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I morsi della crisi cambiano la spesa degli italiani

Rincari dei prezzi e delle bollette, inflazione in salita e timori per il futuro pesano sull’approccio degli italiani alla spesa domestica e si traducono in nuove strategie di shopping “saving oriented” in termini di scelta dei prodotti e dei canali distributivi. A delineare lo scenario del largo consumo è stato il workshop online “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni”, tenutosi ieri ed organizzato da GS1 Italy in ambito ECR e in collaborazione con IRI.

«Gli eventi degli ultimi due anni e mezzo hanno generato reazioni e conseguenze transitorie» ha spiegato Ilaria Archientini, ECR project manager di GS1 Italy. «Ma hanno anche evidenziato elementi più stabili nel tempo, a partire dalla grande capacità dei consumatori di affrontare le emergenze modificando il mix dei canali visitati, dei prodotti acquistati e l’adesione alle promozioni».

Diversi sono i fenomeni del 2022 rilevati dall’analisi di GS1 Italy e IRI come il calo del potere d’acquisto delle famiglie. L’esplosione dei prezzi delle materie prime, che si riflette sui prezzi finali dei prodotti (+5,8%) e l’aumento dei costi obbligati stanno determinando una forte diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie, su cui pesano anche la salita dell’inflazione (+5,7%) e il minor ricorso della GDO alle promozioni (22,5% di quota sulle vendite, il 4,0% in meno rispetto al 2019).

Per risparmiare si cercano quindi canali commerciali più convenienti. L’e-commerce rallenta però la crescita (2,3% di quota, come nel 2021) in tutte le sue declinazioni, e in particolare nel click & collect (+0,5%). Le strategie di saving del consumatore spostano il mix dei consumi sempre più verso i discount (+12,2% il giro d’affari annuo), verso il libero servizio piccolo (+6,0%) e verso gli specialisti del drug – casa e persona (+4,4%). L’aumento generalizzato dei prezzi in tutti i canali commerciali (e in particolare nel discount) e la necessità di far fronte alle maggiori spese per le utenze domestiche incide pesantemente sulla spesa reale delle famiglie determinando un calo generalizzato e significativo dei volumi, soprattutto in ipermercati (-1,8%), supermercati (-1,3%) e superstore (-0,7%).

Il carrello della spesa è diventato più basic. La ricerca di convenienza da parte del consumatore è visibile anche analizzando la spesa per fascia di prezzo o di posizionamento del prodotto sullo scaffale con le vendite dei primi prezzi in crescita annua di +7,6%, quelle del mainstream di +6,7% e quelle dei prodotti premium in calo di -1,7%. L’aumento dei prezzi ha determinato un rallentamento del trading up del carrello della spesa, anche se i consumatori italiani hanno resistito finanziando gran parte dei rincari sino a fine agosto. È cambiata anche la scelta delle marche, perché i consumatori cercano un equilibrio tra prezzo e qualità. Nella GDO avanzano le private label, di cui cresce anche l’offerta a scaffale (17,4% di quota). I brand industriali, che sono tornati anche a fare innovazione e rinnovare la loro offerta, guadagnano spazio nei discount e negli specialisti casa e persona.

Infine emerge anche il dato degli scaffali più vuoti. Si registra una minor efficienza in termini di on-shelf-availability e, quindi, un aumento del tasso di Out-of-Stock in tutti i canali (3,8%) e in tutti i reparti, in particolare nelle bevande (acque minerali in primis) e nel pet care (+0,4% ciascuno). A causa della mancanza di prodotto a scaffale aumentano anche le vendite perse (5,2%), soprattutto nel cura persona.

Lo stato del Largo Consumo in Italia, consumi e spesa

 Nell’analisi “Lo stato del Largo Consumo in Italia” NielsenIQ evidenzia mensilmente lo scenario dei consumi e delle abitudini di acquisto delle famiglie italiane nella Grande Distribuzione Organizzata.

NielsenIQ rileva che ad agosto 2022 il fatturato della distribuzione totale Italia è pari a 9,5 miliardi € con un andamento positivo del +9,7% rispetto alla performance dell’anno precedente. Crescita trainata da Trentino, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna con un +10,5% di crescita (Area 2 NielsenIQ).

L’inflazione teorica nel largo consumo confezionato, (LCC) ovvero il settore di mercato che comprende tutti i beni di consumo primario e i prodotti confezionati dall’industria, ad agosto si attesta intorno al 10,3%, ma le variazioni della scelta di prodotti nel carrello e di preferenza di canale di acquisto, analizzati da NielsenIQ, riducono l’impatto solo del 0,1% portando le variazioni reali dei prezzi al 10,2%. Indicando la volontà degli italiani di rimandare i risparmi a dopo le vacanze.

Stando all’indagine mensile di NielsenIQ, crescono anche per il mese di agosto rispetto allo stesso periodo del 2021 il fatturato di Specialisti Casa&Persona (+12,1%), Discount (+11,4%) e Superstore (+10,9%). Cresce inoltre anche l’eCommerce del 16,7%.

Anche per il mese di agosto si registra la percentuale delle vendite in promozione (totale Italia) su un livello inferiore rispetto allo stesso periodo del 2021 (20,3%, -2,9 pp).

Infine, il consumo di prodotti a marchio del distributore raggiunge ad agosto il 21,2% del LCC nel perimetro Iper, Super e Liberi Servizi (ovvero i supermercati di metratura minore) e si attesta al 29,8% sul totale Italia inclusi i Discount mantenendo stabile la crescita della domanda di prodotti a marca del distributore.

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa
Per quanto riguarda i consumi, complessivamente i dati di NielsenIQ evidenziano le seguenti tendenze: Fresco (+9,6%), Largo Consumo Confezionato (LCC) (+10,5%) mentre il comparto No Food aumenta del +2,3%.

Il Fresco è in crescita in tutti i canali distributivi, con Libero Servizio (+3%) e Discount (+10,9%) che registrano rispettivamente le tendenze peggiori e migliori. Le categorie più dinamiche sono state Formaggi (+13,8%) e Pane & Pasticceria & Pasta (+16,1%), mentre cala la Pescheria (-2,6%). Per quanto riguarda i soli prodotti confezionati, l’andamento analizzato da NielsenIQ a valore nel mese di agosto è pari al +10,3% (+0% a volume).

Tra le aree di prodotto la crescita nel mese di agosto, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è stata significativa nei prodotti per Animali Domestici e Freddo, rispettivamente NielsenIQ li posiziona a +15,1% e +14,6%.

A livello di prodotto guidano la classifica dei TOP10 di NielsenIQ il dessert fresco, l’olio di semi di girasole e la maionese.

Crescono i consumi bio, l’indagine di Nomisma

L’Italia si conferma leader nel settore biologico per quota di superficie agricola, operatori ed export. Molte – invece – le trasformazioni che riguardano i consumi interni che complessivamente si dimostrano crescita grazie al traino dei consumi extra-domestici (ristorazione commerciale e collettiva segnano un +53%) a fronte di un segno meno della componente domestica (-0,8%) e un’incidenza dei consumi bio sul totale dei consumi alimentati ancora più bassa rispetto a quanto accade nei principali paesi europei. Sono queste alcune delle evidenze contenute nell’Osservatorio Sana 2022, presentato ieri all’interno dell’evento Rivoluzione Bio 2022 presso Bologna Fiere.

Il momento che il biologico sta vivendo è cruciale; da una parte vi sono gli impatti collegati prima alla pandemia, dall’altra il conflitto russo-ucraino e l’inflazione che contribuiscono a delineare uno scenario evolutivo che sta producendo effetti sul modello di consumo degli italiani. Mai come in questo momento è fondamentale fare il punto sul comparto biologico per implementare azioni di promozione e informazione verso i consumatori con l’obiettivo di rafforzare l’educazione alimentare, incrementare conoscenza sulla certificazione, creare strumenti per facilitare scelte di consumo consapevoli, sfruttando le opportunità legate alle iniziative del prossimo Piano di Azione Nazionale per l’agricoltura biologica.

SUPERFICI E OPERATORI

L’Italia, con quasi 2,2 milioni di ettari, è leader del settore biologico: vanta la più alta percentuale di superfici bio sul totale (17%), a fronte di quota media UE ancora ferma al 9% e ben lontana dall’obiettivo del 25% inseriti nella strategia Farm to Fork per il 2030.

LE DIMENSIONI DEL MERCATO BIO IN ITALIA

Nel 2022 le vendite alimentari bio nel mercato interno (consumi domestici e consumi fuori casa) hanno raggiunto 5 miliardi di euro e rappresentano il 3,5% delle vendite al dettaglio biologiche mondiali. A trainare la crescita del mercato sono i consumi fuori casa che hanno superato il miliardo di euro, segnando una crescita del +53% rispetto al 2021 grazie alla dinamica sia della componente legata alla ristorazione collettiva (+20%) che a quella della ristorazione commerciale (+79%).

In controtendenza i consumi domestici che segnano dopo anni una leggera flessione (-0,8% a valore rispetto allo stesso periodo 2021). Questo l’esito di trend molto differenti legati ai canali: a soffrire è soprattutto la rete di negozi specializzati che segna una battuta di arresto (-8% rispetto allo stesso periodo del 2021); la Distribuzione Moderna di fatto mantiene a valore le dimensioni del 2021 (+0,8% a valore) mentre crescono del 5% gli altri canali (vendita diretta realizzata in mercatini e aziende, gruppi di acquisto solidale, farmacie, parafarmacie ed erboristerie).

Continua la crescita dell’export bio Made in Italy che continua la sua corsa: +16% rispetto allo scorso anno, raggiungendo i 3,4 miliardi di euro di vendite sui mercati internazionali. Dal 2012 ad oggi il mercato interno legato al biologico è cresciuto del 131%, ancor più brillante la crescita dell’export e (+181% rispetto al 2008).
La Distribuzione Moderna rimane il primo canale per gli acquisti di biologico degli italiani, pesando per il 57% del totale delle vendite legate ai consumi domestici degli italiani. Nel 2022 le vendite di biologico nel canale si attestano a 2,3 miliardi di euro (+0,4% rispetto al 2021). (fonte: Nielsen IQ – dati Anno terminante maggio 2022 perimetro omnichannel).
Iper e supermercati sono il canale che, all’interno della Distribuzione Moderna, veicola la maggior parte delle vendite bio: 1,4 miliardi di euro a luglio 2022 (perimetro: prodotto confezionato a peso imposto – periodo: Anno Terminante Luglio 2022; Fonte: NielsenIQ), segnando un leggero calo rispetto allo scorso anno (-2,0%). Al secondo posto per dimensioni i Discount, con vendite di biologico pari a 272 milioni di euro, in crescita del +14% rispetto all’anno precedente (AT Luglio). Al terzo posto, invece, i Liberi Servizi con vendite per 159 milioni di euro che, come nel caso degli iper e supermercati mostrano un segno negativo (-4,6% Anno Terminante Luglio). Come nel 2021 anche nel 2022 gli Specialisti Drug mostrano segno positivo (+5,7% Anno Terminante Luglio), pur rimanendo una piccola porzione delle vendite della Distribuzione Moderna. L’eCommerce che continua a crescere, ma con ritmi minori rispetto allo scorso anno (+5% Anno terminate Luglio – stima Nomisma), fa segnare vendite che raggiungono i 78 milioni di euro.
Esaminando le categorie di prodotti bio a peso imposto maggiormente vendute all’interno della Distribuzione Moderna troviamo al primo posto la Drogheria Alimentare (pasta, prodotti da forno, conserve, sughi) con un peso del 57% sul totale delle vendite a valore, seguono il Fresco (20%) – formaggi, salumi, yogurt, uova,- e l’Ortofrutta (13%). Guardando ai singoli prodotti, come per il 2021, anche nel 2022 i prodotti maggiormente venduti rimangono le uova, le confetture e spalmabili base di frutta, e i sostitutivi del latte.

Analizzando le vendite a valore per comparti emerge come siano i prodotti Pet Care e le Carni BIO a mostrare l’andamento più brillante, rispettivamente +19% e +15% rispetto all’anno precedente (Anno Terminante Luglio 2022 – Fonte NielsenIQ). Le Carni Bio fanno registrare una crescita maggiore rispetto al comparto nel totale agroalimentare (+10%). In leggera crescita anche l’Ortofrutta BIO (+3% Anno Terminante Luglio 2022 – Fonte Nielsen), anche se con tassi minori rispetto al comparto nel totale agroalimentare (+6%). Stabili le vendite nel Fresco Bio, dove invece risultano in leggera crescita nel totale agroalimentare (+3%). Di segno negativo invece le vendite del Freddo Bio, che registrano un calo del -6% (Anno Terminante Luglio 2022 – Fonte Nielsen), e delle Bevande Bio (-3%), comparti che invece mostrano segno positivo nel totale agroalimentare.

La stabilità delle vendite dei prodotti biologici si riflette sulla percentuale di users bio: nel 2022, come nel 2021, l’89% delle famiglie italiane ha acquistato BIO almeno una volta nell’ultimo anno. Gli users bio confermano l’andamento delle vendite nei singoli canali, per gli acquisti di prodotti biologici i due canali più frequentati sono proprio Iper & supermercati (il 68% degli users vi acquista prodotti bio) e Discount.

I consumatori sembrano avere idee chiare su aspettative e valori che il bio interpreta. Questa consapevolezza ricade anche sui consumi fuori casa: negli ultimi 6 mesi oltre 6 italiani su 10 hanno consumato prodotti biologici fuori casa in almeno una occasione, scegliendo bio soprattutto nei momenti della colazione, dei pranzi di lavoro e all’aperitivo.

“Dopo i primi mesi dell’anno con un mercato statico, abbiamo assistito ad una buona ripresa della Grande Distribuzione, in particolar modo dei discount. Significativa è stata la crescita del comparto “fuori casa” che ha portato globalmente a un incremento dei consumi, superando le pressioni inflazionistiche di questi ultimi periodi. Guardiamo con favore alla crescita degli acquisti nei mercatini bio e alle vendite dirette, oltre, naturalmente, al mondo della ristorazione che oggi è in ripresa dopo i critici lockdown in piena pandemia. L’Italia oggi è chiamata a difendere un primato importante nel biologico. É dunque necessario lavorare per far crescere i consumi, la consapevolezza e la trasparenza di tutta la filiera” – dichiara Roberto Zanoni, Presidente di AssoBio.

“Il biologico rappresenta ancora un punto di riferimento delle preferenze del consumatore italiano: si confermano di fatto le dimensioni dei consumi in ambito domestico mentre è forte la ripresa nella ristorazione commerciale e collettiva, dopo le restrizioni imposte dalla pandemia. Questo deve essere solo un punto di partenza per una nuova crescita, ma occorre vincere due sfide ancora aperte: sostenibilità e informazione. Chiarire il profilo di sostenibilità del biologico e costruire una comunicazione chiara sui valori che il bio interpreta sono le strade da percorrere, soprattutto in uno scenario evolutivo dove le famiglie stanno rimodellando gli schemi di acquisto spinti dalla dinamica inflattiva” – dichiara Silvia Zucconi, Responsabile Market intelligence di Nomisma.

Il monitoraggio realizzato da Nomisma per l’Osservatorio SANA 2022 fa emergere in modo chiaro alcune aree di lavoro fondamentali per incrementare conoscenza, consapevolezza e interesse verso la categoria. Quasi 6 consumatori su 10 vorrebbero avere informazioni più dettagliate sulle caratteristiche, metodo di produzione e sui valori nutrizionali degli alimenti biologici. Nello specifico, il 58% vuole saperne di più sui benefici che il prodotto può apportare a dieta e salute; la stessa percentuale chiede anche ulteriori dettagli sulla distintività del biologico rispetto al convenzionale. Più di 6 consumatori su 10, inoltre, vogliono avere informazioni più dettagliate sul contributo alla sostenibilità (ambientale, sociale ed economica) legate al metodo biologico.

Per il successo del biologico nel mercato interno la comunicazione diviene così la leva fondamentale: informazioni chiare sull’origine delle materie prime e sulle caratteristiche del marchio devono riuscire a illustrare ai consumatori gli elementi distintivi del bio in modo semplice ed efficace. Il 52% dei consumatori chiede in modo esplicito alle Istituzioni (italiane ed europee) di intervenire con una campagna di comunicazione e di coinvolgere le giovani generazioni attraverso meccanismi di apprendimento in ambito scolastico e di sperimentazione al prodotto nelle mense scolastiche.

Riciclabilità del packaging, l’indagine dell’Osservatorio Immagino

L’indicazione sulla riciclabilità dei packaging è sempre più presente sulle confezioni dei prodotti di largo consumo venduti in Italia. Compare, infatti, sul 35,9% dei 128.111 prodotti rilevati in quest’edizione dell’Osservatorio Immagino e risulta cresciuta di quasi cinque punti percentuali rispetto alla fotografia relativa al 2020. Dunque, oggi oltre un prodotto su tre venduto in supermercati e ipermercati comunica esplicitamente al consumatore come gestire le confezioni dopo l’uso o il consumo. Ma la percentuale di prodotti di largo consumo venduti in packaging riciclabili è di fatto maggiore visto che in molti casi (tipicamente per le confezioni in vetro) non viene comunicata sulle etichette.

Tornando a quei 46 mila prodotti che spiegano sulle confezioni come riciclarle, nel corso del 2021 è aumentata la percentuale di quelli in cui la confezione è totalmente o largamente riciclabile (84,4% della numerica) ed è diminuita quella dei prodotti con packaging non valorizzabili tramite la raccolta differenziata (4,2%), a conferma dell’impegno delle aziende del largo consumo sul fronte della sostenibilità degli imballi.

L’analisi per aree merceologiche conferma che in tutti i reparti è cresciuta l’incidenza delle referenze che indicano come riciclare le confezioni. Al primo posto c’è ancora una volta il freddo: non solo è il comparto in cui viene maggiormente comunicata la riciclabilità del prodotto (60,2% dei prodotti) ma anche quello in cui quest’indicazione è maggiormente cresciuta (+9,9 punti percentuali in un anno). Al secondo posto si conferma l’ortofrutta, con il 48,3% dei prodotti su cui è indicato come conferire il packaging, rispetto al 46,4% del 2020. Spiccano, inoltre, le crescite della numerica nella drogheria alimentare e nel fresco, nel cura casa e nelle carni.

Bevande (principalmente a causa del vetro), petcare e cura persona restano le aree merceologiche con le minori percentuali di prodotti “parlanti” in tema di gestione dei packaging. Affinando ulteriormente l’analisi, i comparti merceologici che presentano minori comunicazioni di riciclabilità risultano le bevande alcoliche (come vino, birre, champagne/spumante, liquori e aperitivi) e i prodotti del cura persona (come profumeria, cosmetica, deodoranti, prodotti per la depilazione, per la rasatura e per la cura dei capelli, insieme a prodotti per l’igiene orale e per corpo, mani e piedi). Il comparto con la maggior quota di prodotti che danno indicazioni sulla riciclabilità è la pasta, seguito prima dai cibi per l’infanzia e poi dalla gastronomia vegetale sostitutiva, dal pane e dai suoi sostitutivi, dai surgelati, dal riso, dai prodotti da forno e dai cereali.

Ma qual è il livello di riciclabilità delle confezioni dei prodotti di largo consumo che la comunicano, guardando all’interno delle specifiche aree merceologiche? In ortofrutta, cura casa, bevande e carni oltre il 90% dei prodotti ha un packaging totalmente o largamente riciclabile; questa quota scende intorno all’80% in drogheria, fresco, freddo e cura persona, e si abbassa attorno al 75% per il petcare. Sempre limitandosi alle confezioni su cui viene comunicata la riciclabilità delle confezioni, tra i comparti merceologici svettano le commodity del cura casa, con il 100% delle referenze che possono essere totalmente o largamente riciclabili.

Altri comparti del cura casa (come la detergenza bucato e la detergenza stoviglie) così come alcuni segmenti delle bevande (come acqua minerale, bevande piatte e bevande gassate) sono vicini al 99% delle referenze. Valori più bassi riguardano i condimenti freschi (33,6% dei prodotti con confezioni totalmente o largamente riciclabili), i prodotti da ricorrenza (34,3%) e quelli per la cura dell’infanzia (45,0%).

Il fenomeno dell’italianità nel carrello della spesa

Nel 2021 la corsa del fenomeno dell’italianità nel carrello della spesa si è stabilizzata, dopo anni di espansione. I 23.944 prodotti su cui l’Osservatorio Immagino ha rilevato un’icona, un claim, un riferimento alla provenienza da un preciso territorio italiano o un’indicazione geografica europea hanno chiuso l’anno con oltre 8,9 miliardi di euro di sell-out tra ipermercati e supermercati.

Rispetto al 2020, il giro d’affari è rimasto stabile al -0,1%, con una diminuzione della domanda (-2,7%) a fronte di un’offerta che, invece, ha continuato a espandersi (+2,5%). Nonostante questo scenario di sostanziale stabilità delle vendite, quello dell’italianità resta il fenomeno più pervasivo tra quelli individuati dall’Osservatorio Immagino, poiché accomuna il 26,8% delle referenze rilevate e contribuisce per il 27,5% al giro d’affari complessivo del paniere Immagino. Il marker dell’italianità più presente sulle etichette dei prodotti è la bandiera tricolore, che è stata rilevata su oltre 13 mila prodotti (15,5%) del totale che hanno realizzato oltre 5 miliardi di euro di sell-out, ossia il 16,0% del totale del paniere Immagino. Rispetto all’anno precedente, nel 2021 hanno perso il -1,3% del giro d’affari, zavorrati dalla contrazione del -3,8% della componente pull a cui si è rivolta una componente push in crescita annua del +2,5%.

Uova, mozzarelle, crescenze, surgelati vegetali e farine sono state tra le categorie in calo, soprattutto per l’effetto rimbalzo sulla domanda, dopo le crescite del 2020. Al contrario nel 2021 sono aumentati affettati, bevande base thè, pizze surgelate e avicunicoli di quarta lavorazione, in tutti i casi per un maggior utilizzo della bandiera italiana sulle confezioni. In flessione anche il business del “100% italiano”, che ha un’incidenza dell’8,0% sulla numerica rilevata e contribuisce per l’11,5% al valore complessivo delle vendite del paniere rilevato. Nel 2021 il giro d’affari dei 7.126 prodotti con questo claim in etichetta ha fatto registrare una flessione del -1,8%, attestandosi a 3,7 miliardi di euro.

Un risultato legato soprattutto al calo della domanda, arretrata del -7,0% rispetto al 2020, e a cui si è contrapposta la crescita del +5,3% dell’offerta. Tra i prodotti sono risultati in crescita merendine, affettati, avicunicoli di quarta lavorazione e latte Uht, mentre a calare sono stati mozzarelle, formaggi a pasta filata e uova. Terzo claim di questo paniere, sia per incidenza sulla numerica dei prodotti sia per valore delle vendite, è “prodotto in Italia”: nel 2021 le 6.748 referenze su cui è stato rilevato hanno realizzato 1,4 miliardi di euro di sell-out, in calo del -0,6% rispetto al 2020. A determinarlo è stato il calo dell’offerta, con la riduzione del -3,0% dell’uso del claim in etichetta.

Invece la domanda è risultata in aumento del +2,4%. Tra le categorie in crescita troviamo piatti pronti surgelati, pesce surgelato panato, uova di Pasqua, uva e verdure di quarta gamma. Tra quelle in calo affettati, paste filate e olio extravergine di oliva. La performance migliore del 2021 nel paniere dell’italianità l’hanno messa a segno gli oltre 4 mila prodotti che evidenziano in etichetta di aver ottenuto la Doc (Denominazione di origine controllata), la Dop (Denominazione di origine protetta) o la Docg (Denominazione di origine controllata e garantita): nell’arco di 12 mesi il loro giro d’affari è aumentato del +4,0% arrivando a 1,3 miliardi di euro. Un risultato a cui hanno contribuito sia la componente push (+2,2%) sia quella pull (+1,9%), entrambe in espansione. Scorporando i trend delle singole indicazioni europee, spicca il ruolo trainante della Docg, che ha ottenuto nell’anno un aumento del +13,2% del giro d’affari, arrivato a sfiorare i 291 milioni di euro. Molto forte la domanda (+7,7%) e dinamica l’offerta (+5,5%).

Decisamente sopra media anche il trend del paniere Doc (+6,4%), arrivato a 486 milioni di euro di sellout, spinto da un’offerta e da una domanda aumentate di circa tre punti percentuali. Tra le categorie in crescita di tutto il paniere Doc, Dop e Docg spiccano gli spumanti charmat secchi, gli spumanti classici e i vini; tra quelle in calo soprattutto i formaggi grana e simili, a cui si deve in gran parte il risultato annuo negativo del paniere Dop (-2,1%), che, penalizzato dalla contrazione sia della domanda sia dell’offerta, si è fermato a 567 milioni di euro di sell-out. Sostanzialmente stabili, invece, sono risultate le vendite dei 1.946 prodotti contrassegnati dalla Igp (Indicazione geografica protetta) o dalla Igt (Indicazione geografica tipica): nel 2021 hanno perso lo 0,3% del giro d’affari, ammontato a 594 milioni di euro. Verdure di quarta gamma, cipolle, patate e affettati sono stati i prodotti in crescita, mentre mele, pasta di semola e vini quelli in diminuzione.

In Italia continuano ad aumentare i pagamenti cashless

Gli italiani hanno sempre più confidenza nei confronti dei pagamenti digitali e mantengono un’attitudine positiva verso i consumi, nonostante l’attuale contesto macro-economico particolarmente complesso. I volumi di pagamenti digitali con carte italiane hanno infatti registrato un aumento dell’11,8% nel primo semestre 2022 rispetto al corrispondente periodo del 2021 e del 9,3% in confronto alla prima metà dell’anno del 2019.

Da notare che il 2022, rispetto al 2019, ha avuto una accelerazione nel mese di maggio mentre, rispetto al 2021, l’accelerazione è stata più forte nei primi mesi e ora si sta riducendo, poiché nei primi mesi del 2021 le restrizioni legate al Covid avevano avuto un peso maggiore. Di tenore simile, l’andamento semestrale della quantità di transazioni eseguite con carte italiane che nel 2022 ha segnato un +9,7% rispetto al 2021 e un +16,5% vs il 2019.

Per quanto riguarda la dimensione delle transazioni, si può dire che sono cresciute molto le transazioni inferiori ai 10 Euro di spesa, con un +61,6% rispetto al 2019, grazie anche al prolungato effetto positivo della operazione “cashback” sui pagamenti di piccolo importo, mentre si è registrata una crescita meno sostenuta dal 2021 al 2022, del 14,9%.

Questi sono solo alcuni dei principali dati che emergono dal Digital Payments Monitor osservatorio di Worldline Merchant Services Italia, che rileva l’andamento in Italia dei volumi di spesa e il numero di transazioni effettuate con carta attraverso un circuito di 135.000 POS (fisici ed eCommerce) attivi su oltre 76.000 esercenti.

Andamento categorie merceologiche
Di particolare interesse anche il trend dei volumi nelle principali categorie merceologiche. Il settore alberghiero, insieme alla ristorazione hanno fatto registrare l’andamento più vivace nei confronti del primo semestre 2021 (rispettivamente +184,7% e +111,5%), un forte segnale di ripresa del turismo in Italia.

La GDO ha mostrato un aumento dei volumi del 9,1% vs il primo semestre 2019, segno che la pandemia ha avuto un impatto sull’utilizzo dei pagamenti elettronici anche in questo comparto. Ciò è dimostrato anche dal percorso delle transazioni semestrali che sono salite dell’11,5% rispetto al 2019.

In questa direzione va anche il settore Utility, che registra una crescita dei volumi ancora più significativa, del 30,8% vs primi sei mesi del 2021. Significativa anche la crescita dei pagamenti elettronici per le farmacie negli ultimi tre anni, con un +24,9% rispetto al 2019 in volumi e un +40,2% nel numero di transazioni. Infine, da notare anche la crescita nel settore nel trasporto pubblico, che ha fatto segnare un +35,5% sul 2019 e un +69,2% sul primo semestre 2021.

Andamento in alcune Regioni italiane
Il Digital Payments Monitor ha anche rilevato l’andamento dei pagamenti digitali in alcune importanti regioni italiane del Nord e Centro Italia. Lombardia, Veneto e Toscana hanno mostrato aumenti di volumi in maniera sostanzialmente omogenea nei confronti del primo semestre 2021, facendo registrare rispettivamente +12,9%, +13,5%, +17,2% (per numero di transazioni: +15,4%, +10% e +23%). Per il Lazio la crescita è stata poco più significativa, con un +18 %, mentre l’aumento è stato molto consistente per la Valle d’Aosta, che spicca con un +176,6%. Più importanti sono stati gli aumenti vs i primi sei mesi 2019, soprattutto in alcune regioni come l’Emilia-Romagna (quasi +25%), la Puglia (+23%), il Trentino-Alto Adige (+25% vs 2019 e +39,8% vs 2021) e la Liguria, (+16,7% vs 2019 +19,9% vs 2021). Sul versante opposto della crescita, ha fatto eccezione in particolare la Sicilia, attestandosi a un -0,9% rispetto al 2021. Per quanto riguarda invece il numero delle transazioni, da rilevare l’importante crescita della Valle d’Aosta rispetto al 2021, con un +85,9%.

Andamento carte estere
L’osservatorio di Worldline Merchant Services Italia rivela che nel complesso il livello di pagamenti digitali con carte estere in Italia resta ancora sotto il livello pre-pandemia, anche se ci sono dei segnali positivi per alcune categorie di turisti, come ad esempio inglesi e americani. I volumi registrati infatti, hanno segnato un +54% rispetto al primo semestre 2021, mentre è stata rilevata una decrescita del 21,1% nei confronti del periodo gennaio-giugno 2019: quest’anno la presenza dei turisti stranieri nel nostro Paese non ha ancora raggiunto i livelli del periodo pre-pandemia. Nei confronti del 2021 si rileva una spinta più marcata nei mesi di aprile e maggio (con rispettivamente un +112,9% e un +74,8%), confortando così l’ipotesi di un ritorno a una spesa più consistente dei turisti stranieri nel nostro Paese nei prossimi mesi.

Largo Consumo in Italia, l’indagine di NielsenIQ

Nell’analisi “Lo stato del Largo Consumo in Italia” NielsenIQ evidenzia mensilmente lo scenario dei consumi e delle abitudini di acquisto delle famiglie italiane nella Grande Distribuzione Organizzata. NielsenIQ rileva che a giugno 2022 il fatturato della distribuzione totale Italia è pari a 11,8 miliardi € con un andamento positivo del +8,0% rispetto alla performance dell’anno precedente.

L’inflazione teorica nel largo consumo confezionato, (LCC) ovvero il settore di mercato che comprende tutti i beni di consumo primario e i prodotti confezionati dall’industria, a giugno si attesta intorno al +7,9%, ma le variazioni della scelta di prodotti nel carrello e di preferenza di canale di acquisto, analizzati da NielsenIQ, riducono l’impatto del 0,6% portando le variazioni reali dei prezzi al 7,3%. Dato in netta risalita rispetto a maggio, che registrava un +5,4%.

“L’inflazione ha impattato sui beni del largo consumo con gradualità ma mese su mese i dati stanno galoppando e la spesa delle famiglie è sempre più cara. I risparmi accumulati da una fascia di italiani durante il lockdown sostengono ancora gli acquisti e la possibilità di concedersi alcune libertà e momenti di svago. L’allarme potrebbe scattare in autunno quando l’inasprirsi della condizione economica del nostro Paese potrebbe impattare sul portafoglio degli italiani. Le misure annunciate dal governo contro il caro energia e l’inflazione alimentare, grazie al decreto “Aiuti bis”, evidenziano la previsione, confermata anche dai nostri dati, di un futuro di sofferenza finanziaria per le famiglie italiane che necessita di essere tutelato” commenta Luca De Nard, Amministratore Delegato di NielsenIQ Italia.

Stando all’indagine mensile di NielsenIQ, crescono anche per il mese di giugno rispetto allo stesso periodo del 2021 il fatturato di Discount (+10,5%), seguiti da Supermercati (+8,9%) e Specialisti Casa&Persona (+7,6%).

Ugualmente al mese di maggio, a giugno si registra la percentuale delle vendite in promozione (totale Italia) su un livello inferiore rispetto allo stesso periodo del 2021 (22,9%, -2,5 pp).

Infine, il consumo di prodotti a marchio del distributore raggiunge a giugno il 21,2% del LCC nel perimetro Iper, Super e Liberi Servizi (ovvero i supermercati di metratura minore) e si attesta al 29,8% sul totale Italia inclusi i Discount mantenendo stabile la crescita della domanda di prodotti a marca del distributore.

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa?
Per quanto riguarda i consumi, complessivamente i dati di NielsenIQ evidenziano le seguenti tendenze: Fresco (+8,0%), Largo Consumo Confezionato (LCC) (+8,7%) mentre il comparto No Food aumenta del +0,5%.

Il Fresco è in crescita nella maggior parte dei canali distributivi, con Libero Servizio (+4,1%) e Discount (+9,7%) che registrano rispettivamente le tendenze peggiori e migliori. Le categorie più dinamiche sono state Macelleria & Polleria (+10,2%) e Pane & Pasticceria & Pasta (+16,1%), mentre cala la Pescheria (-6,9%).

Per quanto riguarda i soli prodotti confezionati, l’andamento analizzato da NielsenIQ a valore nel mese di giugno è cresciuto del +8,8% (+1,4% a volume).

Tra le aree di prodotto la crescita nel mese di giugno, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è stata significativa nei prodotti per Animali Domestici e Fresco, rispettivamente NielsenIQ li posiziona a +14,2% e +11,8%.

A livello di prodotto guidano la classifica dei TOP10 di NielsenIQ il dessert fresco, l’olio di semi di girasole e la carne.

BBQ International Day, il sondaggio svolto da Bord Bia

Oltre 34,1 milioni di post dedicati al tema BBQ, 448 mila quelli con l’hashtag #grigliata e più 500 quelli destinati alla carne irlandese. La carne, quella di qualità, è la regina dei social e non solo. Il 1° agosto infatti, si festeggia il BBQ International Day, la giornata in cui le grigliate prendono fuoco (letteralmente) e si gustano differenti tipi di carne, preparati in diverse modalità e cotture. Ma la passione degli italiani per il BBQ Day è solo un fenomeno social o una ricorrenza davvero attesa dagli amanti della griglia e della carne?

Bord Bia, l’ente governativo irlandese che si occupa della promozione del food & beverage, ha realizzato un sondaggio, tramite il proprio profilo Instagram Irishbeef.it – nato per promuove la qualità e la sostenibilità della carne irlandese – con l’obiettivo di indagare cosa ne pensano davvero gli italiani e quale sarà il loro modo di festeggiare questa ricorrenza estiva.

LA CARNE IRLANDESE: LA SCELTA CHE NON DELUDE
Il 12% degli intervistati è in trepidante attesa di festeggiare questa ricorrenza, mentre l’80% ammette di non conoscere la festività ma di voler segnare l’appuntamento sul calendario per festeggiarla. Ma che cosa sarà grigliato durante il BBQ International Day? Il 96% ha risposto alla domanda affermando carne rossa a volontà, solo il 4% di loro è più amante della carne bianca e quindi ammette che griglierà carne di pollo e tacchino. Tra gli amanti della carne rossa il 93% conosce e apprezza la qualità della carne irlandese mentre solo il 7% di loro deve ancora provarla. Così, il 92% degli intervistati ammette che la carne irlandese sia la migliore per la grigliata, grazie soprattutto alla sua marezzatura che la rende perfetta per questa tipologia di cottura mentre l’8% di loro invece sceglierà proprio la ricorrenza del 1° agosto per provarla.

TAGLIO E MARINATURA: ESALTARE LA BONTÀ DELLA CARNE IRLANDESE
Ma quale è il taglio preferito dagli italiani? Il 24% degli intervistati ha risposto che sceglierà di grigliare un gustoso mix di spiedini mentre ben il 76% ha dichiarato che la sua scelta sarà tra una fiorentina e una costata con l’osso. Ma in che modo gli Irish Beef Lovers preparano la carne per la grigliata? Il 62% preferisce procedere con una marinatura così da esaltare al meglio le qualità naturali della carne. Il 38% di loro invece, preferisca gustarla al naturale senza nessun fronzolo.

TRA CLASSICO E A GAS, LA SCELTA DEL BARBECUE
E ancora, quale è il BBQ perfetto per il giorno internazionale della grigliata? Il popolo italiano è certo: il 72% degli intervistati preferisce il classico barbecue con carbonella, un po’ nostalgici dei ricordi di infanzia mentre, il 28% di loro ammette di essere passato al modello a gas e di preferire i pochi odori e il gusto davvero sorprendente. Non può mancare un contorno, patate o verdure? Anche se per una percentuale davvero piccolissima, le “vincitrici” di questo quesito sono le patate grigliate e immancabili (52%) soprattutto per gli amanti del carboidrato e che superano di poco le verdure grigliate, più light ma comunque gustose (48%).

UN OCCASIONE PER STARE INSIEME
Dal sondaggio emerge che effettivamente il BBQ International Day e in generale la passione per la carne irlandese e per la griglia sono propri degli italiani che colgono questa ricorrenza per passare il tempo con gli affetti più cari come la famiglia (38%) per una reunion o con gli amici amanti della carne rossa di manzo irlandese (62%). A conti fatti una vera e propria occasione per passare del tempo di qualità con chi si ama. Quindi, non resta che scegliere il posto più adatto, scegliere il taglio di carne irlandese più adatto al proprio gusto e grigliare.

È boom per il mercato dei prodotti da forno

Il mercato mondiale dei prodotti da forno non interrompe la sua crescita e, sulla spinta dei nuovi trend di consumo post-pandemici all’insegna di benessere e sostenibilità, quest’anno supererà i 500 miliardi di dollari di valore e, secondo le stime elaborate da IMARC Group, entro il 2027, raggiungerà la cifra record di 612,4 miliardi di dollari, con un tasso annuale di crescita del 4%. L’Europa è l’area che detiene la leadership del settore grazie alla presenza, sul suo territorio, di un gran numero di panifici locali, unita ai gusti dei consumatori che, anche a fronte della diffusione dei nuovi modelli di lavoro basati sullo smartworking e ai cambiamenti demografici, nel loro carrello della spesa amano inserire prodotti da forno già pronti, venduti in confezioni famiglia e a lunga conservazione.

Durante la pandemia i modelli di produzione, consumo e vendita al dettaglio del settore alimentare sono stati messi a dura prova, con le aziende di tutta la catena di approvvigionamento del comparto bakery che sono state costrette ad affrontare nuove sfide senza precedenti. Se da un lato, infatti, queste ultime hanno dovuto superare notevoli ostacoli logistici e operativi (chiusure forzate, incremento della concorrenza e delle vendite online) dall’altro la pandemia ha lasciato in eredità un’evoluzione dei gusti e delle preferenze dei consumatori, sempre più attenti a scegliere con cura ciò che acquistano, compiendo scelte etiche e informate.

A tal proposito, il portale online World Bakers ha rivelato come due terzi degli europei (66%), prima di acquistare un prodotto vogliano conoscerne la provenienza e il processo di produzione. Lo studio ha anche rilevato che il 60% degli abitanti del Vecchio Continente acquista prodotti alimentari biologici e il 61% cerca cibi realizzati con ingredienti locali. È quanto emerge da una ricerca condotta sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per Vitavigor, storica azienda meneghina famosa nel mondo per i “Super Grissin de Milan”.

L’ascesa delle diete a base vegetale, la spinta ad una maggiore personalizzazione del prodotto, essere buoni con sé stessi senza perdere di vista l’indulgenza e un’attenzione particolare all’ambiente. Son queste le principali tendenze che stanno cambiando anche il mercato italiano dei prodotti da forno, come svelato dal portale online Bakeryandsnacks.com.

“La sostenibilità è diventata una componente fondamentale del processo decisionale del cliente, unita alla ricerca di prodotti sani e genuini che soddisfino le crescenti esigenze in termini di salute e benessere – afferma Federica Bigiogera, marketing manager di Vitavigor. Il benessere è il fattor comune che ci lega ai nostri clienti: tramite un’alimentazione sana e corretta, che si ispira ai principi della dieta mediterranea, è possibile migliorare il livello qualitativo della vita e per questo nel processo produttivo utilizziamo solo ingredienti naturali e tutti i nostri prodotti sono privi di grassi animali, senza olio di palma, grassi idrogenati, OGM e conservanti. Come azienda sempre al passo con i tempi e con un focus costante sul soddisfacimento delle esigenze dei nostri clienti abbiamo potuto osservare e analizzare, in anticipo, i principali trend globali del settore bakery, applicandoli poi direttamente al mercato italiano come accaduto recentemente con il lancio dei nuovi formati dei soffietti della linea VitaPop e con la nuovissima proposta di grissini e snack ricchi di proteine”.

La spinta dei consumatori all’acquisto di cibi biologici, prodotti localmente e con un marchio di sostenibilità anche nel packaging è il risultato non solo di un processo decisionale e consumistico rispettoso dell’ambiente, ma anche dei numerosi vantaggi percepiti per la salute e il benessere. Come svelato da Ingredion nel suo “The Latest i2s Brief: Insights into Acceptance and Trial”, infatti, il 42% dei consumatori globali desidera ridurre la quantità di zucchero nella propria dieta e addirittura nella regione Asia-Pacifico, sulla base dei dati dello studio “Industry, A. P. F. Sugar & Sweeteners: Evolving Trends In Asia Pacific. Asia Pacific Food Industry”, emerge come l’87% delle persone punti a ridurre la quantità di assunzione di cibi ricchi di zucchero.

Meno dolcezza ma anche sempre meno carne e sempre più prodotti vegetali
Secondo Lumina Intelligence il 48% dei cittadini adulti del Regno Unito sta cercando di ridurre il consumo di carne, orientando sempre più le proprie scelte in termini di consumi alimentari verso diete a base vegetale. In Asia, come spiegato dal sito Foodingredientsfirst.com si prevede che, nei prossimi 5 anni, la domanda di alcune categorie di prodotti e ingredienti a base vegetale aumenterà del 200%. Innova Market Insights 2021 riporta invece che il 45% dei clienti food fa uso di prodotti alimentari che hanno tra i loro principali effetti quello di rafforzare il sistema immunitario e in diversi paesi del mondo si è registrato un aumento nell’impiego di zenzero, curcuma e ingredienti a base di agrumi nell’industria dei prodotti da forno.

Ma non è tutto: come riportato da Bakery Info, tra i principali trend del settore dei prodotti da forno spiccano i prodotti ricche di proteine e fibre, realizzati con farine e cereali integrali. Oltre alla riscoperta dei grandi sapori e delle ricette classiche del passato, riadattate però in chiave moderna e al boom dei consumatori più golosi e indulgenti per i quali il consumo dei prodotti bakery si trasforma in un’esperienza visiva totalizzante come forma di intrattenimento alimentare.

Anche i rifiuti, in relazione sia agli imballaggi sia agli alimenti, sono fonte di preoccupazione per i consumatori europei: ben tre su quattro (75%) stanno cercando di acquistare solo prodotti venduti in imballaggi sostenibili, 6 su 10 mostrano interesse per gli alimenti che dichiarano zero rifiuti e più di un terzo (37%) cerca cibi e prodotti realizzati con ingredienti riciclati, come mostrato dai dati pubblicati sul portale online World Bakers.

Investimenti nel market understanding, la ricerca di Toluna

Market understanding, innovazione tecnologica e nessun compromesso sulla qualità: sono queste le principali caratteristiche del settore delle ricerche di mercato odierno secondo quanto emerso da “Il panorama della Ricerca Agile. Smart simplification in un contesto in continua evoluzione”, la ricerca globale con cui Toluna, principale piattaforma di consumer insights sul mercato, ha indagato l’industry stessa.

Raccogliendo visioni e prospettive di 395 professionisti del mondo marketing e insights, provenienti da 14 Paesi e operativi in 25 diversi settori merceologici, Toluna ha tracciato un quadro del presente e del futuro di un settore in costante trasformazione.

Investire nel market understanding in risposta alle disruption
Non più un’eccezione, ma la nuova norma: i grandi cambiamenti economico-sociali impattano inevitabilmente non solo sulla quotidianità, ma anche sul mercato. Nell’ambito della ricerca ciò si è tradotto in una redistribuzione del budget: a livello globale, il 31% è oggi allocato al market understanding, segno della necessità di studi più frequenti, continuativi e agili sul consumatore. Di poco inferiore il dato italiano, pari al 25%. Si tratterebbe di una tendenza in crescita: il 58% dei rispondenti ritiene, infatti, che nei prossimi 1-2 anni le ricerche di questo genere aumenteranno.

Le sfide da affrontare (e come): budget e risorse
Sarebbero le limitatezze di budget e di personale interno i principali ostacoli vissuti quotidianamente dai professionisti del settore, problematiche citate rispettivamente dal 61% e dal 47% dei partecipanti al panel. Sul terzo gradino del podio (33%) la questione dell’actionability degli insights: i risultati delle ricerche devono fornire risposte puntuali e specifiche.

Per affrontare queste sfide le aziende si rivolgono a servizi flessibili, che diano la possibilità di accedere a varie tipologie di ricerca. Dall’indagine emerge una sovrapposizione tra DIY (Do-It-Yourself), Assisted e il più tradizionale sistema Full Service: queste soluzioni sarebbero, infatti, utilizzate, almeno la metà delle volte, rispettivamente dal 37%, 32% e 46% degli intervistati. Quest’ultimo dato globale si allinea al risultato italiano, pari al 47%, mentre è più ampio il distacco nel nostro Paese tra il servizio assistito e quello DIY, rispettivamente al 45% e 21%.

Le ricerche DIY e Assisted sono destinate a crescere
Nonostante dai dati sopracitati traspaia l’ancora limitata diffusione del servizio DIY, i buyer ascoltati credono in futuri sviluppi: il 64% sostiene che nei prossimi 1-2 anni la propria azienda espanderà l’impiego di questa tipologia di ricerca. Evidenza confermata anche dagli intervistati italiani (59%). Interessante poi il potenziale della modalità assistita: il 42% prevede un incremento della sua adozione nello stesso periodo.

Sempre più cruciale il supporto della tecnologia
Per affrontare le sfide quotidiane e le nuove esigenze di ricerca, le aziende si rivolgono alle piattaforme tecnologiche. La metà dei partecipanti alla survey, infatti, asserisce di utilizzarne oggi 2 o 3 e, secondo il 54% (il 60% in Italia), nei prossimi anni questo numero aumenterà. Al di là della situazione interna alla propria organizzazione, il 56% ritiene che il mercato stia progredendo in termini di implementazione di soluzioni tech. L’introduzione delle nuove tecnologie va di pari passo con il desiderio di accrescere la qualità degli insights: in quest’ottica, il 43% dei rispondenti a livello globale è intenzionato ad avvalersi più frequentemente di ricerche qualitative online – un dato che in Italia si ferma al 28%, giustificato però dalla già ampia adozione. Per lo stesso scopo, il 37% dichiara che inizierà ad avvalersi anche dell’intelligenza artificiale, percentuale che sale al 45% tra gli intervistati italiani – segno del desiderio di rimanere aggiornati sul fronte dell’innovazione.

Qualità e facilità d’uso le priorità verso la smart simplification
Come semplificare la vita dei research buyer? I percorsi che i provider delle ricerche di mercato devono intraprendere sono chiari: il 54% dei professionisti cita la qualità degli insights, del disegno di ricerca e dei dati, mentre il 53% chiede che sia data priorità alla facilità di utilizzo e interpretazione degli output.

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