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Végé cresce in Puglia con il Gruppo Ferì

Il Gruppo Enzo Ferì, mandatario di Gruppo VéGé, attivo nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto ha registrato nel primo trimestre un incremento delle vendite sia nei punti di vendita diretti (3%) sia in quelli affiliati (23%) confermando il trend di crescita che ha portato l’azienda a chiudere il 2014 con un fatturato di 52 milioni di euro.

L’azienda opera con una rete distributiva di 44 punti vendita a insegna Dimeglio e 10  a insegna Sidis, per complessivi 22 mila metri quadrati di superficie e ha in programma una ulteriore espansione territoriale, con l’apertura nel corso dell’anno di 9 punti vendita in affiliazione e gestione diretta. Le prime aperture riguarderanno l’ipermercato Sidis da 1.300 mq a Squinzano, con tutti i reparti merceologici incluso l’abbigliamento sportivo, e due supermercati Sidis a Martano e Scorrano, rispettivamente da 450 e 380 mq.

Enzo Feri
Enzo Ferì, presidente dell’omonimo Gruppo

“Il nostro proposito è affermarci come realtà di riferimento regionale della distribuzione, capace di combinare radici nel territorio, efficienza e innovazione, perché è esattamente questo ciò che serve oggi per riequilibrare un settore fragile e frammentato ridando spazio alle piccole e medie imprese locali”, ha dichiarato imprevidente Enzo Ferì.

Sarà anche estesa nei prossimi mesi a tutta la rete l’iniziativa di sensibilizzazione ambientale già sperimentata con successo in quattro punti vendita a Lecce, Campi Salentina, Salice Salentino e Squinzano: la presenza presso i punti vendita di ecocompattatori che incoraggiano il conferimento di bottiglie di plastica, flaconi di detersivi e lattine riconoscendo buoni sconto spendibili direttamente nel supermercato

L’ascesa di Poundland e l’evoluzione del discount in Uk

Da noi hanno fatto un tentativo qualche anno fa, i negozio tutto a un euro, ma non hanno avuto grande successo. Tutt’altro corso hanno preso nel Regno Unito, dove l’insegna Poundland, nata 25 anni fa e al momento con 600 pdv che vorrebbe far diventare 1000 (tra Uk e Irlanda), ha superato il traguardo del miliardo di sterline di vendite annue. Tre volte il fatturato registrato nel 2006. E davvero fa impressione vedere questi negozi che vendono di tutto, dalla cancelleria ai prodotti per la casa, l’igiene e la pulizia, a una sterlina, sempre pieni fin dal mattino.
I prodotti best seller sono cotton fioc, cioccolatini e pellicola di alluminio, ma anche pile e carta igienica. Cose utili, per tutti i giorni. Ovvio che la crisi ha giovato molto a un’insegna dove per uscire dal negozio con i sacchetti pieni non bisogna accendere un mutuo. Ma la novità è che ora, con la fiducia dei consumatori in crescita, Poundland non solo continua a crescere, ma pensa anche ad espandersi ulteriormente, magari tramite l’acquisizione della concorrente 99 p, 250 pdv in tutto il regno. Perché ormai questo tipo di negozi, che quando sono nati si rivolgevano alle classi meno abbienti e avevano un’offerta low cost da tutti i punti di vista, oggi sono frequentati da una clientela assai variegata, che va dal povero al ricco in cerca di shopping alternativo e di “bargain hunting”, la caccia all’affare. Tanto che l’insegna starebbe anche pensando di sbarcare nel continente, iniziando dalla Spagna dove la crisi ancora si fa sentire.
Un percorso simile a quello delle catene discount Lidl e Aldi, che ha recentemente superato Waitrose come sesta catena del Regno Unito, che sempre qui (ma anche in Francia) incassano ogni anno aumenti di fatturato ed erosione di quote di mercato verso le big 4 della GDO Tesco, Sainsbury’s, Morrison e Asda. Perché la ricerca dell’offerta va oltre la crisi e a chi sa aggiungere valore aggiunto e lavorare bene sul cliente, come stanno facendo gli ex-discount tedeschi, il futuro sembra sorridere.

Stabilimento di produzione in etichetta: su Twitter, la gdo alza l’asticella

Sulla questione dell’eliminazione dello stabilimento di produzione dall’etichetta dei prodotti alimentari, previsto dal Regolamento europeo 1169/2011, la Gdo dopo un periodo di silenzio, ha preso ferma posizione, anche sollecitata da ioleggoletichetta che aveva lanciato una petizione su internet, oggi sottoscritta da 24.160 firme.

Sulla questione, poi, il governo, al di là di dichiarazioni e qualche debole misura annunciata dal Ministero delle Politiche agricole, non ha propriamente preso il toro per le corna, considerando che prima dell’entrata in vigore delle Regolamento 1169/2011 l’indicazione dello stabilimento di produzione in etichetta era obbligatorio. Anzi l’atteggiamento del ministero dello Sviluppo economico è stato per lo più cincischiatorio.

Appare quindi quantomeno curioso che di fronte alla necessità di salvaguardare il valore del food italiano, per di più alla vigilia dell’Expo, non sia stato preso alcun provvedimento d’urgenza in questa direzione, ma si siano solo attivati i canali  ufficiali per avere risposte dalla Ue sulla possibilità di rendere nuovamente obbligatoria l’indicazione dello stabilimento di produzione.

In questo contesto la quasi totalità della gdo opernte in Italia ha deciso di continuare a mantenere tale indicazione sui prodotti a marchio del distributore.

Ma all’orizzonte le cose stanno prendendo un’altra piega con una possibile decisione della distribuzione di boicottare i prodotti di marca che non inseriscono tal dicitura.

L’iniziativa è partita su Twitter per  merito di Mario Gasbarrino, ad di Unes e uno dei più convinti assertori della necessità di mantenere la dicitura (insieme con Vito Gulli ad di Generale Conserve), tanto che sulle confezioni dove la materia prima è prevalente, come il latte e l’olio,  non solo viene indicato lo stabilimento, ma viene inserito anche il pittogramma della bandiera italiana per comunicare l’origine stessa del prodotto in maniera più evidente. «Non è questione di autarchia – scrive su Twitttter @mgasbarrino rispondendo a un follower che chiedeva di manatenere in assortimento la pasta secca con grano duro canadese per  via di un superiore apporto di proteine – ma di trasparenza. Basta che sulla confezione sia riportato il luogo di produzione».

Per chiarire, quindi, la battaglia che viene condotta a questo riguardo, non ha nulla a che vedere con la presunta difesa del prodotto italiano in sé – anche perché senza l’importazione di tante materie prime dal grano duro all’olio extravergine, non ci sarebbe la possibilità di esportare la pasta e i blend di evo caratteristici del made in Italy. Si tratta invece di una presa di posizione a difesa del sacrosanto diritto del consumatore di sapere dove viene prodotto il cibo che sta acquistando.

In un suo messaggio Gasbarrino afferma “#prodottodove: una #gdo ke si limita solo a firmare petizione @etichettiamoci è come UE ke lascia sola It su immigrazione!Ci vogliono fatti”. Raccogliendo un immediato endorsement di Francesco Pugliese ad di Conad (@fpugliese_conad) che scrive: “Condivido fatti non solo parole“.

E i fatti sono che, dice sempre Gasbarino, “io se trovo altri 10 retailers firmo un patto x boicottare (non vendere) prodotti senza luogo”, riscuotendo rapidamente l’adesione di Giorgio Santambrogio, ad di VéGé (@gsantambrogio1) che twitta: “Gruppo VéGé è con te” “Solo 1 forte cartello di retailers  può impedire eliminazione #prodottodove!”.  E a seguire quella di Eleonora Graffione, presidente di Coralis (@eleonoragraffio), che scrive: “Coralis unita ai colleghi per maggiori info al cliente. Abbiamo aderito fra i primi a @etichettiamoci e nostro programma prevede la tutela dell’indicazione del luogo di produzione”.   E aggiunge: “Proviamoci. Magarii è la volta che si accorgono che anche noi facciamo parte del Pil”.

Di rimando Gasbarrino annota. “Solo un forte cartello di retailers  può impedire eliminazione #prodottodove ! Siamo già in 3 disposti a non venderli”.

E conclude, per il momento: “Credo che saranno molti i distributori disposti al boicottaggio: si facciano avanti!“.

 

Monoprix innova con beacon e (forse) bitcoin

L'interno di un punto vendita Monoprix.

Colonne iBeacon in 22 punti vendita in Ile-de-France per testare le potenzialità della geolocalizzazione instore, in particolare la comunicazione di promozioni mirate, davanti allo scaffale, tramite notifica-push: è la nuova accelerazione tecnologica dell’insegna francese Monoprix. Una funzione cui il cliente accede tramite smartphone, via bluetooth o App dedicata, solo dopo aver dato il suo consenso.

Monoprix vuole porsi come avanguardia tra gli utilizzatori di tecnologie avanzate nell’ambito GDO: già l’anno scorso aveva guadagnato i titoli dei giornali annunciando che avrebbe potuto accettare pagamenti in bitcoin, la discussa moneta virtuale, entro la fine 2014 o nel corso del 2015, e potrebbe quindi a breve introdurla per l’e-commerce del sito. «Sarebbe un errore non credere al ruolo del bitcoin nelle transazioni anche se è troppo presto per aspettarsi quote significative» disse a suo tempo il direttore dell’e-commerce Patrick Oualid. «Noi comunque ci stiamo già muovendo e posizionando, al contrario degli attori che aspetteranno 3 o 5 anni, quando la moneta sarà già entrata nelle abitudini dei consumatori».

Inaugurato oggi il nuovo supermercato Pam a Collegno

Ha aperto oggi il nuovo supermercato Pam a Collegno (viale Piemonte), con una superficie di 1.800 metri quadrati situato all’interno di una galleria commerciale. Anche questo punto vendita si caratterizza per l’attenzione sia verso i bisogni e i modelli di consumo emergenti e per il rapporto con il territorio, al fine di sancire in modo più profondo il legame con le realtà produttive locali.

Pam CollegnoNe sono un esempio la frutta e la verdura, in consegna, freschissime, tutti i giorni entro le ore 7:00, con moltissime referenze provenienti da produttori della zona e appositi corner dedicati a prodotti provenienti da agricoltura biologica, sia nel fresco che nello scatolame, disponibili anche per vegetariani e vegani.

Di autoproduzione, invece, il pane del reparto forno, disponibile anche in modalità self service, per una spesa facile e veloce a cui si affiancano un selezione di prodotti senza glutine pensati per celiaci e intolleranti.

Nei reparti macelleria e pescheria è poi disponibile il servizio Pronto Cuoci, con tante preparazioni pronte per essere cucinate. Nell’offerta complessiva, in linea con quella che Pam propone nei suoi supermercati e ipermercati Panorama, spiccano, oltre alle centinaia di referenze a marchio del distributore, una ricca gamma di birre speciali che si accompagna ad un ampio assortimento di vini, tra cui i Calici DiVini, una selezione di etichette e cantine che Pam ha in esclusiva all’interno del mondo della Gdo.

Un investimento importante, quello sostenuto da Pam, sia in termini monetari che occupazionali: il nuovo supermercato darà infatti lavoro ad oltre 50 persone, di cui più della metà giovani under 30.

Pam Collegno. le offerte “Con questa nuova apertura, vogliamo essere presenti e vicini alle famiglie di Collegno – afferma  Michela Airoldi, Direttore Marketing di Pam Panorama – offrendo loro quello che ogni giorno ci impegniamo a garantire in tutti i nostri negozi: qualità e risparmio ma, anche, vicinanza e servizio. Infatti, oltre al risparmio che ogni giorno garantiamo per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie, vogliamo agire con continuità ed attenzione anche sul fronte della qualità dei prodotti e del servizio offerto che, mai come in questo periodo, devono essere capaci di rispondere al meglio alle richieste dei clienti. ”

Aperto sette giorni su sette, il punto vendita è dotato di sette casse tradizionali e sei self-check-out e di pacheggio gratuito coperto da 460 posti.

Federdistribuzione presenta il bilancio di sostenibilità della distribuzione moderna

«Siamo le aziende del prezzo giusto, non del prezzo basso»: così il presidente di Federdistribuzione  Giovanni Cobolli Gigli ha introdotto l’incontro di presentazione del secondo Bilancio di sostenibilità della Distribuzione moderna organizzata (Dmo). «Uno strumento – ha aggiunto – nel quale esprimere la nostra identità, dichiarando i valori forti intorno ai quali le aziende della Dmo rappresentano, pur nella loro diversità, un insieme coeso». Un concetto ribadito anche da Mario Gasbarrino, amministratore delegato di Unes, per il quale: «In un settore ad elevata competitività come quello della distribuzione, la sostenibilità è un fattore di incontro, di scambio delle best practice».

L’obiettivo del bilancio di sostenibilità (l’unico, salvo errori, che riguarda un intero settore) è infatti quello di «trasmettere l’idea che l’impegno delle imprese sull’ambiente, nei confronti  di collaboratori e clienti, verso i fornitori e la comunità non è sporadico o casuale, ma rappresenta un atto consapevole che entra a far parte della più autentica strategia d’impresa e sul quale il commitment è molto forte. È la testimonianza che la sostenibilità non viene più intesa solo come una leva di posizionamento, ma sta diventando una leva economica». Federdistribuzione, ricordiamolo, rappresenta un variegato universo di imprese distributive per un totale di 14,600 punti vendita, 60,6 miliardi di euro di giro d’affari, pari al 47,9% della Dmo.

Va detto che, poiché la cronaca ha il sopravvento sui temi di un convegno, a poche ore di distanza, la notizia che qualche centinaia di dipendenti di Auchan hanno occupato piazza Montecitorio in seguito al fatto che il retailer francese si appresterebbe a licenziare oltre mille dipendenti, quale effetto della crisi di questi anni e della necessità di una riorganizzazione della propria presenza in Italia (cìè anche chi paventa una sua uscita), getta qualche ombra su queste affermazioni. Tuttavia non ne mina la sostanza.

Nel completo rapporto di bilancio, gli aspetti citati da Cobolli sono sintetizzati in una serie di numeri a significare un percorso virtuoso, come l’ha definito Mario Molteni, direttore di Altis (Università Cattolica di Milano): «La seconda edizione del Bilancio di Sostenibilità di Settore racconta di aziende che credono e investono in iniziative di responsabilità sociale e ambientale, assumendo il ruolo di propulsore di crescita». Nelle otto aree oggetto dell’indagine (clienti, fornitori, collaboratori, comunità, certificazione, ambiente, comunicazione), che censisce 60 iniziative diverse delle imprese associate, le attività delle imprese della Dmo hanno tassi di penetrazione elevati, che sfiorano il 100% in alcuni casi come i sistemi di riduzione dei consumi energetici, l’attivazione del servizio di ascolto dei clienti, l’inserimento di informazioni addizionali sull’etichetta dei prodotti a Marca del Distributore.

«Il dato più significativo – ha sottolineato Molteni – è che in tutte le aree si registra un incremento, con l’eccezione delle certificazioni, ma per il semplice motivo che è già completamente presidiata».

L’area che registra l’evoluzione più significativa è quella dei fornitori: +15% rispetto all’indagine 2012. Le aziende distributive lavorano con i fornitori in logica di partnership e per una loro valorizzazione, favorendo un percorso di crescita delle PMI. Pratiche quali l’instaurazione con le PMI di un rapporto di lunga durata (79% delle imprese), la valutazione del Codice etico del fornitore o la firma congiunta di un codice di condotta (75% delle imprese), la dematerializzazione degli scambi di documenti (82% delle imprese) favoriscono nelle imprese fornitrici l’avvio di un percorso di Responsabilità Sociale d’Impresa e di innovazione.

Anche l’area clienti segna un trend positivo dell’11%. Nei confronti dei clienti le imprese distributive tutelano il potere d’acquisto e mostrano attenzione alle nuove dimensioni sociali, andando spesso oltre gli obblighi di legge.

sostenibilità Dmo 2014

«La sostenibilità – ha concluso Molteni – è diventata un aspetto strutturale del business per le imprese della Dmo, che svolge, per di più, un ruolo proattivo verso le imprese fornitrici e di educazione della clientela. Il fatto che la riduzione degli imballaggi sia aumentata del 18% e la riduzione dei rifiuti del 12% testimonia di un approccio pragmatico alla sostenibilità, che fa bene immediatamente al conto economico dell’impresa».

Sono numerosi gli spunti emersi dalla duplice tavola rotonda che ha discusso i risultati del bilancio di sostenibilità di settore. Proviamo a sintetizzarli.

Consumo di suolo. Per le imprese della Dmo che vuole continuare a investire e a crescere, il tema è particolarmente importante. Intorno al consumo di suolo, in discussione nei palazzi della politica,  si intrecciano infatti gli interessi delle comunità locali, quelli della Dmo (per la quale è centrale la redditività del punto vendita), quelli delle amministrazioni locali. «Ma dobbiamo operare tutti all’interno di un quadro di certezze: oggi quando si parte non si sa quando si arriva e quando e in quali condizioni si arriva a compimento del progetto», ha detto Valerio di Bussolo, direttore della comunicazione di Ikea Italia.

Anche perché, ha illustrato il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, sono numerosi i casi in cui le Regioni e le amministrazioni locali hanno posto vincoli all’apertura di punti vendita e agli orari di apertura, nonostante le disposizioni contenute nei decreti Cresci Italia e Salva Italia che avevano invece aperto le porte a una maggiore liberalizzazione al riguardo, tanto che l’Antitrust è dovuto intervenire presentando ricorsi contro gli atti degli enti locali.

Rapporti con i fornitori. Per Luigi Mastruobuono, direttore generale di Confagricoltura sono quattro le aree di lavoro comune con la Dmo: la condivisione di dati per comprendere e migliorare le relazioni con i consumatori; valorizzare la filiera agroalimentare che vale il 14% del Pil; l’internazionalizzazione, perché la Dmo può essere la piattaforma di diffusione dei prodotti italiani all’estero; la comunicazione per creare maggiore valore veicolando nuovi contenuti relativi alla sostenibilità.

E Mario Gasbarrino ha aggiunto che quando si parla di prodotti a marchio del distributore questi rapporti sono già a livelli elevati tanto che molte Pmi sono cresciute fino ad affacciarsi ai mercati internazionali grazie alla Dmo e che la valorizzazione dei prodotti locali in futuro è destinata a crescere. Non solo, ma «quando un distributore sognatore e un produttore inventore si incontrano si raggiunge un equilibrio perfetto. Tanto che con il nostro fornitore di acqua minerale abbiamo eliminato il fardello in polietilene, risparmiando circa 480 camion di plaastica indifferenziata. E noi valiamo solo l’1% del fatturato complessivo della distribuzione alimentare».

Convegno Bilancio di sostnibilità distribuzione moderna 2

Filiera. «Il futuro si giocherà su una visione della filiera diversa, con progetti a lungo termine. Ma occorre fare rapidamente un salto di qualità. Mi auguro che l’industria recuperi quella capacità di innovazione  che in questi ultimi anni è stata più appannaggio della distribuzione. Dobbiamo tornare a metterci in gioco per costruire una visione più integrata più documentata con la distribuzione e con l’agricoltura». Alberto Frausin, amministratore delegato Carlsberg Italia.

Eccedenze alimentari. La Francia recupera le eccedenze 6-7 volte di più che l’Italia. L’auspicio del presidente di Fondazione Banco Alimentare Andrea Giussani è che la lotta contro lo spreco possa diventare un processo ordinario all’interno delle imprese distributive, per far si che da opportunità etico-sociale possa diventare una normale attività. Dando poi evidenza dei risultati ottenuti per favorirne il contagio e la diffusione.

Intermarché presenta la spremuta last minute, “la più fresca del mondo”

Trovata di marketing o modo per rassicurare il cliente sulla freschezza e la naturalezza del proprio prodotto, frutto di un approccio da “produttore-distributore” con 64 unità di produzione? È un po’ tutte e due le cose l’iniziativa testata dall’insegna francese Intermarché nel punto vendita d’Issy Les Moulineaux nei giorni scorsi, ma che dovrebbe nei prossimi mesi essere estesa a tutta la catena. Le spremute fresche, preparate sul posto, porteranno impresso al posto della marca l’orario in cui sono state preparate, per rassicurare sulla loro assoluta freschezza. “Ogni succo d’arancia, simbolo emblematico del consumo in mobilità e urbano, sarà spremuto al momento nel punto vendita ed etichettato al momento della spremitura. Così l’insegna assicura ai suoi consumatori un prodotto allo stesso tempo buono e con un ottimo prezzo: solo 1,5 Euro” si legge in una nota.

Nel punto vendita a sottolineare ulteriormente l’iniziativa c’era uno schermo gigante che riportava l’ora dell’ultima spremitura. Divertente anche l’etichetta: “È qui, nelle terre nobili di questo Intermarché che Monique e la sua squadra trasmettono fin dalle [ora spremitura] una tecnica fedele ai valori e alla tradizione della nostra illustre casa fondata nel [ora spremitura]. Così, potrete gustare questa spremuta la cui freschezza è riconosciuta fin dal [ora spremitura]”.

Non poteva mancare l’hastag, #LeJusLePlusFrais, che infatti ha fatto furore su Twitter.

Gruppo Iperal e Axiante, come la tecnologia aiuta a differenziare l’offerta dei pdv

Una forte attenzione alla clientela locale tramite la differenziazione dell’offerta merceologica in ciascun dei suoi 32 punti vendita (ipermercati, supermercati e iperstore): questa caratteristica, da sempre nel DNA del Gruppo Iperal, ha reso funzionale la partnership con Axiante, system integrator dalla consolidata expertise nel mercato retail. Grazie a soluzioni innovative di space optimization, è stato possibile ottimizzare e velocizzare la personalizzazione dell’assortimento in singolo punto vendita.
Con l’obiettivo di elevare costantemente la qualità della customer experience nei negozi, il Gruppo Iperal aveva l’esigenza di adottare un sistema in grado di generare piani di gestione del merchandising tempestivi ed allineati alle specificità dei singoli punti vendita. Finora sono stati adottati planogrammi clusterizzati: ogni punto vendita riceveva il planogramma relativo al proprio cluster di riferimento, che, tuttavia, non risultava pienamente efficace, in quanto gli assortimenti erano diversi per ogni sito, così come le strutture e le performance dei singoli articoli. Il management Iperal si è posto l’obiettivo di creare planogrammi differenziati a livello di punti vendita in modo da fornire un piano di posizionamento ideale per ogni referenza. Grazie all’infrastruttura tecnologica e al supporto fornito da Axiante, nella sede centrale Iperal si ricevono informazioni rapide e precise sugli assortimenti e sulle performance di vendita di ogni punto periferico, alimentando in modo automatico i dati utili alla creazione dei planogrammi.

Con gli strumenti forniti da Axiante, l’ufficio centrale di space allocation è in grado di ottimizzare tutte le performance chiave in termini di margini, vendite e stoccaggio, riducendo notevolmente rotture ed eccessi di stock. Iperal, inoltre, può creare centralmente planogrammi perfettamente in linea con la struttura di ogni sito periferico, ovvero in base alla quantità di ripiani e spazio disponibile, per un’adeguata allocazione delle singole categorie merceologiche. È possibile pianificare le strategie di category management più adatte a ciascun contesto creando planogrammi che tengono conto del lay out, dei profili e delle abitudini dei consumatori e delle specifiche politiche di merchandising adottate nel negozio. La soluzione adottata da Iperal, infine, si integra perfettamente con la piattaforma gestionale, consentendo un’accurata analisi dei dati a supporto della personalizzazione dello store e della customer loyalty.

Nell’arco di due mesi, la soluzione di space optimization è stata implementata in tutti i punti vendita del Gruppo Iperal, i quali hanno potuto immediatamente beneficiare di una maggiore semplicità di gestione del merchandising, velocizzando le decisioni su tutti gli aspetti, dal posizionamento a scaffale, fino all’assortimento delle categorie merceologiche e ottenendo un maggior controllo sul flusso dei prodotti a vantaggio delle performance di vendita. I planogrammi sono accessibili via web, consentendo agli addetti di utilizzare, condividere e modificare le informazioni in tempo reale, risparmiando sui processi di stampa e confermando, quindi, l’attenzione di Iperal alla salvaguardia del territorio. Nell’ottica del consumatore, tutto ciò si traduce in una risposta puntuale, tempestiva e coerente alle sue necessità, con l’incremento della sua soddisfazione e il miglioramento della sua esperienza nello store.

Semaforo verde per i vegani in gdo

Nell’ultimo numero di inStore, Valeria Volponi si occupa di come la distribuzione moderna sta affrontando un segmento di consumatori particolarmente interessante. Quello dei consumatori che si sono vitati ai prodotti vegetariani e vegani in particolare.

Statistiche non ufficiali parlano di circa 1.3 milioni di nostri concittadini votati al veganesimo, tali da rendere l’Italia il secondo paese al mondo per numero, dopo l’India. Per Eurispes gli italiani che non mangiano carne e pesce sono il 6,5% e coloro che escludono del tutto dalla dieta l’uso di prodotti animali e derivati solo 0,6%. Nel complesso, oltre il 7% della popolazione nazionale.

I vegani sono un target medio-alto spendente, di livello culturale elevato, sensibile alle scelte di consumo, a cui ha cominciato a prestare attenzione anche la grande distribuzione, generalista e specializzata. L’equazione “mangiare bene-stare bene” si è progressivamente identificata nel consumo di prodotti biologici e eco-friendly anche da parte di chi non soffre di allergie specifiche, tanto che il giro d’affari 2014 dell’alimentazione bio, secondo ricerche Ref su dati Nielsen, ha superato i 700 milioni di euro nei soli punti vendita della Gdo.

In una sorta di evoluzione naturale dal biologico, al vegetariano, al vegano, sono aumentate le referenze ed è migliorato anche il livello d’informazione al consumatore: più facile identificare i prodotti a scaffale, più immediata l’identificazione di quali cibi sono compatibili con la dieta scelta.

Puoi leggere tutto l’articolo nella versione sfogliabile online di inStore.

 

In Piazzale Siena Milano il primo Carrefour Gourmet 24/24

Ha aperto dopo una breve ristrutturazione il Carrefour di Piazzale Siena a Milano. Il pdv, poco più di 1000 mq,  è stato riposizionato come Carrefour Market Gourmet, il secondo del capoluogo lombardo e il primo del format aperto 24 ore su 24. «È un supermercato normale con qualcosa in più: nella fattispecie 600 referenze frutto di un’attenta selezione in tutte le categorie food. Ma non vogliamo ghettizzare, nel fresco ad esempio c’è l’alto di gamma servito con proposte particolari ma anche il confezionato per chi è di fretta o il classico ortofrutta e peso. Non c’è un percorso obbligato, lasciamo al cliente libertà di scoprire nuovi prodotti anche un po’ “folli”» spiega Roberto Simonetto, direttore vendite Carrefour Market.

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La sfida dell’apertura no-stop come sta andando? «Al di là di ogni aspettativa – dice Simonetto -. Abbiamo deciso di non vendere nessun tipo di alcolici nel turno notturno, e questo ci ha evitato parecchi problemi. È un luogo protetto, illuminato a giorno, sicuro. Abbiamo un flusso di clienti continuo, è uno snodo di passaggio, e c’è tutto un popolo della notte che va o torna dal lavoro e si ferma qui a fare la spesa. Sono giornalisti, medici, taxisti, una clientela eterogenea. Poi c’è Expo naturalmente, volevamo dare un servizio in più e dimostrare che Milano è una città sempre aperta. Tanto che nei prossimi mesi sono previste altre due aperture 24/24 che si aggiungeranno a piazzale Siena e piazzale Clotilde, già aperta da qualche anno, in modo da presidiare tutta la città».

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