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Segno rosso per l’export di vino italiano, battuta d’arresto per lo spumante

Per le vendite del vino italiano all’estero si chiude un primo trimestre complicato, con volumi piatti (+0,1%) e una performance tendenziale in valore a +3,8% (1,8 miliardi di euro). A rilevarlo è l’Osservatorio Uiv-Ismea-Vinitaly che ha elaborato gli ultimi dati Istat sul commercio estero.

I volumi commercializzati sono tenuti a galla dall’exploit di vendite di vino sfuso (+13,4%) – che registrano però una forte contrazione dei listini (-9,2%) – e dei comuni, a +12,8%. In sofferenza, sempre nei volumi, i prodotti bandiera del made in Italy, a partire dai vini fermi Dop imbottigliati, che si scendono del -5,3% (+2,5% il valore) con i rossi a -6,6%. Giù anche gli Igp (-2,5%), dove la crescita dei bianchi (+8,3%) non è bastata calmierare la perdita dei rossi (-7,5%) e dove il segno rosso si evidenzia anche nei valori. Tra le tipologie, si conferma l’avvio difficile per gli spumanti (-3,2% volume e +7,3% valore), complice la contrazione dei volumi esportati di Prosecco (-5,5%), mentre prosegue la buona stagione dell’Asti Spumante (+9,1%) e degli sparkling comuni (+4,4%).

“In questo primo trimestre la coperta troppo corta è sempre più evidente: la crescita in valore è infatti insufficiente per far fronte al surplus di costi dettato da materie prime ed energetici, che influisce per circa il 12% su un prezzo medio aumentato di appena il 3,7%” ha detto il segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv), Paolo Castelletti. “Permangono le notevoli difficoltà dei rossi, in particolare quelli Dop e Igp, a cui si aggiunge la battuta d’arresto dello spumante. Più in generale, l’attuale congiuntura impone alla domanda scelte low cost, e per questo in termini volumici fanno meglio prodotti base che hanno ritoccato poco i listini. Ma a che prezzo?”.

“Il mercato mondiale del vino sta mandando segnali di cambiamento che sembrano favorire al momento i vini di fascia più bassa” ha aggiunto Fabio Del Bravo, responsabile della Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale di ISMEA. “Guardando alle dinamiche dell’export dei nostri principali competitor, la Francia appare particolarmente penalizzata dall’attuale orientamento del mercato, e registra una riduzione dei flussi in quantità del 7,5% (+3,4% gli incassi). I vini spagnoli, al contrario, sono favoriti da un prezzo più competitivo e spuntano delle progressioni sia in volume (+3,8%) che in valore (+11,4%). Per quanto riguarda il nostro export, siamo lontani dai tassi di crescita a cui settore ci aveva abituati negli ultimi anni. A complicare il quadro anche l’evidente rallentamento delle vendite alla distribuzione sul mercato interno e i quasi 53 milioni di ettolitri di vino stoccati negli stabilimenti che, sebbene in riduzione sui valori record dei mesi scorsi, fanno registrare una crescita di oltre il 4% sullo scorso anno”.

Sul fronte dei mercati, cresce in volume la piazza Ue (+7,3%) e si contrae quella extra-Ue (-7,7%); tra i top buyer gli Usa rimangono in terreno positivo (+0,4% volume, +10,8% valore) cresce, grazie agli sfusi, la Germania (+6,2% in volume e +5,6 in valore) mentre il Regno Unito cede il 13,5% (-7% il valore). In contrazione, nei volumi, mercati di sbocco ed emergenti come Canada (-24%), Svizzera (-8,4%), Giappone (-22,9%) e si conferma in caduta libera il mercato cinese (-43,7%). Volano gli ordini dalla Russia: +33,0%. Tra le regioni, rallentano i valori export per le top 3, con il Veneto a +3%, il Piemonte a +0,2% e la Toscana a +0,6%. Sopra la media gli incrementi di importanti regioni produttrici, come il Trentino-Alto Adige, l’Emilia-Romagna, la Lombardia.

Spumanti low cost, unica categoria tra i vini in crescita nella Gdo nel 2022

Si chiude un anno di riposizionamento per le vendite dei vini in grande distribuzione (e retail) in Italia. Nel 2022, l’unica voce chiaramente positiva – rileva l’Osservatorio Uiv-Ismea su base Osservatorio Ismea-Nielsen IQ – è relativa alla categoria “Altri spumanti Charmat” (diversi dal Prosecco), che ha archiviato il 2022 con una crescita tendenziale in volume del 13% (+22% nei discount), a fronte di un calo generale degli acquisti allo scaffale che supera il 6% con perdite sopra la media per la tipologia dei vini fermi (-7%) e in particolare per le Doc rosse che scendono in doppia cifra (-11%).

L’exploit degli spumanti low cost – il cui prezzo medio a 4,4 euro/litro registra un aumento molto più contenuto dei listini rispetto ai competitor – è lo specchio del limitato potere di acquisto degli italiani nell’ultimo anno (i più costosi spumanti a Metodo classico chiudono – dopo un 2021 da incorniciare – a -9%, gli Champagne a -25%, anche per effetto delle limitate disponibilità) ma allo stesso tempo evidenzia tutta l’ormai irrinunciabile centralità raggiunta dalle bollicine anche tra le mura domestiche. Il saldo 2022 delle vendite in grande distribuzione chiude in passivo anche sul fronte dei valori (-2%, a 2,94 miliardi di euro).

Focus 2022 vs 2019
Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini e Ismea, dal 2019 al 2022 le bollicine hanno registrato un incremento nei volumi commercializzati in Gdo del 17%, con crescite ancora più nette per il Prosecco (+31%) e per gli “Altri spumanti Charmat”, che chiudono il triennio a +32% (34 milioni di bottiglie nel 2022). Per il segretario generale di Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti: “Il divario tra le performance degli spumanti e il resto del mercato è sempre più evidente e l’effetto non è stato affatto neutro. A pagare le spese di un carrello che vede gli spumanti protagonisti dei consumi quotidiani, è probabilmente il vino fermo (-8%) e in particolare i rossi, che nel periodo considerato scontano una contrazione dell’11%”.

Per il responsabile Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale di Ismea, Fabio Del Bravo: “Quello che osserviamo dall’immediato pre-Covid a oggi è un cambiamento con pochi precedenti delle abitudini al consumo degli italiani, che considerano ormai gli spumanti un vino a tutto pasto, svincolato da ricorrenze e festività e a cui non si è disposti a rinunciare neanche di fronte all’erosione del potere d’acquisto”.

Le Do
Se ovviamente il saldo dell’ultimo anno delle principali denominazioni e indicazioni geografiche segue l’andamento generale negativo, uno sguardo in prospettiva di medio termine aiuta a inquadrare meglio quali sono i vini che strutturalmente hanno imboccato una fase involutiva e quali invece stanno ripiegando sui valori pre-Covid dopo la fiammata 2020/21. Fra i primi, vanno annoverati alcuni rossi Igt sia che provengano da vitigni autoctoni che da vitigni internazionali. Tra le Dop le battute d’arresto sono numerose e spaziano dal Piemonte alla Sicilia. Quelli in fase di rientro verso la “normalità” sono invece Montepulciano d’Abruzzo, Chianti, Salento (quindi Negroamaro), Lambrusco Emilia e Rubicone Trebbiano. Poi ci sono anche quelli (pochi a dir la verità fra i big seller) in fase positiva, nonostante volumi negativi nell’ultimo anno: Sangiovese Rubicone, Vermentino di Sardegna, Verdicchio, Castelli Romani, Valpolicella.

E-commerce
Il saldo negativo in volume più pesante (2022 vs 2021) lo si ritrova nell’e-commerce, con -15% cumulato tra vini e spumanti e picchi maggiori per le tipologie più pregiate, come per esempio gli spumanti metodo classico (-21%). Il canale, al contrario del retail fisico, ha sperimentato diffusi segni negativi sui prezzi, con listini in media a -10%. Dopo aver sperimentato un vero e proprio boom delle vendite nel 2020 (da 2,6 a 8 milioni di litri) e un ulteriore incremento nel 2021 (9 milioni), il segmento pare destinato ad assestarsi sui livelli dell’anno pandemico, e quindi aver interrotto la crescita.

Vino in Gdo, -7% di bottiglie vendute nei primi 9 mesi dell’anno

Salgono i prezzi e scendono i consumi di vino nella grande distribuzione italiana. Secondo l’Osservatorio del vino Uiv-Ismea su dati Ismea-Nielsen, nei primi 9 mesi di quest’anno, gli acquisti sugli scaffali di Gdo e retail rispetto al pari periodo del 2021 sono scesi in volume del 6,9% (a 5,6 milioni di ettolitri, sotto anche i livelli pre-Covid), l’equivalente di 55 milioni di bottiglie in meno. In ribasso anche il saldo del valore (-3,5% a 2 miliardi di euro), nonostante il prezzo medio sia progressivamente lievitato del +7% nel secondo e terzo trimestre. Ed è proprio questa crescita dei prezzi, dettata esclusivamente da una spinta inflazionistica comunque ancora sottostimata rispetto al reale surplus di costi accusati dalle imprese del vino, che – secondo l’Osservatorio – sta zavorrando le vendite, in attesa di un autunno-inverno ancora più difficile per gli italiani.

Se poi fino a oggi il segmento della ristorazione con il boom del turismo dall’estero è riuscito a trainare anche il mercato dei vini, l’off trade comincia a mostrare i primi segni di difficoltà, a partire dai propri prodotti enologici più rappresentativi.

Le vendite presso la Gdo evidenziano un calo dei volumi di tutte le tipologie di vini, con i fermi a -7,5% mentre gli spumanti pagano meno (-2,2%) grazie alla crescita in doppia cifra del sempre più significativo segmento degli spumanti secchi “low cost”, che ha mantenuto invariato un prezzo medio del 30% inferiore rispetto alla media di categoria. Tra i vini fermi, le elaborazioni Uiv-Ismea evidenziano picchi negativi a volume per i rossi (-9,2%), mentre i bianchi si fermano a -6% e i rosati a -3,8%. I più colpiti dalle riduzioni di consumo risultano i vini Dop, che chiudono i primi nove mesi a -8,7% (-che diventa -11,5% per i rossi), contro il -8,1% per gli Igt, mentre i vini comuni chiudono il saldo a -6%. Pochissime le denominazioni a luce verde tra le vendite in volume, non a caso quelle che hanno mantenuto sostanzialmente invariati – o addirittura diminuiti – i propri listini (Castelli Romani, Oltrepò Pavese Barbera, Nobile di Montepulciano, Vermentino di Sardegna). Cali oltre la media invece sui volumi di vendita per alcune tra le più importanti denominazioni italiane, come il Prosecco (-8,5%) gli spumanti Metodo classico (-10,4%), il Chianti Docg (-11,5%) il Montepulciano d’Abruzzo (-9,7%), la Barbera (-15,9) e i Lambruschi. Tra le Indicazioni geografiche tipiche, riduzioni significative anche per Puglia Igt, Terre Siciliane, Lambrusco Emilia, Rubicone Trebbiano.

In calo anche la nicchia dei i vini biologici (incidono in volume poco più dell’1% sul totale), non solo in termini di bottiglie consumate (-2,3%), ma soprattutto di valore generato (-5,9%), nonostante una limatura dei listini del 4% (5,19 euro al litro). Giù anche l’e-commerce, la cui spinta si è fermata sia nei volumi (-15%) che nei valori (-23%, a 34,7 milioni di euro).

“I dati sulle vendite – ha sottolineato Fabio Del Bravo, Responsabile servizi per lo sviluppo rurale di Ismea – ci dicono che la reattività degli acquisti di vino al prezzo si è fatta elevata, mentre il sentiment rilevato dall’Ismea nell’ambito dell’indagine trimestrale sul clima di fiducia tra gli operatori della filiera vitivinicola evidenzia un peggioramento dei giudizi sull’evoluzione futura dell’economia e anche sulla tenuta degli ordinativi futuri. Se la pressione lato costi non dovesse allentarsi, nell’impossibilità di trasferire a valle i rincari, la filiera potrebbe per la prima volta dopo anni entrare in difficoltà sul fronte domestico”.

Per il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti: “Fino a oggi la filiera è riuscita a tenere per quanto possibile sotto controllo le dinamiche dei prezzi, e va dato atto alla distribuzione di aver fatto la sua parte. Sarebbe più che mai auspicabile mantenere in equilibrio i listini anche nei prossimi mesi, quando il potere di acquisto delle famiglie sarà ulteriormente ridotto a causa di costi energetici, dei beni alimentari e di prima necessità”.

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