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Il retail ricomincia dalla digital transformation

Il retail deve ricomniciare in sicurezza. Per dar voce a questa esigenza, il Gruppo Masserdotti, per ciascuna delle tre business unit, si è attivato fin dall’inzio dell’emergenza sanitaria, per mettere al più presto a disposizione  varie novità.  A partire Health (lanciato dalla divisione Dominodisplay)inedita linea di soluzioni multimediali che mette a disposizione di retailer ed esercenti totem multimediali integrati con dispositivi di sicurezza che vanno dal gel disinfettante alla misurazione della temperatura corporea e dell’afflusso di utenti.

“Grazie a questi strumenti i negozi avranno la possibilità, non solo di gestire in modo più efficace la comunicazione relativa alle norme di sicurezza, ma potranno trasformare il punto vendita in un luogo di esperienza nuova, integrando il digital signage con le proprie piattaforme online”, spiega Alberto Masserdotti, AD dell’omonimo Gruppo.

“L’offerta si sviluppa su più livelli, partendo dall’upgrade di dispositivi già installati con le nuove funzionalità, fino alla proposta di sistemi stand alone, acquistabili direttamente sullo shop online. Soluzioni tecnologiche che rispondono efficacemente sia alle esigenze dei piccoli negozi, sia a quelle di progetti enterprise come catene della GDO, centri commerciali e fiere, dove la nuova necessità di distanziamento sociale ha contribuito ad accelerare il processo di digital transformation”, prosegue Masserdotti.

Tecnologie all’avanguardia che possono essere abbinate a soluzioni analogiche firmate dalle altre due divisioni aziendali: Masserdotti per la stampa digitale e Onframe per il Soft Signage. “Per Masserdotti abbiamo creato in pochi giorni un e-shop dedicato dove acquistare lo speciale ‘Kit di riapertura’ appositamente studiato per retail, GDO e pubblici esercizi”. Il kit comprende proposte che vanno dai classici totem ai minitotem porta dispenser per gel disinfettante, dai separatori mobili in plexiglass alle barriere anti droplet da banco cassa, fino ai floor stickers, applicazioni adesive da pavimento per il distanziamento sociale, best seller per la comunicazione in stazioni e aeroporti.

Soluzioni in chiave planet friendly sono inoltre quelle messe a punto da Onframe, la divisone del Gruppo a cui fa capo il primo e unico portale verticale per la realizzazione on demand di frame e lightbox personalizzabili. La gamma è stata arricchita con innovative barriere con cornice in alluminio anodizzato e telo trasparente, disponibili in versione da terra o da scrivania e customizzabili nelle dimensioni grazie all’esclusivo configuratore online. Estremamente pratiche e semplici da installare anche dai non addetti ai lavori, le barriere by Onframe sono soluzioni modulari riutilizzabili anche a fine emergenza come strumento di comunicazione, semplicemente sostituendo il telo trasparente con un tessuto green personalizzabile online con grafiche e immagini a scelta.

Succhi di frutta in Gdo: dinamiche e prospettive. L’analisi di IRI

Dal Coronavirus in poi, niente è come prima. Tutto è stato stravolto. Compreso il mercato delle bevande. Basta guardare i dati per capirlo. Nel 2019 il mercato delle Bevande (prendendo in considerazione i canali Ipermercati, Supermercati e Libero Servizio Piccolo), con un giro d’affari di poco più di 8 miliardi di euro, è stato uno dei settori più dinamici del Largo Consumo Confezionato, riportando una crescita più che soddisfacente in termini di valore (+2,2%) e un lieve recupero in volume (+0,3%), rispetto all’anno precedente. Tutte le principali categorie hanno avuto un focus sul miglioramento dei fatturati: l’Acqua, che rappresenta il 71% dei volumi ma solo il 21% del giro d’affari dell’intero settore, ha chiuso l’anno passato con una certa stabilità a volume e una crescita contenuta a valore (+0,1% a volume e +1% a valore); la Birra ha mostrato migliori risultati dal punto di vista del fatturato con un incremento del +1,9% a valore rispetto ad un +1,1% a volume; in leggera crescita il Vino a volume (+0,6%), a fronte di un +2% in valore; ottime performance per Aperitivi (+6,4%) e Champagne/Spumanti (+8%); le Bevande Gassate permangono a volume sugli stessi livelli del 2018, anno caratterizzato da un forte calo delle vendite; Succhi e Nettari confermano l’andamento del 2018 (-3,3% sia a volume che a valore), mentre si è registrato un incremento delle vendite per le Bevande Piatte (+4,8% a volume). Un quadro, questo del 2019, sicuramente differente dalla realtà che stiamo vivendo nell’anno in corso. L’emergenza legata al Covid-19, che dalla fine di febbraio ha rivoluzionato le vite di tutti noi, ha inciso in maniera dirompente sugli stili di vita e sui comportamenti di acquisto e di consumo. In pochi giorni, intere famiglie si sono ritrovate confinate tra le mura delle loro case, con l’azzeramento di ogni possibile forma di consumo fuori casa e con la necessità di riorganizzare la spesa alimentare per rispondere ad un maggior consumo domestico. Infatti, a partire dall’ultima settimana di febbraio, a seguito della scoperta dei primi casi di Coronavirus e delle conseguenti decisioni governative in tema di chiusure dei negozi, le vendite di prodotti di Largo Consumo nella Grande Distribuzione hanno subito una impennata che ha interessato molte categorie, tra le quali Acqua, Vino, Birra, ma anche i Succhi di Frutta, perlomeno nelle prime settimane di emergenza, generando un contenimento della flessione delle vendite rispetto alla chiusura del 2019. Questo studio si pone come obiettivo quello di delineare la categoria dei Succhi di Frutta e le relative performance nella Distribuzione Moderna, oltre ad investigare le nuove dinamiche di mercato e le possibili prospettive per il futuro.

I Succhi di Frutta nel canale moderno

Come indicato dall’esclusiva soluzione IRI Liquid Data, la categoria dei Succhi di Frutta, UHT e Freschi, ha sviluppato un fatturato di quasi 581 milioni di euro nella Distribuzione Moderna (Ipermercati + Supermercati + Libero Servizio Piccolo) per un totale di circa 403 milioni di litri: le vendite complessive hanno segnato una flessione del -2,2% in valore e del -2,1% in volume negli ultimi 12 mesi terminanti ad aprile 2020. Succhi, Nettari e Spremute UHT, che rappresentano il 92% del fatturato complessivo, presentano la stessa dinamica del totale mercato in termini di variazioni di vendite verso lo scorso anno.

Anche i Succhi Freschi – segmento piccolo rispetto ai prodotti a scaffale -dopo la crescita del recente periodo legata all’entrata sul mercato di diverse aziende specializzate nella IV gamma, segnano nell’ultimo anno una battuta d’arresto con una lieve crescita in volume (+0,4%) e una flessione delle vendite in valore pari a -2,6% (in crescita la nicchia dei Frullati Freschi).La flessione registrata dal mercato ha interessato le aree del Nord e il Centro, mentre si evidenzia una lieve crescita per il Sud. In termini di canale di vendita, i Supermercati, che sviluppano oltre il 70% del fatturato dei Succhi UHT, hanno registrato una perdita delle vendite in valore del -1.1% rispetto all’anno precedente, gli Ipermercati segnano un -10% mentre restano stabili i punti vendita di prossimità: le restrizioni della «fase 1» dell’emergenza Covid-19 e il conseguente maggior ricorso ai punti vendita di prossimità, hanno generato un trend positivo per il canale di cui ha beneficiato anche la categoria dei Succhi UHT. Per i Succhi Freschi è da segnalare la concentrazione di vendite nell’area del Nord Ovest che rappresenta oltre il 50% delle stesse (30% delle vendite per i Succhi UHT). In termini di canali di vendita, si segnalano le stesse dinamiche dei Succhi UHT con una forte flessione degli Ipermercati e una crescita della “prossimità” guidata dagli eventi degli ultimi mesi.Lo scaffale dedicato alla categoria risulta essere abbastanza affollato, anche se si riscontra una tendenza alla riduzione del numero medio di referenze e quindi di razionalizzazione della proposta da parte della Grande Distribuzione: l’offerta media di Succhi e Nettari UHT è di circa 131 referenze per punto vendita che salgono a oltre 190 negli Ipermercati. Nel banco frigo, l’offerta media di Succhi si aggira intorno a 13 referenze (23 negli Ipermercati) per punto vendita (in flessione anche in questa categoria). La proposta a scaffale dei Succhi è estremamente segmentata agli occhi dei consumatori: diverse localizzazioni nel punto vendita (banco frigo o scaffale), varie tipologie di prodotto (% frutta) per l’UHT, molteplici tipologie di pack (formato/confezione) e numerosi gusti. Analizzando le principali tipologie di Succhi UHT: i Succhi 100%, che sviluppano il 13% del fatturato del mercato, hanno perso circa l’1,1% delle vendite, persevera il trend negativo dei Nettari (32% del mercato), utilizzati prevalentemente come merenda per i bambini e sono in lieve crescita (+1,5%) le bevande a più basso contenuto di frutta (30%-99%), che rappresentano la parte più importante del mercato (43%).

Formati e gusti

Il primo formato del segmento UHT è quello da 1 lt – brick o plastica – che sviluppa circa il 43% dei valori e il 48% dei volumi: tra brick e plastica, il primo mostra trend più dinamici con una crescita sia pur lieve, mentre la plastica è in flessione. Segue il brick 200 ml, che sviluppa circa il 26% a valore e il 23,3% a volume, che invece continua a mostrare una flessione delle vendite. Il vetro, terza tipologia di confezionamento dopo il brick e la plastica, si ritaglia il 14% del mercato dei Succhi UHT: se i formati piccoli mostrano una certa difficoltà (es 125ml o il 200ml), si rilevano tassi di crescita più dinamici su formati nella fascia 500ml-750ml.

Nei Succhi Freschi, il formato 250 ml plastica si conferma il primo per incidenza sul fatturato; in termini di volumi invece, il primo formato è il brick da 750ml. I consumatori possono scegliere tra un’ampia e vasta gamma di gusti: dai classici, come albicocca, pesca, pera, arancia rossa, ananas ai gusti più di tendenza quali mirtillo, frutti di bosco, frutti rossi, melograno. La tendenza degli ultimi anni è di proporre mix di frutta e verdura con la combinazione di spezie.

Prezzi e Promozioni

Succhi e Nettari UHT hanno un prezzo al litro di 1,36€, che varia a seconda della % di frutta, del tipo di confezione (il prezzo medio del vetro è triplo rispetto alla media) o del tipo di prodotto (per esempio i succhi bio hanno un prezzo più che doppio rispetto alla media). Nell’ultimo anno, l’incidenza promozionale del mercato è stata del 41% (-2 pti verso l’anno precedente). Più elevato il prezzo medio dei Succhi Freschi: si passa dai 4,50 €/lt dei Succhi Freschi ai 9 €/lt dei Frullati Freschi. Complessivamente, il segmento dei Succhi Freschi ha registrato un’incidenza promozionale pari 21% dei volumi.

Innovazione

L’affermarsi di modelli di consumo orientati al salutismo è una delle ragioni che spiegano la contrazione del mercato dei Succhi di Frutta negli ultimi anni. Nelle scelte d’acquisto di cibi e bevande, la presenza di zucchero è uno degli aspetti a cui gli italiani dedicano una forte attenzione. Le aziende del comparto, per fronteggiare questa riduzione del consumo di zucchero, hanno cercato di dare un nuovo impulso attraverso un’offerta orientata a soddisfare sempre più la richiesta di “benessere” di un consumatore che si mostra attento alla lista degli ingredienti e alla loro naturalità. L’innovazione si sta orientando sempre di più verso la riformulazione di ricettazioni per eliminare o ridurre il contenuto di zucchero e aumentare la percentuale di frutta in modo da proporre prodotti più in linea con la richiesta di naturalità da parte del consumatore. Come negli altri comparti delle Bevande Analcoliche, si assiste ad un aumento dell’offerta di prodotti che riportano sulla confezione il claim “senza zuccheri aggiunti” e che, quindi, contengono solo lo zucchero naturalmente presente nella frutta.Accanto alle formulazioni che puntano a ridurre le quantità di zucchero ed aumentare la percentuale di frutta, le aziende del settore hanno ampliato l’offerta in termini di gusti proponendo, accanto a quelli classici, mix di frutta e verdura, prodotti arricchiti con ingredienti alleati della salute (zenzero, aloe, bacche di goji, curcuma ecc…), oppure gusti a base di frutti con principi attivi particolarmente interessanti per la salute e quindi considerati molto sani (es mirtillo, melograno…).

Prospettive per il futuro

Conoscere i criteri di scelta che sottendono l’atto di acquisto dello shopper, le barriere all’acquisto e il ruolo della lista degli ingredienti (compresa la presenza di zucchero) può essere un supporto efficace per le aziende di produzione: la capacità di cogliere i cambiamenti radicali del profilo dei consumatori e di proporre un’offerta innovativa che ne tenga conto rimane un elemento chiave per competere in generale nei mercati e in particolare nel mercato dei Succhi. Adattarsi alle nuove richieste provenienti dai consumatori rappresenta una possibilità di riscatto e di ripresa per un mercato da tempo attaccato per il contenuto di zuccheri. L’opportunità per gli operatori del settore può essere individuata attraverso un’innovazione basata su una riformulazione della quantità di frutta e zucchero e una comunicazione adeguata per affermare valori e distintività delle marche. E’ possibile trovare un modo alternativo per sfruttare al meglio tutte le valenze nutrizionali della frutta, ritagliandosi nuove fette di mercato, creando nuove occasioni di consumo e attirare così nuovi consumatori.

Fase 2 e consumatori: il 63% continua a preferire il negozio fisico

Dopo molte settimane di difficoltà causate dalla crisi del Coronavirus, il Paese sta tornando alla normalità e anche il settore Retail prova a ripartire.

Ma come saranno i “nuovi” consumatori che varcheranno le soglie dei punti di vendita? E come deve evolvere il negozio per accogliere i propri clienti, interpretando al meglio i loro bisogni?

Da febbraio GfK ha attivato un monitoraggio settimanale a 360 gradi sugli effetti del Coronavirus sui mercati, i consumatori e i media che ha messo in luce tra le altre cose le nuove aspettative dei consumatori rispetto al mondo Retail. Anche se nelle ultime settimane le vendite on-line sono cresciute in maniera significativa per effetto del lockdown, il 63% degli italiani desidera ancora acquistare nel negozio fisico.

Un aspetto fondamentale per attirare nuovamente il consumatore in negozio sarà quello di puntare sulla sicurezza. Infatti, secondo le indagini GfK il 68% degli italiani ha intenzione di frequentare i negozi in grado di garantire le massime condizioni di igiene e sicurezza.

Comunicare e trasmettere un senso di sicurezza sarà fondamentale per avere visitatori, ma bisognerà anche trovare nuovi modi per rendere gratificante la visita in store, che può essere depotenziata dai dispositivi di protezione (mascherine, guanti, gel per le mani, distanziamento…).

Ma cosa si aspettano i consumatori dall’esperienza in negozio nel dopo COVID-19? Le nostre ricerche ci dicono che i consumatori italiani sono divisi a metà, tra coloro che desiderano riscoprire il contatto umano all’interno dei negozi (49%) attraverso la presenza di personale, assistenza in negozio o promoter e coloro che invece preferirebbero trovarvi un maggiore utilizzo di tecnologie digitali (51%), compresi gli assistenti virtuali e i sistemi di intelligenza artificiale, che possono aiutare a mantenere un elevato livello di sicurezza nel punto vendita.

Sesamo, la start-up B2B per gli operatori di e-commerce

E’ nata durante il lockdown e forse la chiusura totale delle attività è stata un catalizzatore importante. Si chiama Sesamo, la sua matrice è veneta ed ha due obiettivi importanti: proporre i prezzi più bassi sul mercato e gestire le spedizioni più veloci nel segmento ecommerce B2B. Il metodo è rivoluzionario per gli e-shop B2B: spazi di stoccaggio gestititi direttamente, merce di proprietà e una logistica integrata. È la definitiva rivoluzione nella digitalizzazione del business-to-business: il Veneto è in prima fila in questo processo, che porterà l’Italia a riorganizzare questo canale di vendita con un ecommerce più performante rispetto ai marketplace e aggregatori di vendite oggi esistenti.

Sullo scenario internazionale, esiste già un leader di questa metodologia: Alibaba, player dominante nel mercato online B2B. I negozianti non fanno acquisti al centro ingrosso, comprano on line. In Italia però questo modello stenta ad attecchire: le piattaforme che collegano fornitori e partite Iva si contano sulle dita di una mano. Il motivo? Tempistiche di spedizione e prezzi non competitivi; si spende meno e si compera più velocemente in magazzino che non usando un marketplace online.

La start-up Sesamo si ripropone di colmare questa lacuna.

Da sinistra, Leusink, Bakdounes e Zhao

I soci fondatori sono tre manager quarantenni. A guidare il team, Bassel Bakdounes, di padre siriano ma cresciuto in Italia, founder di Velvet Media, agenzia di marketing che ha tra i propri core business la vendita on line: la sua azienda avrà il timone del progetto. C’è poi Ken Zhao, di origini cinesi, vive nel Padovano: CEO di Obor Group, gruppo internazionale composto da aziende dedicate al commercio a vari livelli, tra cui JG Europe di base a Carmignano di Brenta che si occupa di importazione e distribuzione di prodotti esteri e di esportazione di prodotti italiani. Il terzo è Edwin Leusink, olandese che si occupa di business development e internazionalizzazione in Italia, Medio Oriente e Asia. Il progetto ha visto la collaborazione di importanti realtà del mondo del commercio elettronico, da citare la supervisione di Giovanni Cappellotto, guru dell’ecommerce italiano.

“Mettiamo a disposizione un catalogo di decine di migliaia di referenze ai prezzi più bassi esistenti sul mercato con la garanzia di consegna in 24/48 ore in tutta Italia”, spiegano i tre soci fondatori di Sesamo. “I prodotti saranno scelti tra quelli a maggior tasso di innovazione e qualità, i fornitori saranno aziende italiane, ma anche cinesi. Se fino a un paio di mesi fa gli imprenditori erano molto restii a cambiare abitudini di approvvigionamento ormai consolidate, l’emergenza Coronavirus ha accelerato di almeno due anni l’evoluzione digitale in Italia. Oggi il mercato è pronto ad abbracciare questa rivoluzione nella cultura dell’acquistare online. Il primo vero ecommerce B2B è arrivato in Italia, si chiama Sesamo ed è la nostra ricetta per aiutare le pmi ad uscire dalla crisi del Covid-19”.

Concretamente, la start up ha iniziato a lavorare circa un anno fa. I primi mesi sono stati necessari per la scelta del magazzino per lo stoccaggio (uno di questi è a Padova) e degli hub logistici e per la gestione dei processi di sdoganamento della merce. Si è poi proceduto alla digitalizzazione del vasto catalogo di prodotti a disposizione, che spazia da casa e cucina a cancelleria, elettronica, fai da te e illuminazione. C’è di tutto: dalle siringhe per i dolci ai decanter per il vino, passando per cannucce decorate di carta per party, fluidi di ricarica per accendini, lampadine a led, carta fluorescente e cavi usb. Sesamo è un magazzino virtuale gigantesco e che cresce di giorno in giorno.

“Grazie al nostro ampio network di contatti e relazioni internazionali, ci siamo dati un orizzonte temporale di tre anni per allargare la portata del portale in tutta Europa”, precisano ancora i founder, che hanno lanciato il sito www.sesamoshop.it proprio il 4 maggio, giornata simbolo della ripartenza dell’Italia. “Oggi, però, la nostra missione è quella di aiutare a far ripartire le circa ottomila partite Iva venete che comprano in stock. Quando conosceranno i nostri prezzi e potranno evitare inutili attese per lo sdoganamento dei prodotti, capiranno che il mondo è cambiato. Sesamo è la rivoluzione degli ecommerce B2B in Italia”.

Blue Yonder: così sono cambiate le abitudini dei consumatori

Comportamento d’acquisto decisamente mutati a causa della pandemia: e non solo nel nostro Paese, ma in tutta Europa e in USA. Da  Blue Yonder, arriva, sul tema, una nuova ricerca ache ha coinvolto consumatori europei e statunitensi nei mesi di marzo e aprile

In entrambi i continenti è emerso che il settore della vendita al dettaglio di generi alimentari è stato letteralmente inondato dagli ordini online. Negli Stati Uniti quasi tre quarti (74%) dei consumatori intervistati nel mese di aprile hanno affermato che stavano facendo più acquisti online che in negozio in risposta al COVID-19, in crescita rispetto al 57%, dato emerso dalla stessa ricerca condotta nel mese di marzo. E ancora: oltre i due terzi (69%) dei consumatorihanno continuato ad acquistare generi alimentari in negozio nonostante la pandemia di COVID-19. Tra i consumatori statunitensi che hanno usufruito della consegna a domicilio di generi alimentari, più della metà (54%) ha dichiarato che ci sono stati ritardi, e il 28% ha affermato che la consegna ha subito oltre tre giorni di ritardo.

E in Europa? Il 63% degli acquirenti che stanno spendendo di più online per la spesa quotidiana afferma che continuerà a farlo anche una volta che la crisi sarà superata. Inoltre lo shopping in negozio continuerà a svolgere un ruolo importante nel mondo post COVID-19, tuttavia il 19% degli intervistati (il 23% in Italia) ha dichiarato che probabilmente visiterà i negozi di alimentari e largo consumo meno di quanto facesse prima, un dato che sale al 27% (34% in Italia) per le altre tipologie di negozi.

“I servizi di consegna di generi alimentari e di largo consumo online hanno visto una grande tendenza al rialzo e attirato molti nuovi clienti, a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria. L’esperienza iniziale dei nuovi clienti è probabile che influenzi la loro decisione di utilizzare nuovamente questo servizio in futuro, quindi è fondamentale che sia positiva”, ha dichiarato JoAnn Martin, vice president, retail industry strategist, Blue Yonder.

“È chiaro che il comportamento di acquisto online e in negozio cambierà a seguito della pandemia COVID-19”, ha affermato Wayne Snyder, vice president, retail strategy EMEA, Blue Yonder. “Da un lato, molti retailer dovranno incrementare le operazioni di fulfilment online per soddisfare la crescente domanda e le aspettative dei clienti. Dall’altro, dovranno considerare attentamente per il futuro processi adeguati a reagire rapidamente, ma in modo efficiente, alle mutevoli esigenze della domanda per servizi e attività online e offline.”

Rischio di out of stock

La disponibilità delle scorte è stata una delle principali sfide che i retailer si sono trovati ad affrontare durante la pandemia COVID-19: negli USA quasi nove consumatori su dieci (87%) si sono confrontati con la mancata disponibilità di prodotti e tre quarti (75%) hanno dichiarato di essere più propensi ad acquistare lo stesso prodotto da un rivenditore diverso nel caso fosse esaurito presso quello abituale, mentre il 78% ha affermato che preferiva comprare un prodotto di un’altra marca presso lo stesso retailer, se quello del brand desiderato era esaurito.

In Europa il 38% degli acquirenti ha dichiarato che, rispetto all’inizio della crisi COVID-19, capita più spesso che i loro articoli e brand preferiti siano esauriti presso la GDO. Per i consumatori del vecchio Continenete prima della crisi eranoprioritari, nell’ordine,  prezzo (72%), gamma di prodotti (54%) e disponibilità di stock (48%). I dati equivalenti per l’Italia erano: prezzo (76%), disponibilità delle scorte (57%) e gamma dei prodotti (55%). Ora invece, la disponibilità dei prodotti è balzata al primo posto (58%), seguita da prezzo (56%) e gamma di prodotti (39%). Anche in Italia si colloca al primo posto la disponibilità dei prodotti (64%), seguita da prezzo (60%) e dalla prossimità del negozio (42%). Questo dato mette in evidenza la rilevanza della prossimità per i consumatori Italiani, che per gli intervistati europei si colloca invece tra il quarto e il quinto posto.

“I modelli di acquisto stanno cambiando, e stiamo assistendo a una rinascita della grande spesa settimanale. È chiaro che i consumatori sono disposti a scendere a compromessi sul prodotto e sul prezzo, a condizione che gli articoli di cui hanno bisogno siano disponibili. I retailer devono pensare all’effetto che questo cambiamento di comportamento avrà e adeguare di conseguenza gli assortimenti dei prodotti, per esempio trovando il giusto bilanciamento tra fresco e prodotti a lunga conservazione”, ha aggiunto Martin.

Acquisti alimentari

I risultati hanno rivelato che in Europa quasi la metà (47%) dei consumatori spende di più per i generi alimentari da quando sono state messe in atto le misure per combattere il COVID-19, con oltre un terzo (35%) che ha dichiarato di aver aumentato gli acquisti di generi alimentari online. In Italia il 44% degli intervistati ha dichiarato di aver aumentato gli acquisti online di generi alimentari, e il 40% quelli online di generi non alimentari Il COVID-19 avrà chiaramente un impatto a lungo termine sulle modalità di acquisto di prodotti non alimentari. In Europa, più della metà (58%) dei consumatori ha ridotto le spese di abbigliamento da quanto sono state messe in atto le restrizioni contro il COVID-19 (il 77% in Italia, il 68% in Francia, il 57% in UK, il 48% in Svezia e il 39% in Germania). C’è stata una tendenza simile per i settori fai da te ed elettronica, che hanno registrato una diminuzione della spesa rispettivamente da parte del 40% e 45% (il 48% e 61% in Italia). Comprensibilmente, il settore sanitario ha invertito il trend, con il 23% degli acquirenti che ha detto di aver speso di più durante questo periodo ( contro una media del 17%, in Italia 26% ).

“La preoccupazione costante per i retailer è il rischio che gli acquirenti spendano meno o non visitino i negozi con la stessa frequenza. Per avere successo, le supply chain dei retailer devono essere pronte a fornire ai consumatori i prodotti che desiderano, online o in negozio, nel modo più efficiente possibile. Questo renderà necessario migliorare le capacità di previsione e avere una maggiore visibilità delle supply chain rispetto al passato. L’Intelligenza artificiale e il machine learning possono svolgere un ruolo importante non solo nell’aiutare i rivenditori ad anticipare meglio la domanda, ma anche nell’identificare e risolvere i problemi a un livello più granulare”, ha concluso Snyder.

Metodologia della ricerca

L’indagine europea è stata condotta da Opinium, agenzia specializzata in indagini di mercato strategiche, tra marzo e fine aprile 2020. I risultati si basano su 6.018 interviste online di cittadini europei (2.000 nel Regno Unito, 1.000 in Francia, 1.000 in Germania, 1.000 in Italia, 1.000 in Svezia). L’indagine statunitense ha raccolto le risposte di oltre 1.000 consumatori maggiorenni residenti negli Stati Uniti tramite un fornitore di terze parti sia a marzo che aprile 2020.

Igiene a portata di bambini in bar, ristoranti, negozi e parchi

In vista di una graduale riapertura delle attività commerciali e dei parchi, Eurostands, azienda brianzola leader nel settore degli allestimenti fieristici, ha lanciato COVISTOP T Sanitizer Kids, un distributore automatico di gel igienizzante pensato per i bambini.

Grazie al design semplice e lineare e a un linguaggio chiaro ed efficace, la colonnina colorata dialoga con i bambini aiutandoli a capire l’importanza di un gesto semplice, come quello dell’igienizzazione delle mani, destinato a diventare parte della loro nuova routine quotidiana.

“Utilizzare i gel igienizzanti, disponibili all’ingresso e all’uscita di supermercati e negozi – commenta l’amministratore delegato di Eurostands Maurizio Cozzani  – è centrale per tutelare la salute della collettività, ma spesso i distributori si trovano ad altezze non raggiungibili per i bambini, anche in luoghi da loro frequentati come librerie e negozi di giocattoli. Da qui l’idea di rivolgersi anche ai più piccoli con prodotti ad hoc in grado di dialogare con loro e rendere più facile e divertente lo svolgimento delle numerose pratiche da seguire”.

COVISTOP T Sanitizer Kids è composto da un montante in legno e un basamento in acciaio, che lo rendono stabile e sicuro. L’apparecchio è dotato inoltre di un meccanismo automatico a fotocellula che permette di dosare il prodotto secondo le necessità dei più piccoli. Il cartonato in forex stampato permette di rivolgersi ai bambini con un linguaggio semplice e chiaro.

Covid-19: Fairtrade stanzia 3,1 milioni per la ripresa

Il circuito Fairtrade annuncia il lancio del “Fondo di assistenza per i produttori Fairtrade” e del “Fondo per la resilienza dei produttori Fairtrade”. I due meccanismi di finanziamento partono con un investimento iniziale di 3,1 milioni di euro, che serviranno per soddisfare i bisogni primari di contadini, lavoratori e comunità, e gettare le basi per una ripresa di lungo termine.

Il “Fondo di assistenza per i produttori Fairtrade” mette innanzitutto a disposizione delle organizzazioni dei produttori certificati 2,1 milioni di euro per gli investimenti sulla sicurezza più urgenti e per il sostentamento delle comunità : acquisto di mascherine, strumentazione medica e protettiva di base, pagamento dei salari dei lavoratori temporaneamente inoccupati, organizzazione di attività di sicurezza alimentare, formazione sui dispositivi di sicurezza, costruzione di strutture mediche di emergenza e spese per piani di continuità operativa delle aziende. Il fondo è stato istituito grazie al contributo delle organizzazioni nazionali Fairtrade.

“Come sistema, Fairtrade lavora ogni giorno per cambiare il mercato in modo che contadini e lavoratori abbiano redditi dignitosi. In tempi di crisi dobbiamo fare un passo in più e assicurare salute, sicurezza e un futuro a chi lavora duramente per produrre i nostri cibi preferiti” ha dichiarato Darío Soto Abril, CEO di Fairtrade International. “Sappiamo che questi fondi non sono sufficienti per rispondere a tutti i bisogni dei produttori colpiti dalla pandemia, ragione per cui continueremo a cercare altri fondi all’interno del sistema”.

“Le organizzazioni di produttori si sono mobilizzate fin da subito per dare supporto ai loro associati e alle comunità. Ad esempio in Colombia hanno distribuito cibo e pacchetti per l’igiene ai più anziani. È successo così nella maggior parte delle organizzazioni. Avere questo supporto finanziario aggiuntivo permetterà loro di fare la differenza nella qualità del sostegno che potranno dare alle comunità, che sono le più bisognose di assistenza, ha dichiarato Xiomara J. Parades, Direttore esecutivo della CLAC, che raggruppa i produttori dell’America latina.

Il fondo risponde ai bisogni immediati. Tuttavia è chiaro che la pandemia avrà delle conseguenze sulle catene di fornitura globali e sul commercio internazionale. In molti casi gli effetti di quanto avviene oggi si vedranno nella prossima stagione di semina e raccolta. Per questo è stato istituito un secondo strumento, il “Fondo per la resilienza dei produttori Fairtrade”, il cui obiettivo è andare incontro alle necessità di lungo termine dei produttori, per risollevarsi dopo la COVID-19. Per questo secondo fondo attualmente è stato raccolto 1 milione di euro tra le aziende partner del sistema Fairtrade.

Tra gli interventi di lungo termine a cui mira il Fondo per la resilienza: la ricostruzione economica, la formazione di competenze tecnologiche, l’identificazione dei rischi per i diritti umani nelle catene di fornitura attraverso degli interventi programmatici, il rafforzamento delle finanze per affrontare i rischi futuri, l’advocacy. “Oltre a chiedere contributi dalle organizzazioni nazionali Fairtrade, siamo alla ricerca di partner che vogliano contribuire a questo fondo che guarda al futuro; vogliamo dare possibilità in più ai produttori una volta che si saranno ripresi dagli effetti della COVID-19: assicurare il sostentamento e costruire filiere più resilienti” ha dichiarato Soto-Abril.

“La crisi non finirà quando sarà calata la diffusione della COVID-19. Già vediamo l’incombente crisi economica globale in arrivo”, ha dichiarato Nygagoy Nyong’o, Direttore esecutivo di Fairtrade Africa, che raggruppa i produttori del continente: “I lavoratori e i contadini sono resilienti e creativi. Questo fondo li aiuterà ad identificare opportunità e altri modelli di business, ma anche a continuare a investire nelle loro comunità”.

Fairtrade invita aziende, retailer, organizzazioni non governative e agenzie governative a contribuire. Il denaro raccolto da entrambi i Fondi sarà distribuito in modo proporzionale tra i tre network di produttori Fairtrade in Asia, Africa e America Latina. I network dei produttori, a turno, amministreranno e gestiranno la distribuzione, il monitoraggio e l’impatto del Fondo presso le organizzazioni di produttori certificati.

Foto d’apertura: piantagione di tè.

Crediti: archivio Fairtrade.

 

 

Covid-19: europei un po’ più tranquilli ma ancora stressati

Il Covid-19, non si è diffuso in maniera omogenea, né con la medesima tempistica. Ciò ha portato a reazioni diversificate da parte dei cittadini dei vari Paesi. Initiative, network di comunicazione internazionale, ne ha tracciato una mappa nella ricerca Covid-19 Impact

Dall’indagine è essenzialmente emerso come in tutti i Paesi coinvolti ci sia uno spirito di adattamento alla situazione molto forte – con un picco della Francia con il 62%. C’è collaborazione e impegno nel voler superare l’emergenza. Ma c’è anche tanta ansia per come sarà il domani. Una nota da sottolineare rispetto all’Italia è che il 15% degli intervistati dichiara di sentirsi un po’ più ottimista rispetto all’inizio perché “si vede la luce alla fine del tunnel”. La società sta pian piano scorgendo una via d’uscita dall’emergenza covid-19 e c’è una comune percezione che la situazione stia lentamente ritornando alla normalità. Accanto a questi dati, emerge anche uno stress non indifferente con cui le persone stanno facendo i conti: il 36% degli italiani di dichiarano di essere stressati dalla situazione, il 38% in UK, il 43% in US e in Francia il 45% delle persone si sentono stressate da quanto accade. In Italia questo dato è controbilanciato dagli effetti positivi del lockdown. Questo sta ad indicare che al progredire della pandemia, la gente si adatta a quanto sta accadendo anche con una nuova routine giornaliera. Il sentimento comune è il pensiero alla normalità, ad un ritorno alle nostre abitudini che abbiamo dato per scontate.

Come sono cambiate le loro giornate? La nostra routine quotidiana è stata completamente rivoluzionata: prendiamo meno i mezzi, non andiamo in luoghi pubblici, le nostre uscite sono limitate nonostante in Italia siamo passati alla Fase 2. Abbiamo ridefinito il nostro stile di vita in termini di strategie d’acquisto, gestione del tempo, cultura. Le strategie di acquisto sono mutate, le persone hanno ridotto l’acquisto di pacchetti vacanze, viaggi e abbigliamento. Lo shopping è prevalentemente via web e focalizzato sulla spesa e i prodotti di prima necessità in genere. Il cibo è la base che guida i nostri acquisti online, si evidenzia un nuovo target di persone che non era abituato a questa modalità di acquisto. Stiamo utilizzando il nostro tempo per svolgere attività inusuali, soprattutto ci si dedica al bricolage, ma anche al “fai da te” e, più in generale, a fare cose nuove, come dichiarato dal 15% degli italiani e degli inglesi. Questi ultimi si dedicano per il 25% all’allenamento, in Italia il 22%, in Francia il 21% e US solo il 20%. In una prima fase, in tanti si sono dedicati all’esercizio fisico a livello globale, ma in tutti i Paesi si è registrato un calo nella pratica dello sport, soprattutto in Italia. Proprio gli italiani sono il popolo che più si sta preoccupando di curare la salute attraverso l’alimentazione – il 21% – rispetto agli altri Paesi coinvolti. Per quanto riguarda la cultura, non essendoci più occasioni di socialità, gli italiani hanno scelto i balconi per comunicare e trovare un momento di condivisione. Questo era valido soprattutto in un primo momento della pandemia in Italia, ora meno. Initiative ha rilevato che gli italiani trascorrono sempre più tempo connessi ai propri dispositivi, le persone stanno molto più collegate ai loro smartphone e pc – soprattutto per via dello smart working – fruendo dei servizi di smart Tv e quant’altro. Il 54% degli italiani sente di essere fortemente connesso, gli inglesi per il 49%, la Francia si ferma al 45% e UK al 38%. Questo soprattutto per informarci e per leggere le news, oltre che per coltivare le relazioni che non possiamo intrattenere di persona. La ricerca evidenzia un incremento del consumo digitale, ma anche più relazioni familiari seppur in forma virtuale. Inizialmente anche il tempo trascorso in famiglia sembrava uno sforzo per via delle nuove abitudini familiari, nella gestione degli spazi ecc. ma con il tempo ci si è abituati anche a questo, anzi si sono riscoperti aspetti che erano passati nel dimenticatoio. Nella fase 2 le persone stanno riscoprendo modi e strumenti per migliorare la nuova routine quotidiana messa a punto dall’inizio della pandemia.

Cosa ci fa stare meglio?

Il 24% degli italiani ritiene di sentirsi meglio nell’essere aggiornati attraverso le news, il 17% in UK, il 15% in US e 14% in Francia. L’aggiornamento costante ha un effetto calmante per chi vive in Italia, insieme alla rassicurazione derivante dall’attivismo e alla presenza delle aziende private.Ancora, il 22% degli italiani dichiara che sentir parlare del contributo delle aziende e di come si siano attivate e riorganizzate in questo periodo per dare il loro contributo, è rassicurante. Il ruolo dei brand in questo momento è importante perché ha un certo peso nella vita e nel percepito delle persone. Le persone sono in un momento di fragilità e insicurezza e gran parte degli acquisti non sono più una priorità per cui per loro, qualunque comunicazione dovrebbe parlare sempre meno della marca e del prodotto ed impegnarsi in un aiuto concreto al crescere dell’emergenza. Il ruolo di un brand deve essere preciso e tangibile e assolutamente al di sopra di qualunque guadagno commerciale. In questo momento le persone vogliono avere i brand al loro fianco attraverso la comunicazione oltre che con iniziative solidali, si aspettano campagne pubblicitarie in grado di generare sentimenti di positività, felicità e sicurezza.

I marchi che cercano di inserirsi in modo improprio nelle conversazioni e nel dibattito attuale con l’evolversi della crisi e il lockdown arrivano alle persone in modo negativo – 41% in UK, 31% in US, 23% in Italia e 16% in Francia. L’approccio alla comunicazione deve tenere in considerazione il pensiero delle persone anche se la direzione è diversa rispetto al modo di comunicare a cui eravamo abituati prima che il covid-19 entrasse a far parte delle nostre vite

Metodologia della ricerca

Covid-19 Impact ha coinvolto 4 Paesi europei: US, UK, Francia e Italia ed è stata condotta in modalità CAWI.

Lockdown: come cambiano le abitudini degli italiani. L’analisi Facile.it

Il lockdown ha costretto milioni di italiani a stare in casa e di conseguenza a cambiare le proprie abitudini, non solo di consumo ma anche di acquisto. Esempio eclatante, in questo senso, la riscoperta dei piccoli negozi di vicinato da parte dei nostri connazionali, evidenza che emerge dall’indagine che Facile.it ha commissionato all’istituto di ricerca mUp Research in collaborazione con Norstat*

Negozi di quartiere vs grandi supermercati

Come anticipato, il 19,7% degli italiani, corrispondenti a 8.655.000 individui, ha modificato le proprie abitudini di acquisto, riscoprendo i piccoli negozi di quartiere, preferendoli alle grandi catene; a scegliere i market sotto casa anziché spostarsi verso centri commerciali o grandi supermercati sono stati soprattutto i residenti nei grandi comuni (23,6% fra chi vive nelle città con oltre 250.000 abitanti), i rispondenti del Sud e delle Isole (24%) e quelli con età compresa tra i 55 e i 64 anni (24,3%).

Nello specifico, quasi 1 rispondente su 5 (18,3%), pari a più di 8 milioni di individui, ha cercato di sostenere i negozi del proprio quartiere attraverso le consegne a domicilio, percentuale che sale al 24% fra i rispondenti con età superiore ai 54 anni, cioè una fetta della popolazione corrispondente a poco meno di 3.150.000 individui.

Boom di donazioni e volontariato

L’indagine ha messo poi in evidenza come gli italiani si siano dedicati a sostenere chi era in difficoltà e lo abbiano fatto in molti modi diversi. Tra le attività cui gli italiani si sono dedicati maggiormente per aiutare le persone in difficoltà ci sono proprio libere donazioni e volontariato; il 17% dei nostri connazionali (7.450.000 individui circa) ha contribuito economicamente a raccolte fondi promosse da enti pubblici o soggetti privati. Ad averlo fatto sono soprattutto i giovani appartenenti alla fascia d’età 18-24 anni (21,3%) e le donne (18,8% vs 15% fra gli uomini).  

Le donazioni, tuttavia, non sono state solo economiche, ma anche di beni di prima necessità dati direttamente a persone in difficoltà. Hanno scelto questa via il 13,6% degli intervistati, pari a 5.945.000 individui, percentuale che sale al 19,1% fra i rispondenti con un’età compresa tra i 65 e i 74 anni, fino a raggiungere il 20,2% nel Sud e nelle Isole.

Secondo l’indagine, poi, il 14,8% degli italiani (6.500.000 persone) si è offerto di fare personalmente la spesa al posto di anziani, di chi si trovava in situazione di bisogno o, anche, non poteva uscire di casa; ad averlo fatto sono state soprattutto le donne (17,9% vs 11,6% fra gli uomini) e i rispondenti appartenenti alla fascia di età 45-54 anni (18,3%).

Bello notare come l’emergenza Coronavirus abbia dato nuova linfa anche al volontariato; sono quasi 1,4 milioni (3,2%) gli italiani che hanno cominciato a farlo presso enti o associazioni impegnate nell’emergenza, valore che raggiunge il 5,2% fra i rispondenti con un’età compresa tra i 45 e i 54 anni.

Altrettanto bello vedere come ci sia, poi, un modo tutto nuovo di aiutare; il 10,5% dei rispondenti, dato equivalente a più di 4,6 milioni di individui, ha dichiarato di aver contribuito a rendere più leggera la situazione mettendo gratuitamente a disposizione del prossimo le proprie competenze personali o professionali. In particolare, sono i liberi professionisti ad essersi dati da fare: il 16,4% di costoro ha offerto le proprie competenze, anche se a distanza; c’è chi ha fatto ripetizioni via chat per aiutare i ragazzi che si sono trovati a gestire da soli necessità scolastiche; idraulici che hanno guidato via web persone che nemmeno avevano mai visto per aiutarli a riparare rubinetti che gocciolavano o elettricisti che, attraverso una videochiamata, sono riusciti a risolvere piccoli e grandi problemi che si sono verificati nelle case di vicini o….lontani.

* Metodologia: n. 1.504 interviste CAWI ad un campione rappresentativo della popolazione adulta, in età 18-74 anni, sull’intero territorio nazionale. Indagine condotta ad Aprile 2020.

Italiani e Fase 2: tutto dipende da una (buona) comunicazione. I dati GfK

Dal 4 maggio l’Italia ha ricominciato lentamente a riaprire dopo quasi due mesi di lockdown. È ormai chiaro che la cosiddetta Fase 2 sarà un percorso graduale verso una “nuova normalità”. Ma dopo la crisi legata al Coronavirus saremo gli stessi di prima? Quali scenari si profilano dal punto di vista dei consumi, del sentiment e della comunicazione?

Durante il live event “Attivarsi per la Fase 2: insight GfK su Largo Consumo, Media e Comunicazione” gli esperti GfK hanno fornito nuovi spunti alle aziende su come affrontare la crisi attuale e l’incertezza futura. Tutti gli insight presentati derivano dal monitoraggio settimanale a 360 gradi sugli effetti del Coronavirus sui mercati, i consumatori e i media che GfK ha attivato nel mese di febbraio.

Nuove abitudini di spesa nel Largo Consumo

Daniele Novello -Sub-Lead Consumer Insight – ha parlato di come è evoluto il sentiment dei consumatori italiani nelle ultime settimane, presentando i risultati più aggiornati della ricerca GfK COVID-19 Tracking, che da quasi un mese monitora l’evoluzione su base settimanale delle abitudini, gli stili di vita e le strategie di acquisto degli italiani.

Nel suo intervento “FMCG Shopper unlocked” Marco Pellizzoni– Commercial Lead Consumer Panels – ha sottolineato come l’emergenza COVID-19 sta rivoluzionando le abitudini di acquisto nel Largo Consumo. “Nelle prime settimane del lockdown è cresciuta in maniera significativa la spesa nel FMCG (+19,8%), in particolare per  famiglie giovani con bambini. – Spiega Marco Pellizzoni. Gli italiani continuano a fare scorta di prodotti, riducendo la frequenza di acquisto. È cambiato profondamente il Channel Mix, con la crescita dei canali di prossimità (inclusi i negozi tradizionali) e dell’online: l’11,5% delle famiglie italiane ha fatto la spesa online a marzo. Una abitudine nuova per molti (il 37% non aveva mai fatto la spesa online nell’ultimo anno) ma con grandi potenzialità di crescita: infatti a marzo il 19% degli Italiani ha provato a fare la spesa online ma non c’è riuscita, per limitazioni del Canale nel gestire una domanda esplosa”. Oltre ai prodotti di prima necessità e quelli legati alla pulizia, durante il lockdown sono cresciuti tutti i prodotti legati alla sfera del Benessere (Biologico, Plant Based, Senza Lattosio e Senza Glutine).

Ma cosa possiamo aspettarci per la Fase 2? Spiega Pellizzoni: “Le categorie con maggiore prospettiva di crescita sono quelle che hanno attivato Penetrazione aggiuntiva nelle ultime settimane e che sono in linea con le nuove occasioni di consumo che, in molti casi, continueranno anche nella Fase 2. Vengono meno le leve tattiche da azione in-store e ritorna centrale la comunicazione, anche da indirizzare a target di acquirenti profondamente diversi dal solito. Per sostenere la crescita durante la Fase 2, sarà centrale focalizzarsi sul mantenimento della Penetrazione, ripensare il ruolo dei Canali e stare più vicino al Consumatore, anche valutando il Direct to Consumer.”

Comunicazione di marca e strategie multimediali

Dall’inizio dell’emergenza Coronavirus, GfK sta monitorando come le aziende stanno adattano le proprie strategie di comunicazione alla crisi e ha attivato un monitoraggio settimanale per seguire l’evoluzione dei sentiment e delle attese dei consumatori nei confronti della comunicazione. Durante la web conference, Cristiana Zocchi-Solution Lead Marketing Effectiveness- ha presentato i risultati del monitoraggio, facendo il punto sul come sta reagendo la comunicazione di marca e su quali sono le attese future dei consumatori. Le nostre ricerche mostrano un elevato interesse a mantenere attivo il dialogo – commenta Zocchi – attraverso una comunicazione che dovrà però adeguarsi alla nuova normalità. Nelle attese delle persone, le aziende dovranno porre attenzione ad alcuni temi di responsabilità sociale ed economica, portati in primo piano dalla pandemia. I brand saranno poi chiamati a rispondere ai ‘nuovi’ bisogni dei cittadini-consumatori con iniziative di marketing e comunicazione specifiche per il settore in cui operano”.

Anche la fruizione dei Media è cambiata molto dopo l’inizio dell’emergenza COVID-19. Ne hanno goduto in maniera importante TV (+18%) e Web (+25%), che fanno registrare incrementi inediti, trainati da un’altissima domanda di contenuti informativi, di intrattenimento, di comunicazione. La Radio, nonostante il collasso del drive time, ha mantenuto buoni livelli di fruizione grazie, da un lato, a una consistente porzione di popolazione che ha continuato a muoversi (prevalentemente in auto), dall’altro alla possibilità di essere ascoltata attraverso un gran numero di piattaforme. Segnali simili arrivano anche dal lato della Stampa (fisica o digitale).

Durante il lockdown gli italiani sono diventati anche più multimediali, come ha spiegato Giorgio Licastro -Solution Lead Media Measurement-: “In generale la ‘carcerazione’ forzata a casa ha indotto gli Italiani ad attivare nuove modalità di fruizione dei mezzi e li ha resi più multimediali. Inducendo le generazioni più giovani a scoprire e aprirsi ai mezzi tradizionali, e le generazioni più mature ad accelerare la conversione al digitale. Tutto questo può essere un lascito per la nuova normalità, alla fine dell’emergenza sanitaria”.

In chiusura della conference, Giuseppe Minoia -Insight Advisor- ha presentato una riflessione sul ruolo “salvavita” che ha l’Entertainment ha avuto durante il lockdown – e che può avere ancora nella Fase 2. “Gli italiani, i cittadini, i consumatori come si comporteranno nella riapertura, dopo la fase acuta di COVID-19? Dai nostri dati settimanali affiora un consumatore bifronte, rispettoso degli input degli esperti, ma anche desideroso di tornare a fare altro, ad intrattenersi con altri, insomma motivato verso l’Entertainment. Dopo tanto smart working, schooling e shopping,  vogliamo tornare a rilassarci, da soli e con gli altri”.

Secondo i dati GfK, gli acquirenti di Entertainment sono cresciuti negli ultimi due anni e anche nella Fase 2 ci sono molte opportunità per questo settore: “Gli italiani non vedono l’ora di uscire  con gli amici, fare un viaggio, fare shopping non da soli, andare al bar e al ristorante, tornare dall’estetista e in palestra, entrare di nuovo in un cinema, in un teatro, in uno stadio, in un evento. Per ora non si può fare, ma i consumatori di Entertainment non vedono l’ora di poter essere i primi ad uscire per condividere questi consumi che ieri chiamavamo esperienze. Per gli operatori del settore è quindi fondamentale tornare a comunicare e a programmare, elaborando anche nuove strategie di promozione e vendita in ottica early bird”.

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