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Lo stato del Largo Consumo in Italia, la nuova ricerca di NielsenIQ

NielsenIQ presenta “Lo stato del Largo Consumo in Italia”, lo scenario dei consumi delle famiglie italiane fotografato ogni mese. I dati raccolti da NielsenIQ rilevano che a maggio 2022 il fatturato della distribuzione totale Italia è pari a 9.179 miliardi € e ha avuto un andamento positivo (+5,2%) rispetto a maggio 2021.

Si conferma dunque la tenuta del comparto, che aveva rilevato durante la pandemia del 2020 una forte crescita e un 2021 stabile, e che nei primi mesi del 2022 cresce prevalentemente in funzione dell’inflazione e in parte anche per i volumi. Gli italiani restano cauti, pur in presenza di segnali di ritorno dei consumi fuori casa ai livelli del 2019.

L’inflazione teorica – stesso paniere e stessi volumi dell’anno precedente – nel largo consumo confezionato, (LCC) ovvero il settore di mercato che comprende tutti i beni di consumo primario e i prodotti confezionati dall’industria, al momento si attesta intorno al +6,5%, ma le variazioni della scelta di prodotti nel carrello e di preferenza di canale di acquisto, analizzati da NielsenIQ, riducono l’impatto dell’1,1% portando le variazioni reali dei prezzi al 5,4%. Dato in linea con la situazione di aprile, che registrava un +5,5%.

Crescono dunque maggiormente (anche per una maggiore inflazione), rispetto lo stesso periodo del 2021 i Discount (+9,6%). Gli ottimi risultati del canale anche a perimetro costante, ovvero escludendo le nuove aperture, permettono quasi a tutte le insegne di inaugurare nuovi punti vendita.

A maggio NielsenIQ registra la percentuale delle vendite in promozione (totale Italia) su un livello inferiore rispetto allo stesso periodo del 2021 (22,8%, -2,2 pp), dovuto alla riduzione del numero di articoli in promozione e alla minor profondità dello sconto.

Infine il consumo di prodotti a marchio del distributore raggiunge a maggio il 21% del LCC nel perimetro Iper, Super e Liberi Servizi (ovvero i supermercati di metratura minore) e si attesta al 30,1% sul totale Italia inclusi i Discount. In pratica quasi un acquisto su tre è a marchio del distributore, consolidando una crescita progressiva stabile nel tempo, confermandosi come valido strumento per combattere l’inflazione.

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa
Per quanto riguarda i consumi, complessivamente i dati di NielsenIQ evidenziano le seguenti tendenze: Fresco (+4,9%), Largo Consumo Confezionato (LCC) (+5,7%) mentre il comparto No Food aumenta del +2,7%.

Il Fresco è in crescita nella maggior parte dei canali distributivi, con Libero Servizio (+0,5%) e Discount (+9%) che registrano rispettivamente le tendenze peggiori e migliori. Complessivamente le categorie più dinamiche sono state Macelleria & Pollame (+6,8%) e Pane & Pasticceria & Pasta (+10,7%), mentre è continuo il calo della Pescheria (-11,7%).

Per quanto riguarda i soli prodotti confezionati, l’andamento analizzato da NielsenIQ a valore nel mese di maggio è cresciuto del +6,0% (+0,5% a volume).

Tra le aree di prodotto la crescita nel mese di maggio, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è stata significativa nei prodotti per la Cura della Persona e per gli Animali Domestici, rispettivamente NielsenIQ li posiziona a +9,4% e +9,1%.

A livello di prodotto guidano la classifica dei TOP10 di NielsenIQ il dessert fresco, l’olio di semi di girasole e gli integratori dietetici.

L’inflazione ridisegna i consumi degli italiani, l’inchiesta di Altroconsumo

L’inflazione dei prezzi dovuto al Covid, da fenomeno passeggero quale sembrava essere, si è trasformata in una situazione strutturale che non si vedeva da almeno trent’anni. Le cause dell’aumento generalizzato dei prezzi sono dovute all’incremento del costo dell’energia e delle materie prime, esacerbate dalla guerra in Ucraina. I rincari di spesa riguardano tutti i settori produttivi, le bollette, il prezzo del carburante e soprattutto il prezzo dei prodotti alimentari.

Altroconsumo, tramite un’indagine statistica, ha fotografato la situazione delle famiglie italiane in questo momento. L’inchiesta ha confermato che le abitudini degli italiani sono notevolmente cambiate in molti contesti: dai consumi domestici alla mobilità, dall’alimentazione allo shopping, dal tempo libero all’assistenza sanitaria. L’indagine statistica sugli effetti dell’inflazione del 2022 è stata presentata al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino, dove si è discusso di come sono cambiati i comportamenti alimentari degli italiani e quanto gli aumenti stiano impattando sul carrello della spesa.

CARO BOLLETTE: IL SETTORE DEI CONSUMI DOMESTICI È IL PIÙ COLPITO DALL’INFLAZIONE
Il settore dei consumi domestici (casa, energia e acqua) è l’ambito nel quale è più alta la percentuale di coloro che hanno cambiato abitudini all’insegna del risparmio: lo ha fatto l’80% dei rispondenti. Lo scorso inverno, infatti, il 52% degli italiani ha usato con più parsimonia l’impianto di riscaldamento e presumibilmente starà facendo lo stesso con quello di condizionamento.

4 rispondenti su 10, non solo decidono di limitare le temperature in casa, ma risparmiano anche sull’uso degli elettrodomestici (40% degli intervistati). Il 27% degli italiani, inoltre, dichiara di essere stato più parco anche nei consumi di acqua con meno bagni, docce più veloci e rubinetto chiuso mentre ci si lava i denti. Infine, il 43% degli italiani ha sperimentato, nell’ultimo anno, un peggioramento della propria situazione economica e il 25% dei rispondenti dichiara di avere difficoltà a pagare le bollette.

Emerge, dall’analisi, che l’inflazione sta velocemente deteriorando il potere di acquisto delle famiglie italiane. Per questo motivo Altroconsumo ha chiesto al Governo di rendere definitive le misure tampone finora adottate per frenare il caro-energia, come l’abbassamento dell’Iva e l’eliminazione dalle bollette degli oneri di Sistema e le accise sul carburante. Le risorse derivanti dall’extragettito Iva (conseguenza dell’aumento dei prezzi) e dalle tasse sugli extraprofitti dovrebbero essere impiegate per ristorare le famiglie in difficoltà, in quanto il bonus da 200 può essere un aiuto, non una soluzione.

CARO-CARBURANTE: IL 65% DEI RISPONDENTI CAMBIA ABITUDINI ALLA GUIDA
Secondo l’inchiesta, a preoccupare maggiormente gli italiani, è il caro-carburante: motivo che ha spinto a cambiare abitudini alla guida il 65% degli intervistati. Il 31% di loro usa l’auto solo quando è strettamente necessario. Il 26% mette in pratica accorgimenti salva-benzina, (come guidare a velocità moderata, non spingere troppo il motore ed evitare sorpassi). Molti italiani si sono convertiti alla mobilità verde: il 18% va di più a piedi o in bicicletta e il 10% prende i mezzi pubblici con più frequenza di quanto non facesse prima della crisi.

6 ITALIANI SU 10 CAMBIANO IL MODO DI FARE LA SPESA
I prodotti alimentari subiscono gli aumenti più salati e costringono il 63% degli italiani a cambiare abitudini in fatto di spesa, come emerge anche dall’analisi dettagliata dei prezzi di alcuni prodotti alimentari di Altroconsumo. Per salvaguardare il proprio potere d’acquisto il 33% di essi dichiara di acquistare maggiormente prodotti “primo prezzo” (cioè con il prezzo a scaffale in assoluto più basso della categoria), alimenti a marchio del supermercato e in generale quelli super-scontati. Inoltre, il 29% degli intervistati ha tagliato la spesa in cibo e bevande non essenziali (alcol, dolci, snack salati…) e, cosa più preoccupante, 1 italiano su 5 (cioè il 21%) rinuncia all’acquisto di alimenti importanti come il pesce e la carne. Si riducono anche i momenti di piacere come le pause caffè al bar e le uscite al ristorante, diventate più sporadiche per il 26% degli intervistati.

Da quanto emerge dall’indagine, infine, il clima di incertezza continua a spingere gli acquisti di prodotti a lunga conservazione (cibi in scatola, zucchero, pasta e farina): il 20% dei rispondenti ammette di averne acquistato di più negli ultimi mesi.

LE SPESE MEDICHE SONO CONSIDERATE UN LUSSO PER 1 RISPONDENTE SU 3
L’inchiesta di Altroconsumo sottolinea inoltre che per 1 italiano su 3 curarsi sia diventato un lusso, un dato davvero preoccupante. Il 33% di loro dichiara infatti di non riuscire a far fronte alle proprie spese mediche. Il 16% non può permettersi le cure dentistiche di cui ha bisogno, il 13% non riesce a sostenere i costi di una visita specialistica e l’8% ha dovuto cancellare o rimandare le sedute di psicoterapia. Per il 10% dei rispondenti è diventato proibitivo l’acquisto di dispositivi medici come gli occhiali da vista o l’apparecchio acustico.

Tonno, una (nuova) passione per gli italiani

Per 1 italiano su 2 le proteine ittiche sono più nobili rispetto a quelle di origine vegetale e il tonno in scatola si conferma un evergreen. La pasta al tonno si conferma un grande must della pausa pranzo: scelta preferita per 1 italiano su 2.

Una ricerca commissionata da ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare) alla Doxa indaga la nuova passione degli italiani per le proteine e rivela quali sono le fonti preferite e le ricette più indicate in pausa pranzo, con un posto d’onore per il tonno in scatola. Il nutrizionista Luca Piretta: “Le proteine svolgono funzioni strutturali, di trasporto e di deposito di altri nutrienti e la loro assunzione è fondamentale. Il tonno è una buona fonte con 25,2 grammi per 100 g di prodotto sgocciolato”

Per dimagrire, per migliorare le prestazioni sportive e mettere su massa muscolare, ma anche per gli anziani: le proteine sono diventate una nuova passione trasversale degli italiani. L’alto contenuto proteico di alcuni alimenti è oggi un fattore fondamentale di scelta nel carrello della spesa, tanto da registrare il +15% dei consumi nell’ultimo biennio con un’attenzione verso le proteine ittiche e vegetali. Con un consumatore sempre più attento alla salute e alla sostenibilità, a registrare un vero e proprio exploit negli acquisti sono gli alimenti “rich-in”, che in etichetta riportano due parole chiave: “proteine” e “omega 3”, con un incremento medio di vendite del +10,2%. I secondi piatti di pesce sono la categoria proteica che cresce di più con il +71% a valore nel 2021/2020 (Fonte: Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy).

IL PASTO D’ELEZIONE È IL PRANZO: SUL PODIO DELLE FONTI PROTEICHE SI PIAZZA IL TONNO IN SCATOLA
Ma quando e in che modo gli italiani amano assumere le proteine? La pausa pranzo è il pasto d’elezione, dando prova di aver finalmente scardinato il (falso) mito, duro a morire, delle proteine come prerogativa della cena. A pranzo, quasi 4 italiani su 10 (37%) prediligono un piatto unico e completo, abbinando proteine a carboidrati, mentre il 26% preferisce cibi proteici con scarso apporto di grassi, per evitare il sonno post-prandiale garantendosi comunque sazietà ed energia. Sul podio delle fonti proteiche più consumate in pausa pranzo si piazzano, quasi a pari merito, il tonno in scatola, fonte preferita per 3 italiani su 10 (33%), le carni bianche (36%) e i legumi (34%). Lo rivela la ricerca “Tonno in scatola e proteine in pausa pranzo” commissionata da ANCIT (Associazione Nazionale Conserve Ittiche e delle Tonnare) alla Doxa e condotta su un campione di 1000 casi rappresentativo della popolazione italiana tra i 18 e i 74 anni con metodo CAWI.

PASTA AL TONNO: CALDA O FREDDA È IL MUST DELLA PAUSA PRANZO PER QUASI UN ITALIANO SU DUE
Il tonno in scatola è consumato praticamente dalla totalità della popolazione (96%) e oltre la metà (57%) lo consuma con regolarità, ossia con cadenza settimanale. Si tratta di un consumo molto trasversale, senza differenze significative secondo il genere e l’età. In Italia, il consumo è geograficamente omogeneo, salvo una leggera prevalenza del centro-sud vs nord-ovest, dove la quota dei consumatori regolari è pari rispettivamente a 60% e 51%. La pasta al tonno si conferma un grande must a pranzo. Tra le preparazioni a base di tonno preferite in pausa pranzo il 44%, quasi 1 italiano su 2, non ha dubbi: vince la pasta al tonno (calda o fredda), a cui fanno seguito altri due evergreen come l’insalatona (36%) e l’insalata di riso (34%). Seguono il tonno con le verdure (27%) e tramezzini/panini/pizze col tonno (21%).

PRATICO, VERSATILE E ANTISPRECO: I DRIVER DEL TONNO IN SCATOLA VINCONO ANCHE A PRANZO
Tra i motivi della scelta del tonno come protagonista della pausa pranzo, ci sono i suoi plus: è pratico, versatile, buono, sano e antispreco. Caratteristiche in linea con le esigenze degli italiani che dedicano mediamente 48 minuti alla pausa pranzo (il 44% circa un’ora contro il 32% che le dedica circa mezz’ora). Si svolge prevalentemente a casa (61%) o sul luogo di lavoro (ufficio, mensa, ecc.). E se rispetto al «pre-covid» la pausa pranzo non è cambiata in modo significativo in termini di durata e modalità, per il 17% è diventata però più salutare e il 15% presta più attenzione ad evitare gli sprechi, manifestando un comportamento virtuoso: se ci sono degli avanzi, il 44% li recupera nel pasto successivo, il 43% cucina solo il necessario per alimentarsi senza abbondare e il 18% compra alimenti che non prevedono scarti come cibi porzionati. Il tonno sott’olio è la variante di tonno più amata dagli italiani. Con uno stacco notevole, la variante sott’olio sbaraglia gli “avversari” con il 72% delle preferenze, a cui fa seguito il tonno in scatola al naturale (43%). In terza posizione, i filetti di tonno sott’olio con il 30% delle preferenze. Il tonno in scatola è alimento antispreco, solo l’1% finisce nel cestino. La sua porzionatura consente di utilizzare il necessario, l’olio del tonno in scatola è un ingrediente che si utilizza come condimento.

ITALIANI INFORMATI SUL RUOLO DELLE PROTEINE: PER 1 SU 2 FAVORISCONO LA CRESCITA MUSCOLARE
Sulle ragioni di questa nuova passione per le proteine influisce il ruolo che queste ricoprono, su cui gli italiani hanno le idee molto chiare: per oltre 1 italiano su 2 sono essenziali per la crescita muscolare. Per oltre 4 italiani su 10 forniscono gli aminoacidi essenziali per la crescita e il mantenimento di cellule e tessuti. Infine, per il 30% del campione le proteine facilitano l’equilibrio del sistema immunitario e per il 29% aiutano il sistema metabolico. Il successo del tonno è confermato dal fatto che nel percepito dei consumatori, le proteine del pesce sono più nobili rispetto a quelle di origine vegetale: per 1 italiano su 2, quelle ittiche sono nutrizionalmente migliori, anche se oltre 1/3 del campione (36%) non ne ha alcuna idea.

IL NUTRIZIONISTA LUCA PIRETTA: “PROTEINE DI ALTO VALORE BIOLOGICO MA NON SOLO”
Le proteine svolgono un ruolo importantissimo per la nostra salute. Insieme a grassi e carboidrati, infatti, sono uno dei tre macronutrienti di base e probabilmente il più importante. “Il tonno in scatola è una buona fonte di proteine ad alto valore biologico (25,2 grammi per 100 grammi di tonno sgocciolato), molto utili per sviluppare e mantenere la massa muscolare – spiega ancora Piretta, gastroenterologo e nutrizionista all’Università Campus Biomedico di Roma – e questo riguarda sia i giovani e gli sportivi che gli anziani, nei quali il tonno in scatola diventa uno strumento fondamentale nella prevenzione della sarcopenia. Le proteine presenti nel nostro organismo sono molecole costituite dalla combinazione variabile di venti aminoacidi, dei quali nove definiti essenziali perché non possono essere sintetizzati nell’organismo e devono essere assunti con l’alimentazione. In generale, le proteine svolgono funzioni strutturali, di trasporto e di deposito di altri nutrienti e altre sostanze. Possono svolgere attività enzimatiche o ormonali, funzionare come recettori o ‘leganti’ per varie sostanze (tra cui farmaci), possono essere coinvolte nella contrazione muscolare, nella risposta immunitaria, nella coagulazione del sangue, ma non solo. Le proteine contenute nel pesce sono di alta qualità perché contengono gli aminoacidi essenziali che l’organismo non può sintetizzare e che non troviamo nelle proteine vegetali e hanno un alto valore biologico, quindi facilmente sfruttabili per la sintesi proteica. Inoltre, le proteine ittiche sono veicolate da altri nutrienti come acidi grassi polinsaturi omega 3 e sali minerali e vitamine”. Viene da sé comprendere quanto la loro assunzione sia essenziale per il buon funzionamento dell’organismo. “Ma mi raccomando di fare sempre attenzione a seguire una dieta equilibrata e non tralasciare altri alimenti essenziali o rinunciare del tutto ai carboidrati”, conclude l’esperto.

LE RICETTE DI GERMANA BUSCA (MAMMAGY) PER UNA PAUSA PRANZO SANA, PROTEICA E ANTISPRECO
“Le conserve ittiche sono un elemento che non manca mai nella mia dispensa – commenta la food blogger Germana Busca in arte Mamma Gy – Sono versatili e pronti per farcire tante preparazioni, soprattutto quando si ha poco tempo da dedicare ai fornelli, come nella pausa pranzo che per molti dura meno di un’ora. Tonno in scatola&co si prestano anche a tante ricette da fare la sera precedente e consumare il giorno dopo a pranzo o secondo necessità, che fanno ancora più comodo a chi ha figli. Inoltre, l’olio del tonno o sgombro in scatola è perfetto anche per condire tutte le insalate o sughi per i primi piatti”. Ed è proprio partendo da questa premessa che ha ideato tre ricette per una pausa pranzo sana, proteica e antispreco: Cous cous freddo con tonno zucchine, feta e menta; Pasta fredda con sgombro, pomodorini, olive e maggiorana; Torta salata con tonno e ricotta”.

Discount per 1 italiano su 2: l’indagine di AstraRicerche per ALDI

Il condominio è il luogo dove si conoscono i propri vicini di casa, ma è anche tra i corridoi del supermercato che i rapporti di “buon vicinato” si consolidano, grazie al “passaparola”, reale o digitale, su prodotti e nuove catene da provare. È questa la fotografia dell’indagine di AstraRicerche commissionata da ALDI, parte del Gruppo ALDI SÜD, realtà multinazionale di riferimento della Grande Distribuzione Organizzata tra i più importanti operatori mondiali, in occasione del suo quarto anniversario in Italia.

La ricerca, che ha coinvolto 1.019 italiani tra i 15 e i 70 anni, traccia le abitudini di acquisto degli italiani, confermando come la spesa sia al centro di consigli e indicazioni tra vicini di casa: il supermercato rappresenta un punto di riferimento importante per la vita del palazzo e del quartiere, dove intrattenere rapporti cordiali e sperimentare anche forme di solidarietà. Nell’ultima campagna pubblicitaria firmata McCann Worldgroup Italia “Segreti di condominio”, la convenienza e la qualità del “PREZZO ALDI” destano interesse e curiosità tra i condòmini e sono protagoniste proprio delle loro chiacchiere.

L’arrivo di una nuova famiglia, con i suoi sacchetti della spesa ricchi di prelibatezze, incuriosisce i vicini, che imparano come da ALDI sia facile spendere meno per vivere meglio. Con lo spirito di una sitcom all’italiana, intriso di ironia e spontaneità, i nostri condomini hanno raccontato la realtà del rapporto tra vicini di casa. Con umorismo, consigli e l’immancabile passaparola hanno popolato diversi canali di comunicazione, a partire dalle tradizionali radio e affissioni fino a toccare addressable digital tv, i social network e persino Tik-Tok, dove un originale “telefono senza fili” tra condomini ha aperto le porte a contenuti di capaci di raccontare uno spaccato di realtà con un tone of voice stravagante. Tutti i contenuti della campagna terminano con un tormentone, la chiara indicazione di dove è possibile trovare la massima qualità alla miglior convenienza: “Da ALDI, dove se no?”

IL SUPERMERCATO PUNTO DI RIFERIMENTO SUL TERRITORIO
La ricerca smentisce lo stereotipo dei cattivi rapporti tra chi condivide il pianerottolo in condominio, una realtà abitativa scelta da ben 6 italiani su 10. Per uno su due (52,6%) i rapporti sono positivi o addirittura ottimi, in un clima dove regnano soprattutto la cordialità (58,6%), il sorriso (53,0%) e la propensione all’aiuto (50,2%), aumentata soprattutto durante la pandemia. Il senso di solidarietà nel vicinato si rafforza anche attraverso gli acquisti: ben il 37,2% dichiara di aver fatto o ricevuto compere per altri, come vicini di casa o amici. Non solo: in italiano su quattro (25,4%) si è rimboccato le maniche e ha dato una mano ai vicini per piccoli lavori di idraulica, fai da te, maglieria. Queste tendenze sono trainate dai più giovani (in particolare giovanissimi tra i 15 e 24 anni) e vedono gli uomini più attivi delle donne.

Michael Gscheidlinger, Country Managing Director Italia di ALDI, commenta: “Il punto vendita, soprattutto dopo la pandemia, è diventato un vero presidio sul territorio, in cui le persone possono sentirsi a casa e costruire solide relazioni, con i cittadini ma anche con i nostri collaboratori. La prova di una novità su consiglio di un amico diventa rilevante ed oggi non è più solo il risparmio a convincere i consumatori ma anche concetti chiave come qualità, freschezza, Made in Italy, affidabilità e sostenibilità. Sono tutti valori del nostro ‘PREZZO ALDI’, la promessa che in questi quattro anni abbiamo mantenuto e che ci ha permesso di essere riconosciuti ogni anno da Altroconsumo come “Discount salvaprezzo” e nel 2022 come “Discount Preferito dai consumatori”. Grazie alla nostra rete di negozi, in costante espansione, abbiamo costruito una solida relazione con i clienti, nelle grandi città così come nei piccoli centri”.

I rapporti tra vicini si consolidano anche tra i corridoi del supermercato, uno dei luoghi in cui è facile incontrarli più spesso: lo è per un italiano su tre (33,3%), subito dopo il condominio (51,1%) e la strada (50,9%). Lo shopping è grande protagonista delle chiacchiere tra condòmini per quasi un intervistato su quattro (22,3%), per condividere consigli e suggerimenti su negozi e prodotti. Il “passaparola”, infatti, continua ad avere una forte influenza: il 50,4% afferma di provare una catena di supermercati/discount se consigliata da altri, mentre per il 36,2% un prodotto o una marca suggerita possono essere un ottimo pretesto per conoscere un negozio mai visitato prima. I consigli si scambiano non solo a voce, ma anche in modo digitale grazie alle chat di WhatsApp e Telegram, usate da circa un italiano su cinque anche per mantenere rapporti di buon vicinato.

Cosimo Finzi, Direttore di AstraRicerche, dichiara: “Tra i numerosi risultati interessanti della ricerca, si nota in particolare la rilevanza dei rapporti di vicinato: più positivi di quanto si potesse immaginare, spesso improntati all’aiuto e all’ascolto reciproco; in una società sempre più “digital” è interessante notare la forza elevata del passaparola – non sempre richiesto ma spesso ascoltato. A sua volta, il ‘word of mouth’ è talvolta digitale: anche i rapporti tra vicini possono intensificarsi ed essere temporalmente più regolari grazie alle tecnologie che, in questo caso, ci avvicinano, ci danno opportunità di contatto; dopo la lunga fase Covid-19 in cui lo stare in casa o nel condominio è spesso stato un obbligo, è positivo notare che questa microcomunità ha assunto un valore significativo e apprezzato da parte degli italiani”.

GLI ITALIANI AMANO DARE CONSIGLI PIÙ CHE RICEVERLI
Ma chi ci influenza davvero? Gli intervistati sono sinceri e mettono al primo posto le promozioni (45,7%). Resta forte il ruolo delle persone vicine: parenti 35,6%, amici 27,5% ma anche recensioni online 19,1%. I consigli sono graditi anche se non sempre richiesti: il 71,1% riceve consigli sulla spesa da altri (solo il 59,4% li richiede). Grande è la propensione a dare consigli: il 76,0% degli italiani lo fa e i comportamenti sono molto simili tra uomini e donne, anche se i giovani e giovanissimi e le famiglie più numerose sono più inclini a dare consigli.

CON CHI FARE LA SPESA? NON LE CELEBRITIES, MA ESPERTI
Ma da chi si farebbero consigliare gli italiani mentre fanno la spesa nel punto vendita? Le risposte dimostrano grande consapevolezza verso la qualità e la sostenibilità dei prodotti: il preferito è il nutrizionista (71,3%), seguito dall’esperto di ambiente (67,6%). Terzo posto a sorpresa per il direttore del supermercato (63,2%), forse per “ricambiare” i consigli con le proprie proposte di miglioramento. Del resto, il personale del punto vendita è un punto di riferimento nella vita di quartiere: per il 28,7% il cassiere del supermercato del quartiere è considerato una “figura speciale”.

IL DISCOUNT TRA I LUOGHI PREFERITI DOVE FARE LA SPESA
L’affidabilità e la notorietà dei discount tra i consumatori italiani trova conferma nell’indagine: quasi un italiano su due (47,9%) sceglie proprio questa formula per la propria spesa settimanale. Apprezzati soprattutto dai 35-44enni (54%), sono sempre più in voga anche tra coloro che hanno maggiore un potere d’acquisto: se offerte e promozioni restano i driver di scelta principale per circa la metà degli intervistati (48,6%), quasi un italiano su tre (29,7%) si reca al discount per trovare prodotti non disponibili nei supermercati tradizionali, mentre il 22,8% ci va anche per fare scorte.

Uno dei principali motivi a influenzare un consumatore nella scelta del punto vendita dove fare la spesa è la possibilità di risparmiare grazie a sconti e promozioni (53,6%), seguita dalla qualità dei prodotti freschi (46,2%) e dalla comodità del punto vendita (46,0%). Anche la rapidità (32,5%) è una componente essenziale per fare la spesa: in media, il tempo trascorso tra gli scaffali è di circa mezz’ora, dedicato soprattutto alla scelta di frutta e verdura (54,8%), alimentari confezionati (46,8%) e carne o pesce (45,5%).

QUANTO IMPIEGHIAMO PER FARE LA SPESA?
Per un terzo degli italiani la rapidità nel fare la spesa è fondamentale nella scelta di un punto vendita (32,5%). Supera i 35 minuti in media il 32,7% del campione e solo il 9,2% è solito fare una spesa lampo in meno di 15 minuti. Sono tre le aree in cui gli italiani passano più tempo: la scelta di frutta e verdura (54,8%), gli alimentari confezionati (46,8%) e carne o pesce (45,5%). Sono più rapidi, invece, nella scelta dei prodotti per la cura della casa (24,3%) o della persona (21,9%).

FEDELI, MA NON TROPPO
Affezionati al solito brand o desiderosi di provare qualcosa di nuovo? In questo gli italiani si dimostrano molto flessibili: poco più di uno su quattro (27,3%) va sempre nella stessa catena, mentre il modello preferito (42,4%) è quello di avere due o tre insegne di riferimento per acquisti di simili dimensioni e importo. A conferma di come le abitudini sulla spesa siano in costante divenire, quasi 8 italiani su 10 ritengono possibile o probabile l’eventualità di cambiare catena nei prossimi sei mesi.

Migliorano i driver di performance della Gdo

Tra pandemia e dinamiche inflattive, cos’è cambiato nel comportamento d’acquisto degli italiani, in termini di canali distributivi e categorie di prodotto? E come si sono trasformati i KPI di vendita e di out-of-stock nel breve e nel lungo periodo?

Sono le domande a cui GS1 Italy, in ambito ECR e in collaborazione con IRI, ha voluto rispondere nel corso del workshop online “Due anni di discontinuità: gli effetti nelle dinamiche di sell-out e di out-of-stock”, organizzato nell’ambito dell’Optimal shelf availability (OSA), un progetto che studia, misura e analizza il fenomeno dell’out-of-stock, per identificare soluzioni strategiche e collaborative, condivise da produttori e distributori, che aiutino a migliorare il livello di disponibilità dei prodotti sugli scaffali e a soddisfare, quindi, il consumatore.

Con gli interventi di Ilaria Archientini, ECR project manager di GS1 Italy, e di Marco Colombo, operations e product management director di IRI, l’incontro è partito dall’analisi dei dati giornalieri dei canali di vendita moderna per metterne a fuoco gli elementi di continuità e quelli testimoni dei cambiamenti in atto, e per identificare le dinamiche nelle varie categorie merceologiche, anche alla luce delle pressioni inflattive, delle tensioni lungo la filiera e dei nuovi comportamenti di acquisto, determinati sia dall’incertezza del contesto sia da fenomeni diventati strutturali, come lo smart working.

Delineata l’evoluzione di scenario, il focus è poi passato ai driver di performance nel punto vendita, con l’obiettivo di comprendere il nuovo ruolo rivestito da assortimento, promozione, prezzo e out-of-stock per le performance dei retailer e dei produttori.

«Nel 2021 è ricominciato il trend verso la maggiore efficienza dell’out-of-stock, che si era interrotto bruscamente nel 2020 anche a causa delle difficoltà nella catena di approvvigionamento e degli acquisti dei beni di prima necessità a punto vendita, superiori rispetto alle vendite attese» ha spiegato Ilaria Archientini. «Nell’arco di un anno il tasso di out-of-stock si è ridotto dello 0,4%, scendendo nel 2021 al 3,5%. Anche in termini di impatto economico, l’anno scorso è ripresa la tendenza migliorativa che si era registrata tra 2017 e 2019, e il dato delle vendite perse nel largo consumo confezionato si è attestato al 4,7% contro il 5,1% del 2020. Quindi, il rapporto tasso di out-of-stock e vendite perse è stato pari a 1,47».

Per approfondimenti, i materiali del workshop online “Due anni di discontinuità: gli effetti nelle dinamiche di sell-out e di out-of-stock” sono disponibili sul sito di GS1 Italy.

Prossimo appuntamento con i workshop OSA, martedì 12 ottobre 2022, online dalle 14:30 alle 15:30, con “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni”.

Trend nel food retail, Epta presenta strategie e modelli

“I comportamenti d’acquisto guidano, da sempre, la trasformazione dei modelli di business nel mondo Retail. Se il 2020 sarà ricordato come l’anno che ha condotto le Insegne a una più rapida evoluzione delle loro strategie, è troppo semplicistico sintetizzare il bilancio del 2021 e le previsioni per il 2022 come transizione verso il new normal” dichiara Giorgio de Ponti di Epta – gruppo multinazionale specializzato nella refrigerazione commerciale – che continua: “Il cambiamento profondo nella vita personale e lavorativa delle persone ha, infatti, drasticamente influenzato la sociologia dei consumi, con conseguenti impatti sulle strategie di marketing dei brand e dei Retailer, oltre che sull’organizzazione degli spazi cittadini.”

Approfondiamo con il Product Strategy Manager di Epta i principali trend in atto nella Distribuzione Organizzata.

“Prossimità, customer journey e sostenibilità sono le parole chiave della nuova concezione di fare Retail, che trovano conferma nel concept “ville du quart d’heure”. Si tratta di un modello virtuoso, a misura d’uomo e rispettoso dell’ambiente, studiato per trasformare gli spazi urbani in realtà policentriche basato su economie locali. Un luogo dove i cittadini, sfruttando al massimo le opportunità offerte dalla tecnologia, possono trovare tutto ciò di cui hanno bisogno in un perimetro percorribile a piedi in 15 minuti. Nel mondo della GDO questo si concretizza, oltre che nell’accelerazione della crescita dei negozi di vicinato – già in atto da diversi anni – nell’ascesa, negli ultimi mesi, di un format inedito, il quick commerce”.

Quali sono le caratteristiche chiave del quick commerce, l’innovativa formula che sta rivoluzionando il settore grocery?
“Il quick commerce nasce per soddisfare l’esigenza di ordinare prodotti online e di riceverli, a domicilio, in una manciata di minuti. Il servizio, proposto da nuovi player, permette, tramite apposite APP, di ricevere un determinato set di articoli, in modo comodo e rapido. In dettaglio, la consegna viene effettuata entro 15 minuti, suddivisi tra fase di picking (circa 3 minuti) dal magazzino urbano limitrofo e delivery (circa 12 minuti) tramite operatori muniti di bicicletta elettrica. I magazzini di prossimità preposti allo stoccaggio di prodotti anche freschi e surgelati sono situati in posizioni strategiche nelle grandi metropoli e riforniti dei principali beni di consumo, con un assortimento di circa 1500-2000 referenze. Lo scopo è, infatti, rispondere con un’offerta mirata ai gusti e alle preferenze degli acquirenti, garantendo altresì prodotti perfettamente conservati nelle loro caratteristiche organolettiche.” e continua “In questo scenario sempre più dinamico, Epta supporta i Retailer con soluzioni in grado di governare la complessità del nuovo paradigma. Le soluzioni ad hoc proposte da Epta per il format sono le celle modulari Misa e banchi a gruppo incorporato per freschi e surgelati firmati Costan.”

Quali sono i plus dell’offerta integrata Epta?
“I plus della nostra offerta integrata sono principalmente due: il rispetto dei vincoli acustici e tecnico-progettuali previsti per la creazione di questa tipologia magazzini nei centri cittadini e un uso razionale degli spazi di stoccaggio, requisito fondamentale del quick commerce. Le soluzioni Epta assicurano bassi livelli di rumorosità e, essendo self-contained, sono adatte per locali privi di sala macchine. È infatti fondamentale disporre di soluzioni di refrigerazione che possano migliorare l’efficienza della logistica. Le celle Misa sono disponibili con dimensioni minime di 40cm e moduli successivi di 20cm, per un’ottimizzazione degli spazi che rende funzionale il layout. È possibile optare per pannelli con spessore da 60, 100 e 130mm, finiture esterne e interne in acciaio inox e porte a cerniera o scorrevoli. Inoltre, a garanzia della massima food safety le soluzioni Misa sono trattate con il sistema antibatterico a ioni d’argento Epta Food Defence, per una protezione a contatto, permanente per tutta la sua vita utile.” e continua “Inoltre, i banchi verticali a gruppo incorporato per freschi e surgelati Costan offrono una visibilità potenziata degli articoli preconfezionati grazie alle ampie vetrate, a favore della massima velocità di prelievo dei prodotti. Questa si combina con performance energetiche ottimali, dimensioni compatte e un’elevata capacità di carico, all’insegna della redditività dei Retailer. Infine, il massimo rispetto dell’ambiente è garantito dall’utilizzo del refrigerante naturale propano R290.”

Come evolve il rapporto tra canali fisici e online?
“In Italia, nel 2021, l’incidenza dell’online grocery share ha raggiunto il 5%*. Seppure il tasso di penetrazione di questo format sia destinato a crescere nel futuro, la spesa presso i negozi fisici continuerà ad essere centrale. Il nostro Paese, infatti, si caratterizza per una solida cultura enogastronomica, che coniuga le eccellenze tradizionali con sapori etnici e ricette salutari. Scegliere personalmente, in-store, ingredienti freschi di qualità per la realizzazione dei propri piatti è un must per la maggior parte degli italiani, incluse le nuove generazioni. Inoltre, superate le restrizioni del 2020, riaffiora la voglia di shopping ed esperienzialità. In tal senso, Epta è al fianco dei Retailer nell’ideazione di aree espositive su misura. Il primo passo è l’analisi delle esigenze, seguito dalla creazione di aree ad hoc. Un processo completo, offerto dal marchio EptaConcept, che si articola dalla definizione dell’allestimento, selezione e customizzazione delle vetrine, scelta di materiali, colori e illuminazione per creare la giusta atmosfera, fino all’installazione. L’obiettivo è la valorizzazione dell’esposizione di cibi e bevande e una maggiore interazione tra i consumatori, i prodotti e il personale. Per il Team EptaConcept concepire un punto vendita esteticamente piacevole significa disegnare anche il sistema di relazioni. La teatralizzazione dei corner porta infatti il Cliente ad avere una percezione più alta della qualità del cibo, a favore di una superiore fidelizzazione”.

Come ulteriore spinta al cambiamento nel mondo Retail, è sentita la necessità di creare un rapporto con i consumatori basato sulla condivisione dei valori?
“Certamente, oggi i consumatori sono alla ricerca di qualcosa di più del semplice acquisto di un prodotto. A seguito della crisi sanitaria, sta emergendo un’economia dell’integrità: i Clienti prediligono quindi Insegne e brand sostenibili, in grado di veicolare valori positivi nei quali riconoscersi. Epta, in linea con il principio della Sustainable Innovation supporta i Retailer nel mettere in luce un approccio virtuoso, consapevole che il “patto con il Cliente” si basi sempre più su fiducia e responsabilità. Il Gruppo, ad esempio, propone sistemi a refrigerante naturale e banchi best-in-class nell’ambito del nuovo regolamento Energy Labeling. Inoltre, le nostre soluzioni di refrigerazione all’avanguardia contribuiscono altresì all’incremento della shelf life e riduzione del food waste. Questi fattori permettono alle Catene della GDO di entrare in maggiore sintonia con i Clienti e raggiungere un pubblico più ampio e sensibile. Abbracciare una filosofia orientata alla sostenibilità a 360° risulta, infatti, premiante e riveste una forte attrattiva per i Consumatori, che, con le loro scelte, si sentono parte di un cambiamento che influenzerà positivamente il futuro”.

Migliorare la logistica, il nuovo studio di GS1 Italy

Migliore distribuzione del carico di lavoro, maggiori produttività e sicurezza. Sono solo alcuni dei vantaggi per gli operatori della filiera del largo consumo emersi dall’ultimo studio di GS1 Italy, condotto in ambito ECR e in collaborazione con LIUC Università Cattaneo e Politecnico di Milano, che indaga vincoli e opportunità relativi ad alcune aree di miglioramento del processo di consegna delle merci ai centri di distribuzione (Ce.Di.) della Grande Distribuzione, focalizzandosi in particolare sull’ampliamento delle finestre di scarico come importante innovazione di processo.

Intitolata “Ottimizzazione del processo di consegna: focus sull’estensione delle finestre di ricevimento presso i Ce.Di. della GDO”, questa ricerca rientra tra le attività messe in campo da GS1 Italy che opera per fornire alla business community strumenti, informazioni e best practice con l’obiettivo, in accordo con il piano strategico triennale GS1 Italy 2020-2022, di promuovere la digitalizzazione della filiera, la sostenibilità per il trasporto e le prassi collaborative tra gli attori della supply chain.

Dai precedenti studi ECR sulla Mappatura dei flussi logistici, in particolare, era già emersa la necessità delle aziende di capire come rendere più efficiente l’attività di scarico presso i centri di distribuzione. Da qui, la decisione di focalizzare l’indagine sull’estensione delle finestre di ricevimento presso i Ce.Di. della GDO, una delle soluzioni applicate con maggior frequenza dalle aziende nel periodo di pandemia, mappate e sistematizzate da GS1 Italy nell’Albero delle soluzioni. Dalla ricerca, condotta nel corso del 2021 attraverso oltre 30 interviste a insegne della GDO, produttori, operatori logistici e IT provider di primaria importanza, è emerso come la filiera abbia l’esigenza di efficientare l’attività di scarico e come proprio l’ampliamento delle finestre di scarico dei Ce.Di. sia ritenuta, da buona parte delle aziende intervistate, una soluzione che potrebbe diventare strutturale.

L’indagine, infatti, rileva che le finestre di scarico hanno una durata media di 7 ore – anche se il 71% dei Ce.Di. italiani ha una finestra di scarico inferiore alle 6 -, fortemente concentrate nella mattinata (appena il 21% riceve dopo le 13:00). Tale organizzazione è dettata, da una parte, dalla semplicità organizzativa nell’operare esclusivamente su un turno, dall’altra dalla predisposizione dei trasportatori a iniziare il viaggio nelle prime ore del mattino. Anche quei Ce.Di. che adottano un sistema di prenotazione degli slot di scarico (meno del 50% del totale) concentrano l’85% delle prenotazioni tra le 6:00 e le 12:00. Ma, se per chi non utilizza un sistema di prenotazione il tempo medio di attesa può arrivare fino a 5 ore, chi lo utilizza beneficia di un forte contributo alla riduzione delle attese, in media di 100 minuti.

Al fine di comprendere quali Ce.Di. possano beneficiare dell’estensione delle finestre di scarico, è stata fatta una classificazione in base alla saturazione media, al flusso gestito e alla finestra di ricevimento. In generale, l’estensione delle finestre di scarico presso i Ce.Di. può portare vantaggi concreti per la GDO prevalentemente lato magazzino e soprattutto per magazzini saturi che sviluppano alti volumi. In particolare, tra i benefici si evidenziano:

• Riduzione del traffico nelle corsie del magazzino, con conseguente aumento della produttività oraria e della sicurezza.
• Migliore allocazione degli articoli, riducendo il rischio di stoccaggio in aree non corrette e di extra percorrenze dei carrellisti.
• Aumento del livello di servizio, con la riduzione del rischio di respingere consegne, limitando gli inevasi.

Tutto questo può essere ottenuto tramite effort organizzativi che vanno a minimizzare i rischi di generare maggiori costi connessi a bassi volumi (rischio di non saturare il personale di magazzino addetto al ricevimento) o ad ore di straordinario (rischio di eventuale ritardo della consegna pomeridiana). È necessario, quindi, riuscire a superare alcuni vincoli, come la difficoltà a saturare la finestra di ricevimento pomeridiana o serale, la carenza di baie di carico/scarico disposte sullo stesso fronte e la rigidità dell’attuale organizzazione delle attività nel Ce.Di., legata in particolare all’organizzazione dei turni di lavoro.

Guardando poi a produttori e operatori logistici, i benefici derivanti dall’estensione delle finestre di scarico presso i Ce.Di. può portare vantaggi concreti in prevalenza lato trasporti, sia in termini di minori costi operativi che di minori soste. Ad esempio, vi sarebbe la possibilità di ricorrere al multi-drop, migliorando così la saturazione dei mezzi, si avrebbe una maggiore diluizione del carico di lavoro in magazzino durante la giornata e si ridurrebbero le attese allo scarico e i costi a esse legate. Inoltre, l’eliminazione del vincolo di consegna mattutina permetterebbe di utilizzare un mezzo per effettuare più consegne consecutive, migliorando la saturazione delle ore di guida degli autisti – un beneficio particolarmente rilevante in un contesto in cui c’è carenza di autisti e minore disponibilità di trasporto. A ciò si aggiunge che aumentando la finestra utile aumenta il numero di consegne evadibili con trasporto intermodale, riducendo così l’impatto ambientale.

L’allargamento delle finestre di scarico presso i Ce.Di. può quindi produrre vantaggi per tutta la filiera del largo consumo, soprattutto in determinate condizioni. Per questo, il Ce.Di. ideale è identificato come quello che:

• Opera in una zona ad alta concentrazione di Ce.Di. o punti di carico/scarico, cosa che facilita l’esercizio di consegne aggregabili.
• Si trova nelle vicinanze (entro i 100 km) di un terminal intermodale, con la possibilità di ricevere consegne inoltrate per via intermodale e compatibili con l’orario dei treni.
• Ha un’alta saturazione.

«Efficientare i processi richiede un’attenzione costante lungo tutta la filiera e il confronto diretto e costante con tutti i suoi operatori. E tale ricerca nasce proprio su queste basi. L’ampliamento delle finestre di scarico potrebbe generare importanti vantaggi e GS1 Italy sta continuando a lavorare in ambito ECR per fornire gratuitamente alla business community soluzioni e best practice per rendere processi e attività sempre più efficienti, promuovendo digitalizzazione e collaborazione lungo tutta la filiera. A questa ricerca, infatti, seguirà una seconda parte, al termine della quale stileremo delle linee guida sull’efficienza logistica» dichiara Giuseppe Luscia, ECR project manager di GS1 Italy.

Come cambia lo shopping, i risultati dello studio di IBM

In occasione del “NRF 2022: Retail’s ‘Big Show”, è stato pubblicato il secondo studio globale di IBM che rivela le crescenti preferenze dei consumatori per esperienze di acquisto sostenibili e accessibili da più punti touchpoint, fisici, digitali e ibridi.

Lo studio, che ha coinvolto oltre 19.000 consumatori, rileva un aumento dello shopping ibrido, che integra canali fisici e digitali nell’esperienza di acquisto: le abitudini di spesa che i consumatori hanno adottato per necessità durante la pandemia stanno infatti diventando parte della routine. I retailer devono quindi essere più pronti e flessibili per soddisfare le esigenze dei clienti, integrando le esperienze digitali e in-store.

Tra i risultati dell’indagine:
• il 72% degli intervistati privilegia ancora il negozio fisico come metodo di acquisto primario, in tutto o in larga parte;
• i motivi principali per cui gli intervistati scelgono di recarsi in negozio includono l’opportunità di toccare e valutare meglio i prodotti prima di acquistarli (50%), di poter scegliere (47%) e la possibilità di procedere immediatamente all’acquisto (43%), anche se l’esperienza che i consumatori cercano in negozio varia a seconda della categoria di prodotto;
• il 27% degli intervistati riferisce di preferire lo shopping ibrido, gli appartenenti alla Gen Z sono più propensi a scegliere questa modalità rispetto agli altri.
Lo studio rivela inoltre che dal 2020 la sostenibilità ha assunto sempre più rilievo per i consumatori e influenza sia le decisioni di acquisto che le preferenze di brand.
• I consumatori “purpose-driven”, cioè quelli che scelgono prodotti e marchi in base ai valori trasmessi, come la sostenibilità, rappresentano ora il più grande segmento tra i consumatori intervistati (44%).
• Il 62% degli intervistati è disposto a cambiare le proprie abitudini di acquisto per ridurre l’impatto ambientale, rispetto al 57% di due anni fa.
• La metà degli intervistati afferma di essere disposta a pagare un sovrapprezzo medio del 70% per avere prodotti sostenibili, circa il doppio rispetto a quanto indicato nel 2020.
• Tuttavia, esiste un divario tra le intenzioni e le azioni: in riferimento agli ultimi acquisti effettuati, solo il 31% degli intervistati riferisce di aver comprato solo o in gran parte prodotti sostenibili.

“Sebbene molti dei consumatori intervistati riconoscano ancora il valore aggiunto della tradizionale esperienza di shopping in negozio, c’è ora una grande aspettativa in termini di flessibilità nel costruire il proprio percorso di acquisto – a seconda delle abitudini prevalenti per la propria fascia d’età, gli strumenti disponibili e la categoria di prodotto“, ha affermato Mark Mathews, Vice President of Research Development and Industry Analysis presso la National Retail Federation. “Questo approccio ‘ibrido’ segna un cambiamento fondamentale nel comportamento dei consumatori”.

“L’indagine mostra che nell’ultimo anno la sostenibilità è diventata sempre più importante per i consumatori, anche se permane ancora un divario tra le intenzioni e le azioni a causa della mancanza di informazioni nel processo di acquisto. È sempre più essenziale che i brand diano evidenza di scelte e opzioni sostenibili in ogni fase dell’esperienza del cliente. Allo stesso tempo, lo shopping ibrido ha preso piede nella maggior parte delle categorie di acquisto, in particolare per i beni destinati alla casa e all’abbigliamento; mentre i negozi fisici continuano a giocare un ruolo predominante per la spesa alimentare, lo shopping ibrido sta crescendo anche in questa categoria”, ha detto Luq Niazi, Global Managing Director IBM Consumer Industries.

Niazi ha aggiunto: “Nonostante l’impatto del COVID-19, abbiamo notato come brand leader nella vendita al dettaglio stiano trasformando continuamente e rapidamente il business, l’esperienza dei clienti e le supply chain grazie a tecnologie come AI, cloud ibrido e blockchain per andare incontro a queste molteplici preferenze”.

Domenica prossima 16 gennaio, all’apertura della 112esima convention annuale di NRF, il Chairman e CEO di IBM Arvind Krishna terrà un keynote speech sul tema ‘Reshaping retail with technology’ alle 16:00 ET. I visitatori potranno quindi incontrare gli esperti di IBM allo stand #3620 e aggiornarsi attraverso le piattaforme social, seguendo #NRF2022.

Customer Experience, i trend del 2022 secondo Medallia

Le tante e profonde trasformazioni a cui abbiamo assistito nel 2020 e nel 2021 ci hanno insegnato che il mondo è cambiato e che nulla sarà più come prima. Un futuro prossimo che per gli esperti di Medallia, azienda pioniera e leader globale nelle soluzioni software per l’experience management, vedrà l’affermazione nel 2022 di alcune tendenze che decreteranno la definitiva rilevanza dell’ascolto della voce dei clienti e di un reale approccio cliente centrico.

Ecco i 10 trend principali:

#1: La customer experience, anche attraverso la gestione dell’esperienza dei dipendenti, acquisirà un’influenza ancora maggiore nei processi decisionali delle aziende È prevedibile che i leader del futuro saranno quelli che capiranno come attingere ai dati dei clienti per risolvere e migliorare la loro esperienza in tempo reale, andando oltre al semplice utilizzo dei loro programmi di CX e di EX per misurazioni retrospettive e analisi.

#2: Si affermerà un’era basata sui valori Sempre di più, la scelta delle esperienze che una persona vorrà vivere seguirà la propria identità personale e sarà espressione dei suoi valori: esperienza e identità saranno dunque due facce della stessa medaglia. Ogni esperienza di un cliente o di un dipendente incorporerà e rifletterà i suoi valori individuali. Anche per un gelato si parlerà di trattamento degli animali, di aria pulita e di donazioni alla comunità.

#3: I segnali dei clienti saranno i nuovi sondaggi In futuro i marchi non dovranno chiedere ai clienti come si sentono perché saranno in grado di capirlo in tempo reale, captando i segnali e il comportamento dei clienti in ogni punto di contatto ed interazione.

#4: Le nuove tecnologie vocali e video potenzieranno i programmi di esperienza del cliente riducendone il tasso di abbandono. I video e la voce svolgeranno un ruolo enorme nei programmi di gestione dell’esperienza del cliente grazie alle enormi opportunità che offrono in una comunicazione bidirezionale. Senza contare che gli utenti preferiscono comunicare parlando, piuttosto che digitando su una tastiera.

#5: I marchi leader tratteranno i propri dipendenti come clienti Le aziende vincenti si distingueranno facendo della voce dei team una risorsa per progettare e gestire journey ottimali per i propri clienti e per migliorare e innovare continuamente.

#6: Grazie alla tecnologia assisteremo all’ascesa su larga scala delle esperienze personalizzate Con tecnologie come AI, IoT, 5G e 6G, l’informatica quantistica in rapida evoluzione, in un futuro non troppo lontano la stragrande maggioranza delle organizzazioni con cui interagiremo saprà conoscere veramente ognuno di noi, proponendoci esattamente ciò che stiamo cercando e in un modo praticamente perfetto, anche dal punto di vista emotivo. E questo avverrà ‘individualmente, ma su larga scala’. Le esperienze saranno infatti ‘realizzate’ per ogni individuo sulla base di diverse componenti esperienziali e ‘confezionate’ in tempo reale.

#7: Le promesse di inclusione non saranno più sufficienti: dipendenti, investitori e consumatori chiederanno e si aspetteranno progressi significativi L’aumento degli investimenti nel percorso di inclusione che abbiamo visto negli ultimi due anni rappresenterà una grande opportunità di engagement per le aziende in grado di farsi promotrici di sostanziali programmi di cambiamento culturale.

#8: La voce del cliente guiderà anche la roadmap del prodotto permettendo alle aziende di uscire dalla competizione basata solo sul prezzo Le aziende che saranno in grado di seguire il volere del cliente potranno realmente differenziarsi, rafforzando la fedeltà al marchio e aumentando i volumi di acquisto. Quelli che non lo faranno, avranno difficoltà a mantenere la loro rilevanza e profittabilità.

#9: Di fronte alle mutevoli esigenze dei clienti, i marchi che otterranno il maggior vantaggio sono quelli che daranno priorità all’empatia I leader dovranno imparare ad ascoltare profondamente la propria clientela usando la tecnologia, ma anche l’umanità per ascoltare, comprendere, decidere e agire più di quanto abbiano mai fatto prima.

#10: I marchi dovranno investire nell’analisi e nell’ottimizzazione dell’esperienza digitale basate sull’intelligenza artificiale Continueremo ad assistere a un forte aumento nell’adozione dell’analisi dell’esperienza e dei feedback digitali, necessaria alle organizzazioni per determinare dove concentrare le proprie energie. Ben il 16% delle aziende è già passato a tecniche di ottimizzazione completamente automatizzate basate sull’apprendimento automatico. Una chiara dimostrazione che sempre più aziende riconoscono la correlazione tra la qualità dell’esperienza digitale e i risultati aziendali.

“Il 2020 e il 2021, ci hanno insegnato che il mondo è cambiato e non torneremo indietro” commenta Giancarlo Rocco, country manager e VP di Medallia Italia. “L’adozione di software per la gestione dell’esperienza è il primo passo verso una rivoluzione, che porterà le aziende a capire chi sono i loro clienti – grazie anche all’ascolto dell’opinione dei loro dipendenti – quali esperienze vivono nei loro journey e in tutti i punti di contatto con l’obiettivo di adattarsi alle loro singole esigenze per renderle sempre più uniche e distintive. Solo così le aziende potranno costruire un futuro di successo.”

Osservatorio Omnichannel Customer Experience, il commento di Zeotap

Nei giorni scorsi è stata presentata la quinta edizione dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, che ha sottolineato come, sebbene per la maggioranza delle aziende l’omnicanalità è oggi una priorità, solo una percentuale molto ristretta di esse ha già sviluppato una strategia ad hoc.

Fabio Caldonazzo, Enterprise Account Director di Zeotap, la Customer Data Platform di prossima generazione, tra gli sponsor dell’evento, commenta così: “Stando ai dati dell’Osservatorio – ad oggi – solo poco più di un’azienda su cinque dichiara che al proprio interno esiste ed è ben strutturata una vista unica sul cliente. Questo è legato anche al fatto che solo il 26% delle imprese intervistate ha introdotto una Customer Data Platform. In effetti, anche il nostro report “The Data Secrets of Successful Marketers”, recentemente stilato interpellando 500 senior marketing leader in UK, evidenziava che l’unificazione di più fonti di dati in una visione unica del cliente ancora rimane una grande sfida. Noi di Zeotap siamo però convinti che ci siano ampie possibilità di miglioramento per il 2022:infatti, secondo quanto rivela la nostra ricerca, il 99% dei marketer che dichiara di non avere, ad oggi, una visione unica del cliente, ha intenzione di raggiungerla entro la metà del prossimo anno.

A guidare questo cambiamento sarà anche la necessità di prepararsi all’eliminazione dei cookie di terze parti da parte di Google nel 2023. Con la rimozione di questo pilastro fondamentale dell’indirizzabilità, i professionisti del marketing sono stati costretti a compensare rapidamente con una forte strategia di utilizzo dei dati proprietari, di cui l’approccio Single Customer View è il fondamento. Del resto, la nostra ricerca ha rivelato che i marketer di maggior successo sono già passati alle Customer Data Platform, con una differenza di 39 punti percentuali nell’adozione di CDP tra i marketer di minor successo e quelli di maggior successo.

Tornando ai dati dell’Osservatorio, anche in termini di data analysis vi sono opportunità ancora non esplorate: è solo il 28% delle realtà analizzate a portare avanti analisi evolute sui dati raccolti. La scarsa maturità delle aziende si riflette anche sulla data activation: un’azienda su tre giudica almeno buona la propria capacità di generare valore di business dai dati raccolti, ma solo il 6% la ritiene ottima. Sommando le considerazioni dell’Osservatorio con quelle che emergono dal nostro recente report, possiamo dire quindi che, per la gran parte delle aziende italiane, il percorso resta ancora lungo ed è necessario adottare una visione di insieme che vada oltre le singole tattiche. Cresce però la consapevolezza dell’importanza – o meglio dell’essenzialità – di investire in questa direzione per confermare il proprio vantaggio competitivo nel mercato odierno e in quello di domani”.

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