle intervistate, scrive commenti il 68,2%, si iscrive a pagine su argomenti e personaggi il 55% e il 56,2% usa i Social per conoscere persone nuove. Secondo l’analisi sono le donne conviventi quelle che sfruttano maggiormente le attività offerte, seguite dalle nubili e dalle vedove. Le sposate e le separate/divorziate sono invece più riservate.
 
Lo studio integrale è scaricabile a questo link.

Vini in Gdo, bianchi, bollicine e regionali i preferiti del 2017, 648 milioni di litri acquistati

È il canale principale del vino la Gdo, e con 648 milioni di litri venduti nel 2017 diventa un osservatorio privilegiato sui gusti in evoluzione degli italiani: che nel 2017 hanno privilegiato i vini bianchi fermi e gli spumanti secchie e i vini a denominazione d’origine e regionali. La fotografia la dà la ricerca elaborata per Vinitaly (a Verona, dal 15 al 18 apriledall’istituto di ricerca IRI. Gli italiani hanno acquistato 648 milioni di litri nella Grande distribuzione, per un valore che vede il traguardo dei 2 miliardi di euro (1 miliardo e 849 mila milioni di euro), dati inclusivi dei Discount.

Nelle tabelle gli andamenti delle principali tipologie per regione e tipologia. 

 

 

Tra i vini i cui acquisti crescono a doppia cifra: Grillo (Sicilia), Primitivo (Puglia), Ortrugo (Emilia Romagna), Ribolla (Friuli Venezia Giulia), Valpolicella Ripasso (Veneto), Cortese (Piemonte), Passerina (Marche), Chianti Classico (Toscana), Cannonau (Sardegna), Pecorino (Abruzzo/Marche), Falanghina (Campania). Mentre i campioni assoluti rimangono Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo.

Le bottiglie da 0,75 a denominazione d’origine crescono nel 2017 del 2% rispetto all’anno precedente con 280 milioni di litri venduti. Gli spumanti (e champagne) aumentano del 4,9% con 68 milioni di litri. Da notare anche la performance del rosato frizzante che cresce del 3,9%.

Prosegue il trend negativo dei “bottiglioni” (fino a 2 litri) che perdono un ulteriore 2,5%, mentre i brick registrano una flessione dello 0,6%. Ancora di nicchia ma in crescita il formato “bag in box”.

In forte crescita le vendite di vino e spumante biologico che superano i 4 milioni di litri venduti, confermando un percorso che ha ancora ampi margini di crescita.

“Se la quantità di vino acquistato nella Grande Distribuzione è stabile da anni, i consumatori mostrano di apprezzare le novità, accogliendo favorevolmente le proposte delle cantine – spiega Virgilio Romano, Business Insight Director di IRI, coordinatore della ricerca –. I vini a denominazione d’origine vendono 5,5 milioni di litri in più nel 2017, così come crescono bollicine e vini bianchi, inoltre aumentano le tipologie regionali che si fanno apprezzare ogni anno per i tassi di crescita. I Vini emergenti si fanno apprezzare per posizionamenti di prezzo non bassi (oltre la metà superiore a 4 euro) e questo è un aspetto positivo perché dimostra la disponibilità del consumatore a premiare novità e valore. Il successo degli Spumanti ha spinto molte cantine a dedicarsi a questo prodotto, ormai sulla via della destagionalizzazione nella versione Secco. Infine, i prezzi nel 2018 dovranno sostenere una sfida non banale a causa della vendemmia 2017 poco generosa e al conseguente rialzo atteso».

Appuntamento a Vinitaly il 16 aprile alla tavola rotonda di approfondimento sulle vendite di vino nella Gdo, dove sarà presentata la ricerca IRI nella sua completezza,  con un focus sul mercato del vino italiano nei supermercati USA. Il 16 e 17 aprile si terranno gli incontri B2B del Gdo Buyers’ Club.

«La grande distribuzione organizzata si mantiene un canale di vendita molto importante per il mercato italiano – commenta Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere – capace di far emergere nuovi vini e territori e di assecondare nel tempo la richiesta di prodotti di maggiore qualità anche per il consumo quotidiano. Un’evoluzione che Vinitaly sta seguendo negli anni diventando il luogo di analisi e confronto tra gdo e settore enologico e soprattutto proponendo alle cantine espositrici incontri B2B con i buyer delle insegne della distribuzione organizzata. Con l’International Packaging Competition Vinitaly da oltre venti anni promuove la cultura del comunicare con efficacia attraverso l’etichetta e la confezione il valore del prodotto»

Sorpresa: gli studenti italiani amano il cibo sano e naturale (ma i cinesi di più)

Junk food? No grazie: alimentarsi in maniera sana è diventata una priorità anche per gli studenti universitari, soprattutto quelli italiani. Che nei loro pasti tra una lezione e l’altra puntano sulla salubrità dei cibi, sulla varietà e sul gusto anche grazie a una maggiore offerta rispetto a un tempo. Anche se soprattutto in Europa molti giovani prediligono ancora il classico pranzo in famiglia, cucinato dalla mamma.

È il risultato del sondaggio di Sodexo, società internazionale di servizi, che ha intervistato oltre 4mila studenti in sei Paesi del mondo (Cina, India, Italia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti) sulle abitudini alimentari. E sono molte le scelte nelle quali gli italiani si distinguono rispetto ai colleghi degli altri Paesi.

La prima cosa che si nota è che i giovani italiani sono particolarmente attenti alla qualità di quello che mangiano: l’87% dei nostri connazionali è consapevole dell’importanza di alimentarsi in maniera sana. Per il 26% è addirittura un aspetto fondamentale, mentre per il 61% è semplicemente importante senza ossessioni. Solo i cinesi sono più sensibili di noi a questo aspetto (90%), mentre dietro di noi ci sono spagnoli (84%), indiani (84%), americani (80%) e inglesi (78%). Specularmente solo l’1% degli italiani non si cura affatto di ciò che ingerisce (percentuale che sale al 3% per gli statunitensi e addirittura al 4% per i britannici).

Non sorprende invece che gli italiani siano i più legati alla famiglia: il 57% consuma cibi preparati a casa (americani e inglesi sono al 46%). Il 35% degli italiani mangia all’interno dell’università, molto più del 19% di spagnoli e indiani e del 6% dei cinesi. Il cibo è sempre importante per noi: per risparmiare in pochi sono disposti a saltare un pasto (10%), mentre molti di più preferirebbero rinunciare a un’uscita con gli amici (43%), a un hobby (33%) o a riscaldare casa (13%). Eppure ben pochi tra gli studenti del Belpaese sembrano interessati a imparare a cucinare: solo tre su dieci, molto meno di americani (42%) e indiani (39%).

«Non sorprende – spiega Franco Bruschi, head of Schools&Universities segment med region di Sodexo – che dove e cosa mangiano gli studenti vari in funzione della cultura e delle strutture; sappiamo infatti quanto diverse siano le abitudini alimentari nelle varie parti del mondo Il nostro sondaggio ha rivelato che meno della metà degli studenti consuma il pranzo all’interno del campus, presso un ristorante, caffè o negozio dell’università».

Un altro aspetto che emerge dal sondaggio e che non riguarda solo l’Italia è che gli studenti di tutto il mondo sono molto sensibili agli aspetti etici del cibo. Se il 44% di loro si aspetta di trovare cibi a basso contenuto calorico, privi di allergeni e vegani/vegetariani nei locali e nei negozi dell’università, quasi un terzo degli studenti sarebbe disposto a pagare di più per prodotti equosolidali mentre per un terzo conta di più spendere poco.

«Negli ultimi anni – dice Paola Palestini, professoressa di Biochimica, coordinatore del master Ada, Alimentazione e dietetica applicata e membro del Presidio della qualità didattica presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca – è cresciuta la consapevolezza, soprattutto nei più giovani, che alimentarsi in modo sano è un importante investimento a lungo termine per il mantenimento di un buono stato di salute. Questa nuova consapevolezza non è solo italiana, come ci si potrebbe aspettare in quanto culla della dieta mediterranea e di una biodiversità agricola di alta qualità, ma è presente, anche se in percentuali minori, in Paesi dove questi presupposti sono poco presenti come USA e Inghilterra. Quello che mi ha sorpreso in questo sondaggio è che gli studenti cinesi sono quelli a cui maggiormente interessa mangiar sano e cercano cibi a basso contenuto calorico, prodotti equosolidali, di origine locale e sostenibili».

Foto di Jacek Dylag / Unsplash

Omia apre un nuovo segmento nel mass market, con due shampoo dermo specifici

OMIA apre un nuovo segmento nel mass market, lanciando la sua nuova linea di shampoo eco bio dermo-specifici a base di oli essenziali.

Due i nuovi shampoo, che confermano la vocazione dell’azienda per l’EcoBio Therapy: Sebo-Shampoo Purificante per capelli grassi e Shampoo Trattante Antiforfora Lenitivo. Entrambi sono studiati  per il trattamento specifico della forfora e del cuoio  capelluto seborroico e caratterizzati, come tutti i prodotti OMIA, da una formulazione biologica, naturale, trasparente, e da un processo produttivo certificato.

“La nuova linea,  prodotta in confezioni ad alto volume (200 ml)  e venduta ad un  prezzo equo, testimonia la filosofia aziendale di OMIA, che pone al centro il  consumatore – afferma il CEO, Gianluca Angioletti –  Siamo stati pionieri dell’ecobio cosmesi alla portata di tutti.  Innovazione e qualità alla portata di tutti è il nostro obiettivo. Ad oggi siamo presenti nella grande distribuzione, supermercati e casa toilette, con una presenza distributiva del 40%. Intendiamo ampliare la nostra presenza anche sul canale dei supermercati alimentari, dove attualmente non è prevista una proposta nell’area del cosmetico naturale e biologico”

OMIA Sebo-Shampoo Purificante per capelli grassi – 200ml

E’ un prodotto EcoBio cosmetico certificato sebo-equilibrante naturale clinicamente testato per garantire capelli liberi da grasso.P rofumato naturalmente con Tea Tree Oil e Olii Essenziali di Rosmarino, Limone e Bergamotto, ( tutti olii biologici certificati) regola la secrezione del sebo e contrasta la caduta dei capelli lasciandoli soffici e luminosi.

Prezzo al pubblico: € 5,55

 

OMIA Shampoo Trattante Antiforfora Lenitivo – 200ml

E’ un prodotto EcoBio cosmetico  certificato con efficacia testata su Mallassezia furfur, in grado di rimuovere la forfora grave ostacolandone la ricomparsa. Profumato naturalmente con tea tree oil (olio essenziale biologico certificato) e salvia officinalis,, combatte la forfora sia grassa  che secca ostacolandone la ricomparsa e grazie alla presenza di calendula ed aloe vera rinfresca il cuoio capelluto.

Prezzo al pubblico: € 5,55

 

 

Red Bull lancia Organics, la nuova linea di soft drink bio ed effervescenti

Red Bull presenta ORGANICS, una nuova gamma premium di bevande dissetanti biologiche, senza aromi artificiali, coloranti artificiali, conservanti o additivi. ORGANICS by Red Bull è disponibile in 4 varianti: Simply Cola, Bitter Lemon, Ginger Ale e Tonic Water.
I prodotti della linea ORGANICS by Red Bull non sono Energy Drink, ma Soft Drink effervescenti .
Le bevande ORGANICS by Red Bull contengono ingredienti di origine naturale e, in ottemperanzaai Regolamenti Europei per i prodotti biologici, rappresentano una alternativa biologica alle bibiteanalcoliche tradizionali.
Questa nuova linea di prodotti è confezionata nell’iconica lattina di alluminio Red Bull, riciclabile al 100%. ORGANICS by Red Bull propone un’offerta alternativa ai benefici funzionali di Red BullEnergy Drink e include i seguenti gusti:
ORGANICS Simply Cola:contiene ingredienti di origine naturale, con un gusto unico, che non risulta troppo dolce.
ORGANICS Bitter Lemon: contiene succo naturale di limone e oli di agrumi, accompagnati da
una nota erbacea amara, derivante da estratti vegetali naturali, e presenta una caratteristica nota bitter.
ORGANICS Ginger Ale: contiene oli naturali di zenzero e succo di limone da agricoltura biologica,con un colore ambrato e un aroma speziato.
ORGANICS Tonic Water:contiene una miscela armonica di limone e lime con ingredienti di
origine naturale. Un caratteristico mix di note dolci, amare e secche.

Sanpellegrino lancia un nuovo NESTEA, grafica d’impatto: ricettazione naturale

Sanpellegrino, dopo la conclusione della partnership con The Coca-Cola Company, torna a gestire direttamente NESTEA in Italia.

E non basta, in concomitanza con la nuova strategia distributiva, cambiano anche la  veste grafica (con un’immagine di grande impatto) e la ricetta (più semplice), pensata  per soddisfare le esigenze dei consumatori, che sempre di più spesso cercano prodotti naturali, con ingredienti selezionati di alta qualità, senza dover rinunciare al gusto.

 

La nuova gamma NESTEA

E’ composta da ingredienti selezionati, a cominciare dalle foglie di tè provenienti dalle Blue Mountains in India, una regione nota da oltre 100 anni per il suo tè profumato e di qualità. Il nuovo NESTEA offre una vera esperienza del tè, non contiene coloranti, aromi artificiali e conservanti. Una formula nuova, ben “raccontata” anche dal packaging, che enfatizza l’ingrediente principale: la foglia di tè.

Il nuovo NESTEA è disponibile su tutto il territorio nazionale nei canali Modern Trade e Ho.Re.Ca. in due varianti:

  • Limone, in lattina 250 ml e bottiglia PET 500 ml e 1 L
  • Pesca, in lattina 250 ml e bottiglia PET 500 ml e 1 L

La gamma tè Sanpellegrino

Il gruppo Sanpellegrino con NESTEA può completare il proprio portafoglio nella categoria dei tè proponendo due diversi brand con caratteristiche e posizionamenti differenti:

NESTEA, si rivolge principalmente a un target più giovane, come i millenials che concentrano i consumi principalmente nel canale fuori casa, punterà su un prodotto pieno di gusto, con ingredienti semplici e un’immagine di brand completamente rinnovata.

Al contrario BELTE’ cercherà di consolidare il proprio ruolo nel canale retail puntando maggiormente sulle famiglie e proponendo un prodotto naturale maggiormente legato al benessere e alla leggerezza.

 

 

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