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Parma Food Valley, un “marchio” da 11 miliardi di euro di fatturato

Tra i 5 prodotti gastronomici che meglio rappresentano il nostro Paese nel mondo, il 27% degli italiani cita spontaneamente una filiera della Parma Food Valley, all’interno di un territorio conosciuto dal 43% degli intervistati. E in generale, più del 50% riconosce il valore di eccellenza dei prodotti di quest’area. Sono alcuni degli spunti emersi da una ricerca Ipsos su Parma Food Valley, il territorio rappresentato da Fondazione Parma Creative City of Gastronomy Unesco che racchiude 6 tra le più importanti filiere dell’agroalimentare italiano: Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, pasta (Barilla), pomodoro (Mutti e Rodolfi), latte (Parmalat) e le alici (Delicius, Rizzoli e Zarotti). La Fondazione è stata costituita nel 2017, a seguito della nomina di Parma a Città Creativa Unesco per la Gastronomia, avvenuta nel dicembre 2015. E oltre alle filiere, è affiancata dai partner istituzionali come il Comune di Parma, la Camera di Commercio dell’Emilia, l’Unione Parmense degli Industriali, l’Università di Parma e Fiere di Parma, con il coordinamento di Parma Alimentare. L’ente di ricerca ha condotto uno studio sulla conoscenza e l’apprezzamento del marchio Parma Food Valley in Italia. Sono state 1.246 le interviste realizzate su una popolazione dai 18 ai 74 anni ben suddivisa per occupazione (il 58% lavora) e stato di famiglia (il 55% si dichiara convivente, il restante 45% o vive da solo o con famigliari/amici), mentre per quanto riguarda il tasso di istruzione il 22% ha raggiunto la laurea. In chiusura, il 48% degli intervistati è stato intercettato nel Nord, il 18 al Centro e il restante 34% tra Sud e isole.

PRODUZIONE ED EXPORT IN CIFRE
La ricerca è stata effettuata su un’area di grande rilievo dal punto di vista economico. Nel 2023 (ultimo dato complessivo disponibile) le 6 filiere hanno sommato un fatturato al consumo di oltre 11 miliardi di euro. Le due Dop – 3,05 miliardi di euro per il Parmigiano Reggiano; 1,7 miliardi per il Prosciutto di Parma – e Barilla (4,9 miliardi di euro) rappresentano la fetta maggiore, seguiti dal pomodoro (quasi 800 milioni di euro), latte (720 milioni) e le alici (135 milioni) in un settore di cui Parma è leader e che attraverso le tre aziende rappresenta più del 70% delle acciughe consumate in Italia. Sul fatturato complessivo, circa 5 miliardi di euro (il 44%) derivano dalle esportazioni. Secondo i dati pubblicati da Upi (Unione Parmense degli Industriali), basati sui report Istat dei valori alla produzione, quello ducale rappresenta il 5% dell’intero export alimentare italiano, cifra che sale al 32% se riparametrata sull’Emilia-Romagna. E in una situazione geopolitica minacciata dai dazi, è possibile analizzare anche i Paesi più importanti. Se Francia e Germania sono ai primi due posti, nell’ultimo anno sono stati proprio gli Stati Uniti a registrare la maggior crescita sull’export con un +21,7% rispetto al 2023, seguiti dal Canada (+21,1%), Spagna (+19,1%) e Regno Unito (+15%). Più in generale, dal 2015 l’export della Parma Food Valley è sempre cresciuto, arrivando in 10 anni a sfiorare il +100%. Mentre per quanto riguarda le importazioni, gli Usa non compaiono nei primi 20 posti di una classifica guidata dalla Spagna. Infine, dal punto di vista occupazionale l’agroalimentare parmense può vantare 1.052 aziende sfiorando i 15.000 addetti.

QUALITÀ E GUSTO I DRIVER D’ACQUISTO
Tra gli oltre 1.200 intervistati, il 63% mette al primo posto la qualità e il 52% il gusto come aspetti più rilevanti nel guidare gli acquisti. Ma nella ricerca emergono anche punti di miglioramento. E tra questi c’è il focus principale di Fondazione Parma Creative City of Gastronomy Unesco, ovvero promuovere la conoscenza di Parma Food Valley. Pur avendo prodotti unici in tutto il mondo, più della metà degli intervistati non conosceva il brand. “La ricerca Ipsos offre degli spunti interessanti per valorizzare ancora di più Parma Food Valley – afferma Massimo Spigaroli, Presidente Fondazione Parma Creative City of Gastronomy Unesco –. In un momento simile, caratterizzato anche a livello internazionale da una conflittualità politica ed economica, è ancora più importante sottolineare l’importanza di un ente che invece è stata capace di fare sistema. Attraverso questa occasione lavoreremo ancora di più per far conoscere l’eccellenza dei nostri prodotti, in una valorizzazione in grado di far crescere consorzi, aziende e territorio”.

AssoBirra propone due misure per sostenere la filiera

AssoBirra, a sostegno del Fuori casa, tra i settori più colpiti dall’emergenza sanitaria, avanza alle istituzioni due proposte di supporto all’intera filiera: una riduzione delle accise da un lato, e un sostegno immediato al canale Ho.Re.Ca. dall’altro.

Le proposte sono state presentate da AssoBirra durante un incontro istituzionale digitale che ha visto la presenza, oltre al Presidente Michele Cason e al Vice Presidente Alfredo Pratolongo di AssoBirra, anche dell’On. Fabio Melilli, Presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, di Luciano Sbraga, Vice Direttore Generale di FIPE e di Luca Paolazzi, Partner di REF Ricerche e Ceresio Investors advisor per il punto sul settore, numeri alla mano.

Le accise

Nel nostro Paese, la birra è l’unica bevanda da pasto a pagare le accise. Un’anomalia che incide in maniera significativa su tutta la filiera e che ora più che mai non può essere ignorata. Tanto più che colpisce tutti: produttori, distributori e consumatori. E ancora: si tratta di una tassa regressiva e dunque ha un’incidenza maggiore sulle birre più popolari e un peso inferiore su quelle di fascia alta. Non solo. È tra le più alte d’Europa e penalizza le aziende che investono e producono in Italia. Per questo, AssoBirra chiede un intervento strutturale che, mediante la riduzione delle accise dall’attuale soglia di 2,99 euro per ettolitro e per grado Plato di birra consenta al comparto di rimanere competitivo. Assicurando una boccata d’ossigeno a tutta la filiera. Consumatori finali, compresi.

Michele Cason

“La birra arriva da un decennio di crescita. Anni in cui ha messo a segno record su record su tutti i fronti: dalla produzione, sostenuta da un export sempre più consistente, al numero di consumatori che sempre più prediligono abitudini moderate con prodotti a basso tenore alcolico. Il comparto ha generato una ricchezza tale da diventare uno dei settori strategici della nostra economia. Questo valore non può andare disperso e, anzi, va valorizzato affinché la filiera birraria possa essere uno dei pilastri strategici su cui costruire una roadmap chiara per affrontare la crisi attuale” commenta Michele Cason, Presidente di AssoBirra.

Il Fuori Casa

Nove miliardi di euro al 2018: a tanto ammonta il valore condiviso generato dalla birra in Italia e che esprime la ricchezza generata. Di questi, oltre 5,7 miliardi di euro sono da ricondursi al canale Ho.Re.Ca., una galassia di oltre un milione e duecentomila addetti e 340mila imprese che, prima dell’emergenza Covid-19, generava un fatturato di oltre 90 miliardi di euro ogni anno. E che oggi è messa a dura prova dalla seconda ondata pandemica e dal recente DPCM del 24 ottobre scorso che ha sancito la chiusura tassativa di tutti i punti di ristoro d’Italia dalle ore 18.00. Non a caso, il quadro disegnato dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE) è drammatico: entro la fine dell’anno, chiuderanno 50.000 imprese. In altre parole: oltre 350.000 persone perderanno il posto di lavoro.

Ed è proprio per tutelare questo immenso valore economico e sociale generato in gran parte anche dal sodalizio birra e Ho.Re.Ca. che AssoBirra chiede un sostegno immediato al canale Ho.Re.Ca. tramite un apporto concreto di liquidità destinato ai punti di consumo. Non solo. Va studiata sin da ora una misura volta ad accompagnare la riapertura in toto dei locali, quando avverrà, volta a sostenere in maniera concreta i gestori. Tra le ipotesi sul tavolo: il riconoscimento di un credito di imposta sulla birra alla spina che ne migliori la marginalità.

Alfredo Pratolongo

“Siamo consapevoli di come i provvedimenti presi dal Governo siano necessari perché l’evolversi della pandemia nel nostro Paese sta mostrando segnali di crescita preoccupanti. Tuttavia è altrettanto importante sostenere il business dei singoli esercenti con azioni mirate. Seppure in questi giorni possa apparire prematuro, dobbiamo pensare a come aiutarli a ripartire. E su questo fronte crediamo che la birra possa essere parte della soluzione, non appena superato questo periodo, grazie al suo ruolo trainante nella creazione di valore” commenta Alfredo Pratolongo, Vice Presidente di AssoBirra con delega a Relazioni Istituzionali e Comunicazione. “Supportare la birra alla spina consentirebbe di agire in modo mirato aiutando chi è stato più colpito, ad esempio le oltre 125.000 pizzerie in Italia, che quando potranno riprendere a lavorare a pieno regime avranno seri problemi di marginalità. Per questo inserire un credito di imposta per la birra alla spina è una delle possibili soluzioni pratiche e applicabili concretamente, che porterebbe benefici proporzionali e consentirebbe agli esercenti di migliorare i margini e far fronte così al calo drastico dei consumi”, conclude Pratolongo.

Marca: nasce la filiera responsabile, a sostegno di prodotti e distribuzione di qualità

La sostenibilità nella Distribuzione Moderna è un dato di fatto. A Bologna, nel corso di Marca 2020 il settore ha tuttavia voluto fare un passo ulteriore, prendendo precisi impegni, sostanziati in una proposta concreta che vede la Distribuzione Moderna unita e parte attiva nella creazione di una “filiera
responsabile”, assumendo un profilo etico capace non solo di incidere sulla filiera stessa ma anche di avere una ricaduta sul consumatore caratterizzata da trasparenza e responsabilità.
L’impegno assunto
“A partire dal 1° gennaio 2021 a tutti i fornitori agricoli diretti della distribuzione sarà richiesta l’iscrizione alla “Rete del lavoro agricolo di qualità”. Non solo: anche i partner della MDD, lungo la loro filiera di approvvigionamento, saranno chiamati a far sì che i propri fornitori agricoli siano iscritti alla “Rete del lavoro agricolo di qualità”.
Questi sono i punti essenziali emersi nel convegno inaugurale di MarcabyBolognaFiere tenutosi a Bologna, centrato sulla presentazione del rapporto “Il contributo della Marca del Distributore alla sfida dello sviluppo sostenibile e del Paese” curato da The European House- Ambrosetti, per il terzo anno in collaborazione con ADM (Associazione Distribuzione Italiana).

L’evento

Moderato da Andrea Bignami di Sky, l’incontro ha visto la partecipazione di Gianpiero Calzolari, Presidente BolognaFiere e Presidente Granarolo, intervenuti Giorgio Santambrogio, Presidente ADM e AD Gruppo VéGé, Alessia Morani, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo Economico e Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti, che ha presentato lo studio completo. Ne hanno discusso Enrico Giovannini, Professore di economia e statistica, Università di Roma “Tor Vergata”, portavoce Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – ASviS, Marco Pedroni, Presidente Coop Italia, Francesco Pugliese, AD Conad e Maniele Tasca, Direttore Generale Selex Gruppo Commerciale. I lavori sono stati conclusi da Teresa Bellanova, Ministra delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, intervenuta in video-conference. 

La “Rete del lavoro agricolo di qualità”

L’organismo, promosso dal Mipaaf e istituito presso l’INPS, si concretizza in un elenco “certificato” di imprese agricole – a seguito di domanda presentata dalle stesse all’INPS – in regola con le disposizioni in materia di lavoro, legislazione sociale, imposte sui redditi e valore aggiunto. Si tratta di un ulteriore impegno assunto dalla Distribuzione Moderna in ambito di Responsabilità Sociale, dopo la sottoscrizione nel 2017 di un protocollo di intesa con il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali per promuovere percorsi che favoriscano, nella filiera agricola e agroalimentare, trasparenza, equità, legalità e rispetto dei diritti dei lavoratori, a partire dal contrasto al caporalato e allo sfruttamento in agricoltura e dal divieto delle aste online al doppio ribasso.

Hanno detto
Unanimi nelle dichiarazioni i rappresentanti della Distribuzione Moderna:
“La DM vuole essere un forte propulsore dello sviluppo sostenibile del Paese, anche attraverso ciò che viene fatto con la Marca del Distributore. Ci siamo quindi rivolti alla filiera per stimolare comportamenti etici e responsabili, in linea con la nostra visione e con le nuove esigenze dei consumatori. Il tema del lavoro in agricoltura è estremamente critico:
occorre prendere iniziative per garantire legalità e rispetto dei contratti. Per questo abbiamo assunto l’impegno di lavorare, a partire dal 2021, solo con fornitori agricoli che ci assicurino queste condizioni attraverso l’iscrizione alla “Rete del lavoro agricolo di qualità”. Sarà necessario impegnarsi a fondo, da parte nostra e dei nostri fornitori ma anche da parte delle
istituzioni, che devono aiutarci rendendo semplice e veloce l’iscrizione delle imprese agricole alla “Rete del lavoro agricolo di qualità”. Siamo convinti che lavorando insieme, imprese e istituzioni, si possano ottenere risultati importanti, per sconfiggere una piaga che affligge il nostro Paese”.
Il Prof. Giovannini: “La Distribuzione ha un ruolo cruciale per raggiungere l’Obiettivo 12 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, cioè modificare i modelli di produzione e di consumo nella direzione di una maggiore qualità, ma anche del rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. Spero che quest’anno sempre più produttori e distributori contribuiscano ai ‘Saturdays for future’, finalizzati proprio a stimolare tale cambiamento”.
Il Sottosegretario Morani: “In una fase congiunturale ancora complicata del nostro sistema produttivo, leggere di un comparto che contribuisce alla tenuta della nostra economia fa riflettere su come la volontà, la tenacia e il saper fare dei nostri imprenditori e dei nostri lavoratori anche in situazioni di difficoltà, siano stati in grado di portare avanti con competenza e con eccellenti risultati le nostre imprese. Un contributo fondamentale a questi risultati deriva dall’introduzione della Marca del Distributore divenuta sempre più un sistema di riconoscimento della qualità dei propri prodotti rispetto ai grandi brand internazionali. Abbiamo intrapreso un percorso virtuoso capace di generare ulteriori e significati sviluppi positivi nel futuro prossimo.”
La Ministra Bellanova: “Abbiamo bisogno di ripensare il modello di sviluppo e in questo contesto l’agricoltura, la produzione di cibo, l’alleanza con i consumatori consapevoli, hanno un’importanza fondamentale a tutte le latitudini. L’agricoltura, la buona agricoltura, deve essere parte della
soluzione. E così la buona produzione di cibo. Per questo dico: creiamo insieme filiere sostenibili e giuste. Lavoriamo insieme anche nella lotta alle pratiche sleali. Non è accettabile che sul banco degli imputati vadano a finire intere categorie, subendo campagne denigratorie. Non esistono filiere sporche, e non esiste una cattiva distribuzione. Esistono imprese che si pongono fuori dalla legge o che impongono meccanismi che rischiano di minare interi settori. Non possiamo consentirlo. Per questo è urgente recepire la direttiva europea contro le pratiche sleali ed estendere la sua portata a tutti i soggetti, anche a tutela degli acquirenti. E  impegnarci insieme per avere un lavoro agricolo e alimentare di qualità, con la giusta remunerazione. La tutela del reddito dei produttori di cibo è essenziale. E’ essenziale riequilibrare la catena del valore lungo l’intera filiera.La vostra decisione di promuovere l’adesione delle aziende agricole fornitrici alla Rete del lavoro agricolo di qualità può rappresentare un momento importante di rilancio di questo strumento”.
In una sua nota di saluto al convegno il Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli: “La marca del distributore si dimostra determinante per la crescita dell’intera industria alimentare italiana. … un settore solido che continua ad affermarsi grazie soprattutto all’adozione di politiche orientate alle esigenze del consumatore: è lui il perno verso cui
operate le vostre scelte conciliando buone caratteristiche, prezzo e sostenibilità dei prodotti. …..Su un aspetto vorrei concentrare in modo particolare la mia riconoscenza: la vostra attenzione alla sostenibilità. ….. Un lavoro enorme che insegna molte cose, ma una su tutte: solo se etica e volontà si conciliano, possiamo insieme fare grandi cose costruendo un domani migliore di quanto possiamo immaginare”.

Fico Eataly in attesa dell’inaugurazione scopre con il Bike tour 40 produzioni italiane

Un viaggio all’interno delle eccellenze enogastronomiche italiane, alla scoperta dei metodi di produzione artigianale e coltivazione, da Torino a Palermo, con tappa in 38 aziende che, all’interno di FICO Eataly World, realizzeranno i migliori prodotti enogastronomici del Belpaese: è il FICO Bike Tour della Fabbrica Italiana Contadina (FICO): il grande parco dell’agroalimentare italiano che sta sorgendo a Bologna e che racchiuderà il meglio del nostro cibo, dal campo alla forchetta, per raccogliere l’eredità di Expo.

Il Tour parte oggi da Torino e si chiuderà 46 giorni e circa mille chilometri dopo a Palermo, toccando 14 regioni per 40 esperienze enogastronomiche. Protagonista del cicloviaggio è Simone Greco, studente di Agraria e appassionato di cibo e due ruote. Il percorso avverrà in sella alla bicicletta a due ruote realizzata da Bianchi, storica azienda italiana, che, dotata di carrello e frigorifero, consentirà ai visitatori di circolare nel Parco tematico e fare la spesa all’insegna del benessere e della sostenibilità. Tra i partner del FICO Bike Tour, il Touring Club Italiano e la Rai.

FICO Eataly World racchiuderà un patrimonio di biodiversità straordinario, che nasce da materie prime, ingredienti e una cultura del cibo e della sua trasformazione unici al mondo. Sono infatti 40 le imprese di tutte le dimensioni accomunate dall’eccellenza, che, all’interno della Fabbrica Italiana Contadina avranno il compito di realizzare dal vivo i più importanti prodotti italiani in altrettanti laboratori.

Tra le esperienze che Simoe Greco incontrerà nel suo viaggio di scoperta ci sono il tartufo-Safari, l’osservazione della fauna selvatica e l’allevamento allo stato brado dei suini, la panificazione artigianale, la cura di un luppoleto da birra, gli abbinamenti del cioccolato e delle confetture, la coltivazione e la trasformazione di patate, riso, grano. Prima che FICO apra i battenti, il FICO Bike Tour intende raccontare le filiere del cibo italiano che tutto il mondo potrà apprezzare a Eataly World. Con un mezzo lento e sostenibile, la bicicletta.

In ogni tappa, il FICO Bike Tour offrirà allo studente-biker l’opportunità di visitare stabilimenti e laboratori di produzione, consentendo anche ad ospiti, istituzioni e giornalisti di osservare da vicino come e dove nascono i migliori prodotti italiani, apprezzarne la storia e la lavorazione. Ciascuna azienda organizzerà infatti esperienze originali per mostrare la propria arte manifatturiera. Naturalmente il viaggio potrà essere seguito quotidianamente sul sito www.eatalyworld.it e sui canali social ufficiali (@eatalyworld su Facebook, Twitter, Instagram, Google+).

Fico, il parco, sorgerà all’interno della NAM, la Nuova Area Mercatale operativa da aprile nell’area del CAAB- Centro Agroalimentare di Bologna.
«Con la piena operatività della Nuova Area Mercatale si è aperta la volata finale per il completamento del Parco Agroalimentare FICO Eataly World, un grande progetto di educazione alimentare per la città, per l’Emilia Romagna e per l’Italia – spiega il presidente di CAAB Andrea Segrè, ordinario di Politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna e Tutor dello studente Simone Greco alla guida di FICO Bike Tour –. Sono oltre 2.400.000 i quintali di ortofrutta annualmente commercializzati al CAAB: attraverso la Nuova Area Mercatale con cui promuoveremo la produzione, commercializzazione e quindi il consumo di frutta e verdura sostenibili e di alta qualità. Daremo evidenza a questi obiettivi sostenendo quanto più possibile gli scambi e le sinergie con il Plesso di Agraria dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, contiguo al comprensorio CAAB e in asse diretto con le attività e gli obiettivi del Centro. L’agricoltura è la nuova frontiera per i giovani, sempre più appetibile: nel corso del 2015 si è registrato un + 12% di occupati e imprenditori agricoli under 35, in diretta correlazione al grado di istruzione ‘tecnica’ e tecnologica».

Per saperne di più sul progetto Fico Eataly World Bologna, Italian agro-food explained to the world.

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