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Tag: economia circolare

King Colis, la blind sale di pacchi smarriti arriva a Bologna

King Colis sbarca a Bologna. Dopo il successo ottenuto poche settimane fa nella Capitale, dove oltre 10.000 visitatori hanno acquistato 10,5 tonnellate di pacchi smarriti in meno di sette giorni, il pop-up store di King Colis arriva nel capoluogo emiliano con 10 tonnellate di nuovi “tesori misteriosi” pronti per essere scoperti. L’evento, che si terrà dal 4 al 9 febbraio presso il centro commerciale Shopville Gran Reno, promette un’esperienza di shopping unica, eco-sostenibile e all’insegna della sorpresa.

A Roma l’iniziativa ha registrato un vero e proprio “sold out” alle 15:00 dell’ultimo giorno, salvando oltre 25.000 pacchi smarriti dal rischio di essere distrutti e dando loro una nuova vita. Ora è il turno di Bologna, dove la startup francese punta a replicare il successo e a coinvolgere nuovi appassionati dello shopping eco-responsabile. King Colis si occupa infatti di acquistare e recuperare i pacchi non consegnati da rivenditori degli e-commerce per poi rivenderli a prezzi super vantaggiosi sul sito e nei loro pop-up store. In questo modo, si evitano gli sprechi e viene data ai pacchi smarriti una nuova vita, promuovendo un approccio eco-responsabile che incoraggia l’economia circolare e contribuisce a ridurre l’impronta di carbonio causata dai rifiuti. La cosa più divertente? Nessuno conosce il contenuto del pacco fino al momento dell’acquisto, per un effetto sorpresa garantito.

I visitatori del pop-up store King Colis potranno scegliere tra 10 tonnellate di pacchi misteriosi provenienti da tutta Europa, acquistarli “a peso” e scoprire tutti i tesori nascosti al loro interno, fino ad esaurimento scorte. Tra i possibili articoli, prodotti high tech, abbigliamento di marca, calzature, orologi, pelletteria, cosmetici, gadget e videogiochi: una vera e propria caccia al tesoro per accedere a beni di valore a prezzi competitivi e vantaggiosi.

COME FUNZIONA LA VENDITA?
I clienti hanno 10 minuti per selezionare i pacchi desiderati, che non potranno essere aperti prima dell’acquisto. I pacchi sono venduti a peso: il prezzo per 100 g di pacchi smarriti “standard” è di 1,99 euro mentre il prezzo per 100 g di pacchi “Amazon” è di 2,79 euro.

DA DOVE PROVENGONO I PACCHI SMARRITI?
Ogni anno in Europa milioni di pacchi ordinati online vengono smarriti per vari motivi, spesso a causa di informazioni errate sull’indirizzo. In passato, una volta rimborsati i destinatari, questi pacchi non consegnati venivano distrutti dalle piattaforme responsabili della spedizione. Ogni mese in Europa circa 150 tonnellate di pacchi smarriti vengono distrutte. Ma con King Colis gli sprechi sono solo un lontano ricordo. La start-up francese ha deciso di riacquistare tutti i pacchi smarriti dall’e-commerce e di rivenderli sul proprio sito web o nei pop-up store, in occasione di eventi temporanei nei principali centri commerciali europei.

King Colis porta a Roma la prima vendita italiana di “pacchi smarriti”

Per la prima volta in Italia il centro commerciale Romaest ospiterà, dal 14 al 19 gennaio, il pop-up store di King Colis per far vivere un’esperienza di shopping unica nella Città Eterna: una blind sale (vendita alla cieca) di pacchi smarriti. La startup francese King Colis si occupa infatti di acquistare e recuperare i pacchi spediti dagli e-commerce non reclamati per poi rivenderli a prezzi super vantaggiosi sul sito e nei loro pop-up store. In questo modo si evitano gli sprechi e viene data ai pacchi smarriti una nuova vita, promuovendo un approccio eco-responsabile che incoraggia l’economia circolare e contribuisce a ridurre l’impronta di carbonio causata dai rifiuti. La cosa più divertente? Nessuno conosce il contenuto del pacco fino al momento dell’acquisto, per un effetto sorpresa garantito.

I visitatori del pop-up store King Colis potranno scegliere tra dieci tonnellate di pacchi provenienti da tutta Europa dal contenuto misterioso, acquistarli “a peso” e scoprire tutti i tesori nascosti al loro interno, fino a esaurimento scorte. Tra i possibili articoli, prodotti high tech, abbigliamento di marca, calzature, orologi, pelletteria, cosmetici, gadget e videogiochi: una vera e propria caccia al tesoro per accedere a beni di valore a prezzi competitivi e vantaggiosi.

COME FUNZIONA LA VENDITA?
I clienti hanno 10 minuti per selezionare i pacchi desiderati, che non potranno essere aperti prima dell’acquisto. I pacchi sono venduti a peso: il prezzo per 100 g di pacchi smarriti “standard” è di 1,99 euro; il prezzo per 100 g di pacchi “Amazon” è di 2,79 euro.

DA DOVE PROVENGONO I PACCHI SMARRITI?
Ogni anno in Europa milioni di pacchi ordinati online vengono smarriti per vari motivi, spesso a causa di informazioni errate sull’indirizzo. In passato, una volta rimborsati i destinatari, questi pacchi non consegnati venivano distrutti dalle piattaforme responsabili della spedizione. Ma con King Colis gli sprechi sono solo un lontano ricordo. La start-up francese ha deciso di riacquistare tutti i pacchi smarriti dall’e-commerce e di rivenderli sul proprio sito web o nei pop-up store, in occasione di eventi temporanei nei principali centri commerciali europei. Un progetto realizzato in un’ottica eco-responsabile che incoraggia l’economia circolare e contribuisce a ridurre l’impatto ambientale causato dalla produzione di rifiuti.

FoodSeed, sono 7 le startup selezionate per la seconda edizione

Sono sette le nuove startup made in Italy selezionate per la seconda edizione di FoodSeed, programma di accelerazione della Rete Nazionale di CDP Venture Capital SGR. Queste imprese emergenti sono pronte a trasformare la filiera agroalimentare con soluzioni innovative che abbracciano l’intera catena del valore, dall’agricoltura sostenibile alla trasformazione alimentare, integrando principi di economia circolare. Con una dotazione di 15 milioni di euro, il programma di accelerazione sostiene e promuove la crescita di innovative realtà italiane in grado di rispondere alle principali sfide del settore agroalimentare e contribuire alla sostenibilità e all’efficienza della filiera. Allo stesso tempo, FoodSeed favorisce connessioni strategiche con aziende, investitori e attori chiave del settore in un’ottica di open innovation, un approccio che mira a rafforzare il tessuto imprenditoriale nazionale e a favorire nuove sinergie per promuovere uno sviluppo tecnologico ed etico del comparto AgriFood. Ne è un esempio virtuoso, Foreverland, startup pugliese accelerata nella prima edizione di FoodSeed, che ha recentemente chiuso un round di investimento da 3,4 milioni di euro per la sua alternativa sostenibile al cioccolato a base di carruba, confermando così il ruolo chiave delle startup AgriFoodTech italiane come motori del cambiamento.

Vortex: trasformare gli scarti agroalimentari in risorse preziose
Vortex è una biotech company che trasforma i sottoprodotti agroalimentari in ingredienti ad alto valore aggiunto, applicabili in diversi settori come food & beverage, pet food e cosmetica. Il loro modello circolare mira a risolvere il problema della svalutazione economica e della sostenibilità ambientale legata alle tonnellate di scarti generati dalle industrie agroalimentari, che spesso vengono destinati a smaltimento o utilizzati per biomasse. Grazie a una tecnologia innovativa che stabilizza e standardizza i sottoprodotti – evitando, quindi, il loro deterioramento causato dall’elevato contenuto di umidità – Vortex è in grado di trattare sia scarti dell’industria agroalimentare morbidi, come le mele, che quelli secchi, come le nocciole, fino a quelli di produzione eliminati dalle regole della Gdo. Da questo processo nascono farine, paste ed estratti, applicabili in diversi ambiti dell’industria alimentare, pet food e cosmesi.

Nous porta in tavola l’alternativa sostenibile e salutare alla caffeina
Nous Energy è una startup biotech che sviluppa una nuova generazione di ingredienti per i mercati Food & Beverage e Nutraceutico. Il primo ingrediente creato è un’alternativa alla caffeina che migliora le prestazioni cognitive e fisiche, potenziando memoria, concentrazione e riflessi senza gli effetti collaterali tipici della caffeina, come picchi di pressione sanguigna o tachicardia, e favorendo il benessere gastrointestinale. Con questo nuovo ingrediente si stima una riduzione del 60% dello spreco d’acqua e del 65% delle emissioni di Co2 a piena produzione, rispetto all’estrazione della caffeina dai chicchi di caffè verde. La startup, impegnata nell’innovazione sostenibile, prevede di riutilizzare tutti i residui della produzione di Mindave entro il 2028, creando nuovi ingredienti e prodotti per ampliare il proprio portfolio.

Aflabox: l’intelligenza artificiale in campo per la sicurezza alimentare
Aflabox è una startup innovativa in grado di rilevare in tempo reale, nei cereali, noci e semi oleosi, la presenza di aflatossine, micotossine prodotte da due specie di Aspergillus, un fungo che si trova soprattutto in zone caratterizzate da clima caldo e umido. Utilizzando sensori UV e una tecnologia sviluppata con l’AI, Aflabox offre un rilevamento rapido, preciso ed economico di queste tossine, che possono causare gravi problemi di salute al consumatore come danni al fegato, tumori e compromissione del sistema immunitario. Un processo semplice e accessibile che elimina non solo la necessità di inviare campioni di prodotto in laboratorio, ma riduce anche i tempi e i costi di rilevazione dell’infestante. I risultati vengono, infatti, inviati immediatamente al cloud, per un controllo tempestivo e preciso. Nata per rispondere a un problema che è, attualmente, molto grave in Africa, Aflabox ha vinto una competizione con il World Food Program e prevede di estendere la sua tecnologia al monitoraggio di altri contaminanti e parametri qualitativi, con l’obiettivo di offrire un profilo completo e accurato dei cereali.

Asteasier: la nuova frontiera dell’Astaxantina
Asteasier è specializzata nella produzione di ingredienti di alta qualità per la nutrizione umana e animale. La loro tecnologia proprietaria ha permesso lo sviluppo di nuovi ceppi di microalghe in grado di produrre astaxantina naturale (AX) – carotenoide con forti proprietà antiossidanti e benefici per la salute cardiovascolare, cerebrale e oculare. Una soluzione completamente naturale che offre un’alternativa sostenibile all’astaxantina sintetica, oggi ampiamente utilizzata per la pigmentazione di salmoni e crostacei. Grazie a un processo di produzione semplificato e altamente efficiente, Asteasier riesce a ridurre i costi fino all’80% rispetto ai metodi tradizionali, rendendo economicamente accessibile l’astaxantina naturale, impiegabile anche nell’ambito nutraceutico. Oltre all’astaxantina, le microalghe utilizzate dalla startup sono in grado anche di produrre pigmenti blu, proteine e omega-3, rendendo l’azienda un punto di riferimento nella nutraceutica e nel settore dell’acquacoltura.

Mama Science: l’alternativa sostenibile alla plastica nel packaging alimentare
Mama Science, con sede a Bologna, nasce con l’obiettivo di affrontare uno dei problemi ambientali più gravi del nostro tempo: l’uso eccessivo di plastica, in particolare nel packaging alimentare. I tradizionali imballaggi, infatti, danneggiano il nostro ecosistema e il loro processo di produzione è altamente energivoro e nocivo per il clima. In un’epoca in cui la riduzione della plastica è una priorità globale, Mama Science si specializza così nello sviluppo di una gamma di prodotti avanzati, tra cui bio materiali quali film e coating per il packaging alimentare. Si tratta di materiali biomimetici 100% bio-based, che replicano le proprietà della plastica senza causare gli stessi dannosi impatti ambientali, offrendo un’alternativa sostenibile ed efficace ai tradizionali imballaggi plastici. I loro prodotti innovativi, ottenuti da materie prime di origine vegetale, aumentano la shelf life di alimenti quali verdure, carni e latticini. A seconda delle applicazioni, possono attribuire proprietà quali idrorepellenza e resistenza meccanica se utilizzati su supporti cartacei. Se applicati direttamente sui prodotti alimentari, riducono l’uso di plastiche per l’imballaggio, mentre nel caso del film consentono la completa sostituzione delle alternative realizzate con polimeri di origine sintetica.

BeadRoots: idrogel biodegradabili contro la siccità in agricoltura
Per combattere la siccità e migliorare la produttività agricola, BeadRoots, startup biotecnologica con sede legale a Lecce, ha sviluppato idrogel da polimeri superassorbenti naturali, derivati dalle alghe. Gli idrogel, applicati durante il trapianto, assorbono grandi quantità d’acqua e la rilasciano gradualmente alle radici quando necessario, riducendo l’evaporazione superficiale e ottimizzando l’uso delle risorse idriche. Questa soluzione 100% biodegradabile non solo è in grado di conservare l’acqua, ma nutre le piante e migliora la qualità del suolo grazie all’incremento di batteri benefici che hanno effetti positivi anche sulla produttività. Attualmente, BeadRoots sta testando gli idrogel su colture come orticole, vigne e legumi, con l’obiettivo di estendere l’applicazione a tutte le coltivazioni che richiedono ingenti quantitativi di acqua, soprattutto nelle aree a rischio siccità.

Alkelux: additivi naturali per combattere lo spreco alimentare
Combattere lo spreco alimentare con additivi antimicrobici naturali ricavati dagli scarti di liquirizia: così Alkelux, la startup biotech sarda, affronta una delle emergenze globali più significative. Solo in Italia, infatti, lo spreco di cibo nel 2023 ha superato i 9 miliardi di euro, mentre a livello mondiale questo fenomeno causa la dispersione di oltre 250.000 miliardi di litri d’acqua e l’utilizzo improprio di 1,4 miliardi di ettari di terreni agricoli. Gli additivi ricavati dalla startup, sotto forma di polvere, vengono integrati nei materiali di confezionamento per prolungare la durata di conservazione degli alimenti, come già dimostrato nei test condotti su fragole e altri prodotti. Il valore aggiunto della soluzione proposta da Alkelux risiede nelle sue caratteristiche uniche: completamente privo di metalli, solubile in acqua e a basso impatto ambientale, l’additivo non richiede modifiche agli impianti produttivi già esistenti. Ciò consente alle aziende del settore del packaging di adottare questa tecnologia senza affrontare costosi interventi strutturali, contribuendo così alla riduzione dello spreco alimentare in un’ottica sostenibile ed efficiente.

Anche quest’anno FoodSeed ha attratto talenti non solo dall’Europa, ma da tutto il mondo: ben il 15% delle candidature ricevute, infatti, arriva da Spagna, Romania, Regno Unito, India e Turchia. Un dato che conferma e avvalora l’impegno condiviso nel tutelare e promuovere l’eccellenza enogastronomica italiana nel mondo che, seppur ancorata alle radici della tradizione, necessita di una spinta verso un futuro sostenibile ed eticamente innovativo.

Economia circolare, vecchi pannelli fotovoltaici diventano vasetti e bottiglie per alimentari

La Sogliano Ambiente, impegnata da anni nel riciclo a 360 gradi dei rifiuti, ha recentemente ampliato le sue attività per includere il riciclo dei pannelli fotovoltaici. Grazie a metodi di lavorazione avanzati, Sogliano Ambiente è in grado di estrarre una percentuale molto elevata dei materiali contenuti nei pannelli fotovoltaici, ottenendo risultati di efficienza senza precedenti. Infatti, il 99% dei materiali in ingresso viene avviato al riciclo, mentre solo l’1% viene destinato allo smaltimento finale.

Sogliano Ambiente ha raggiunto un importante traguardo, l’End-of-Waste sul vetro dei pannelli fotovoltaici, in conformità con il regolamento (UE) N. 1179 del 10/12/2012. Questo significa che il vetro recuperato perde la qualifica di rifiuto e diventa una preziosa materia prima seconda, pronta per essere reintrodotta nel ciclo produttivo. Per valorizzare il vetro derivato dai pannelli fotovoltaici, Sogliano Ambiente ha collaborato con Cyrkl ed è riuscita a trovare un partner specializzato nella produzione di imballaggi in vetro che utilizza questo materiale per produrre vasetti e bottiglie per il settore alimentare, ad esempio imballaggi per sughi.

“Siamo entusiasti di supportare Sogliano Ambiente. Questa connessione dimostra come la circolarità possa creare opportunità di business sostenibili, riducendo al contempo l’impatto ambientale delle attività industriali. Siamo orgogliosi di facilitare tali connessioni e di fornire alle aziende gli strumenti necessari per trasformare i rifiuti in risorse preziose” ha commentato Simone Grasso, country manager italiano di Cyrkl.

Economia circolare, le bucce d’arancia si trasformano in farina vegetale

Nel corso della produzione di prodotti alimentari, le aziende si trovano spesso nella situazione di scartare alcune risorse. È il caso delle bucce di arancia che, sebbene non possano essere utilizzate direttamente nella produzione di succhi, possono avere moltissimi altri utilizzi.

In questo caso Cyrkl ha supportato Prosit, azienda che opera nel settore beverage, nella ricerca di un partner che lo aiutasse a valorizzare il proprio scarto. Prosit ha potuto quindi vendere le bucce di arancia trasformandole in farina vegetale adatta per usi alimentari. La connessione ha consentito all’azienda un grande risparmio economico siccome il tipo di smaltimento precedente aveva un costo molto elevato. La farina di bucce di arancia offre numerosi vantaggi sia per l’ambiente che per l’industria alimentare. Questo innovativo prodotto può essere utilizzato come ingrediente in vari prodotti alimentari, come biscotti, torte, pane e molto altro ancora. Inoltre la farina di bucce di arancia è ricca di fibre e antiossidanti naturali, contribuendo così a una dieta sana e bilanciata.

Basata sui principi dell’economia circolare, la piattaforma Cyrkl consente alle aziende di caricare annunci dei propri rifiuti, materie prime seconde e sottoprodotti per trovare soluzioni di gestione migliori dal punto di vista sia economico che ambientale. Il processo è molto semplice: attraverso una registrazione gratuita l’azienda può inserire un numero illimitato di annunci che dovranno contenere tutte le informazioni relative al rifiuto in vendita (quantità, localizzazione, foto, codice CER, caratteristiche, ecc.). Tramite un sistema di intelligenza artificiale, l’annuncio verrà visualizzato da tutti i potenziali acquirenti presenti sulla piattaforma in modo tale da fare incontrare domanda e offerta nel modo più trasparente possibile.

La connessione tra Cyrkl e Prosit ha dimostrato come la circolarità può creare opportunità di business sostenibili, riducendo al contempo l’impatto ambientale delle attività industriali. Grazie a Cyrkl, le aziende possono trovare soluzioni creative e alternative per i propri scarti. “Questa connessione tra Prosit e il produttore di farine vegetali è un esempio tangibile di come Cyrkl stia promuovendo un’economia circolare e sostenibile”, ha dichiarato Simone Grasso, country manager italiano di Cyrkl. “Siamo orgogliosi di facilitare queste connessioni e di fornire alle aziende le risorse e gli strumenti necessari per trasformare i rifiuti in opportunità”.

Inaugurato al Centronova il progetto di economia circolare Waste 2 Value

È stato inaugurato presso il centro commerciale Centronova a Villanova di Castenaso (Bologna) “Waste 2 Value”, il progetto di economia circolare che vede protagonisti Camst group, IGD Siiq, Coop Alleanza 3.0 e il Comune di Castenaso con la supervisione di Impronta Etica e la sponsorizzazione di Atersir.

Waste2Value ha come obiettivo la creazione di un innovativo modello di economia circolare per il recupero degli scarti alimentari attraverso la loro conversione in “nuovi prodotti”. Gli attori che operano nella catena alimentare, dalla grande distribuzione alla ristorazione, infatti, hanno un ruolo fondamentale nella riduzione e nel riciclo di rifiuti e scarti alimentari generati che, secondo le stime della FAO, ammontano a circa 1.3 miliardi di tonnellate l’anno, ossia un terzo di tutti gli alimenti prodotti a livello mondiale per il consumo umano.

Nei punti ristoro di Camst e di Coop posizionati all’interno del Centro Commerciale saranno quindi recuperati i fondi di caffè e le bucce d’arancia avanzate a fine giornata. La cooperativa sociale La Fraternità si occuperà di raccogliere gli scarti e di portarli all’esterno, dove una compostiera, inserita all’interno di un box dipinto dal giovane artista bolognese Hazkj, li trasformerà in ammendante, un fertilizzante naturale che, utilizzato per la manutenzione delle aree verdi del Centro e di alcuni orti gestiti da comunità locali, migliorerà le caratteristiche fisiche del terreno favorendo l’assorbimento di acqua e nutrienti.

Il programma ha visto la partecipazione attiva della comunità e di un numero ampio di stakeholder, sia in fase di ideazione che di prototipazione delle idee. La realizzazione di due hackathon, due maratone creative che hanno coinvolto circa 80 partecipanti tra studenti e ricercatori di fama internazionale, ha permesso di ragionare sui temi dello spreco alimentare e di sviluppare un modello innovativo che desse nuovo valore allo scarto alimentare, trasformandolo in una risorsa.

Il coinvolgimento di Coop Alleanza 3.0, di Camst Group, di IGD Siiq e di attori già impegnati nella lotta allo spreco alimentare, ha poi consentito ai partecipanti di lavorare in team per lo sviluppo concreto di questo progetto in una location ben precisa e definita ovvero il Centronova.

Partnership tra Granarolo e CGBI per produrre energia pulita

Il Gruppo Granarolo e la Confederazione dei bieticoltori-CGBI annunciano il lancio di “Biometano di filiera”, un progetto in ottica di sostenibilità ed economia circolare che vedrà la realizzazione di 10 nuovi impianti di biometano nell’arco di 3 anni – dislocati in Emilia-Romagna, Lombardia, Friuli e Puglia -, con lo scopo di ottenere energia pulita, ridurre i costi di trasformazione del latte e produrre fertilizzanti.

In un momento di grande difficoltà in cui versa il mondo allevatoriale, con i prezzi alle stelle per energia, mangimistica, altre competenze e la gestione quotidiana delle aziende agricole, il Gruppo Granarolo, la più grande filiera italiana del latte, e CGBI, gruppo al vertice del comparto italiano dell’energia rinnovabile con 23 impianti biogas realizzati e oltre 200 gestiti in service, hanno deciso di unirsi nel segno di una partnership importante che spazia dal nord al sud dell’Italia per dare una risposta e un aiuto concreto al caro energie di cui tutti, imprese e famiglie, siamo vittime.

Così il Presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari: «Da tempo abbiamo intrapreso un percorso per il ridurre il nostro impatto sull’ambiente, dove i nostri soci-allevatori sono chiamati a giocare un ruolo rilevante nella transizione sostenibile. Questa partnership con una realtà che negli anni ha maturato una grande competenza, partendo dal mondo agricolo, ci permetterà di dare vita a un’esperienza virtuosa di economia circolare, producendo energia per alimentare il processo produttivo, sia in stalla sia in stabilimento, e al contempo fertilizzante organico in un momento in cui l’attenzione alla sostenibilità diventa una priorità assoluta mentre il concime in commercio ha raggiunto quotazioni pari a +87% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Puntiamo a diventare autosufficienti sul piano energetico, eliminando CO2 dal territorio e ottimizzando la gestione agronomica dei terreni, con un notevole risparmio di costi e una miglior qualità del prodotto».

Gabriele Lanfredi, presidente della Confederazione dei bieticoltori-CGBI, che rappresenta nel Paese oltre 5.200 aziende agricole e zootecniche, sottolinea: «Il progetto con Granarolo si aggiunge agli altri due già avviati con Coprob – Italia Zuccheri e con Fruttagel per contrastare la crisi energetica ed efficientare la produzione alimentare, sostituendo una quota importante di gas russo con il biometano ottenuto dai nuovi impianti. Le energie rinnovabili sono il presente su cui investire, per raggiungere l’autonomia energetica e risparmiare sulla bolletta di luce e gas dando un valore economico-ambientale ai sottoprodotti agricoli e agroindustriali».

Nello specifico, in ogni nuovo impianto di biometano Granlatte, la più grande cooperativa d’allevatori d’Italia, che controlla Granarolo, conferirà reflui zootecnici come letami e liquami forniti da alcuni dei propri soci-allevatori nei territori di Lombardia, Friuli e Puglia, mentre Granarolo destinerà scarti della lavorazione del latte come resi da mercato e sottoprodotti (siero e scotta) dai propri stabilimenti di Pasturago di Vernate (MI), Usmate Velate (MB) e Ramuscello (PN).

La Confederazione dei bieticoltori provvederà al recupero di seminativi, colture di secondo raccolto e sottoprodotti agricoli attraverso i propri soci delle cooperative del Nord Italia.

In sintesi, 3 sono i contributi importanti attesi dal processo produttivo dei nuovi impianti:

un importante abbattimento e riduzione dei costi energetici;

la produzione di biometano, prodotto in forma gassosa o liquefatta, utilizzabile parzialmente o totalmente dai soggetti della filiera attraverso l’allacciamento alla rete nazionale sostituendo una quota importante dei consumi interni di metano fossile;

la produzione di digestato, prezioso fertilizzante che darà un aiuto importante al mondo agricolo, costretto al momento, a causa del forte rincaro dei prezzi, ad acquistare concimi a costi enormi (basti pensare all’aumento dell’urea del +120% rispetto al 2021), e che sarà distribuito sui terreni delle aziende agricole conferenti in sostituzione ai concimi chimici, con una particolare collocazione e valorizzazione in agricoltura biologica e secondo le migliori pratiche agronomiche e ambientali, attraverso un’attività di ritiro e distribuzione centralizzata.

Per un singolo impianto di dimensioni medie, si stima di produrre 3.000.000 mc di biometano, con un risparmio previsto di CO2 eq di circa 6.000 tons, e 50.000 tonnellate di digestato.

Parte di questi impianti, il cui investimento totale è di 70 milioni di euro, verrà finanziato attraverso il PNRR, mentre la gestione sarà affidata a società agricole consortili costituite dai soggetti promotori, nell’intento comune di realizzare un modello di economia circolare, sostenibile e certificato in grado di generare valore economico e ambientale per tutta la filiera.

Consorzio del Prosciutto di San Daniele, esempio di economia circolare

Non sempre ci si pensa, ma se il Crudo di San Daniele ha il suo gusto peculiare lo deve anche alla salamoia. Peccato che il sale esausto, adoperato per realizzarla, vada però smaltito.

E’ a questo punto che interviene il Consorzio in qualità di soggetto facilitatore e di supporto per la gestione da parte delle imprese consorziate di vari servizi come la gestione dei rifiuti e in particolare del recupero di salamoia e smaltimento di sale solido e lo smaltimento delle acque reflue.

Per quanto attiene al sale esausto, il Consorzio, dal 2009, si occupa di ritirarlo ogni anno dai prosciuttifici in un quantitativo che supera le 3.600 tonnellate, per poi destinarlo, dando concretezza al concetto di economia circolare, ad altro uso: come antighiaccio stradale, per esempio, o nell’industria conciaria. 

Inoltre il Consorzio del Prosciutto di San Daniele gestisce anche il depuratore consortile che raccoglie le acque dei siti produttivi che aderiscono al servizio. Annualmente l’impianto tratta circa 300mila metri cubi di acque reflue. Dal 2015, anno di entrata in funzione, c’è stato un notevole miglioramento delle caratteristiche delle acque immesse nella fognatura pubblica. Grazie alle potenzialità tecnologiche dell’impianto, il Consorzio controlla le caratteristiche qualitative dell’acqua, migliorandone la qualità, e monitora costantemente gli impiatti sull’ambiente e sulla comunità. Continui gli investimenti per il miglioramento del servizio: nel 2019 alcune innovazioni tecniche hanno ridotto l’evaporazione delle acque e degli odori rilasciati nell’ambiente. 

La cosmetica naturale resiste alla crisi: il green trionfa

L’emergenza sanitaria ha colpito duramente il settore cosmetico, eppure un segmento va in controtendenza: quello dei prodotti a connotazione naturale e sostenibile, la cui domanda è in costante aumento e il cui valore è di 1.654 milioni di euro: questo è il quadro che emerge dai dati diffusi a febbraio 2021 nell’Indagine congiunturale[1] presentata dal Centro Studi di Cosmetica Italia. La tendenza a richiedere prodotti ecosostenibili testimonia che anche il settore beauty è parte di uno stile di vita più green e attento all’ambiente.

Un trend, quello della predilezione di prodotti “green”, che trova conferma anche sulla app Xtribe che, sfruttando le potenzialità della geolocalizzazione, permette di far incontrare domanda e offerta di privati, e accompagna gli utenti nell’acquisto dall’online all’offline, aiutandoli a riscoprire i piccoli negozi di quartiere.

Nell’ultimo anno, infatti, sulla base dei 700.000 download registrati dalla app, sono aumentate del +17% le richieste di Shampoo o bagnoschiuma solidi, a dimostrazione di come gli italiani siano sempre più attenti nei confronti dei prodotti green a impatto zero sull’ambiente. Una curiosità, oltre a prodotti ecosostenibili, è in crescita anche la ricerca di   prodotti beauty e make-up per uomini, che dall’anno scorso ha registrato un +13%.

Cresce l’economia circolare

Un’altra tendenza emersa dalle rilevazioni di Xtribe è la crescita dell’economia circolare che ha visto svilupparsi veri e propri talenti produttivi, che hanno poi utilizzato l’app per vendere le proprie creazioni. Nell’ultimo anno, infatti,  complice il lockdown, molte persone hanno scelto di realizzare in autonomia prodotti di cosmetica fatti esclusivamente con prodotti biologici e naturali

Via libera, quindi, a produrre in casa propria scrub alla lavanda, creme per la labbra a base di cera vergine d’api, shampoo naturale fai da te con argilla e farina scrub anticellulite a base di sale e alghe e dopobarba all’argilla verde e calendula. 

E sempre in un’ottica di economia circolare, c’è anche chi ha sfruttato la possibilità, di noleggiare o barattare un determinato prodotto. “Grazie a queste modalità di pagamento, i produttori di cosmetici naturali potranno non solo vendere i loro prodotti di bellezza, ma potranno anche scambiare materie prime o noleggiare strumenti particolarmente costosi, come macchinari per la produzione e il confezionamento. Una causa, quella della sostenibilità, che noi di Xtribe portiamo avanti a 360°. Ogni linea, ogni azione della nostra impresa cerca di avere un impatto costruttivo e cerchiamo di dimostrarlo attraverso tutto ciò che implementiamo e sviluppiamo per i nostri utenti” conclude Mattia Sistigu, co-fondatore di Xtribe.

[1] https://www.cosmeticaitalia.it/export/sites/default/centro-studi/indagine-congiunturale/Congiunturale_2021_02_10.pdf

Economia circolare: la strada giusta

L’economia circolare del cibo può essere la chiave per risolvere due problemi fondamentali della contemporaneità: da un lato, ridurre il nostro impatto sull’ambiente, dall’altro, contribuire alla lotta contro la malnutrizione. Infatti, stando ai dati della Fondazione Ellen MacArthur, una migliore gestione del food waste (ovvero gli scarti) potrebbe far diminuire le emissioni industriali globali di CO2 del 40%, vale a dire un valore assoluto di 3,7 miliardi di tonnellate, entro il 2050. E ridistribuendo il surplus di produzione del cibo, sempre entro 2050, potremmo sfamare 1 miliardo di persone in più nel mondo. (“Cities and Circular Economy of Food”, Ellen MacArthur Foundation).

Il modo in cui il cibo che mangiamo viene prodotto, commercializzato e consumato, ha un impatto enorme sulla vita del pianeta e su quella dei suoi abitanti. Se si dovesse tradurre economicamente l’impatto della sola produzione del cibo sulla società, a livello globale, in termini di salute e ambiente, si stima che la cifra si aggirerebbe intorno ai 5.7 trilioni di dollari ogni anno! Spostandoci in Italia, Ispra calcola che nel 2018 abbiamo prodotto 14,5 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari o derivanti dal packaging degli alimenti. Numeri monstre che testimoniano quanto il mercato del cibo, in tutte le sue sfaccettature, sia una questione di primaria importanza, i cui risvolti vanno ben oltre le nostre tavole.

Si tratta di un mercato che ha il suo fulcro nelle città. Il tema della catena di produzione e smaltimento del cibo, infatti, è legato a doppio filo agli spazi urbani: entro il 2050, l’80% di tutto il cibo prodotto a livello globale sarà consumato nelle città. Non a caso, le città sembrano essere i luoghi in cui le strategie di economia circolare applicate al cibo possono agire in modo più efficace.

Un esempio emblematico è il caso di Milano: è la più grande città in Europa ad utilizzare il sistema di raccolta porta a porta. Stando sempre ai dati Ispra, in termini di percentuale di raccolta differenziata, il Comune di Milano si colloca al primo posto delle città al di sopra del milione di abitanti con il 58,8% e al secondo posto tra le città sopra ai 200 mila abitanti (la prima è Venezia con 59,5%), leggermente al di sopra della media nazionale (58,1%) e al di sotto della media del Nord Italia (67,7%). In termini di produzione di rifiuti urbani pro capite (502,1 kg/ab/anno), il Comune di Milano è al di sotto dei valori delle altre grandi città (solo Genova e Messina hanno valori più bassi), al di sotto della media del Nord Italia (516,8 kg/ab/anno) e al di sopra della media nazionale (499,8 kg/ab/anno).

Questi dati dimostrano che un modello cittadino di economia circolare del cibo è possibile, e non solo a livello di piccole città. Tuttavia, per realizzarlo, non basta l’azione “dall’alto” dei comuni. Serve creare una rete, coinvolgere più attori, in poche parole: fare sistema.

Circolarità significa fare sistema

La gestione dei rifiuti urbani in Italia ha conosciuto una forte evoluzione a partire dagli anni ’90, quando è iniziato “un processo legislativo europeo e poi nazionale più strutturato che mirava direttamente a proteggere la qualità dell’ambiente, la salute umana e le risorse” – come si legge nel report “Economia circolare del cibo a Milano”, realizzato a settembre dal Comune di Milano con la Fondazione Cariplo e Novamont.

Per fare tutto questo è stato necessario creare una rete di consorzi specificamente dedicati al miglioramento della raccolta, selezione e riciclo dei flussi di rifiuti differenziati. Da qui si è sviluppato un sistema industriale le cui dimensioni economiche sono cresciute negli anni: la gestione dei rifiuti urbani oggi ha dimensioni tecnologiche, quantitative e occupazionali “tali da configurarlo come un vero e proprio ambito industriale. … Una realtà profondamente diversa da quella ben più piccola, scollegata tra i suoi attori e frammentata in piccole entità che è esistita fino a 25 anni fa.”

La stessa città di Milano ha sviluppato la sua Food Policy nel corso degli anni e grazie alla collaborazione di più parti: dal 2014 ha avviato un’agenda sul tema del cibo, insieme alla Fondazione Cariplo, coinvolgendo tutti gli attori interessati, dai cittadini, agli altri Enti pubblici, alle associazioni, alle imprese, alle Università. Oggi, le iniziative strutturali coinvolgono in modo organico i diversi Assessorati dell’Amministrazione, e in questo circuito sono via via state incluse società partecipate, attori sociali e settore privato. Un progetto a cui ha preso parte la stessa Cariplo Factory, con l’iniziativa Food Policy Hot Pot, volta a sviluppare l’innovazione all’interno del sistema alimentare della città. Perché parte integrante, imprescindibile, di questo sistema è la sua continua ottimizzazione grazie all’innovazione dei processi.

Cariplo Factory partecipa anche al progetto Food Trails, partenariato europeo coordinato dal Comune di Milano che include 19 partner di cui undici città oltre Milano (Copenaghen, Varsavia, Birmingham, Bordeaux, Bergamo, Funchal, Groningen, Grenoble, Salonicco e Tirana), tre università (Università di Cardiff, Wageningen e Roskilde) e cinque player del sistema alimentare e di innovazione. Obiettivo di Food Trails è evidenziare, a favore dei policy maker, azioni concrete da poter mettere in campo, co-progettate e verificate, per supportare lo sviluppo e il consolidamento di politiche alimentari utili e praticabili.

Un sistema che funziona è un sistema che innova

La complessità della filiera del riciclo impone il ricorso all’open innovation: perché il riciclo sia un successo è cruciale che gli scarti possano essere riutilizzati anche da realtà che oggi neppure immaginano di poterlo fare.

L’open innovation abilita l’accesso alle idee esterne, in particolare quelle sviluppate da startup innovative. E sono moltissime le startup che oggi possono dare un contributo importante per migliorare la filiera del cibo in Italia e le cui soluzioni possono essere integrate nel sistema dello smaltimento dei rifiuti alimentare delle città. Infatti, per quanto si siano fatti enormi passi avanti, molti degli “ingranaggi” dell’economia circolare possono essere ancora perfezionati. Per esempio: attraverso soluzioni che abilitino il controllo della qualità del cibo, o che ne migliorino la tracciabilità lungo l’intera catena del valore, o ancora che aiutino o migliorano il recupero delle eccedenze alimentari o che abilitano la sostenibilità della catena dei fornitori.

È proprio in quest’ottica che nel 2018 Cariplo Factory ha attivato, insieme a Intesa Sanpaolo Innovation Center, il Circular Economy Lab (CE Lab), primo laboratorio per la circular economy in Italia che collega le imprese con le startup innovative. A proposito di rifiuti: qualche settimana fa, grazie al supporto del CE Lab, il Gruppo Greenthesis, uno dei principali operatori italiani con esperienza globale nei servizi ambientali, ha iniziato un percorso di collaborazione con cinque startup selezionate attraverso un percorso di open innovation: Clariter, Captive Systems, Carborem, Iride Acque, HBI.

La sfida di oggi per domani: ambiente, società ma anche economia

Tornando alla filiera alimentare, oggi, la priorità è ridurre lo spreco, recuperare gli scarti e minimizzare l’impatto ambientale dell’intera industria: specialmente in questo momento che la pandemia ha definitivamente messo a nudo la fragilità del nostro modello di sviluppo economico, rendendo evidente la necessità di ripensarlo in una logica di maggiore attenzione alla sostenibilità. Una risposta che può arrivare proprio dall’economia circolare come modello di produzione, consumo di beni e servizi e – soprattutto – gestione dei relativi scarti, orientato al principio di conservazione del valore socioeconomico dei prodotti.

Abbiamo l’occasione di ripensare l’intero ecosistema produttivo, rivalutando l’economia circolare e la bioeconomia, nella sua natura fortemente connessa al territorio e per la sua capacità di creare filiere multidisciplinari integrate nelle aree locali. Caratteristiche che la rendono uno dei pilastri del Green New Deal, il programma lanciato dall’Unione Europea per raggiungere la neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050 (i primi dati resi di noti da Bruxelles hanno stimato una disponibilità di fondi per l’Italia di oltre 360 milioni di euro). Da questo punto di vista la strada è ancora lunga. Solo nel 2018, in Italia, sono state immesse al consumo 2.292.000 tonnellate di imballaggi in plastica: come se ogni abitante ne consumasse 38,2 kg all’anno (tanto per avere un’idea: il consumo annuo di pasta è di 23 kg!). A preoccupare, però, è l’incremento rispetto al 1995, quando i kg di plastica pro-capite erano 33.

A cura di Riccardo Porro, 
Chief Operations Officer di Cariplo Factory

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