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Semaforo verde per i vegani in gdo

Nell’ultimo numero di inStore, Valeria Volponi si occupa di come la distribuzione moderna sta affrontando un segmento di consumatori particolarmente interessante. Quello dei consumatori che si sono vitati ai prodotti vegetariani e vegani in particolare.

Statistiche non ufficiali parlano di circa 1.3 milioni di nostri concittadini votati al veganesimo, tali da rendere l’Italia il secondo paese al mondo per numero, dopo l’India. Per Eurispes gli italiani che non mangiano carne e pesce sono il 6,5% e coloro che escludono del tutto dalla dieta l’uso di prodotti animali e derivati solo 0,6%. Nel complesso, oltre il 7% della popolazione nazionale.

I vegani sono un target medio-alto spendente, di livello culturale elevato, sensibile alle scelte di consumo, a cui ha cominciato a prestare attenzione anche la grande distribuzione, generalista e specializzata. L’equazione “mangiare bene-stare bene” si è progressivamente identificata nel consumo di prodotti biologici e eco-friendly anche da parte di chi non soffre di allergie specifiche, tanto che il giro d’affari 2014 dell’alimentazione bio, secondo ricerche Ref su dati Nielsen, ha superato i 700 milioni di euro nei soli punti vendita della Gdo.

In una sorta di evoluzione naturale dal biologico, al vegetariano, al vegano, sono aumentate le referenze ed è migliorato anche il livello d’informazione al consumatore: più facile identificare i prodotti a scaffale, più immediata l’identificazione di quali cibi sono compatibili con la dieta scelta.

Puoi leggere tutto l’articolo nella versione sfogliabile online di inStore.

 

In sette anni raddoppiati i consumatori di pasta tra gli immigrati

Sempre più immigrati apprezzano la pasta: negli ultimi sette anni sono raddoppiati i consumatori del piatto nazionale, passando a 4 milioni e mezzo.

Lo afferma a V edizione dell’Osservatorio Immigrati realizzato da Doxa per Etnocomche attribuisce proprio all’apprezzamento di una fetta della popolazione pari al 10% del totale la tenuta dei consumi pro capite di pasta, che negli ultimi venti anni registra una curva di consumo costante (all’interno di un range compreso tra 25,5 e 28[ii] kg pro capite annuo).

“Scoprire che la pasta è riuscita a conquistare così tante persone, provenienti anche da Paesi con culture alimentari diverse e distanti dalla nostra – spiega Riccardo Felicetti, Presidente della Sezione pasta di AIDEPI (Associazione Industriali del Dolce e della Pasta Italiani) – è una ulteriore conferma della effettiva e naturale natura globale di questo prodotto. La crescita dell’export  – arrivato a quota 2 miliardi di euro nel 2013, registrando un +25% negli ultimi 10 anni – è la faccia più nota della medaglia. Adesso, grazie ai dati messi a disposizione da Etnocom, scopriamo che la pasta italiana sta conquistando il mondo interro anche all’interno dei suoi confini nazionali. Il segreto di questo successo riscosso dalla pasta presso gli immigrati? Ha un gusto che conquista, fa bene ed è alleata del benessere , è un alimento completo e saziante, essendo anche apportatore di proteine. E, soprattutto, è accessibile a tutti”.

La pasta si conferma dunque saldamente al primo posto tra i generi alimentari più consumati: prima del riso e, new entry, delle verdure e dei legumi surgelati. In termini di frequenza la pasta – con le sue 14,5 porzioni al mese – batte decisamente il riso (9,5) ma anche il cous cous (6,6). Viene acquistata – 8 volte su 10 – al supermercato, scegliendo, nel 70% dei casi, prodotti di marca.

Il 45% degli immigrati mangia la pasta 4 o più volte a settimana.  Il 51% da 1 a 3 volte e solo il 5% meno di 1 volta la settimana. Uno su 5 la mangia addirittura tutti i giorni.

Le etnie più amanti della pasta sono, oggi, quelle che provengono dall’Est Europa (passate, in termini di peso sul totale immigrati, dal 40% del 2010 al 54% di oggi), dove i consumatori della pasta arrivano all’89%.

Segue l’America Latina (86% di gradimento e circa 7% del totale), l’Africa, (80% di consumatori e 22% totale immigrati) e l’Asia (20% totale immigrati), che con il 69% di gradimento nei confronti della pasta mette oggi a segno un bel salto in avanti rispetto al 58% del 2007.

Oltre alla pasta secca gli immigrati dimostrano di apprezzare anche la pasta fresca ripiena (consumata dal 38% del campione, con punte del 45-49% per le provenienze dall’Est Europa e dall’America Latina, in media 1 volta la settimana) e, novità di questi ultimi tempi, i sughi pronti, scelti dal 31% dei nuovi italiani (40% per chi arriva dall’America Latina)Infografica-Pasta_Nuovi-Italiani

 

Obiettivo 50 miliardi di export per il food italiano

La fotografia degli ultimi 12 mesi dell’export agroalimentare italiano delinea le sfide più importanti per un settore che ha condiviso con il Governo un piano strategico per portare entro il 2020 il valore delle esportazioni a quota 50 miliardi.

Nel corso della presentazione del padiglione Cibus è Italia Federalimentare ha illustrato l’“Atlante geografico del food made in Italy nel mondo”, sottolineando la presenza di 500 aziende che racconteranno anche digitalmente la tradizione del saper fare, le innovazioni tecnologiche, la sostenibilità e il futuro della produzione alimentare italiana.

Oggi 1 miliardo e 200 mila persone nel mondo consumano prodotti agroalimentari italiani, soprattutto vino, dolci, formaggi, pasta e ortaggi trasformati. Sono consumatori europei e nord-americani in primis, ma anche giapponesi, canadesi, russi, australiani, cinesi, coreani, turchi e via dicendo. E se è vero che viene esportato solamente il 20,5% della produzione globale alimentare italiana (una percentuale inferiore a quella di altri Paesi europei), va anche sottolineato che l’export italiano è mediamente di qualità superiore e, conseguentemente, ha valore e prezzo maggiore. Per esempio, la percentuale di export della Germania è del 33% sul totale prodotto, ma il valore aggiunto delle loro merci raggiunge appena gli 11 miliardi di euro di valore contro i 24 miliardi dell’export italiano.

Per aumentare l’export italiano è necessario fare sistema, imprese e Governo, ridurre la polverizzazione ed il nanismo delle imprese, sviluppare piattaforme distributive all’estero e contrastare barriere non tariffarie pretestuose e la contraffazione, come ha spiegato Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare: “L’industria alimentare italiana è la più grande creatrice al mondo di valore aggiunto nella trasformazione dei prodotti alimentari. Le enormi potenzialità per l’export stanno tutte in questo semplice principio, sta a noi saperle cogliere. Non possiamo accontentarci del +3,5% dell’export registrato nel 2014 e neanche del +5/6% previsto per l’anno in corso. Dobbiamo essere più ambiziosi sfruttando il fatto che per la prima volta l’intero sistema Paese (reti diplomatiche, organizzazioni di supporto all’export, ministeri competenti etc) ha deciso di considerare l’aumento dell’export agroalimentare un obiettivo strategico da perseguire”.

La definizione di una alleanza virtuosa tra imprenditori, istituzioni e realtà fieristiche è stata sottolineata anche da Carlo Calenda, vice Ministro dello Sviluppo Economico che tra l’altro ha detto: “Sono convinto che la creazione del padiglione Cibus è Italia a Expo 2015 sia molto importante: l’Esposizione Universale di Milano è un evento che non solo sarà il foro di discussione delle strategie alimentari globali, ma che dovrà anche dare un ulteriore slancio all’export del nostro settore agri-food, il migliore del mondo per qualità e varietà dei prodotti. Questa grande area espositiva, predisposta da Federalimentare, darà ai visitatori la giusta prospettiva dell’industria alimentare italiana, del suo valore complessivo e delle sue specificità, così come dell’unicità del territorio nazionale e dell’enorme assortimento di eccellenze che viene dalla nostra tradizione. Cibus è Italia ben si affianca alle iniziative del governo nel quadro del nuovo Piano straordinario ‘Made in Italy’”.

Per meglio valutare l’ampiezza della domanda di cibo italiano che arriva da ogni continente è utile analizzare la Top ten dei nuovi mercati per il Made in Italy alimentare, riportata nell’“Atlante geografico del food made in Italy nel mondo” che evidenzia l’aumento dell’export nei nuovi mercati:

 

mercati agroalimentari a più alta crescita

Oltre a vino, dolci, latte e formaggi, pasta e ortaggi trasformati (passata di pomodoro in testa), esportiamo anche prosciutto, salumi e carni trasformate, caffè, riso, birra… Vecchi e nuovi classici del food made in Italy che vanno fatti conoscere e vanno spiegati ai consumatori di tutto il mondo.

Expo è uno dei momenti di condivisione della cultura alimentare italiana, della sua storia e della varietà unica dei suoi prodotti. 13 filiere dei prodotti italiani saranno presentati ai visitatori di Expo nei 5.000 metri quadrati a disposizione del padiglione “Cibus è Italia”: due piani destinati alla esposizione e un terzo, la lounge della terrazza dedicata a workshop, convegni, degustazioni, incontri con i buyer esteri, per un totale di 200 eventi, programmati nei 6 mesi di Expo. Il padiglione è dislocato vicino all’entrata Est di Expo, a poca distanza da Lake Arena e Padiglione Italia.

 

In Piazzale Siena Milano il primo Carrefour Gourmet 24/24

Ha aperto dopo una breve ristrutturazione il Carrefour di Piazzale Siena a Milano. Il pdv, poco più di 1000 mq,  è stato riposizionato come Carrefour Market Gourmet, il secondo del capoluogo lombardo e il primo del format aperto 24 ore su 24. «È un supermercato normale con qualcosa in più: nella fattispecie 600 referenze frutto di un’attenta selezione in tutte le categorie food. Ma non vogliamo ghettizzare, nel fresco ad esempio c’è l’alto di gamma servito con proposte particolari ma anche il confezionato per chi è di fretta o il classico ortofrutta e peso. Non c’è un percorso obbligato, lasciamo al cliente libertà di scoprire nuovi prodotti anche un po’ “folli”» spiega Roberto Simonetto, direttore vendite Carrefour Market.

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La sfida dell’apertura no-stop come sta andando? «Al di là di ogni aspettativa – dice Simonetto -. Abbiamo deciso di non vendere nessun tipo di alcolici nel turno notturno, e questo ci ha evitato parecchi problemi. È un luogo protetto, illuminato a giorno, sicuro. Abbiamo un flusso di clienti continuo, è uno snodo di passaggio, e c’è tutto un popolo della notte che va o torna dal lavoro e si ferma qui a fare la spesa. Sono giornalisti, medici, taxisti, una clientela eterogenea. Poi c’è Expo naturalmente, volevamo dare un servizio in più e dimostrare che Milano è una città sempre aperta. Tanto che nei prossimi mesi sono previste altre due aperture 24/24 che si aggiungeranno a piazzale Siena e piazzale Clotilde, già aperta da qualche anno, in modo da presidiare tutta la città».

Category Dr Shär-Coop Lombardia: il senza glutine da convenience a destination

Quello del senza glutine è un mercato in forte espansione, che dal 2010 è passato da 190 a 311 milioni di euro. Di questi, circa il 70% è canalizzato attraverso le farmacie, il resto attraverso la Gdo, la cui quota, però, nel periodo considerato è aumentata del 10%.

Bastano solo queste considerazioni a spiegare perché Dr Shär, l’azienda altoatesina che con 260 milioni di fatturato (leader indiscussa a livello europea nel segmento dei prodotti glutei free, con solide basi anche oltreoceano, ha deciso di togliere dalla Gdo il marchio DS e di sostituirlo con Shär.

Una decisione, afferma Hannes Berger, Amministratore Delegato Dr. Schär, che ha diverse motivazioni. «Da un lato la considerazione che il canale moderno sta registrando crescite importanti anche in virtù del fatto che in diverse regioni i prodotti per celiaci anche acquistati in Gdo sono rimborsabili. Riteniamo quindi importante per le persone che hanno necessità di consumare prodotti senza glutine avere a disposizione una offerta superiore con le 130 referenze Shär, contro le 50 DS. Infine vi sono ragioni di ottimizzazione dei costi e di economie di scala».

Quanto ai rischi di possibili conflittualità con il canale delle farmacie (sempre attente a difendere con i denti la loro posizione, come si è visto in tutte le occasioni in cui i governi hanno cercato di liberalizzare il farmaco, ndr), il direttore vendite Gdo Italia Luca Cesari precisa: «Sono diue canali con modalità di esperienza d’acquisto diverse: l’uno dove il farmacista diventa un consulente e un prescrittore (non dimentichiamo che in Italia nelle cittadine di provincia e nei Paesi il presidio della farmacia è ancora molto forte), l’altro dove chi soffre di celiaci da molto tempo è in rado di orientarsi autonomamente».

In questo contesto, DrShär con la collaborazione di Focus Management ha sviluppato un progetto di category management con Coop Lombardia relativamente ai prodotti senza glutine secchi con l’obiettivo non solo di aumentare il numero di referenze, ma soprattutto di presentare i prodotti a scaffale eliminando la logica dell’inserimento del glutine free tra gli altri e di rendere l’esperienza d’acquisto più semplice e veloce. Ma soprattutto di ottenere che la categoria gluten-free all’interno di Coop Lombardia, riuscisse a cambiare ruolo, passando da ‘convenience’ a ‘destination’.

Il punto d’arrivo, il raggruppamento dei porti senza glutine in uno spazio identificato del lineare, è stato preceduto da un lungo e meticoloso lavoro di analisi che ha coinvolto i consumatori, i quali hanno contribuito a identificare le referenze a “disegnare” lo scaffale ideale, a identificare i punti critici dell’offerta. Dal coinvolgimento dei clienti sono emersi, non soltanto i diversi cluster relativi ai consumatori gluten-free nella GDO (esigenti 43,5% – bisognosi di scelta 20,1% – sbrigativi 15,2% – bisognosi di assistenza 10,3% – one-stop shopper 10,9%), ma anche i principali bisogni dei consumatori stessi, primo tra tutti la necessità di allargare l’offerta dei prodotti gluten-free, con un più ampio e profondo assortimento.

«La metodologia di lavoro  – spiega Antonella Pirro Ruggiero di Focus Management – ha previsto l’implementazione di un nuovo albero della categoria gluten fFree in 3 negozi test (Peschiera, Novate e Varese) messi poi a confronto con 3 punti vendita benchmark (Vignate, Baggio, Desio), per misurare gli scostamenti. sull’esigenza di una maggiore ampiezza di gamma, è stato costruito dai consumatori stessi uno scaffale ideale, che ha permesso anche di classificare le sub-categorie definendone il ranking di importanza ed il ruolo. I 3 negozi test sono stati, quindi, rinnovati con il nuovo scaffale gluten free e i risultati ottenuti sono stati veramente significativi. Il trend delle vendite gluten-free ambient a volume registrato nei 3 punti vendita test è stato, infatti, ben superiore alla crescita registrata in Gdo in Lombardia (87% vs 77%), mentre rispetto ai 3 punti vendita benchmarck si è raggiunto un +91,6%. I prodotti DS (il pilota si è svolto prima dello svitah tra DS e Shär, ndr) sono cresciuti del 58% nei pdv test e il 42% degli acquirenti va nel negozio espressamente per acquistare prodotti senza glutine».

La fusione Kraft -Heinz dà vita al quinto operatore mondiale nel food

Il gigantismo delle multinazionali non conosce fine e dall’annuncio della fusione tra H.J. Heinz Company e Kraft Foods Group nasce il terzo operatore nel food & beverage negli Stati Uniti e il quinto a livello mondiale. La nuova azienda si chiamerà The Kraft Heinz Company e potrà contare su un fatturato di circa 28 miliardi di dollari con otto brand da oltre un miliardo di fatturato e altri cinque compresi tra 500 milioni e un miliardo.

Numerose le categorie di prodotti in portafoglio alla nuova società: dalla salsa ketchup alla maionese, dalle zuppe agli snack ali prodotti per l’infanzia. Tra i marchi più noti anche al mercato italiano Heinz, Wheigt Watchers e Plasmon

Tipiak lancia la Quinoa che con il Bulgur diventa Gourmand

Tipiak, il marchio francese noto per aver portato anni fa il cous cous sulle tavole italiane, presenta una novità in linea con le nuove esigenze del salutismo: Quinoa Gourmand. Si tratta di un mix di 50% di Quinoa Rossa e Bianca e di 50% di Bulgur. Un’alternativa al riso e alla pasta per preparare zuppe, minestre, risotti, contorni o insalate.

La Quinoa veniva coltivata già dal popolo Inca già 6000 / 7000 anni fa. Nota per le proprietà nutrizionali elevate, la Quinoa è apprezzata per la sua alta digeribilità, il grande contenuto proteico e il ridotto potere calorico che la rende adatta a ogni dieta. È un “falso cereale” ‐ non appartiene infatti alla famiglia delle graminacee ‐ contiene fibre e minerali come fosforo, magnesio, ferro e zinco, oltre ad essere fonte preziosa di proteine vegetali. La Quinoa inoltre è adatta per chi ha problemi di celiachia in quanto è totalmente priva di glutine.

Il Bulgur è un alimento a base di cereali, originario della Turchia. Si ottiene mediante la cottura a vapore dei semi di grano duro che, successivamente, vengono essiccati e frantumati in una sorta di granella. Una delle caratteristiche principali del Bulgur è quello di essere estremamente digeribile. È un cereale ricco di amido e povero di grassi, con un elevato contenuto di fibre.

Quinoa Gourmand è distribuita da Eurofood.

Pedon amplia la gamma dei prodotti a marchio Waitrose

Per Waitrose, la catena distributiva inglese con 282 punti vendita nel Regno Unito, Pedon (90 milioni di euro di fatturato in 45 Paesi, 40% export) ha creato tre nuove referenze di cereali e legumi a rapida cottura, ampliando così la nota linea a loro marchio “Love Life”. Una nuova commessa, questa, per l’impresa vicentina già fornitore delle catene inglesi Tesco e Asda, a conferma di una sua forte dinamicità e presenza sul mercato anglosassone nella categoria dei cereali, legumi e semi.

Pedon, che opera nel business predominante dei cereali e legumi secchi, con diversificazioni nei preparati per dolci, funghi secchi, alimenti biologici e senza glutine, è oggi presente  in tutti i moderni canali distributivi, sia con prodotti a proprio marchio, sia come private label per la GDO con oltre 100 linee a marchio privato e 3.000 referenze. Punto distintivo e di forza del Gruppo Pedon è la rete globale di approvvigionamento, presente in 15 Paesi nei 5 continenti, che tramite la divisione Acos riesce a garantire nel tempo elevati livelli qualitativi ed il controllo totale delle filiere di approvvigionamento.

“La collaborazione con Waitrose è per noi una delle più importanti a livello internazionale – dichiara Paolo Pedon, Direttore Export dell’omonima azienda – il retailer inglese, infatti, esprime una particolare vocazione all’innovazione che consente alla nostra azienda di testare nuove formulazioni e concetti di prodotto”.

I tre nuovi mix, bulgur, miglio & riso rosso, bulgur integrale, e la novità assoluta freekeh & quinoa, ampliano la gamma già disponibile di cereali e legumi a rapida cottura arrivando a 7 prodotti disponibili a scaffale.

Wairose_LoveLifeGamma

La linea “Love Life” è ideale in cucina per zuppe, contorni e insalate fredde o per la preparazione di piatti della cucina mediorientale, rispondendo così alla variegata, multietnica e sempre nuova domanda del mercato inglese.

Coam lavora e commercializza salmoni selvaggi e naturali

I salmoni più pregiati al mondo? Sono quelli selvaggi, lavorati secondo tecniche che ne preservano la naturalità, con basso contenuto di grassi e un’alta percentuale di grassi polinsaturi omega-3. Coam, azienda valtellinese specializzata nel confezionamento e conservazione dei prodotti agroalimentari, commercializza con il marchio Scandia tre pregiate varietà di salmone: Red King (o Reale), Sockeye (o Rosso) e Coho (o Argentato), provenienti dalle acque del Nord Pacifico (Canada e Alaska).

I salmoni vengono pescati, singolarmente, ad amo mediante “troller”, pescherecci attrezzati per la pesca con lenza al traino e per il trattamento in loco del pesce a bassissima temperatura. Ogni esemplare è certificato dal marchio “Friend of the Sea” in quanto proveniente da pesca sostenibile condotta nella stretta osservanza del rispetto delle specie ittiche e dell’ambiente in cui sono inserite. Il pescato, una volta giunto a terra, viene immediatamente trasferito, tramite containers frigoriferi, alla sede di lavorazione di Morbegno. Il ricorso a una catena del freddo senza soluzione di continuità garantisce che le carni non subiscano alcuna alterazione durante il trasporto allo stabilimento. Tutto il ciclo produttivo, al fine di prevenire proliferazioni batteriche, avviene in sale di lavorazione interamente realizzate in acciaio inossidabile, dotate di speciali impianti di lavaggio e disinfestazione e tenute a una temperatura costante di 14° C, con un flusso costante di aria sterile frutto di un sistema identico a quello impiegato nelle sale operatorie. Pari attenzione viene riservata al processo di affumicatura realizzato con fumo di legna naturale privo di composti potenzialmente nocivi. Una tecnologia all’avanguardia, che convive con tecniche di lavorazione artigianale ed eseguite ancora rigorosamente a mano, come i processi di sfilettatura e salatura del pesce. Il prodotto, una volta lavorato, viene confezionato e anche in questo caso Coam si avvale di moderne tecnologie che impiegano una miscela di gas in grado di proteggere al meglio la freschezza del salmone.

La gamma di prodotti a base di Salmone Selvaggio del Nord Pacifico comprende: Salmone Red King affumicato, taglio tradizionale e Red Strip, Salmone affumicato Coho, Fioretto di salmone affumicato, Salmone affumicato Sockeye, Grand Gourmet, Carpacci e tranci di Salmone Reale a crudo, otre a tranci cotti al vapore, tartare e paté.

Le magie di Expo: il supermercato Future Food District di Coop in una fotogalllery

2500 metri quadri di superficie sviluppati su due livelli, uno spazio sperimentale, capace di generare nuove interazioni tra consumatori, prodotti e produttori: un luogo in cui ritrovare un rapporto diretto con la filiera.

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Inizialmente i visitatori entreranno in un corridoio d’ingresso dove prenderanno coscienza di essere in un supermercato Coop (una parete illustra il concetto chiave della proprietà condivisa) e concettualmente effettueranno un viaggio nel tempo, dal magazzino di previdenza a Torino, il primo negozio Coop in Italia datato 1854 ai giorni nostri. Con lo stesso sistema poi si potrà visualizzare l’evoluzione del mercato dal medioevo al prossimo futuro. Arrivando al piano superiore il visitatore trova un mezzanino di passaggio interamente abitato da informazioni e popolato da un presidio di soci Coop cosi come opereranno nel supermercato 40 dipendenti di Coop Lombardia.  Anche qui un’infografica a parete permetterà di ripercorrere alcune tappe significative della storia di un movimento che ha oltre 160 anni di vita. Da questo spazio trasmetterà per tutta la durata di Expo RadioCoop, la radio in store di Coop che fungerà da amplificatore di tutto ciò che succederà nel FFD dentro la rete dei 1200 punti vendita Coop.

Dai soci coop in carne e ossa al primo incontro con YuMi, un robot di nuova generazione realizzato da ABB in grado di interagire con le persone dotato di braccia, vista e tatto, pensato per una nuova era dell’automazione in cui gli esseri umani e i robot eseguiranno congiuntamente le stesse operazioni. YuMi è infatti l’abbreviazione di “you and me” a sottolineare la collaborazione tra robot e uomo, con la sua capacità di manipolare in completa sicurezza qualsiasi oggetto, dai delicati elementi di precisione di un orologio fino a infilare il filo in un ago o interagire con i clienti del Supermercato del Future Food District.

Al piano superiore ci si immerge nella vera e propria superficie di vendita: un mare di prodotti su una struttura a gradoni, disposti su tavoli che seguono un ordine che va dalle materie prime, la frutta, il grano, il latte, ai prodotti via via più trasformati e elaborati, valorizzando il patrimonio agroindustriale italiano. Cinque le filiere: latte e derivati, the, caffè e cacao, cereali e birra, carne e pesce, ortofrutta e vino. Per fare un esempio: si parte dalla farina passando per la pasta i biscotti fino alla birra.

I prodotti sono esposti su ampi tavoli; il  loro semplice sfioro con la mano permetterà all’utente di ottenere informazioni aumentate sui prodotti ovvero tutte quelle informazioni che oggi o non sono disponibili o lo sono parzialmente solo in rete ma che, in ogni modo, non riusciamo a far stare in un’etichetta tradizionale. Attraverso queste “etichette aumentate” il prodotto è in grado di raccontare se stesso, le sue proprietà, la sua storia, il suo tragitto.

Tre sono i livelli di interazione previsti. Il primo permette di ottenere indicazioni sulle caratteristiche primarie dell’articolo, il secondo fornisce l’etichetta aumentata capace di rivelare l’origine delle principali materie prime che compongono il prodotto, e l’eventuale presenza di ingredienti allergizzanti, il dato nutrizionale per porzione e l’impatto ambientale espresso in CO2 equivalente, infine (terzo livello) informazioni in dettaglio sulla storia e sulle sue caratteristiche. Sostanzialmente si applica l’’Internet of Things “ai processi di vendita/acquisto della grande distribuzione.

L’eliminazione delle barriere verticali disegna un paesaggio orizzontale che favorisce il contatto e la relazione, permettendo di utilizzare il supermercato quasi come un’area di libero scambio,  una sorta di baratto delle idee. Lo stesso concetto di filiera apparenta in qualche modo il supermercato di Coop ai cluster tematici presenti in Expo.

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