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InGrande apre a Pomezia e festeggia il suo quarto negozio

Continua lo sviluppo di InGrande, l‘insegna nata quindici anni fa con la missione di portare in Italia un nuovo format in grado di coniugare l’ampia scelta con la qualità e la convenienza dei prodotti e di soddisfare i nuovi stili di consumo di famiglie e degli operatori HO.RE.CA.
L’insegna, dopo la prima apertura sul territorio laziale a Lavinio e le aperture di Collesalvetti e Agliana, porta la sua esperienza di spesa a Pomezia, aprendo il quarto negozio della catena. InGrande, studiato per permettere ai clienti di poter fare la spesa della settimana o del mese in un unico spazio, mette al primo posto convenienza e alta qualità dei prodotti, per l’80% italiani e al 100% provenienti da filiere controllate. Con 1000 mq dedicati alla spesa, un ampio parcheggio, maxi scaffalatura di tipo industriale, maxi formati, confezioni multiple e massima convenienza, InGrande si rivolge sia ai privati che ai professionisti del settore Ho.Re.Ca, offrendo la possibilità di spaziare tra più di 6000 prodotti tra marchi esclusivi e marchi noti e soprattutto tra i reparti dei freschi.
Il reparto ortofrutta si estende su una superficie di circa 150 mq con referenze provenienti da filiere corte e consegnate quotidianamente, per garantire sempre la massima freschezza e la qualità dei prodotti locali. Il reparto panetteria garantisce la fragranza dei prodotti da forno (pane, pizza e dolci) grazie alla panificazione interna e all’utilizzo di materie prime di provenienza italiana. Anche il reparto macelleria offre carni provenienti da allevamenti controllati di partner selezionati, mettendo al servizio del cliente la professionalità di personale specializzato per venire incontro alle diverse esigenze, come per esempio la richiesta di tagli anatomici per gli operatori Ho.Re.Ca.
Fiore all’occhiello dello store InGrande è il reparto enoteca: 2000 prodotti a scaffale con una selezione di 1300 etichette italiane e 700 etichette di spirits di provenienza nazionale e internazionale accuratamente selezionate da esperti. L’accesso alle offerte è riservato ai possessori di card (da registrare sul sito o direttamente in negozio), che si differenziano in Card Family per i privati e Card Corporate per i professionisti.

Gruppo VéGé apre a Multicash S.P.A.

A breve distanza dall’importante accordo siglato con Bennet Gruppo VéGé  accoglie Multicash S.p.A., leader nel canale Cash & Carry nelle regioni Marche, Abruzzo e Molise.

Operativo il 1o gennaio 2020, l’accordo porta sotto le ali del network nazionale di Gruppo VéGé una realtà distributiva di assoluto rispetto. Attiva da 34 anni, Multicash S.p.A. dispone di 6 punti vendita con una superficie media di oltre 6.000 mq. strategicamente localizzati a ridosso dei principali caselli autostradali della dorsale adriatica. La rete Multicash serve ogni anno più di 25.000 clienti, costituiti per 2/3 da operatori del mondo HoReCa, mettendo a loro disposizione un assortimento forte di oltre 20.000 referenze, principalmente dedicato all’Out of Home, con una crescente quota destinata ai reparti freschi e freschissimi, pesce, ortofrutta e alle eccellenze enogastronomiche del territorio.

Con un fatturato 2018 pari a 105 milioni di euro Multicash è riuscito a cogliere le dinamiche del mercato e di proporsi alla clientela con un approccio consulenziale e servizi innovativi. Da quest’ultimo punto di vista, un fiore all’occhiello dell’Azienda è senza dubbio il servizio “Click & Carry”, che consente ai clienti di effettuare gli ordini via tablet o smartphone, con la merce che sarà disponibile nel punto di ritiro più vicino alla data e all’orario selezionati o consegnata direttamente presso la propria attività.

Supermercato 24 raddoppia il fatturato rispetto al 2018

Supermercato24  si appresta a chiudere il 2019 con numeri da record e performance positive. Con il fatturato più che raddoppiato rispetto allo scorso anno e grazie alla recente acquisizione del player polacco Szopi, la scale-up italiana è il primo player europeo del mercato e-grocery a espandersi a livello internazionale.

Quest’anno Supermercato24 ha registrato progressi importanti anche rispetto al totale degli utenti che scelgono il servizio, duplicati rispetto al 2018, e al numero degli ordini consegnati, quasi raddoppiato negli ultimi 12 mesi.

“Gli importanti traguardi raggiunti quest’anno e la continua e costante crescita della nostra azienda, sono la conferma che il nostro servizio piace ai consumatori, che hanno a disposizione una tecnologia innovativa, che rende semplice e veloce la spesa di tutti i giorni, consentendo loro di risparmiare tempo prezioso”, ha dichiarato Federico Sargenti, CEO di Supermercato24. “Crediamo che un ambiente smart, che metta in luce i talenti con percorsi di crescita adeguati e la meritocrazia, siano una leva fondamentale per la crescita e il successo del business. Per questo lavoriamo per offrire il meglio ai nostri dipendenti, abbracciando anche soluzioni come il remote working, che consente loro di organizzare al meglio la vita privata e quella lavorativa.”

I risultati positivi raggiunti, hanno consentito all’azienda di consolidare il proprio organico – che ha raggiunto ora i 111 dipendenti –  e inaugurare una nuova sede operativa a Milano, per offrire al team un ambiente innovativo, stimolante, green e sostenibile, che rispecchi i valori e la mission aziendale. Con un aumento dello staff del 32% da gennaio 2019 a oggi e una previsione di crescita del 50% rispetto all’attuale numero di dipendenti, entro il 2020, Supermercato24 è una realtà estremamente giovane e che punta a valorizzare i talenti ad alto potenziale, seguendo i criteri di diversity e inclusione. L’età media dei dipendenti è, infatti, di 31 anni e di questi ben il 35% sono donne. Inoltre, l’organico è in costante aumento, con circa 20 nuove posizioni aperte a livello nazionale, per l’inserimento di figure professionali in diverse aree e con differenti responsabilità: team tech, data engineer, product manager, analytics, operation specialist, city manager e customer care.

 

LinkNow: nasce il primo coworking all’interno di un Centro Commerciale

Dall’accordo tra Catalic, società specializzata nel settore del coworking, e Ceetrus Italy che detiene 47 centri commerciali sparsi in tutto il territorio, nasce il progetto LinkNow: primo coworking in Italia  all’interno di un centro commerciale (quello di Belpo’ a San Rocco al Porto).

Lo spazio è un vero e proprio working business space, ovvero un luogo studiato per un’utenza business: tra cui smart worker delle grandi aziende, start-up, PMI, freelance e liberi professionisti che possono usufruire di sale riunioni, attrezzature, servizi di segreteria e spazi comuni per la lettura e il relax. Grazie alla particolare posizione gli utilizzatori potranno utilizzare anche tutti quei servizi tipici di un centro commerciale di ultima generazione: la spesa, il parcheggio, i servizi alla persona, i ristoranti, il baby parking e doposcuola per bambini dai 3 ai 12 anni e la palestra.

Il progetto è il risultato della filosofia di Ceetrus che mette al centro il cittadino con progetti innovativi e sostenibili, creando spazi in cui sia piacevole vivere oggi e domani, in cui si possano sviluppare legami sociali.

Per la prima volta in Italia nasce uno spazio di coworking per aziende, associazioni e cittadini all’interno di un centro commerciale – ha dichiarato Raffaella Colacicco, Head of Property Ceetrus Italyun’iniziativa innovativa che ha l’obiettivo di offrire progetti e spazi di vita smart e sostenibili per i cittadini. Si consolida ancora di più il centro commerciale Belpò come luogo innovativo, punto di riferimento importante per i cittadini del territorio: uno spazio di condivisione e socialità, che offre un’ampia scelta di nuovi servizi per grandi e piccoli, in aggiunta alle tradizionali attività commerciali”.

“Il coworking è un fenomeno in costante espansione ed evoluzione ha dichiarato Pietro Cotrupi, presidente di Catalitic e fondatore dei centri inCOWORK® –. Si afferma laddove alla condivisione di spazi e di attrezzature si somma la capacità di realizzare un ambiente dove la condivisione non è un ostacolo, ma una ricchezza che aiuta ad avere più servizi a costi accessibili, pensare, progettare, operare, sviluppare relazioni e collaborazioni”.

Il progetto e l’organizzazione degli spazi

Il concept ha potuto sfruttare le pareti perimetrali del centro, nelle quali sono state ricavate nuove finestrature per gli uffici assicurandone così l’aeroilluminazione naturale. Nella fascia successiva, più all’interno, trovano spazio le postazioni open space e al centro l’area Link People. A ridosso del perimetro esterno non finestrabile sono state posizionate la sala riunioni e l’area break. La distribuzione centrale, assieme alla presenza di aree flessibili, come quella dedicata alle postazioni open space e agli spazi accessori, permettono una semplice replicabilità del concept in altri centri commerciali.

L’immagine del coworking segue un mood urban-industrial chic, caratterizzato dall’utilizzo di legno a vista, già presente negli elementi strutturali del centro, con elementi separatori verticali di metallo a vista. Il grigio e l’arancio sono i colori utilizzati che inducono alla riflessione, donando calore e luminosità all’ambiente.

La scelta “forte” di chiudere gli uffici con pareti vetrate anziché muri sancisce l’unitarietà di questo spazio, nel quale la privacy degli utenti è comunque garantita grazie all’uso di pellicole satinate sui vetri e pannelli verticali dotati di elementi insonorizzanti che distribuiscono le aree open space senza mai chiuderle.

Grande attenzione è stata posta all’ecosostenibilità dell’intervento, attraverso la scelta di materiali con certificazione ambientale, provenienti da filiere che riutilizzano scarti di produzione (per esempio grès porcellanato), o totalmente riciclabili (vetro, alluminio). Sono inoltre stati scelti arredi caratterizzati da alta durabilità, per evitare un frequente ricambio e privi di formaldeide o altre sostanze tossiche che possano disperdersi nell’aria, al fine di garantire il benessere degli utilizzatori del coworking.

Il progetto è stato realizzato dallo studio BBA-Architetti & Partners che si occupa di servizi per la valorizzazione immobiliare di gallerie commerciali, retail e immobili direzionali, dello sviluppo, del restyling e di tutti gli aspetti inerenti la progettazione, esecuzione fino alla cantierizzazione degli stessi.

 

 

Animali che passione: bilancio e previsioni

Ad un anno dall’apertura del suo network nazionale interamente dedicato al mondo degli animali, Selex Gruppo Commerciale fa il punto sull’andamento e anticipa i prossimi passi di ANIMALI CHE PASSIONE.
«Siamo contenti dei risultati ottenuti fino a qui» dichiara Fabio Sordi, Direttore Commerciale di Selex, responsabile del progetto PetShop «Stiamo crescendo mese dopo mese, l’aumento degli acquirenti e di punti vendita è il miglior segnale di sviluppo per l’insegna».
Entro il 2019 saranno 15 i negozi specializzati, dalla Lombardia alla Puglia, che in relazione alla dimensione degli spazi propongono tra le 8.000 e le 10.000 referenze specialistiche tra food, igiene e accessoristica.
Gli store rappresentano un mondo nel quale gli animali sono i protagonisti e tutto è pensato per facilitare la quotidianità del Cliente. Dalla differenziazione dei servizi all’implementazione dei reparti in relazione all’area di vendita, agli eventi coordinati da personale formato grazie a corsi specialistici, ogni negozio è sviluppato centralmente ma adattato localmente.

Pam local cresce ancora: previsti 30 nuovi pdv per il 2020

Pam Panorama ha aperto due nuovi punti vendita Pam local a Siena e Alessandria. Dopo l’apertura dei primi 3 punti vendita pilota nel 2013, a partire dal 2014 il format convenience, giovane ed innovativo, ha continuato ad evolvere per rispondere ai nuovi bisogni dei clienti.

Gli ingenti investimenti dello storico gruppo veneto hanno portato all’apertura di 110 Pam local sul territorio nazionale, ma il programma di espansione è serrato e prevede per il prossimo anno 30 aperture tra punti vendita diretti ed in franchising.

Con le aperture dei due Pam local di Siena ed Alessandria abbiamo raggiunto il numero di 110 punti vendita tra diretti ed in franchising sul territorio nazionale con circa 1000 dipendenti di età media di 28,3 anni e più di 500.000 clienti ogni settimana.afferma il Direttore Canale Prossimità, Andrea ZorattiIl nostro Gruppo sta investendo molto in questo nuovo format giovane ed innovativo di spesa facile, comoda e veloce ed abbiamo in cantiere per il 2020 altre 30 aperture Pam local”.

 

 

Filiera alimentare: chiarezza sulla distribuzione degli utili

Ma è proprio vero che la distribuzione fa utili importanti a svantaggio degli altri attori della filiera, oppure si tratta di una fake news? E quali sono, allora, i veri rapporti all’interno della filiera agroalimentare italiana tra Agricoltura, Industria, Intermediazione, Distribuzione e Ristorazione? Il tema è al centro de“La creazione di valore lungo la filiera agroalimentare estesa in Italia” , il rapporto presentato da The European House – Ambrosetti che analizza la ripartizione degli utili tra tutti gli attori della filiera. Gli esiti del rapporto sono chiari: la quota della Distribuzione è poco più di un quarto di quella dell’Industria di trasformazione e quella dell’Agricoltura poco meno della metà.

“La filiera agroalimentare estesa (Agricoltura, Industria di Trasformazione, Intermediazione, Distribuzione e Ristorazione) è il 1˚ settore economico del Paese – dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti Genera un fatturato totale di 538,2 miliardi di euro (pari alla somma del PIL di Norvegia e Danimarca), un Valore Aggiunto di 119,1 miliardi di euro (4,3 volte le filiere estese automotive e arredo e 3,8 volte la filiera dell’abbigliamento estesa) e sostiene 3,6 milioni di occupati (pari al 18% del totale degli occupati in Italia), con 2,1 milioni di imprese.”

La ripartizione degli utili

Partendo dai consumi alimentari, il rapporto ricostruisce l’utile di filiera: ogni 100 euro di consumi alimentari degli italiani, il 32,8% remunera i fornitori di logistica, packaging e utenze, il 31,6% il personale della filiera, il 19,9% le casse dello Stato, l’8,3% i fornitori di macchinari e immobili, l’1,2% le banche, l’1,1% le importazioni nette e solo il 5,1% gli operatori di tutta la filiera agroalimentare estesa.

I 5,1 euro di  utile  per ogni 100 euro di consumi alimentari si ripartiscono  nelle   seguenti   proporzioni:   l’Industria   di   trasformazione   alimentare ottiene  la  quota  maggiore,  pari  al  43,1%;  il  19,6%  va  all’Intermediazione (grossisti e intermediari in ambito di agricoltura, industria e commercio); il  17,7% all’Agricoltura; l’11,8% alla Distribuzione e il 7,8% alla Ristorazione.

E’ dunque chiaro: il dato relativo alla Distribuzione smentisce le fake news sull’argomento, tanto più se si considera che il trend degli ultimi 6 anni vede la quota di utile di filiera della Distribuzione ridursi del 9,9%, al contrario della quota dell’Industria che cresce del + 4,9%.

Il rapporto, infine, sottolinea anche che, all’interno dell’Industria di trasformazione alimentare, la ripartizione dell’utile è altamente concentrata: le aziende leader con una quota di mercato superiore al 40% nei propri mercati di riferimento (57 aziende su 56.757) catturano il 31,1% dell’utile di tutta l’Industria alimentare e il 13,4% dell’utile dell’intera filiera.

Le opinioni

Le associazioni della Grande Distribuzione (Federdistribuzione, ANCC Coop, ANCD Conad, ADM – Associazione Distribuzione Moderna) hanno partecipato unitariamente alla conferenza stampa con i loro leader: Claudio Gradara, Presidente di Federdistribuzione; Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia; Francesco Pugliese, Amministratore Delegato di Conad; Giorgio Santambrogio, Presidente di ADM. E hanno rilasciato una dichiarazione comune, seguendo una prassi inconsueta, a dimostrazione della determinazione di voler offrire un quadro veritiero sulla Distribuzione: “L’analisi di The European House – Ambrosetti pone in luce una situazione inequivocabile: la filiera agroalimentare in Italia produce poco utile per i suoi azionisti diretti e la ripartizione di questo utile è dominata dall’Industria di Trasformazione, con una quota in crescita significativa negli ultimi 6 anni e un estremo livello di concentrazione, considerando che solo 57 grandi imprese industriali, in gran parte multinazionali, assorbono un utile complessivo superiore a quello dell’intera Distribuzione.

Un quadro di squilibrio che dura da anni e che si è accentuato nel tempo, lasciando alle altre componenti della filiera la ripartizione di un utile sempre minore. La quota di utile ottenuta dalla Distribuzione è infatti poco più di un quarto di quella dell’Industria ed è in diminuzione, come lo è anche quella dell’agricoltura. Il fatto che solo l’1 per mille delle imprese industriali assorba un utile di filiera così elevato pone un serio problema di equilibrio: questi pochi gruppi si pongono di fronte alle altre componenti di filiera, a monte e a valle, in una posizione di grande forza, capace di superare ogni confronto e di imporre le proprie condizioni in tutte le forme di negoziazione e trattativa”.

Questo studio – prosegue la dichiarazione delle associazioni della Grande Distribuzione –  offre dunque chiarezza e accende la luce su una realtà spesso dominata da informazioni distorte che però rischiano di guidare scelte importanti che possono influenzare gli assetti competitivi e strategici e i pesi tra i diversi operatori”.

La dichiarazione delle quattro associazioni della Grande Distribuzione si conclude con un appello alle istituzioni ed al mondo politico:

“La filiera agroalimentare italiana è un patrimonio che dobbiamo coltivare e sviluppare, non solo per il valore che ha di per sé ma anche per la sua capacità di attivare indotto e crescita dei territori. E’ necessario che il mondo delle istituzioni favorisca questa dinamica positiva, creando le condizioni per ridare slancio ai consumi e agli investimenti delle imprese, ponendo in questo modo le basi per aumentare il valore complessivo creato nella filiera. Occorrono decisioni che partano da un’analisi corretta e oggettiva della situazione e che favoriscano la collaborazione tra tutti gli stakeholders coinvolti, pubblici e privati, contribuendo così ad aumentare la capacità complessiva della filiera agroalimentare di produrre sviluppo per sé e per l’intera collettività, rendendola in questo modo ancor più protagonista della ripresa del Paese”.

2020: che anno verrà per il largo consumo? Le stime di IRI

Il 2019 volge al suo epilogo, è tempo di bilanci e previsioni. Secondo IRI, nonostante il clima economico incerto il Largo Consumo chiuderà il 2019 con un segno positivo. Il dato complessivo trova sostegno nelle politiche espansive a favore delle famiglie (reddito di cittadinanza) e dalla debolezza dei prezzi al consumo. Il preconsuntivo vede quindi una chiusura 2019 con un andamento dei volumi pari al +1,4% e un andamento a valore pari al +1,7%.
Lo scenario del prossimo anno resterà influenzato dallo scarso dinamismo economico che impedirà un rilancio prolungato della domanda per la maggior parte dei mercati di Largo Consumo. Tuttavia questo effetto sarà ancora contrastato dal mantenimento di misure a favore delle famiglie già confermate dal nuovo esecutivo (quali ad esempio il Reddito di Cittadinanza, il taglio al cuneo fiscale delle famiglie meno abbienti, ecc.)
La tendenza di fondo dei prezzi del comparto continuerà ad essere segnata dall’assenza di particolari pressioni inflazionistiche, coerentemente con il trend generale del Paese. L’andamento debole dei prezzi aiuterà la domanda a volume sostenendo il potere d’acquisto.
Sul prossimo anno restano comunque delle incognite circa la risalita dei prezzi. Nonostante il disinnesco delle Clausole di Salvaguardia resta infatti l’incertezza sugli effetti delle «tasse di scopo» nel piano 2020 (Sugar e Plastic Tax) che potranno penalizzare, in misura variabile, specifici mercati (Bevande, Cura Casa, Freschi Confezionati, ecc.). Tuttavia, ad oggi, è difficile fare una stima precisa dell’impatto non essendo ancora noti nel dettaglio i meccanismi e le modalità di applicazione: queste norme dovranno infatti prima passare al vaglio dell’iter parlamentare. In termini molto generali per il 2020 valutiamo un’area di rischio fino a 0.2pp di crescita a volume a totale LCC.
Inoltre il fattore metereologico da ormai alcuni anni è divenuto un elemento estremamente importate per l’andamento del comparto del Largo Consumo, avendo un impatto significativo sul trend di numerose categorie stagionali. Nel 2019 si sono succedute spiccate fasi anomale di senso opposto che però si sono compensate nella media dell’anno. In questo rapporto previsionale si ipotizza un’evoluzione climatica 2020 in linea con l’andamento di quest’anno.
Il comparto chiuderà quindi il 2020 con risultati moderatamente positivi, anche se inferiori a quelli del 2019. Ci si attende il mantenimento di una crescita dei Ricavi, ma su valori più contenuti a causa della dinamicità più moderata delle vendite a volume e del mantenimento (in assenza della manovra IVA) di un’evoluzione limitata dei prezzi medi.

 

La crescita (lieve) dei prezzi medi al dettaglio sarà influenzata prevalentemente dalla riqualificazione del basket di spesa delle famiglie verso prodotti ad elevato contenuto di servizio, un trend che da anni caratterizza il mercato. Questa tendenza sarà ancora in parte contrastata dall’aumento della domanda nei canali di basso prezzo, che agirà da calmieratore.
Sul fronte dell’offerta commerciale infine permarrà una situazione di forte competizione fra canali di vendita sia all’interno del perimetro della Distribuzione Moderna che al suo esterno: Discount, Superstore e E-Commerce i fenomeni più performanti.

Lidl e Myfoody, insieme contro lo spreco

Lidl Italia, grazie alla partnership con l’app Myfoody, compie un ulteriore passo avanti per la diminuzione degli sprechi alimentari.

Myfoody, infatti, è l’applicazione che innova il rapporto tra punto vendita e consumatore finale permettendo di dare evidenza agli articoli scontati del 30% vicini alla scadenza in vendita nei supermercati Lidl e di incentivarne l’acquisto e il consumo. In un’ottica di maggiore sostenibilità, questa App (scaricabile gratuitamente sia per iOS che per Android) punta a far conoscere, grazie a una vetrina virtuale, la disponibilità dei suddetti prodotti invitando i potenziali clienti a recarsi direttamente nel punto vendita più vicino per procedere all’acquisto. La partnership coinvolge attualmente 55 store Lidl nelle aree metropolitane di Milano, Torino e Bologna.

Alessia Bonifazi, Responsabile Comunicazione di Lidl Italia commenta così la notizia: “Lidl e MyFoody hanno dato vita a una collaborazione virtuosa dimostrando il rispetto per una risorsa preziosa per il futuro del nostro pianeta: il cibo. L’innovazione tecnologica di questa App ci permette di promuovere  una spesa anti spreco con l’obiettivo di salvare il cibo in scadenza nei nostri supermercati. Siamo sicuri che i consumatori coglieranno il valore di questo progetto che è espressione di un modello sostenibile, vantaggioso e facilmente accessibile.” Francesco Giberti, CEO & Founder di Myfoody, prosegue: “Per noi di Myfoody iniziare questo percorso di collaborazione con Lidl è motivo di orgoglio. Crediamo fortemente che l’innovazione tecnologica e il coinvolgimento dei consumatori finali siano determinanti per risolvere un problema così complesso come quello dello spreco alimentare. Myfoody nasce con la volontà di promuovere uno stile di vita sostenibile e una spesa senza sprechi, in nome dell’amore per il cibo e per l’ambiente. Siamo felici che da oggi i nostri utenti potranno contribuire ogni giorno a salvare i prodotti prossimi alla scadenza presenti nei negozi Lidl, facendo così una buona azione per l’ambiente e risparmiando sulla propria spesa.”

Nella sezione dell’App “Risparmia” vi è anche la possibilità di salvare tra i preferiti i punti vendita Lidl aderenti per scoprire in maniera semplice e veloce, la disponibilità dei prodotti scontati nel proprio supermercato preferito per poi recarsi in negozio e contribuire, risparmiando, alla riduzione degli sprechi. Inoltre nella sezione “Impara” viene trasmesso ogni giorno alla community il valore del cibo attraverso ricette anti-spreco, segreti di autoproduzione e modelli di vita sostenibile.

 

Conad: nel Piano Industriale per il salvataggio di Auchan stanziati 170 mio

Si è svolto al MISE il previsto incontro tra Conad e le organizzazioni sindacali, alla presenza del Sottosegretario Alessandra Todde e del Vice Capo di Gabinetto Giorgio Sorial, incontro che viene dopo l’interruzione del tavolo di confronto in sede aziendale alla fine di settembre.

I rappresentanti di Conad hanno presentato l’aggiornamento del Piano Industriale, elaborato, sulla base delle “Linee Guida” già illustrate in sede Ministeriale prima del closing (a Luglio), a soli tre mesi dal completamento dell’acquisizione della rete di Auchan Retail Italia.

Lo stato della rete Auchan è di “grave crisi” che si è manifestata in modo significativo negli ultimi 3 anni con perdite accumulate per oltre 800 milioni nel triennio (1,1 miliardi di gestione caratteristica) e dovute a: calo delle vendite, disaffezione crescente della clientela, mancanza di investimenti, presenza di punti vendita di grandi dimensioni con costi insostenibili, costo del lavoro e affitti degli immobili molto al di sopra delle medie “di sostenibilità” del settore, scelte manageriali inadatte alle caratteristiche del mercato italiano. 

Il deterioramento della rete e della relazione dell’insegna con i consumatori è così rapido che nel 2019 la situazione è peggiorata ulteriormente (-6,7% dei ricavi rispetto al progressivo di settembre 2018) e oggi la rete Auchan fa registrare perdite di esercizio per 1,1 milioni al giorno.

Per questa ragione Conad ha accelerato quanto più possibile la messa a punto della chiusura dell’acquisizione e la preparazione deli un Piano Industriale per il “salvataggio” dell’impresa e la salvaguardia e la tutela del lavoro nella rete Auchan. Il Piano, elaborato in  brevissimo tempo e che ancora deve accogliere le possibili determinazioni della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, si propone di offrire all’azienda la possibilità di “invertire la rotta” e tornare a crescere, rilanciando le proprie attività ed offrendo alla grande maggioranza dei suoi dipendenti continuità di lavoro, inseriti in un modello operativo, quello CONAD,  che, negli ultimi anni, ha fatto registrare una crescita costante.

Il dato di partenza del Piano Industriale è quindi “la situazione di grave crisi aziendale” in cui ormai versa il Gruppo Auchan che può essere affrontata e superata solo con interventi organizzativi e di business a carattere straordinario, efficaci e tempestivi. 

Il primo intervento è quello di “messa in sicurezza” della rete per la quale è prevista l’integrazione di gran parte della rete Auchan (60%) nella rete commerciale CONAD e della rimanente parte della rete Auchan (40%) presso le reti commerciali di altri primari operatori del settore. Il tutto da realizzare entro la metà del 2020.

Completano il Piano, per la rete integrata in CONAD, gli interventi sul “format” degli ipermercati attraverso una riduzione delle relative superfici in linea con il modello e gli standard di Conad. 

Per la messa in sicurezza e l’integrazione della rete Auchan in quella CONAD sono previsti a Piano investimenti per circa 170 milioni di euro. Il Piano Industriale presentato prevede il ricorso a soli strumenti ordinari di gestione di crisi aziendali.

Nei primi tre mesi di gestione, Conad è riuscita, con interventi strutturali e rilevanti investimenti, a fermare il veloce deterioramento della rete Auchan, riportando consumatori nei punti vendita e inserendone una prima parte nella propria organizzazione. 

La prima tappa di integrazione è stata quella che si è chiusa a fine Settembre con il trasferimento di 109 punti vendita.

In questo modo Conad ha potuto dimezzare il possibile impatto della crisi aziendale sui dipendenti Auchan, che al momento dell’acquisizione erano 16.140.

Le elaborazioni dei dati disponibili ad Agosto avevano evidenziato come, al 31/07/19, ci fosse l’85% dei punti vendita Auchan con EBITDA negativo e il rischio di impatto sui livelli occupazionali e di costo del lavoro conseguente allo stato di crisi che riguardava 6.197 dipendenti.

Gli interventi e gli investimenti già effettuati seppur non abbiano ancora riportato in equilibrio i conti dei punti vendita (nei primi tre mesi dall’acquisizione i negozi con EBITDA negativo sono diventati circa il 90%) hanno comunque portato una soluzione occupazionale stabile e garantita da tutti i diritti previsti dalle leggi vigenti a 3.092 dipendenti, mettendo quindi in sicurezza il lavoro di 13.035 dipendenti.

Il Piano Industriale prevede che da oggi siano avviate iniziative per offrire soluzioni occupazionali diverse a 3.105 dipendenti. Viene quindi proposto un vero e proprio Piano per il Lavoro, inteso come salvaguardia del lavoro e tutela dell’occupazione.

 

Per questo Conad ha già elaborato Piano di Solidarietà occupazionale, che prevede:

• Ricollocazioni in Conad 

• Ricollocazioni presso terzi (altre reti commerciali)  

• Ricollocazioni presso terzi (spazi ipermercati) 

• Ricollocazione presso i fornitori 

• Outplacement.

 

Il Piano Industriale prevede inoltre:

• mobilità “incentivata”

• sostegno al reddito/occupazione (CIGS, etc.)

• salvaguardia del lavoro vs flessibilità

• imprenditorialità di ex dipendenti Auchan nel sistema Conad: avviamento alla professione di Soci Imprenditori.

 

Conad è pronta a continuare il confronto in sede aziendale per proseguire la strada del risanamento per la salvaguardia dell’impresa e delle persone che ci lavorano.

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